Non mi pare di aver avuto modo di dirlo prima, ma reputo la messa in onda di Adventure Time uno dei passaggi più importanti della storia dell’animazione americana recente.
L’estetica unica iniziata con la creatura di Pendleton Ward fatta di immaginari fantasy surreali ispirati alla pittura novecentesca ha fatto scuola e nel panorama degli autori di serie animate, molti hanno preso ampiamente ispirazione; cominciando da Rebecca Sugar con il suo Steven Universe, passando per Patrick McHale e il suo Over The Garden Wall (entrambi avevano lavorato ad Adventure Time) andando avanti con il Julia Vickerman e il suo 12 Forever.
Kipo and the Age Of Wonderbeasts (in italiano: Kipo e l’Era delle Creature Straordinarie) si pone in linea con questa corrente di immaginari fantasy surreali, personaggi dalla caratterizzazione bizzarra e, perché no, moderna.
Kipo and the Age Of Wonderbeast è una serie originale Netflix per il momento composta da una stagione di 10 puntate di 24 minuti ciascuna creata da Radford Sechrist, adattamento del suo webcomic Kipo. La serie è prodotta da Dreamworks e animata dal coreano Studio Mir (Avater: The Legend Of Korra, Voltron: Legendary Defenders, Big Fish And Begonia) e riporta il paradigma del fantasy surreale “alla Adventure Time” in un mondo post apocalittico e salvaggio dove gli umani sono in fondo alla catena alimentare.
La serie si apre con la Kipo, la giovane protagonista della serie dal peculiare colorito viola della pelle, che arriva, trasportata dall’acqua di un condotto fognario, in Superficie: nient’altro che la superficie del pianeta Terra ormai compromessa in un post-nucleare ancora non spiegato e occupato da una moltitudine di animali mutanti intelligente e/o immensamente grandi, che hanno costretto gli umani a vivere nei Cunicoli, rifugi sotterranei ricavati dai condotti fognari.
L’unica speranza di sopravvivenza di Kipo nel mondo esterno e di ricongiungersi al padre e alla sua comunità nel Cunicolo è quella di unire le forze con Lupetta, una ragazzina burbera e solitaria cresciuta in superficie e armata di bastone con pungiglione di scorpione all’estremità, Benson e Dave, una strana coppia di un ragazzo spensierato e appassionato di hip-hop e un mutante moscerino che completa e ricompleta il suo intero ciclo vitale nel giro di 12 ore. Ad accompagnare come mascotte, il maialino mutante Mandu, che Kipo trova appena uscita dal Cunicolo.
La faccenda si complica quando la banda scopre che un famigerato e temuto mutante di nome Scarlo Magno sta dando la caccia agli umani.
Da questo punto in poi la serie segue la meccanica più semplice possibile per una serie per ragazzini: quella delle avventure in viaggio.
La struttra è già vista più e più volte. I progatonisti devono percorrere un cammino per arrivare al loro obbiettivo, in questo caso riportare Kipo da suo padre, e sulla strada dovranno affrontare le mille difficoltà che il mondo selvaggio presenterà loro davanti.
In termini tecnini questo si traduce in una narrazione orizzontale data dal viaggio dei nostri eroi per le terre selvaggie per una scrittura che copre tutta la stagione, mentre ogni puntata è dedicata a una avventura del gruppo, impegnato a sfuggire dagli attacchi dei più disparati mostri e assurde creature che popolano il mondo della superficie.
Scimmie con sei braccia alte come palazzi, gatti boscaioli alti due metri, puzzole motocicliste e rane in smoking sono solo una minima parte delle creature assurde che il gruppo di Kipo si troverà ad affrontare nel corso del suo viaggio.
Una struttura estremamente semplice, ma efficace per un racconto per ragazzini immersi in un mondo fantastico e a tratti ridicolo.
La regia è per gran parte basilare, ma con degli spunti molto creativi che giocano sugli sguardi multipli dei mostri con più di due occhi, mentre i combattimenti e le scene d’azione in parte riprendono lo stile degli anime per movimenti e inquadrature.
Il regista Bill Wolkoff si diverte anche a prendere a piene mani dalla commedia slapstic del cinema muto per mostrare mostrare le sue gag, in alcune scene particolarmente action-comedy e fa largo uso dello slow motion per enfatizzare i momenti più concitati, pericolosi ed esagerati, proprio per questo particolarmente divertenti.
La colonna sonora è di ottima qualità. Le musiche pop e i pezzi delle api-dubstep (si, ci sono delle api-dubstep) sono molto orecchiabili e l’aria spensierata e divertente fa si che nessuna delle scene più pericolose sia presa eccessivamente sul serio.
Viceversa, quando il tono della storia vira sul cupo e/o sul riflessivo, le arie spensierate si spengono di colpo lasciando il posto al silenzio musicale e agli effetti sonoro che sottolineano la percezione di pericolo dei protagonisti.
Un’idea interessante soprattutto per le prospettive future della serie, visto che si può giocare molto con la scelta delle musiche sia in un senso che nell’altro.
Non smetterò mai di elogiare il lavori dei ragazzi di Studio Mir.
Vero, le loro animazioni sono molto semplici e tirate al risparmio, tanto che in alcuni momenti meno importanti calano quasi di qualità, ma i disegni sono sempre ben fatti, i character design semplici, ma azzeccati, e soprattutto le scene d’azione sono rese magnificamente.
In Kipo and the Age Of Wonderbeasts la componente action non ha molte possibilità di brillare visto l’impari dislivello di forza e possibilità che gli avversari hanno rispetto ai protagonisti.
I combattimenti in senso stretto sono ridotti all’osso e la maggior parte dell’action è composta da rocamboleschi inseguimenti con fisica improponibile, momenti nei quali le animazioni dei nostri amici coreani funzionano a meraviglia, pur senza andare oltre la loro media nemmeno nei momenti migliori, sono più che godibili.
Il sonoro poi è molto simpatico, con migliaia di versi e rumori di animali sempre ben coordinati con l’azione e ottime interazioni sonore tra animali, umani e ambiente circostante.
Kipo and the Age Of Wonderbeasts è una serie molto modesta che riesce però a divertire con una storia di base semplice, ma con diversi colpi di scena e un buonissimo ritmo che permette di rimanere interessati alle avventure della piccola Kipo e compagnia.
I protagonisti sono caratterizzati in maniera ottima, non solo esteticamente, ma soprattutto caratterialmente e mostrano il meglio di loro stessi nelle interazioni tra loro e con l’ambiente grazie a dialoghi brillanti nella maggior parte dei casi, ma molto ingenui e bambineschi in molti altri.
Ho apprezzato particolarmente il fatto che il gruppo non sia stato composto in modo da sembrare il party di un qualche gioco di ruolo, con ogni membro relegato al proprio ruolo specifico, ma assemblato con quattro tizi che passavano veramente di la per caso e che hanno deciso di fare gruppo un po’ per ingannare la solitudine e il costante senso di pericolo, un po’ per un elementare spirito di aggregazione.
Kipo in particolare è una protagonista molto calzante, capace di essere un buon esempio comportamentale per i più piccoli, costantemente alla ricerca di un modo pacifico per risolvere i conflitti e convinta sostenitrice di un pensiero altruista verso il prossimo, umano o mutante che sia.
La serie cala un po’ sul piano tecnico, con animazioni non sempre al top e estremamente semplici, soprattutto se comparate ad alcune serie concorrenti anche sulla stessa piattaforma, ma che in alcun modo minano la fruizione.
Consiglio vivamente Kipo and the Age Of Wonderbeasts.
Difficilmente diventerà un must watch dell’animazione occidentale, ma sono sicuramente alcune ore spensierate e di genuino divertimento in un ambiente surreale un po’ diverso dal solito.
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