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Castlevania: un gioiello in mezzo al vuoto

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Castlevania: un gioiello in mezzo al vuoto 1

Castlevania

7.3

Comparto tecnico

6.0/10

Cast

8.0/10

Scrittura

7.0/10

Regia

7.0/10

Direzione artistica

8.5/10

Pros

  • Bella ambientazione
  • Personaggi interessanti
  • Stupende scelte di regia
  • Bei combattimenti

Cons

  • Troppi momenti morti
  • Narrazione lenta
  • Protagonisti che passano in secondo piano rispetto ad altri personaggi

Quando fu annunciata, la serie Netflix di Castlevania sollevò subito un certo interesse intorno a se, data la sua intenzione di essere una trasposizione molto libera del videogioco con una sua precisa identità come serie TV.
Dopo l’uscita della prima stagione è stato unanime pensiero che la serie fosse riuscita nel suo intento ed ha conquistato i cuori degli appassionati così come degli spettatori più casual attirati dal nome del brand, riscuotendo un discreto successo e piazzandosi saldamente tra le prime posizioni tra le serie animate originali Netflix qualitativamente migliori.
Avviso che nel corso di questa recensione farò numerose distinzioni tra prima e seconda stagione dato che, a mio avviso, sono molto differenti l’una dall’altra e meritano due esposizioni distinte.

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Trama

Scritta dal fumettista britannico Warran Ellis e diretta da Sam Deats, Castlevania prende vagamente spunto nella trama dal terzo capitolo della serie videoludica: Castlevania III: Dracula’s Curse, e racconta una storia in parti uguali horror e epica. In seguito al rogo di sua moglie ad opera del vescovo di Gresit, il conte Vlad “Dracula” Tepes, potente re dei vampiri, scatena la sua furia sulla Valacchia lanciando un brutale attacco della sua orda di demoni al solo scopo di trucidare la popolazione. Toccherà all’irresponsabile avventuriero Trevor Belmont, ultimo discendente di una prestigiosa famiglia di cacciatori di creature della notte, il compito di liberare Gresit dalle truppe del vampiro e sconfiggere Dracula per salvare l’intera umanità dallo sterminio. Ad accompagnarlo in questa missione ci saranno la maga dei Parlatori Sypha e il dampyr, ovvero mezzo umano e mezzo vampiro, Alucard, figlio del Conte.

La serie è, ad oggi, composta da due stagioni rispettivamente di 4 e 8 episodi della durata media di 25 min.

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Regia e scrittura

Castlevania è una serie complessivamente valida, ma con molteplici luci e ombre per quanto riguarda regia e scrittura della storia e dei personaggi. Comincerò la mia analisi con gli aspetti positivi della produzione.
In tutta la serie, sia prima che seconda stagione, la regia è ottima. Sam Deats si è dimostrato un regista attento, capace di gestire molto bene i movimenti dei personaggi e l’ambientazione per formare inquadrature molto suggestive che trasmettono emozioni forti allo spettatore.

Dalle riprese dal basso sulle macabre decorazioni delle mura di Gresit ad opera dei demoni di Dracula, alle splendide scene con protagonista l’arcivescovo all’interno della chiesa (di cui non entro nel dettaglio per evitare spoiler). La regia di Deats, già buona di per se, da il meglio durante le scene di combattimento.  Dalle più inutili come quella di Trevor contro due preti, a quelle più epiche come le sequenze della battaglia di Gresit, lo spettacolare duello tra Trevor e Alucard, lo scontro tra i tre protagonisti e le squadre di demoni sul sentiero di campagna o nella libreria dei Belmont.

Una menzione a parte va fatta per l’eccellente lavoro svolto nello scontro finale tra i tre protagonisti e Dracula. Tutto è gestito in maniera splendida, non solo nel combattimento in se, spettacolare e pieno di colpi di scena, ma anche in ciò che precede e segue il combattimento, che mostrano efficacemente il divario di forza tra le due parti e il dramma interiore del Conte.

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Se per la regia mi sono sperticato in lodi (tutte pienamente meritate), nella scrittura e nella narrativa si vedono i più profondi inciampi della serie.
Una buonissima parola va spesa per la costruzione dei personaggi. Trevor è un eroe molto strano, tendenzialmente buono, ma anche perennemente infastidito dal dover fare la cosa giusta mentre l’unica cosa che gli interessa è portare a termine il proprio lavoro il prima possibile.

Non tanto un eroe quanto un professionista che adempie al suo dovere, questa è la caratterizzazione principale di Trevor, che sotto il profilo dell’eroe di stampo classico si mostra molto immaturo, cosa che lo lega bene per contrasto al senso di giustizia e alla maturità di Sypha, che al contrario pecca in esperienza.
Sicuramente una bella accoppiata che esplora bene i caratteri di entrambi nella prima stagione.

L’ingresso di Alucard lo rende inizialmente un fastidioso terzo incomodo, ma Ellis riesce a parzialmente a dare anche a lui un ruolo all’interno del gruppo rendendolo un “amichevole rivale” di Trevor, anche se il suo personaggio non riesce mai a risultare legato al gruppo dato che la sua attenzione è sempre rivolta al proprio conflitto personale con Dracula e alla sua missione di ucciderlo.

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Il vescovo di Gresit è un cattivo di intermezzo che funziona nella prima stagione. Pur essendo incastonato nell’ormai diventato stereotipo del cattivo legato alla Chiesa che prende come ispirazione il Frollo di Notre Dame de Paris, ha una sua dignità come personaggio, ed ho apprezzato molto il focus sulle contraddizioni della sua fede incrollabile, che ne mostrano un lato arrivista e assetato di potere.

Sempre nella prima stagione Dracula è una presenza incombente che non si fa vedere, ma è sempre presente. Dopo la sua prima apparizione come incubo di fuoco e collera nato dalle fiamme che hanno bruciato sua moglie (applausi a Deats e Ellis per quell’immagine che è una figata assurda) sparirà per i successivi tre episodi rimanendo però impresso nella mente dello spettatore come colui che ha dato il via all’ondata di violenza gratuita che stanno guardando. Un nemico invisibile e potentissimo che aspetta solo lo scontro finale con l’eroe.

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Tutto bello, certo, ma solo finché c’è qualcuno a riassumere il tutto. Uno dei difetti principali di Castlevania è la pessima gestione del ritmo narrativo.

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La prima stagione era stata chiaramente pensate non come serie, purché molto breve, ma come lungometraggio, infatti le due puntate centrali sono molto poco incisive e piene di momento morti in cui Trevor non fa altro che camminare per Gresit e parlare con delle persone mentre i combattimenti sono pochi e brevi.
Certamente, essendo una serie pensata per Netflix, in cui il binge eating è buona norma e regola, potrebbe essere un dettaglio su cui passare sopra, la serie da sicuramente il meglio si se se vista tutta insieme in una sola sessione, ma fa comunque storcere il naso… nella prima stagione.

Con la seconda stagione l’aumento del numero degli episodi da 4 a 8 il problema non viene risolto, ma esasperato e quello che prima era solo un vago senso di fastidio diventa una vera palla al piede, specie se consideriamo che la maggior parte del tempo delle puntate si concentra sulle chiacchiere degli ufficiali vampiri di Dracula.

Ammetto di essere stato tratto in inganno dalla seconda stagione di Castlevania quando l’ho vista per la prima volta.
Il primo episodio della seconda stagione è perfetto: tutto viene reso benissimo, i caratteri dei personaggi importanti viene delineato con una rapidità e un’efficacia sorprendente.
A partire da Dracula, il cui malessere interiore viene subito specificato, passando ad alcuni dei suoi sottoposto nel Consiglio di Guerra, tutti vampiri potenti e signori nelle rispettive terre, ai due fabbri-necromanti Isaac e Hector, due umani servi di Dracula che hanno in odio il genere umano tanto quanto il Re dei Vampiri.

Nel primo episodio vengono subito gettate delle ottime basi per l’avventura: Trevor, Sypha e Alucard devono andare alla villa dei Belmont per trovare qualcosa in grado di uccidere Dracula, Dracula e il suo Consiglio di Guerra stanno preparando il piano per lo sterminio del genere umano, ma ci sono dei dissapori interni a causa della decisione del Conte di dare molto potere decisionale a due umani, mentre il malessere di Dracula stesso aumenta. Tutto perfetto finché non fa il suo ingresso in scena Carmilla.

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L’altra grande protagonista insieme a Dracula dei romanzi sui vampiri di fine ‘800 si appropria prepotentemente della scena con i suoi complotti per detronizzare Dracula, che distraggono l’attenzione dalla guerra e dal gruppo di Trevor dando un brusco stop all’incedere della storia.

Sulla carta il personaggio di Carmilla è anche interessante, ma la sua presenza è così ingombrante da mettere in secondo piano la trama principale.
Il minaccioso Dracula viene ridotto a un debole vecchio che rimane per tutto il tempo seduto nel suo studio a fissare il fuoco o sul suo trono ad ascoltare annoiato i dibattiti dei suoi sottoposti, mentre la sua collera contro il genere umano, motore principale della narrazione, viene meno.

Dall’altra parte il tempo su schermo offerto a Carmilla e ai due fabbri Hector Isaac viene tolto al gruppo di protagonisti, completamente tagliati fuori per gran parte della stagione.
Questo si traduce in ben quattro episodi in cui, pur non essendo filler, non succede assolutamente niente.
L’avanzamento è lentissimo, i già perfettamente inquadrati caratteri dei personaggi vengono rimarcati ancora e ancora invece che approfonditi ulteriormente, mentre la noia dello spettatore sale, confortata soltanto dalla bellezza della regia di Deats.

La goccia che fa traboccare il vaso sono però due scene che io ho interpretato come prese in giro: l’assalto notturno dei vampiri nel villaggio umano e il flashback di Dracula che trucida dei dissidenti.
Pietosi tentativi di risollevare l’attenzione del pubblico nei confronti di una storia che si stava pian piano spegnendo.

Fortunatamente il finale di stagione è di gran livello, nonostante anche in questo caso il brodo venga allungato all’inverosimile (lo scontro finale si esaurisce nel penultimo episodio e l’ultima mezz’ora di serie è dedicata ai vari finali dei singoli personaggi), lo scontro con i vampiri e con Dracula e la scena finale di Alucard salvano l’intera stagione.

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Tecnica

Per la realizzazione pratica di Castlevania sono stati impiegati gli sforzi di cinque diversi studi d’animazione tra i quali spicca il nome do Frederator Studios, lo studio di Pendleton Ward, creatore di Adventure Time.
Altro nome da menzionare è quello di Powerhouse Animation Studio, responsabile delle animazioni digitali fino ad ora attivo soprattutto per le cutscene di videogiochi come Darksiders 2 ed Epic Mickey.

Se dal punto di vista artistico Castlevania sfiora l’eccellenza, stessa cosa non si può dire per il comparto tecnico.

Il numero di frame per secondo utilizzati per l’animazione sono spesso molto bassi e la cosa si fa notare nella scelta di utilizzare lo stile di disegno degli anime giapponesi, i cui standard odierni in fatto di fluidità di animazione sono altissimi.

Al confronto Castlevania appare scattoso.
Considerando che si tratta di una produzione originale Netflix non c’è ne da sorprendersi ne da dispiacersene, la qualità dell’animazione è tutto sommato buona e proprio il fatto che sia riconducibile a un anime permette di non soffrire troppo della poca fluidità dei movimenti delle scene di combattimento che sono i punti più forti della serie sotto il profilo tecnico e registico.

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In Conclusione

Mi piace molto usare metafore per esprimere dei concetti e per Castlevania mi sento di rendere il mio pensiero con un’immagine a mio modo di vedere abbastanza azzeccata: Castlevania è un anello d’oro massiccio 24 carati con tanto di pietre preziose, ma incartato in un pacchetto di due metri per due.

Alla base Castlevania potrà anche essere una buonissima serie, capace di mettere in scena personaggi interessanti, ambientazioni splendide e tanti richiami ai lavori di Kota Hirano (il debito verso Hellsing è innegabile), ma finisce per perdersi nel mare di vuoto che gli è stato costruito intorno.

Castlevania conta troppi momenti morti. Troppi e troppo lunghi per poter essere una serie che si gusta con piacere, e se nella prima stagione le due ore scarse di durata rendevano la cosa solo un leggero fastidio, nella seconda stagione è un fattore assolutamente intollerabile.

Mentre ne sto parlano il produttore Abi Shankar, principale responsabile della serie, ha fatto partire i lavori per una terza stagione (ampiamente pronosticabile visto il finale della seconda stagione) che, rumor suggeriscono, conterà dieci episodi. Inoltre l’universo narrativo di Castlevania verrà ulteriormente ampliato da altre due serie tratte dai brand di Devil May Cry e Assassin’s Creed, sempre secondo le parole del produttore.

Mi sento di essere vagamente positivo per questo strano crossover di brand, un po’ meno per il futuro della serie di Castlevania, perché se già nella seconda stagione il buon Trevor sembrava aver detto tutto ciò che aveva da dire e Dracula faceva quasi la figura di un pezzo d’arredamento, non voglio pensare a cosa potrebbero raccontare in una terza stagione. Non mi resta che sperare in Carmilla, che seppur nella seconda stagione fosse una presenza scomoda per molte ragioni, è comunque un personaggio costruito benissimo e potrebbe essere una bella sorpresa in futuro. Non ci resta che aspettare e incrociare le dita.

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Ciao gente! Sono Riccardo Magliano, classe 1995, originario di Pontedera (PI), ma di stanza a Bologna per motivi di studio. Sono laureato in triennale al DAMS al momento studio per diventare sceneggiatore cinematografico. Sono grande appassionato e estimatore di prodotti d'animazione, dalle serie, ai lungometraggi, ai corti, l'importante é che raccontino qualcosa (cosa non sempre indispensabile perché tra i miei film preferiti c'é Fantasia).
Qui su Spacenerd mi occuperò di recensioni e approfondimenti su tutto ciò che concerne l'animazione, specie quella occidentale, più e più volte colpevolmente trascurata dalla massa di fanatici di anime.
Grazie a tutti per l'attenzione e buon divertimento

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