Ammetto che è stato veramente difficile per me immedesimarmi nello schema di Wes Anderson . Quasi tutti i personaggi dei suoi film – in particolar modo quelli interpretati da un passivissimo Bill Murray – sembrano vivere inizialmente in un microcosmo avulso dalla realtà oggettiva, costruito grazie al perseguimento di un sogno infantile .
Una volta raggiunto lo zenit, la realtà oggettiva fa prepotentemente capolino nella vita dei personaggi, incarnata da rapporti familiari trascurati (I Tenenbaum ) o dalle divergenze di due amanti dalle visioni opposte (Un colpo da dilettanti ; Rushmore ).
Curioso come il ruolo del personaggio concreto sia destinato sempre a figure femminili , le quali spingono il protagonista ad abbandonare i propri sogni respingendo o ignorando le loro attenzioni, portandoli all’infelicità (Un colpo da dilettanti ) e, in certi casi, all’autodistruzione fisica (I Tenenbaum ) o sociale (Rushmore ).
I finali dei film di Anderson non sono finali propriamente “lieti” (In Un colpo da dilettanti i ragazzi decidono di smettere con le rapine, ma Dignan finisce in galera), quasi a voler instillare anche nello spettatore una presa di coscienza sul non poter ottenere sempre ciò che si vuole, indipendentemente dagli sforzi compiuti (iconico in questo senso il finale di Rushmore , dove Max si rassegna all’idea di poter essere solo un amico per Rosemary, ballando con lei un ultimo lento prima che cali il sipario).
La regia di Anderson è piuttosto posata e “quadrata”, frutto del suo amore per il teatro che traspare soprattutto nelle scenografie dinamiche parecchio curate e da un utilizzo di inquadrature statiche che privilegiano le performance attoriali, più che la storia in sé. A questa impostazione teatrale si aggiungono alcune scene montate in maniera piuttosto frenetica, spesso incentrate sulla preparazione di eventi atti a cogliere di sorpresa lo spettatore, non direttamente collegate alle interazioni tra i personaggi (tranne le scene che hanno come tema il tradimento del coniuge).
I dialoghi sono spesso estranianti e contribuiscono a quell’elemento tragicomico che permea ogni film del regista . In particolare quelli tra il protagonista e il suo interesse amoroso ricalcano pedissequamente l’ideale di incomunicabilità tra il concreto e l’astratto, tra il sogno e la realtà, tra l’uomo e la donna, risultando spesso volutamente inconcludenti e tagliati di netto senza preavviso.
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