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Gatta Cenerentola: Napoli c’è e si fa sentire

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Gatta Cenerentola: Napoli c'è e si fa sentire 1

Gatta Cenerentola

8.6

Comparto Tecnico

7.0/10

Cast

10.0/10

Scrittura

9.0/10

Regia

9.0/10

Direzione Artistica

8.0/10

Pros

  • Storia profonda e coinvolgente
  • Personaggi molto carismatici
  • Ambientazioni molto suggestive

Cons

  • Comparto tecnico non eccellente
  • Il forte accento napoletano dei personaggi può dar fastidio

Spiegare l’importanza di un film come Gatta Cenerentolnel povero, per quanto articolato, panorama dell’animazione cinematografica italiana non è un compito facile, sarebbe riduttivo parlare semplicemente di un bel film d’animazione, perché i ragazzi di Mad Entertainment hanno voluto spingersi un po’ oltre, creando qualcosa che rimanesse nell’immaginario collettivo come vero e proprio cult.

Quando parliamo di animazione cinematografica e di Italia i primi due nomi che possono venire in mente sono quelli di Bruno Bozzetto e di Enzo D’Alò, da qualche anno la Mad Entertainment, studio d’animazione napoletano che ha fatto del proprio legame con la città il suo punto di forza, e il suo patron Luciano Stella (che non ringrazieremo mai abbastanza), stanno cercando di imporre anche quello di Alessandro Rak, già autore nel 2013 de “L’Arte della Felicità”, una perla di introspezione di cui magari tornerò a parlare, che si è rimesso in gioco nel 2017 affiancato da Ivan CappielloMarino Guarnieri e Dario Sansone per il progetto di un’enorme allegoria in salsa fantascientifica distopica sulla base dell’opera musicale omonima del 1976 di Roberto De Simone, a sua volta ispirata dalla fiaba del ‘600 di Giambattista Basile, appunto Gatta Cenerentola. 

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Trama

La storia si apre con il matrimonio e l’omicidio del grande armatore e inventore Vittorio Basile (Mariano Rigillo), ad opera dell’associazione a delinquere di Salvatore Lo Giusto(Massimiliano Gallo), boss del crimine di Napoli, e Angelica Carannate (Maria Pia Calzone), sua complice e amante. La morte del grande armatore, fautore di diversi grandi progetti che avrebbero reso grande il porto di Napoli, getta il porto e la città tutta nel degrado in cui sguazza “Lu Re” Salvatore Lo Giusto per ben 15 anni in attesa che la figlia di BasileMia (muta), diventi abbastanza grande da firmare i documenti per passare ad Angelica tutti i gli appalti del porto ottenuti dal padre in modo che Lo Giusto possa realizzarvi il proprio parco di riciclaggio di denaro sporco e spaccio di cocaina. Da queste basi il focus si sposta sulla piccola Mia, allevata a pesci in faccia da Angelica per 15 anni e ora contesa da Lo Giusto, che la vizia per ingraziarsela e usarla a suo esclusivo vantaggio, e Primo Genito detto “Il Principe” (Alessandro Gassmann), un agente di polizia ex capo della scorta di Basile al tempo del suo omicidio che vuole liberare la piccola dalla sua prigionia.
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Temi

Il film è molto profondo, esattamente quanto ci si aspetterebbe da una produzione indipendente italiana e con diverse chiavi di lettura: la prima e più ovvia è quella della storia in se, che parla di giustizia e di manipolazione, con il piacente e carismatico Salvatore Lo Giustoimpegnato a tenere al guinzaglio sia Angelica che Mia per raggiungere i suoi scopi, tallonato da vicino dall’impotente Primo Genito, che cerca con tutto se stesso di trovare un modo per smascherare i traffici illegali del boss criminale, ma senza riuscirci. Un classico esempio di rapporto tra una criminalità organizzata molto potente e le forze di polizia.
Questa chiave di lettura si amplia ulteriormente vedendo il tutto come una grande allegoria di Napoli o, se preferite, dell’Italia tutta, contesa perennemente tra la stagnazione in una situazione di mediocrità e la spinta verso l’innovazione. Le due diverse prospettive sono ben individuabili in Lo Giusto e BasileSalvatore Lo Giusto è un portatore di malaffare e di disordine, che incita chi gli sta davanti ad abbracciare la propria condizione di disagio, ritenendola condizione perfetta per loro che ci sguazzano dentro da sempre. Dall’altra parte Basile è l’innovazione, non lontanamente carismatico quanto Salvatore Lo Giusto, il ricco armatore è portatore di una visione nuova della città così come dei suoi abitanti, capaci, secondo lui, di utilizzare il suo dispositivo di raccolta della memoria per migliorarsi e rendere importante la loro città.
L’equilibrio si rompe quando Lo Giusto uccide il suo avversario e prende il controllo di Napoli riducendola a una discarica a cielo aperto mentre sparge promesse di ricchezza che in realtà andranno a suo esclusivo vantaggio.
In questo quadro si collocano Angelica e Miale due facce diverse della stessa città di NapoliAngelica Carannate è una nobildonna, completamente devota al suo grande amore Salvatore Lo Giusto, soggiogata dalle sue false promesse, con un sentimento così cieco da spingerla a prendere parte all’omicidio dell’uomo che avrebbe potuto darle la felicità se solo gli avesse dato una possibilità di farlo. Angelica rappresenta la vecchia Napoli, la città succube di quella criminalità che sa come prenderla, che sa cosa darle e cosa non darle perché sia contenta, ma al tempo stesso le rimanga fedele e possa essere usata come una marionetta per i suoi piani.
Mia invece rappresenta una nuova Napoli, o piuttosto una nuova generazione dei suoi cittadini, nati e cresciuti in quello schifo che uomini come Lo Giusto le hanno creato intorno, ma anch’essa troppo giovane e ingenua per resistere alle lusinghe del capo malavitoso.
Il deus ex machina della vicenda (espressione mai stata tanto calzante) non è Genito, anche se portatore della filosofia positiva di Basile nella nuova generazione, ma la memoria, qui rappresentata dagli ologrammi riprodotti randomicamente dalla nave dove è ambientata l’intera vicenda, che appaiono sempre nel posto giusto al momento giusto, ricordando a Mia come quella presentatale da Lo Giusto non sia l’unica via da seguire, e soprattutto non quella giusta.
Un sottotesto che vale la pena di menzionare è il valore positivo della tecnologia. Raramente in Italia il progresso tecnologico viene trattato in senso positivo, quindi vale la pena menzionare come questo film non solo metta in rilievo un innovatore tecnologico come Basile, ma fa riflettere su come la tecnologia possa sposarsi bene con la memoria tanto cara al nostro paese (a ragion veduta) in una collaborazione tra passato e futuro dove traspare l’insegnamento che il progresso è importante proprio per riparare agli errori fatti in passato e recuperare ciò che di buono è stato fatto.
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Tecnica

Su questo punto mi riservo la libertà di essere clemente con i ragazzi di Mad Entertainment, ricordando che a questo film hanno lavorato si e no una ventina di persone, tra animatori, story boarder, doppiatori e registi/sceneggiatori, con un budget non esattamente faraonico e una potenza di calcolo ben al di sotto degli standard internazionali. Nonostante questo, tutto è gestito in maniera molto intelligente a partire dai modelli dei personaggi, ben caratterizzati grazie alle espressioni facciali e ai distintivi tratti dei loro visi e della loro corporatura, ma estremamente semplici nell’insieme, con contorni molto spigolosi e nel complesso completamente privi di dettagli grafici di rilievo come rughe o nei, e perfettamente lisci sia sulla pelle che nei vestiti. Le animazioni sono ridotte all’osso, spesso aiutate da una regia dinamica che enfatizza le azioni mascherando la povertà nei movimenti. In nessun personaggio vedrete mai movimenti che non siano necessari all’azione o finezze stilistiche come contrazioni dei muscoli o espressioni facciali esasperate, tutto, dal cambiamento dei toni di una conversazione, alle reazioni a elementi esterni, sono affidate all’ottima regia e al superbo lavoro di doppiaggio, perfettamente calzante in ogni suo aspetto e aiutato da una stretta calata napoletana che necessita, spesso imprescindibilmente, dei sottotitoli, cosa che potrebbe non essere apprezzata da tutti, ma in quanto cifra stilistica peculiare delle produzioni Mad, non si può fare a meno di accettarla.
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In conclusione

Gatta Cenerentola è un coraggioso esperimento riuscito in maniera esemplare. Dopo l’egualmente ottimo lavoro con L’Arte della Felicità, rimasto per gran parte nascosto alla grande massa di pubblico, Luciano Stella e i suoi ragazzi hanno saputo portare sugli schermi un’opera che è riuscita a toccare molti cuori anche al di fuori dalla nicchia di appassionati di cinema d’animazione indipendente, sbarcando anche ai David di Donatello con candidature in molte categorie e ben due premi come miglior produzione e migliori effetti digitali, oltre a numerosi altri primi in vari concorsi.
Una storia coinvolgente con diversi sottotesti e chiavi di interpretazione, un pugno di personaggi molto carismatici e interessanti da veder muoversi sullo schermo, e, come ulteriore punto a favore, una colonna sonora originale di tutto rispetto, che propone dei pezzi di musica tipicamente napoletana, già molto apprezzata nel mondo, che rimangono impressi nella testa dello spettatore.

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Ciao gente! Sono Riccardo Magliano, classe 1995, originario di Pontedera (PI), ma di stanza a Bologna per motivi di studio. Sono laureato in triennale al DAMS al momento studio per diventare sceneggiatore cinematografico. Sono grande appassionato e estimatore di prodotti d'animazione, dalle serie, ai lungometraggi, ai corti, l'importante é che raccontino qualcosa (cosa non sempre indispensabile perché tra i miei film preferiti c'é Fantasia).
Qui su Spacenerd mi occuperò di recensioni e approfondimenti su tutto ciò che concerne l'animazione, specie quella occidentale, più e più volte colpevolmente trascurata dalla massa di fanatici di anime.
Grazie a tutti per l'attenzione e buon divertimento

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