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Glitch Techs: Quanto è di moda il retrogaming?

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Glitch Techs: Quanto è di moda il retrogaming? 1

Glitch Techs

6.4

REGIA

6.0/10

SCRITTURA

5.5/10

COMPARTO TECNICO

7.0/10

CAST

6.5/10

DIREZIONE ARTISTICA

7.0/10

Pros

  • Divertente per i più piccoli
  • Molte citazioni per i gamers

Cons

  • Trama molto misera
  • Comicità troppo infantile
  • Personaggi secondari poco approfonditi

C’è un problema di fondo nel fare una serie animata che ha a che fare con i videogiochi: il tempo.

I videogame si evolvono a passo incalzante e con i tempi tecnici biblici che servono per produrre e distribuire una serie, non è facile iniziare la produzione avendo in mente determinati titoli e arrivare sul mercato mentre quegli stessi titoli sono ancora conosciuti, apprezzati e sulla bocca di tutti.

Glitch Techs, se vogliamo prendendo spunto da Ralph Spaccatutto di Disney, ovvia a questo problema mettendo il focus su videogiochi storici, di vecchie generazioni, che più o meno tutti, per memoria o sentito dire online, conoscono.

Quanto può funzionare questo metodo? Vediamo.

Glitch Techs (in Italia adattato come Gli Acchiappaglitch) è una serie Originale Netflix creata da Eric Robles e Dan Milano per Nickelodeon, sviluppata da Nickelodeon Animation Studios e diretto da Phil Allora, Ian Graham e Chris Graham. Per il momento la serie conta una sola stagione di 9 episodi da 23 minuti (escluso il primo di 46 minuti) disponibile su Netflix dal 21 febbraio 2020.

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Trama

Glitch Techs, si apre in una generica cittadina del Nord America dove un misterioso giovane irrompe in un’abitazione per combattere e far sparire una creatura digitale uscita fuori da una console.

Passiamo al giorno successivo e conosciamo i due protagonisti: il primo è Hector a.k.a. “High Five” (suppogo che il nome sia un riferimento a Ready Player One), per gli amici soltanto Five, un ragazzino di sedici anni messicano grande appassionato di videogiochi che vive e lavora con i nonni nel loro furgoncino ambulante di tacos; la seconda è Miko a.k.a. “Me K.O.“, una ragazza di origini giapponesi altrettanto appassionata di videogiochi.

I due partecipano a una gara e-sportiva organizzato dalla casa di produzione di videoghiochi Hinobi e rimangono coinvolti in un incidente con un Glitch senziente che appare all’interno di un videogioco. I dipendenti della Hinobi risolvono la questione e i due ragazzi vengono a conoscenza del fatto che le console Hinobi sono dotate di una tecnologia tanto potente e tanto instabile che ogni tanto un pesonaggio o un elemento del videogioco inserito si glitcha e prende vita uscendo dallo schermo.

Per ovviare al problema la Hinobi, invece che aumentare l’efficenza del controllo qualità, ha istruito alcuni ragazzi a intervenire durante questi incidenti e combattere i glitch prima che facciano troppi danni, per poi cancellare la memoria dei testimoni per mantenere segreto il tutto e evitare cattiva pubblicità. Agiscono in sostanza come un incrocio tra Men in Black e Ghostbusters.

Miko e Five verranno assunti alla Hinobi in qualità di Glitch Techs e cominceranno le loro missioni di pattugliamento che il gestore del negozio locale della Hinobi, Phil ha forbamente strutturato come i livelli di un videogioco in modo che i ragazzi se sentano più motivati.

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Ok… eh!?

Considerando che la serie ha come target spettatori di un’età piuttosto bassa, premetto che che tutto ciò che sarà contenuto in questo paragrafo è più che perdonabile, ma devo far notare i molti e molto grossi buchi logici che Glitch Techs da per scontati.

La Hinobi è un’azienda che storica nell’universo narrativo di Glitch Techs; è sul mercato da una vita e ha sviluppato e distribuito tutti i videogiochi in circolazione, dai più retrò ai più moderni e tecnicamente sviluppati. Saltando sulla questione del controllo qualità dei prodotti già accennata, com’è possibile che con una tecnologia che permette a errori di sistema di prendere vita, di creare giochi in realtà virtuale multigiocatore estremamente complessi, tutti i videogiochi che vediamo nella serie (a parte il primo episodio), siano retrogame? Il monopolio della Hinobi ha fermato completamente l’innovazione?

Altra cosa che ha poco senso sono le abilità atletiche dei protagonisti. Capisco il bisogno di scontri dinamici e spettacolari, ma mi è oscuro come dei sedicenni, hardcore gamers, tra l’altro, che per definizione non fanno chissà quanto movimento (scusate lo stereotipo) sappiano fare salti di 2/3 metri, avere riflessi fulminei e abilità atletiche degne di un ginnasta di livello olimpionico.

Avrei capito se la serie spiegasse che il particolare guanto da Glitch Techs, accessiorio in dotazione a tutti i dipendenti, conferisse le capacità in un videogioco nella vita reale, ma i protagonisti compiono prodezze atletiche sia con che senza il guanto, cosa che mi suona piuttsto ridicola.

Potrei andare avanti chiedendomi perché alla Hinobi sia consentito di avere un piccolo esercito di super ragazzini presonale, quale tecnologia consenta di cancellare le tracce degli interventi dei Glitch Techs; perché sembra che la tecnologia Hinobi possa ricostruire muri distrutti, ma apparentemente non cancellare le macchie lasciate dalle gomme di un furgone; e molte altre cose, ma immagino di aver già esagerato e che pretendere logica da questa seria sia un po’ come sparare sulla Croce Rossa.

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Scrittura e regia

La sceneggiatura di Glitch Techs ha una struttura talmente semplice da fare tenerezza: un episodio = una missione = una morale.

Non esiste una trama orizzontale, anche se ce n’è un accenno nel secondo episodio, non c’è crescita caratteriale dei protagonisti, ne una crescita “professionale” dato che i vari power up che i ragazzi possono sbloccare avanzando con le missioni da Glitch Techs vengono acquisiti fuori schermo e mai veramente approfonditi.

In compenso gli episodi sono molto carini e pieni di citazioni.

Ogni glitch che Miko e Five devono combattere è ispirato a un gioco realmente esistente e gli spettatori un po’ più grandi possono divertirsi in una non troppo complessa “caccia alla citazione“.

C’è un episodio interamente incentrato sulle app per cellulari e le missioni di ricerca oggetti; uno ambientato in una parodia di Castlevania; un altro in cui Five gioca a Metal Gear Solid; Elly, il pet di Miko, è un riferimento ai chokobo di Final Fantasy; e tanti altri esempi.

Devo tristemente dire che oltre alle geniali citazioni e le parodie più o meno riuscite, Glitch Techs non offra gran che come contenuti.

Quello che lo show presenta è dell’ottima parodia del mondo dei gamers e dei suoi protagonisti, ma l’assenza di una storia vera e propria e della benché minima crescita dei protagonisti mi fa storcere leggermente il naso, soprattutto considerando che si tratta di un Originale Netflix, per definizione bersaglio di binge watching che quindi necessita di una storia che possa tenere gli spettatori attaccati allo schermo.

Il meglio della serie la troviamo nella scrittura dei protagonisti. Molto semplice anche in questo caso, ma molto ben fatta.

Le personalità dei due protagonisti sono ben delineate, precise e coerenti.

Five è un ragazzino responsabile e metodico, ma entusiasta, si fa prendere facilmente dalle emozioni e segue pedissequamente le regole. In game è in completista e studioso delle meccaniche, cosa che lo rende un tuttologo di tutti i giochi che affronta (praticamente Sabaku no Maiku se fosse messicano).

Miko è un talento naturale. Iperattiva, energica, ma anche impaziente. Si affida all’istinto per fare qualunque cosa, non ha peli sulla lingua e detesta aspettare.

Le interazioni tra loro due e gli altri personaggi sono piuttosto interessanti, soprattutto per quanto riguarda Miko, di gran lunga la più caratterizzata e ricordabile dei due. Non si fatica a voler bene a questa scanzonata coppia di amici.

Disgraziatamente gli altri personaggi della serie sono poco più che stereotipi non molto approfonditi. Non c’è molto da dire.

La regia ha decisamente di più da offrire.

Ci sono commistioni di diversi stili di regia di vari tipi di show a disegni animati: una parte più “americana” per quanto riguarda il quotidiano. In parte recupera i toni della sitcom animata, in particolare Spongebob è un punto di riferimento evidente, con me macchine che saltellano in curva e i personaggi che gesticolano eccitati davanti a una camera ferma.

L’altra parte è recuperata dagli anime. Si nota soprattutto durante i combattimenti, molto dinamici e con coreografie in certi casi anche molto ricercate, e in alcune espressioni di reazione dei personaggi, caratterizzate da primi piani stretti sulle espressioni esagerate, tratti distintivi deformati e sfondi che vengono sostituiti con dei pannelli colorati con motivi vari.

L’inserimento più interessante nella regia di Glitch Techs è quello delle sequenze in cui l’azione viene tradotta come se fosse un vero videogioco.

Quando Miko e Five devono affrontare un boss con un pattern di attacchi precisi la telecamera si sposta lateralmente e i due compiono delle schivate in salto come in un videogioco platform; se devono affrontare un glitch uscito da un picchiaduro l’inquadratura torna a essere laterale come in un incontro in un picchiaduro; quando Five deve rubare qualcosa, sull’oggetto incriminato appare un bersaglio grafico; eccetera eccetera.

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Comparto tecnico

I ragazzi di Nickelodeon Animation Studios non sono certo gli ultimi arrivati quando si parla di animazione per la TV, ma è sempre bene far notare quando le cose sono fatte bene.

Glitch Techs è una serie molto dinamica e action con personaggi e disegni semplici e colorati che si muovono principalmente a scatti, tra linee cinetiche e sfondi in movimento.

Le animazioni sono volutamente poco fluide. I movimenti di tutti i personaggi devono ricordare quelli dei protagonisti dei vecchi videogiochi aggiungendo solo qualche posa dinamica per completare le immagini.

Il feeling che avrete guardando muoversi i personaggi di Glitch Techs non sarò propriamente quella di un videogioco, è una serie animata in tutto e per tutto, ma si dia conto a chi ha provato a rendere l’idea facendo, per esempio, muovere contiuamente i capelli di Miko anche nei rarissimi momenti in cui è ferma.

Probabilmente è proprio questo il punto più debole delle scelte registiche di Glitch Techs: si capisce l’intento, ma anche che non è stato raggiunto.

Un vero peccato perché il colpo d’occhio in generale è ottimo, le coreografie d’azione caotiche, ma ancora comprensibili e anche nei momenti in cui i frame calano (e ce ne sono), non si raggiunge mai livelli di insufficenza nelle animazioni.

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Per concludere

Glitch Techs, senza troppi giri di parole, poteva venire molto meglio.

Non si capisce se punti a un pubblico di bambini o di adulti nostalgici.

Vero che con internet anche un decenne conosce molti dei videogiochi storici, ma difficilmente potrebbe sentirsi rappresentato da un’epoca del gaming tanto distante.

Per un appassionato di videogiochi che vuole divertirsi con un po’ di “caccia alla citazione“, queste sono fin troppo palesi e la serie offre davvero poco altro. La comicità troppo bambinesca, risoluzioni di problemi e/o sfide che arrivano quasi per caso, personaggi che sono poco più che stereotipi di loro stessi… troppo poco per intrattenere oltre a qualche sporadico: “Ehi! Questa è una citazione a…”

Condiscono il tutto una serializzazione davvero povera di contenuti e delle semine di indizi per una storia orizzontale purtroppo mai raccolti.

Forse Glitch Techs comincerà ad avere una serializzazione più incisiva dalle prossime stagioni, ma in quel caso mi viene da chiedermi: “Perché non cominciare già con la prima?”

Consiglio vivamente il titolo ai più piccoli, sicuramente si divertiranno. Ai più grandi o  a coloro che speravano di divertirsi con una serie sui videogiochi dico che possono darci un’occhiata in un momento di noia, ma dubito fortemente che avranno voglia di guardarla una seconda volta.

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Ciao gente! Sono Riccardo Magliano, classe 1995, originario di Pontedera (PI), ma di stanza a Bologna per motivi di studio. Sono laureato in triennale al DAMS al momento studio per diventare sceneggiatore cinematografico. Sono grande appassionato e estimatore di prodotti d'animazione, dalle serie, ai lungometraggi, ai corti, l'importante é che raccontino qualcosa (cosa non sempre indispensabile perché tra i miei film preferiti c'é Fantasia).
Qui su Spacenerd mi occuperò di recensioni e approfondimenti su tutto ciò che concerne l'animazione, specie quella occidentale, più e più volte colpevolmente trascurata dalla massa di fanatici di anime.
Grazie a tutti per l'attenzione e buon divertimento

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