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Velvet Buzzsaw: quando il pennello ferisce più della spada

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Velvet Buzzsaw: quando il pennello ferisce più della spada 1

Velvet Buzzsaw (Netflix, 2019)

0.00
6.5

Comparto Tecnico

6.9/10

Cast

7.7/10

Scrittura

4.5/10

Regia

6.2/10

Direzione Artistica

7.0/10

Pros

  • Cast
  • Contro il mondo del mercato dell'arte

Cons

  • Trama
  • Né horror né thriller
  • Personaggi troppo esasperati

Velvet Buzzsaw è un film prodotto da Netflix e disponibile sulla piattaforma dal primo febbraio 2019.

Scritta e diretta da Dan Gilroy (Nightcrawler – Lo Sciacallo), un cast eccellente corona la pellicola, tra cui:

  • Jake Gyllenhaal (Donnie Darko, I segreti di Brokeback Mountain, Nightcrawler, Prince of Persia)
  • Rene Russo (Thor, Nightcrawler, Virus Letale)
  • Toni Colette (About a Boy, Hereditary, Little Miss Sunshine, Changing Lanes)
  • John Malkovich (dobbiamo davvero citare qualche film?)

Trama di base

Velvet Buzzsaw si pone come aspra critica nei confronti del mercato dell’arte contemporanea. In realtà, è una denuncia della vacuità delle azioni di certe persone, indirizzate esclusivamente ad un proprio tornaconto.

Josephina (Zawe Ashton) è un’agente emergente nel mondo dell’arte. Sarà lei il fulcro dell’intero sviluppo della trama. Trova infatti migliaia di dipinti appartenuti ad un anziano inquilino del suo palazzo, morto in totale solitudine. Josephina ignora le istruzioni lasciate dall’artista scomparso, ossia di distruggere i suoi lavori come lui stesso aveva cercato di fare, e inizia a far circolare i dipinti, destando subito all’attenzione di critici e collezionisti. Ma dietro questi quadri si cela qualcosa di sinistro ed inquietante.

SEGUONO SPOILER! SI PREGA DI NON PROSEGUIRE CON LA LETTURA SE NON SI INTENDE RICEVERE ALTRE ANTICIPAZIONI.

La storia nel dettaglio, e i personaggi: tra estremi ed esasperazione

Morf Vandewalt (Gyllenhaal) è un noto critico d’arte, eppure, molto più interessato al valore economico delle opere di cui tratta nei propri articoli che a quello artistico. Questo fin quando non nota tra le tante una strana scultura rotonda, Sfera appunto, che permette a chiunque ne venga in contatto di provare una serie di emozioni contrastanti.

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Josephina intanto cerca di apprendere il massimo dall’esperienza di Morf quasi come una sua tirocinante (anzi discepola). Il legame tra i due sprofonda in una relazione tanto carnale quanto assolutamente priva di un vero e proprio sentimento, o almeno, per la ragazza. Morf infatti definisce spesso il loro rapporto come un qualcosa che lo confonde, lo destabilizza, anche per la sua bisessualità più vicina ad un’esasperazione artistica che ad una realtà vicina al pubblico.

Coco (Natalia Dyer) è amica e collega di Josephine. Cerca anche lei di entrare nel giro di una delle gallerie più importanti di Miami, nonostante abbia catturato l’interesse di un installatore piuttosto strano, Bryson (Billy Magnussen). Il carattere di Coco è decisamente meno forte di quello di Josephine, anzi più timida ed impacciata.

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Rhodora Haze (Russo) è una matura gallerista, sempre a caccia di nuove conquiste, o meglio, di artisti sempre più giovani e talentuosi da esporre nelle proprie mostre. È lei ad aver venduto Sfera per nove milioni di dollari. Proprio parlando con uno dei suoi papabili artisti Damrish (Naveed Diggs), e notando un tatuaggio, scopriamo che in passato la donna si faceva chiamare Velvet Buzzsaw appunto.

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Piers (Malcovich) è al contrario un burbero artista (ed ex amante) di Rhodora. Cerca di mantenere la propria dignità artistica, senza lasciarsi influenzare dal vile denaro della concorrenza di un altro gallerista, John Dondon (Tom Sturridge). Non resiste però a vendere al miglior offerente stampe e riproduzioni delle proprie opere.

Ma questo etereo mondo di falsità e apparenza viene presto sconvolto dalla morte del vicino di Josephine, la cui scomparsa si fa sempre meno chiara e piena di mistero.

Capiamo che la ragazza non si fa alcuno scrupolo ad entrare nel suo appartamento per rubarne i dipinti. Li mostra così subito a Morf, estasiato alla visione delle opere come mai prima d’ora.

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Sarà lei a dirgli che si trattano opere di un tale Vetril Dease, nome che neanche Gretchen (Toni Colette), amica di Morf, riesce a trovare nei propri database.

Gretchen, talentuosa donna in carriera, ha bisogno di un’opera in anteprima da poter far acquistare ad un suo cliente per poter ottenere un contratto definitivo. Morf rifiuta senza batter ciglio, intenzionato a non rivelare la presenza di quei nuovi dipinti.

A scoprire le opere nascoste sarà invece Rhodora (dopo una soffiata di Bryson), la quale ricorda a Josephine di un patto di non-concorrenza nel proprio contratto di lavoro.

Si offre di aiutarla nel lato burocratico del piazzamento delle opere sul mercato in cambio di una percentuale. La ragazza accetta.

Josephine dovrà dichiarare di aver trovato i quadri nell’immondizia per non destare sospetti.

L’inquietante rivelazione?

In tutto il film, i quadri protagonisti vengono appena intravisti (salvo alcuni, che fanno da sfondo). Piuttosto l’inquadratura ci mostra principalmente gli attori osservarli rivolti alla camera, ognuno con i propri pareri.

Abbiamo infatti Morf, che addirittura ne resta talmente colpito da decidere di dedicarsi alla stesura di libri piuttosto che di articoli che avrebbero limitato le parole per raccontare quelle opere straordinarie. Ma ovviamente, tutto purché venga fatta opportuna pubblicità all’artista, si capisce.

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Morf inizia così a scrivere una biografia dell’autore.

Scoprirà che in realtà l’artista Vetril Diese è nato a Los Angeles nel 1930. Rimane a nove anni unico superstite assieme al padre dopo un tragico incendio che distrugge la propria casa, causando la scomparsa della madre e sorella minore. Dopo svariati abusi da parte del genitore, viene affidato ad un orfanotrofio, che lascerà solo alla maggiore età.

Per trent’anni vivrà nel completo anonimato, prima di dedicarsi alla pittura. Un’arte violenta, cruenta, dove utilizza mischiata alla pittura anche (come scoprirà una spettrografia) sangue.

Nel bene o nel male però, ognuno dei personaggi resta come inquietato da quei dipinti, come se suscitassero ansia e paure recondite.

Un horror? Non proprio

Il film inizia così a mostrare tutta una serie di scene da canonico film horror: prima tra tutte, dipinti che prendono vita, cercando di uccidere chiunque ne impedisca l’autodistruzione.

Perché sì, i quadri vogliono solo bruciare in pace, mentre tutta la storia si basa su quanto ognuno dei personaggi ne voglia trarre beneficio, ad ogni costo.

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Primo a sparire è Bryson, che stava portando alcuni quadri in un magazzino sotto ordine di Rhodora, ma viene letteralmente prima bruciato e poi attaccato.

Anche Dondon inizia a volerne sapere di più su Deese, e supportato anche da Coco (che ha deciso di lavorare ora per lui rigirandogli informazioni di Rhodora), scopre che il vecchio artista aveva torturato suo padre per giorni prima di bruciarlo vivo.

Le scene di jumpscare sono più simili a cliché presi un po’ ovunque, niente riesce davvero a creare quella giusta suspance del genere cinematografico degli incubi.

Troviamo perfino il classico unico personaggio che ha capito tutto (Morf), e invece scambiato per pazzo allucinato (ma in ruoli come questi, Gyllenhaal è sempre stato molto a suo agio).

In compenso, alcuni concept delle morti sono comunque suggestivi ed artistici, ma a tratti anche piuttosto scialbi (primo tra tutti, uno pseudo zombie).

Probabilmente, anche il lato horror è stato volutamente ridicolizzato in nome di una denuncia piuttosto evidente. Specialmente se pensiamo che Coco è l’unica sopravvissuta, ma alla fine, è solo stanca di dover cambiare sempre datore di lavoro per colpa di quelle tragiche morti.

L’anti-morale sì, ma che fallisce

Senso stesso della pellicola è evidenziare la pessima profondità dei suoi protagonisti, con un’ironia quasi perfino british (spesso però poco riuscita).

Nessuna scena va presa veramente sul serio, nessun dialogo, né tantomeno nessun personaggio. Tutto è focalizzato su una satira senza peli sulla lingua.

Forse è un thriller? Neanche, poiché i pochi colpi di scena sono prevedibili e per nulla complessi.

È proprio questa la grande falla di questo prodotto: buon cast, interessante idea di base, ma poco o male sviluppata.

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La pellicola costringe lo spettatore a non potersi aggrappare a davvero nulla di concreto, lasciando così ovviamente spazio ai buchi di trama fin troppo evidenti.

Un vero peccato, considerando che vedere Jake Gyllenhall come interprete resta sempre e comunque un piacere.

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Cosplayer per diletto, per lei Dante è sia il poeta stilnovista che il cacciatore di demoni per eccellenza. "I demoni non piangono mai" è vero, ma davanti al film, alla serie tv, al videogioco, al fumetto, o al libro giusto diventa una fontana, e prova anche a recensirli di tanto in tanto.

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