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Lords of the Fallen, la recensione: a spasso tra i vivi e tra i morti!

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Ad oltre 12 anni dalla sua uscita, l’indelebile tratto che Dark Souls ha lasciato sul nostro medium risulta sempre più evidente e marcato: molti altri sviluppatori hanno provato e riprovato a recuperarne la formula e a catturare l’essenza, non riuscendo praticamente mai a raggiungerne lo stesso livello di ispirazione creativa e qualità generale.

Il recentissimo ed apprezzatissimo Lies of P ha finalmente smosso le acque e dimostrato che From Software può effettivamente essere raggiunta: così, CI Games ed Hexworks hanno lavorato duramente per riportare in auge il nome di uno dei primi soulslike in assoluto, quello di Lords of the Fallen.

Impostato come reboot dell’originale si è riempito di coraggio e caricato di ambizioni per sfidare anch’esso l’olimpo dei Souls: come sarà andata? Scopriamolo nella recensione.

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Tra antiche minacce e credenze religiose

Eoni fa, un antico dio demoniaco chiamato Adyr mantenne per molto tempo sotto un crudele e tirannico giogo l’intero mondo per com’era conosciuto al tempo: per contrastarlo, l’umanità decise di schierare contro di esso alcuni dei suoi più potenti eroi (chiamati I Giudici) affinchè potessero sconfiggerlo e porre quindi fine al suo dominio.

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Nonostante la vittoria però, i residui del conflitto pervasero il mondo di una potente ed oscura aura di malignità, che, se non tenuta sotto controllo, avrebbe rischiato di far resuscitare il demone e di far nuovamente precipitare l’umanità nel caos più totale.

Così, i Giudici eressero dei pilastri di luce pura e santificata che potessero assorbire tale potere, promettendo di proteggerli con la vita: a lungo andare però, nonostante la loro determinazione, vennero anch’essi corrotti da tale influenza demoniaca, fino a perdere il controllo.

Qui entrerà in gioco il Crociato Oscuro (il personaggio del quale prenderemo il controllo) che, grazie ad una misteriosa e leggendaria lanterna avrà il compito di passare dal regno dei vivi (chiamato Axiom) a quello dei morti (Umbral) per contrastare tale minaccia e ristabilire l’ordine.

Così inizierà il nostro lungo e tortuoso percorso di morte e redenzione a Mournsted.

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Percepire la tensione

A livello narrativo Lords of the Fallen si pone tendenzialmente in linea con le altre opere del genere, con qualche timido ma interessante guizzo in più: il racconto andrà infatti ad appoggiarsi prepotentemente sulle basi loristiche che compongono il mondo di gioco, esposte al giocatore tramite dialoghi con gli NPC, descrizioni degli oggetti e flashback.

Tutto ciò andrà a riguardare trope narrativi abbastanza ricorrenti nelle opere di stampo fantasy medievale come ad esempio epiche battaglie tra divinità ed antichi regni in rovina, accompagnate da tematiche e concetti ben più dark, come il sottile confine tra vita e morte, l’aldilà e l’insieme di credenze religiose e di natura spirituale ad essi fortemente connessi.

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Per quanto tale contesto non sia assolutamente tra i più originali, il più grande elogio che va fatto a LotF riguarda senza dubbio la costruzione estetica e di design del mondo di gioco: dall’inizio alla fine si respira costantemente un’atmosfera particolarmente cupa, a tratti così pesante da risultare quasi opprimente.

In tal senso, va premiata la resa generale delle ambientazioni, che nel mondo dei vivi ci vedrà attraversare una serie di paesaggi medievaleggianti come foreste lugubri, antichi borghi, villaggi decaduti e un buon assortimento di chiese, cattedrali, santuari ed altri solenni luoghi di preghiera, dove convinzioni religiose, giudizi divini e atti di penitenza la fanno da padrone.

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Una volta che si passa in Umbral però, l’aria si ingrigisce e Lords of the Fallen assume una forma ben più tetra, dove morte e tormento regnano indisturbati: l’aldilà cela infatti orrori indicibili, come composizioni organiche, coste e strutture ossee di vario tipo, superfici cartilaginose dal quale sbucano inquietanti occhi, ammassi di cadaveri in decomposizione, piante ed alberi marci e chi più ne ha più ne metta.

Anche i personaggi, tra armi, costumi ed armature presentano un design ispirato, dal quale sprizza quel sapore di medioevo antico, sacrilego e blasfemo che si adatta perfettamente al resto di quel contesto fantasy di natura pseudo religiosa.

Lo stesso discorso va fatto per le creature non umane, alcune ben riconoscibili ma altre talmente deformate e contorte nella loro composizione fisica da risultare surreali e difficili da concepire, così mostruose che potrebbero tranquillamente appartenere ad un titolo horror vero e proprio.

Quindi in termini di pura immersività Lords of the Fallen rappresenta senza dubbio uno degli apici del genere, che in determinati momenti supera a mio avviso anche i Souls: data la generale piattezza di contesto di quasi tutti gli altri giochi simili, lo sforzo di Hexworks nel dare una consistenza sensorialmente palpabile all’atmosfera di gioco va assolutamente premiato, specialmente se fatto così bene.

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Lords of the Fallen: Il solito soulslike?

Parlando del gameplay invece, Lords of the Fallen segue in maniera pressoché lineare tutti gli standard classici dei soulslike: il tutto andrà ancora una volta a basarsi su uno strategic swordplay tendenzialmente poco dinamico, lento e ragionato, che permette di eseguire una serie di attacchi semplici, pesanti, caricati ed in corsa, oltre che ovviamente alle altre mosse basilari come la schivata e la parata.

A ciò si va prepotentemente ad aggiungere quella che è senza dubbio la meccanica più interessante ed incisiva dell’opera, il passaggio da Axiom ad Umbral: grazie all’immenso potere della lanterna, potremo attraversare fisicamente la sottile linea che separa il regno dei vivi da quello dei morti, spostandoci tra questi due piani di esistenza che coesistono parallelamente nello stesso luogo e nello stesso tempo.

Finché rimarremo nel mondo reale, tutto sembrerà molto lineare e regolare, sollevando la lanterna si aprirà una finestra dimensionale momentanea, che ci permetterà di sbirciare su Umbral e di svelarne i segreti celati all’interno: per interagire con essi però, dovremo trasferirci materialmente dall’altro lato tramite l’apposito tasto, il che ci aprirà a tutti gli effetti una moltitudine di possibilità di esplorazione ed interazione.

Per fare un esempio, dentro Umbral appariranno determinate composizioni organiche che ci permetteranno di raggiungere luoghi altrimenti inaccessibili, oppure laddove in Axiom vi saranno intere aree totalmente allagate, una volta passati ad Umbral quella stessa acqua svanirà nel nulla, il che ci darà la possibilità di camminare sui loro fondali.

Attenzione però, la vostra permanenza in Umbral verrà osservata dallo sguardo vigile di un’occhio demoniaco, che percependo la vostra prolungata presenza in quel regno vi scaglierà contro nel tempo un numero crescente di nemici, sempre più coriacei: inoltre, se morirete in Axiom verrete trasportati in Umbral e avrete ancora una possibilità di sopravvivere, ma se verrete sconfitti in quest’ultimo, la morte sarà definitiva e dovrete ripartire dall’ultima vestigia visitata (l’equivalente dei falò di Dark Souls).

Al contempo però, aumenterà nel tempo anche il moltiplicatore di Vigore ottenuto dai nemici sconfitti: quindi, vi è un costante rapporto tra rischio e ricompensa che cresce parallelamente non solo per esplorazione e completismo, ma anche per quanto riguarda l’approccio ai combattimenti, che quindi spetterà solamente a voi capire come gestire al meglio.

Inoltre, se per passare da Axiom ad Umbral potremo usare il potere della lanterna in qualsiasi momento, per fare il passaggio opposto saremo costretti ad interagire con determinati idoli da trovare in giro per le mappe, spesso e volentieri nascosti o comunque non immediati da individuare.

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Quando un tratto distintivo è davvero tale

Quindi, l’intero game e level design andrà a costruirsi quasi esclusivamente sulla suddetta sovrapposizione tra regni: che sia per imposizione nel proseguimento dell’avventura, per semplice esplorazione delle mappe o ancora per tirarsi fuori da situazioni critiche, vi capiterà innumerevoli volte di eseguire il passaggio dall’uno all’altro, acquisendo col passare delle ore la dovuta consapevolezza di ciò che questo comporta.

Se ad Axiom saremo più al sicuro ma limitati, in Umbral avremo accesso al 100% dell’esplorazione e delle interazioni nella mappa rimanendo però esposti ad un numero maggiore di pericoli e minacce, aumentando conseguentemente il rischio di venire uccisi.

Anche sotto questo punto di vista, i designer di Hexworks hanno svolto un lavoro a dir poco eccezionale: per quanto non si tratti di una meccanica del tutto originale, la sua applicazione nell’esplorazione delle mappe funziona alla grande, e si adatta perfettamente a tutta quella serie di spunti di navigazione tipici dei soulslike, come l’approccio all’orientamento esplorativo, lo sblocco di scorciatoie, l’accesso a passaggi ed aree segrete ecc.

Inoltre, grazie ad un preciso consumabile che fa da “vestigia portatile” potremo in determinate zone “piantare” dei checkpoint momentanei che faranno da base d’appoggio: data la grandezza delle mappe e alla frequenza particolarmente bassa di vestige “reali”, tale meccanica aggiunge anche un pizzico di componente strategica relativa all’avanzamento prettamente “posizionale” tra le aree.

Inoltre, gli sviluppatori hanno anche pensato ad un metodo per evitare di rendere la sovrapposizione di mondi troppo caotica e dispersiva: infatti, grazie a determinati dettagli visivi e segnali acustici potremmo capire dove in Umbral si cela un certo tipo di interazione non presente in Axiom, il che permette al giocatore di esplorare con la dovuta tranquillità senza il bisogno di dover per forza controllare compulsivamente ogni angolo.

Strade, scale e percorsi segreti andranno comunque scovati con le proprie capacità di intuizione esplorativa: anche sotto questo punto di vista, il design si mantiene sempre coerente ed intelligente rispetto alla meccanica cardine, facendo sviluppare le mappe non solo in estensione ma anche in verticalità.

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Per quanto sia tutto molto stimolante, va notificato un problema di comprensione in quello che è il percorso principale da seguire: a causa di una mancanza di effettivi “indizi” per proseguire nell’avventura potreste inspiegabilmente ritrovarvi dinanzi a vicoli ciechi o a tratti di riconnessione con pezzi di mappa già visitati, piuttosto che al prossimo boss principale.

Ciò potrebbe costringervi a ripercorrere i vostri passi in cerca del percorso corretto, in un backtracking abbastanza dispersivo e non esattamente divertente.

Quando i “ma” sono grossi come una casa

Ma ciò che è senza dubbio il più grande problema dell’opera riguarda la gestione delle minacce che avremo modo di affrontare durante l’avventura.

Nel complesso, esse peccano gravemente di varietà dall’inizio alla fine del gioco, proponendo tipologie di unità nemiche del tutto generiche e banali sia a livello concettuale che di approccio al combattimento: persino cambiando totalmente area ci ritroveremo ad affrontare sempre le stesse, o comunque delle loro varianti così timide da risultare tali praticamente solo nell’aspetto estetico.

Le uniche cose che cambiano in maniera sostanziale sono le loro statistiche parametriche: quindi, se in una certa zona troveremo un certo tipo di nemico, in quella successiva lo troveremo nuovamente ma con più salute e potenza d’attacco, il che rappresenta uno schema di progressione alquanto svogliato.

Ad aggravare pesantemente la situazione ci pensa un loro posizionamento nelle varie mappe di gioco semplicemente becero, frustrante e noioso oltre ogni immaginazione.

Dall’inizio alla fine ci verranno buttati addosso col secchiello gruppi di nemici (alcuni dei quali anche particolarmente coriacei) senza un briciolo di logica o coerenza, spesso e volentieri persino in spazi stretti ed angusti.

Vi aspetteranno quindi una numerosa quantità di corridoi lineari zeppi di nemici che, se per le prime volte vorrete gestire con calma e cautela, dalle volte successive vi verrà solamente voglia di correre oltre il più velocemente possibile in cerca del prossimo luogo sicuro, facendo slalom tra di essi per evitare a tutti i costi scontri che non sarebbero altro che un inutile perdita di tempo (e di Vigore).

Ma anche volendo rushare alcune sequenze, vi troverete a dovervela vedere con una sbadata impostazione dell’intelligenza artificiale, che vedrà i tiratori (situati, tra l’altro, nei punti più difficili da raggiungere) spararvi e colpirvi da distanze siderali con una precisione chirurgica, mentre tutti gli altri nemici la prenderanno sul personale e vi inseguiranno fino in campo al mondo, rendendo il tutto una rocambolesca fuga per la salvezza semplicemente ridicola.

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Come se ciò non bastasse, gli sviluppatori hanno anche avuto la “brillante” idea di riciclare veri e propri boss per poi utilizzarli come unità base nelle aree successive, il che non fa altro che peggiorare una situazione che già di base risulta a dir poco disastrosa, dal quale traspare una pigrizia creativa sinceramente inaspettata.

Sistema di (non) controllo

Il tutto è reso ancor più tedioso da un combat system che soffre di seri problemi di precisione e fluidità nei comandi: essi infatti peccano di reattività, ogni azione compiuta parte con una frazione di secondo in ritardo rispetto alla pressione del tasto relativo, rendendo il tutto scomodamente pesante e dando una sgradevole sensazione di mancanza di controllo.

Inoltre, si notificano numerose imprecisioni nelle hitbox degli attacchi, in un tracking dei nemici eccessivo e in un sistema di aggancio che fa un po’ quello che vuole, e che spesso e volentieri fa impazzire la telecamera (che a sua volta si muove con un leggero ritardo rispetto all’animazione del nostro personaggio), creando una confusione visiva spaventosa.

Tutto ciò si riflette anche sulle bossfight: oltre ad essere quasi tutte spaventosamente simili tra loro, peccano di qualsivoglia spunto di dinamismo od intensità d’azione, che le rende nella maggior parte dei casi (ma per fortuna non in tutti) a dir poco statiche e tutt’altro che epiche o spettacolari.

E’ senza dubbio un peccato davvero grande, dato che, una volta digerite tutte queste gigantesche macchinosità, viene timidamente fuori una certa piacevolezza di un combat system che, quando tutto va come dovrebbe, riesce tendenzialmente a farsi apprezzare.

L’arsenale a disposizione vanta un’ottima quantità di armi (e relativi moveset) ma anche e soprattutto di magie, incantesimi e consumabili, così originali nel funzionamento e nell’applicazione di effettistica elementale da sembrare di appartenere ad un MMO piuttosto che ad un soulslike, il che porta una ventata d’aria fresca e spettacolarità in quelle che sono le build mago/chierico e simili nell’intero sottogenere.

Va comunque notificato un feedback degli impatti non esattamente tra i migliori ed una certa mancanza di pulizia complessiva degli elementi a schermo durante le battaglie.

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Intenzioni creative ben riposte

Dal punto di vista tecnico invece, Lords of the Fallen si difende più che bene: seppur nel complesso alcune texture non siano delle migliori, va assolutamente apprezzato lo sforzo degli sviluppatori nel rendere la grafica funzionale all’estetica, che grazie ad una serie di soluzioni di illuminazione, resa dei colori e particellari relativi ai fenomeni atmosferici (nebbia, pioggia ecc.) rendono gli ambienti di Mournested visivamente d’impatto.

Però, per quanto il passaggio da Axiom ad Umbral (con relativa re-texturizzazione del mondo di gioco) sia pressoché istantaneo, ci si rende immediatamente conto di quanto sia una meccanica ingombrante per la stabilità del software, in quanto noterete sin da subito fenomeni di stuttering e cali di framerate, soprattutto nelle aree più ricche di dettaglio.

Non si tratta comunque di niente di troppo grave, specialmente considerando che Hexworks ha già provveduto al rilascio di svariate patch correttive non solo relative all’ottimizzazione ma anche ad altri problemi tecnici come bug ed imprecisioni varie.

Conclusioni

Con Lords of the Fallen CI Games ed Hexworks hanno lanciato il guanto di sfida a Bandai Namco e From Software, sommergendo la loro opera di grandi ambizioni, che sono state però concretizzate solo a tratti.

Dal primo istante si percepisce l’aria di tormento e disperazione che caratterizza questo feroce e decadente mondo di gioco, al punto da rendere la componente immersiva tra le migliori mai viste in un soulslike, merito di un comparto estetico che ne esalta l’ottima atmosfera in entrambe le sue facce, spiccatamente medievaleggiante nel regno dei vivi, opprimente e suggestivo in quello dei morti.

In tal senso, anche le logiche di game design ed esplorazione legate alla meccanica cardine del gioco funzionano alla grande, grazie ad un’impostazione delle mappe di gioco che si mantiene sempre elaborata ed intelligente.

Purtroppo però, la totale mancanza di varietà dei nemici e la pessima gestione del loro posizionamento, unita ad una serie di gravi imprecisioni tecniche nel sistema di controllo affossano pesantemente il gameplay, ed impediscono all’esperienza di raggiungere l’olimpo dei souls.

Ad ogni modo, i punti di forza di Lords of the Fallen risultano talmente di pregio da rendere tale operazione di recupero meritevole di esser approfondita e supportata: per quanto ci sia ancora molto da migliorare, sono sicuro che con le giuste accortezze Hexworks potrà raggiungere livelli qualitativo davvero alti, per ergersi tra le prime fila dell’esercito dei soulslike alla conquista del medium videoludico.

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GAMEPLAY E LONGEVITA'
6.5
COMPARTO GRAFICO E SONORO
8
COERENZA E CURA DEL DETTAGLIO
7.5
Pros
Meravigliosamente immersivo e coinvolgente
Level design eccellente
La meccanica cardine funziona alla grande
Combat system ricco di contenuto ed opzioni
Cons
Totale mancanza di varietà nelle minacce da affrontare
Posizionamento dei nemici completamente sbagliato
Troppe imprecisioni e sbavature di gameplay
7.3
VOTO

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Salve a tutti, sono Mattia, e da circa 18 anni ho un'intesa passione per il mondo dei videogiochi, e con essa mi porto dietro una forte propensione alla discussione e al dialogo il più discorsivo possibile riguardo questa incredibile arte.

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