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Ecco perchè i jumpscare negli horror hanno senso

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Chiunque abbia un minimo di esperienza nel campo videoludico sa bene che sono molti i mezzi con il quale il videogioco può essere in grado di farci provare emozioni: dall’assoluto relax mentale alla pura adrenalina, dalla solenne estasi da impatto audio visivo a momenti di intensa commozione, e in mezzo a tutti questi vi è quella più spontanea, genuina e diretta, ovvero la paura, intesa in ogni sua forma: una trama dai risvolti agghiaccianti, un comparto estetico che metta in risalto l’importanza dell’illuminazione (luci ed ombre giocano un ruolo fondamentale), quello sonoro che possa enfatizzare certi momenti (sia in termini di tracce musicali che di pura effettistica ambientale) e anche con utilizzo di splatter e gore che possa impressionare il giocatore, il tutto volto a creare un’atmosfera degna di appartenere al genere horror.

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Anche in questo caso vi è una componente particolare, che gli sviluppatori ponderano in modo decisamente mirato, ovvero il jumpscare: è opinione popolare nelle community di videogiocatori che la sua presenza in molti giochi sia del tutto superflua, non in linea con lo spirito che dovrebbe avere un horror e in alcuni casi sin nociva per l’opera stessa.

In questo articolo andremo dunque ad approfondire la questione e a spiegare come mai, secondo noi, il concetto di jumpscare sia perfettamente coerente all’intero della visione totale di un’opera horror, ma andiamo con ordine.

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Cos’è un jumpscare?

Nonostante l’idea di jumpscare sia qualcosa di facilmente intuibile, è altrettanto vero che non esiste una vera e propria definizione “da vocabolario”, quindi riteniamo più esplicativo ricorrere alla seguente similitudine: laddove un’atmosfera paurosa genera un certo livello di ansia nel giocatore, il jumpscare è tutto ciò che lo fa materialmente spaventare.

Quindi, sono definiti jumpscare quegli elementi che fanno “sobbalzare il giocatore dalla sedia” (da qui il termine jump = salto, scare = spavento) come un mostro che spunta, un forte rumore, una porta che si sfonda, che avviene nel modo più improvviso ed inaspettato possibile, che riesca appunto a spaventare il giocatore, dandogli quella scarica di adrenalina e di terrore come “colpo di grazia finale” dopo una sequenza particolarmente ansiogena ed inquietante.

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Perchè molti odiano tale concetto?

Per farla breve, molti giocatori pensano che un videogioco che riesce a creare un’atmosfera ansiogena tramite ambientazioni e situazioni inquietanti alla base riesca ad adempiere al suo compito di farci provare “paura” senza dover ricorrere all’utilizzo di jumpscare, che viene ritenuto conseguentemente un becero pretesto per farci spaventare di botto per qualche secondo, sottintendendo che l’assoluto terrore momentaneo non valga niente rispetto ad una costante e continua crescità d’atmosfera.

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Ecco perchè noi non siamo d’accordo (sottolineando che si tratta solo di una nostra opinione generale e non di una verità assoluta).
Tralasciando momentaneamente gli aspetti puramente ludici per appoggiarci su quelli più psicologici (sempre ovviamente nel contesto del medium), sono due gli elementi che insinuano paura in una persona:

  1. l’idea di sentirsi braccati da una qualche minaccia che vuole ucciderci, l’istinto di sopravvivenza che ci porta a sfruttare ogni nostra risorsa per non lasciarci la pelle, che sia nascondersi, scappare, sparare ad un nemico, aggirarlo ci rende vulnerabili e ci porta a temere con tutto il nostro cuore il mostro/assassino/creatura di turno che ci si parerà davanti (basti pensare allo xenomorfo di Alien Isolation, a Mr.X di Resident Evil 2, o ai vari nemici di Outlast)
  2. l’ignoto, letteralmente. Il non sapere cosa aspettarci, il terrore di proseguire non avendo idea di quale sarà il prossimo ostacolo, di chi possa arrivare, di cosa possa succedere (e succederci), in un mondo di gioco che, se costruito bene, sfrutta proprio l’ignoranza del giocatore che gioca per la prima volta per farlo sentire incosciente degli eventi e conseguentemente insinuargli tensione durante la prosecuzione.

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Considerando che il tipo di spavento in questione non è per forza rilegato al gaming (o nello specifico al genere horror, in quanto può tranquillamente esistere anche nella vita reale o nei film), non solo il jumpscare rappresenta il punto di contatto tra questi due elementi, ma li esalta anche singolarmente grazie ad una semplice componente, necessaria in ognuna delle parti che vengono prese in considerazione, ovvero il contesto.

Dal momento in cui il giocatore viene immerso nell’atmosfera di un titolo horror, in base alla sua sensibilità alla paura, si sentirà inconsciamente in dovere di agire in determinati modi, il che avrà effetti diretti sul modo in cui esso giocherà la sua partita: dinanzi ad un lungo corridoio buio, c’è chi deciderà di percorrerlo lentamente e con circospezione, ma anche chi preferirà farselo di corsa, a sangue freddo e a testa bassa, impudente di qualsiasi eventuale pericolo.

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Ma questi sono solo esempi, sappiamo molto bene quanti siano gli elementi in grado di influenzare le nostre sensazioni in un videogioco (horror in questo caso), dalle premesse narrative, ai rumori di sottofondo, ai dettagli dell’ambientazione, e anche e soprattutto in base alla potenziale minaccia in campo (sappiamo che i necromorfi di Dead Space possono essere sconfitti tramite la lacerazione dei loro arti, oppure che l’Alien non può essere sconfitto ma solo allontanato o distratto), che rappresenta a conti fatti il motivo “per il quale avere paura“: non appena il videogioco in questione ci presenterà l’antagonista di turno e la sua brutalità nel volerci uccidere, verremo automaticamente caricati di diffidenza e paura nei suoi confronti.

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Quindi, quando il suddetto nemico spunterà dal nulla per spaventarci, facendo verificare dunque il jumpscare in questione, il nostro non sarà un semplice sobbalzo dalla sedia a causa dell’improvviso impatto audio/visivo, ma avremo letteralmente il batticuore proprio a causa della comparsa del nemico che abbiamo imparato ad odiare, temendo ciò che potrebbe farci in quel momento e quindi ampliandoci ulteriormente il senso di terrore verso di lui, a differenza di quanto farebbe il semplice vederlo o sentirlo arrivare da lontano (che rappresenterebbe comunque una cosa molto ansiogena).

Sempre in quest’ottica, è sottinteso come anche il secondo dei punti sopracitati venga esaltato dal concetto di jumpscare; dal momento in cui si è ignari di ciò che si aspetta ma si conosce bene o male la minaccia in campo, tutto diventa molto più ansiogeno.

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Aprire una porta, salire una scala, sporgersi oltre un muro, girare l’angolo, o semplicemente camminare in avanti sono azioni che si ha il timore di fare in quanto un potenziale jumpscare (che, come detto, non deve per forza essere l’arrivo del mostro in questione, ma anche un suono, un oggetto che si muove ecc.), posizionato nel posto e al momento giusto, potrebbe  tranquillamente riuscire a non farci dormire bene la notte, diventando automaticamente funzionale all’atmosfera stessa e rendendola a sua volta più opprimente ancor prima del jumpscare stesso (quante volte ci è capitato di sentire un rumore alle nostre spalle e di avere il timore di voltarci per vedere cosa fosse? Se non esistesse il jumpscare, questo approccio non esisterebbe).

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Ovviamente, la rigiocabilità di un gioco composto da jumpscare viene inevitabilmente a mancare (a livello esclusivamente emotivo), in quanto va a perdersi completamente l’effetto sorpresa, eppure nonostante ciò la prima esperienza sarà stata talmente intesa e potente che ce la si ricorderà sicuramente.

È quindi di fondamentale importanza che gli sviluppatori studino con attenzione come porre un jumpscare, costruendo una situazione atmosferica, narrativa e di design che si appresti ad esso e cercando di renderlo il più inaspettato possibile: è anche normale e comprensibile che le persone più deboli di cuore (o semplicemente quelle più sensibili) patiscano una cosa del genere e che quindi odino tale concetto, ma è qualcosa di talmente soggettivo che non sarebbe corretto prenderlo in considerazione da un punto di vista critico.

Con ciò non vogliamo intendere che il jumpscare sia obbligatorio in ogni opera horror, anzi, riteniamo di grande pregio un videogioco che riesce a tenerci con il fiato sospeso “semplicemente” grazie alla sua atmosfera, ma nonostante ciò non possiamo non ammettere che i ricordi che ci sono rimasti più impressi riguardo questo genere provengano proprio da alcuni jumpscare (basti pensare al fatto che Outlast rimane al giorno d’oggi uno dei giochi più paurosi di sempre, proprio grazie ad uno studio intelligente e non forzato dei suoi jumpscare, rilegati e adattati al resto del suo contesto videoludico).

È al contempo chiaro che, dal momento in cui estraiamo questo concetto dal suo contesto, esso perda pressoché del tutto il suo mordente, risultando effettivamente un semplice colpo basso degli sviluppatori: se presa singolarmente, una ciliegia non è altro che un banale frutto, ma se decidessimo di posizionarla in cima ad una gustosa torta, il suo significato e la sua importanza cambierebbe radicalmente.

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Salve a tutti, sono Mattia, e da circa 18 anni ho un'intesa passione per il mondo dei videogiochi, e con essa mi porto dietro una forte propensione alla discussione e al dialogo il più discorsivo possibile riguardo questa incredibile arte.

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