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Redfall, la recensione: un paletto infilzato nel cuore (del giocatore)

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Redfall

Redfall

4.5

GAMEPLAY E LONGEVITA'

5.5/10

COMPARTO GRAFICO E SONORO

4.0/10

COERENZA E CURA DEL DETTAGLIO

4.0/10

Pros

  • Shooting accettabile
  • Atmosfera tutto sommato azzeccata

Cons

  • Trama e narrazione inconsistenti
  • Creativamente insignificante
  • Quest e level design generale a malapena abbozzati
  • Intelligenza Artificiale ingiustificabile
  • Tecnicamente disastroso

Ci sono studi di sviluppo che, nel corso del loro percorso di crescita all’interno del medium hanno avuto modo di dimostrare il proprio talento artistico, creativo e ludico, guadagnandosi un certo prestigio con opere che in un modo o nell’altro hanno lasciato il segno.

Tra questi vi è senza dubbio Arkane Studios, che tra i vari Dishonored, il reboot di Prey e il più recente Deathloop è diventata il nuovo punto di riferimento per il genere degli Immersive Sim, proponendo meccaniche di gioco che, unite ad un level design aperto e pieno di possibilità, ridefinivano il concetto di libertà d’azione ed esplorazione.

In questo caso, la divisione di Austin si è buttata su un genere alquanto differente, quello dei looter shooter: così, lo scorso 3 maggio sotto il publishing di Bethesda è stato rilasciato Redfall, e ora dopo averlo portato a termine, sono pronto per parlarvene.

Redfall - Trailer di Lancio

Buongiorno Dracula!

Il tutto è ambientato sull’isola di Redfall, che si trova in condizioni atmosferiche a dir poco anomale: il sole è oscurato da una perenne eclissi, mentre tutt’intorno alle coste si frastagliano delle onde marine che, oltre ad essere ben più alte del previsto, si trovano in una curiosa condizione di stasi, come fossero delle gigantesche mura che bloccano il passaggio e le comunicazioni con l’esterno, rendendo di fatto l’isola una prigione inaccessibile e priva di vie di fuga.

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Infatti, a causa del fallimento di un esperimento da parte della Aevum Terapeutics, un’azienda farmaceutica in attività da tempo indefinito, si è misteriosamente risvegliata un’antica stirpe di vampiri, che tra entità divine e poteri sovrannaturali tiene sotto giogo l’intera isola e i suoi abitanti.

Il compito dei quattro protagonisti sarà quello di indagare su quest’avvenimento per svelarne i segreti e ovviamente porre fine a questa inquietante e temibile minaccia.

In termini prettamente narrativi Redfall si sforza con tutto sè stesso di far interessare il giocatore a vicende che risultano però completamente prive di mordente sia nell’esposizione dei fatti che nella loro sostanza: dall’istante in cui ho preso il controllo del personaggio ho iniziato a percepire da subito un disinteresse netto nei confronti di ogni elemento narrativo, dai risvolti di trama allo sviluppo dei personaggi e persino agli approfondimenti loristici del mondo di gioco.

A proposito di questi ultimi, gli sviluppatori hanno disseminato in giro per la mappa una quantità smodata di lettere e documenti cartacei, che fanno di tutto per dare spessore e valore narrativo agli ambienti e alle storie dell’isola, fallendo però in modo alquanto misero: per quanto si tratti di un modello di racconto abbastanza classico per i giochi Arkane, in questo caso risulta tutto talmente banale e generalmente poco interessante da permeare l’intera esperienza di inconsistenza ed indifferenza, dando l’idea che il team di scrittori stesso si sia terribilmente annoiato nelle fasi di costruzione narrativa del mondo di gioco.

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Per il resto, anche la trama e i nodi principali che dovremo attraversare per giungere alla fine presentano una serie di momenti di teorica tensione narrativa che non riescono a farsi prendere minimamente sul serio.

Tra conversazioni generiche, personaggi dalla caratterizzazione povera e una serie di visioni che mi rifiuto onestamente a definire cutscene per quanto siano insignificanti, l’intera esperienza narrativa sembra nella sua interezza una grande perdita di tempo, al punto che potrebbe tranquillamente venir voglia di evitare gli intermezzi ogni volta che se ne avrà la possibilità.

A ciò si aggiunge un finale che definire imbarazzante significherebbe fargli un complimento. Nonostante Arkane non abbia mai brillato particolarmente nell’esposizione della chiusura delle loro storie, per quanto riguarda Redfall penso che abbia semplicemente toccato il fondo del barile, al punto che non appena ho visto apparire i titoli di coda mi sono chiesto il motivo per cui si potesse anche solo pensare che questa conclusione risultasse in qualche modo sensata.

Una luce che non illumina abbastanza

Per quanto il comparto artistico non sia al livello delle altre opere Arkane, va detto che riesce a settare il mood in maniera abbastanza convincente, soprattutto a livello atmosferico.

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Che sia tra gli ambienti cittadini o quelli collinari di Redfall, si percepisce praticamente sempre la presenza di una minaccia ultraterrena incombente, dando continuamente l’idea che qualcosa di ben più grande di noi stia per gravare non solo sull’isola ma sul mondo intero.

Questa rappresenta l’unica componente creativa in grado di dare un po’ di carattere e personalità al gioco.

Inutile dire che la trama e la narrazione in generale non riescono nemmeno per un istante (se non giusto nei primi momenti di gioco) a rendere giustizia a tale spunto di immersività: se almeno tale aspetto fosse stato sfruttato a dovere, sono convinto che almeno in termini di coinvolgimento Redfall avrebbe potuto avere un suo gran perché.

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Proiettili, fuoco e sangue

Spostandoci sul piano del gameplay, come detto durante l’introduzione, Redfall si propone come uno sparatutto in prima persona da giocare in singolo o in cooperativa fino a quattro giocatori con una componente looter e qualche elemento GDR: ogni personaggio avrà infatti determinate abilità di diverso tipo, che spaziano tra quelle difensive ed offensive ad altre di stampo furtivo ed evasivo.

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Inoltre, sconfiggendo determinati nemici, aprendo le casse in giro per il mondo e completando obiettivi specifici, potremmo ottenere armi di una certa rarità, che oltre a definire il danno in base al livello, andranno a proporre perk passivi dalla diversa utilità ed efficacia.

Dall’altro lato, ci ritroveremo ad affrontare diverse tipologie di vampiri, alcuni dei quali avranno poteri e capacità uniche: se la maggior parte di essi vi correranno addosso con aggressività per cercare il contatto corpo a corpo, alcuni proveranno a succhiarvi l’essenza vitale mentre altri ancora vi limiteranno la visuale con una bolla di energia viola.

Inoltre, vi saranno anche alcune unità nemiche umane (appartenenti ad un culto che venera proprio i vampiri), che ci impegneranno in vere e proprie sparatorie dalla distanza.

Per quanto possa non sembrare, lo shooting riesce almeno vagamente a fare il suo, risultando pad alla mano sufficientemente soddisfacente da permettere al giocatore di divertirsi un minimo nelle fasi action.

Lo stesso non si può purtroppo dire delle abilità dei personaggi, che sono invece terribilmente blande sotto pressoché ogni punto di vista. Oltre a sollevare svariati dubbi sulla gestione del loro equilibrio nell’economia generale di gioco, esse peccano gravemente di varietà ed originalità, proponendo vantaggi attivi sul campo troppo banali sia nell’utilizzo iniziale che nei relativi potenziamenti successivi, il che priva l’esperienza a lungo termine di spunti di personalizzazione interessanti e di chissà quale libertà d’approccio.

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Confusione collettiva

Ma ciò che contamina negativamente in modo alquanto netto qualsivoglia forma di divertimento che il gioco può offrire riguarda l’intelligenza artificiale dei nemici: se i vampiri si limiteranno banalmente a saltarvi addosso come cani rabbiosi, i soldati saranno perennemente e costantemente spaesati, si muoveranno per l’arena senza alcun criterio logico o strategico e avranno tempi di reazione piuttosto lenti.

Inoltre soffrono gravemente di cecità e sordità, dato che fin quando non gli salterete addosso non si accorgeranno minimamente della vostra presenza. Lascio immaginare quanto inutile, triste e fine a sé stesso possa essere l’approccio furtivo, che paradossalmente viene addirittura incoraggiato dal gioco stesso dato che uno dei quattro personaggi giocabili si basa proprio sulle meccaniche stealth.

Che sia in uno scontro all’aperto o in spazi più stretti, vi verrà voglia di girare attorno ad essi per osservarne gli assurdi comportamenti e farvi due sane risate.

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Come se fossero consapevoli di tale problematica, gli sviluppatori hanno reso i proiettili nemici più potenti del previsto: quelle poche volte nel quale riusciranno a spararvi e a colpirvi, vi infliggeranno una quantità eccessiva di danno, al punto che potreste cadere a terra senza rendervene conto e senza poter fare granché per evitarlo.

In poche parole, hanno provato a sopperire alla mancanza di un’intelligenza artificiale accettabile sbilanciando bruscamente il resto delle componenti di gioco, il che sbilancia a sua volta il livello di difficoltà e disinnesca qualsiasi forma di sfida interessante: non c’è a mio avviso niente di peggio di cercare di “nascondere” un palese problema di sviluppo con una scelta di design del genere.

Quindi, anche sotto il punto di vista del gameplay, Redfall risulta un’accozzaglia di grezzume e ingenuità creative, risultando come un compitino fatto in fretta e furia: data la centralità della componente shooting e la totale assenza di qualsiasi spunto da Immersive Sim (d’importanza primaria negli altri titoli Arkane), avrebbero potuto e dovuto fare di meglio, nonostante comunque qualche momento di soddisfazione riesca a regalarlo.

“Fetch game”

Per quanto riguarda la struttura generale di gioco, Redfall presenta una componente open world che ricorda da vicino quella dei vari pianeti di Destiny: oltre a missioni primarie e secondarie abbastanza classiche, la mappa di gioco propone una manciata di attività opzionali da compiere.

Tra di esse potremo liberare i rifugi, sbloccare punti di viaggio rapido, completare eventi nel mondo di gioco ma anche addentrarci nei Nidi di Sangue, che assumono il ruolo di dungeon lineari, all’interno dei quali dovremmo superare una serie di scontri per poi arrivare al boss finale e sconfiggerlo.

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Purtroppo anche sotto questo punto di vista, il gioco non riesce ad essere in alcun modo stimolante: questo ciclo di attività finisce immediatamente per essere un insieme di punti di interesse sparsi a caso dove ci attende qualche nemico da uccidere e niente più.

A tal proposito, i punti di interesse saranno pochi e tutti simili tra loro, senza pressoché alcuna eccezione: quindi, ci si limita a fare avanti e indietro tra le stesse aree, a fare sempre le stesse cose e uccidere sempre i soliti nemici.

Persino in termini di ricompense, gli armamenti che ci verranno dati non sono abbastanza variegati o interessanti da spingere il giocatore a voler completare tutte le attività, nonostante esse non siano particolarmente numerose.

In questo senso, va detto che l’estensione tutt’altro che ampia della mappa, unita alla possibilità di teletrasportarsi in qualsiasi momento e alla generale buona navigabilità degli ambienti rende tutto piuttosto rapido, il che minimizza i tempi morti e risparmia al giocatore lunghe passeggiate a vuoto.

Quando ci si sposta all’interno della mappa si nota sin da subito una vuotezza pressoché totale di ogni ambiente: salvo qualche sporadico incontro con gruppetti di nemici, non sono presenti praticamente mai stimoli per esplorare, visto che ogni casa, edificio e struttura tende a ripetersi non solo nel design ma anche in ciò che vi si può trovare all’interno, come munizioni, kit medici e davvero poco altro.

A dirla tutta, anche i punti di interesse principali sono posizionati con particolare pigrizia, e andranno a “coprire” sempre le stesse porzioni di mappa, lasciandone altre completamente vuote: ciò ci porterà a percorrere tendenzialmente sempre le solite strade da punto a punto senza variazioni di percorso o cose simili.

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Dati i lavori precedenti di Arkane, non mi sarei mai aspettato una gestione così pessima degli spazi e dei movimenti tra le aree esplorabili, anche quelle che riguardano le missioni principali (dal level design che non si avvicina nemmeno lontanamente a quelle di un Dishonored qualsiasi).

Orticaria visiva

Dal punto di vista tecnico, Redfall rappresenta un disastro sotto ogni punto di vista: il livello di dettaglio è ridotto al minimo, le texture sono tra le più piatte che mi sia capitato di vedere di recente, le animazioni e i modelli peccano di solidità e consistenza, e più in generale il colpo d’occhio complessivo lo fa sembrare un gioco di due generazioni fa, tra l’illuminazione inesistente e una serie di filtri che sbiadiscono la scena.

Come se tutto ciò non bastasse, mi è capitato di incappare in numerosi glitch, tra effetti visivi sbagliati, texture che mi si stretchavano davanti agli occhi e modelli che si incastravano o sparivano tra gli elementi dello scenario.

Nonostante ciò, il gioco ha comunque avuto enormi problemi di framerate e stutter ma anche crash del software e della lobby multigiocatore: tutto ciò è semplicemente ingiustificabile, inattenuabile e inaccettabile, da un titolo sì presente nel GamePass, ma venduto anche prezzo pieno che pretende di essere “completo”, quando invece in realtà sembra uscire direttamente dalle build pre-alpha.

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Conclusioni

Redfall è come un corridore olimpionico che inciampa al primo ostacolo e che perde immediatamente ogni forma di speranza, determinazione e forza di volontà: la convinzione di aver già perso lo porta a proseguire la gara con svogliatezza, rallentando e inciampando anche a tutti gli altri ostacoli successivi.

Redfall sbaglia tutto sin dal principio, e ogni tentativo da parte degli sviluppatori di salvare il salvabile risulta completamente scarico e privo di grinta. L’insormontabile montagna di problemi narrativi, tecnici e creativi spengono all’istante quella leggera e fioca luce che si poteva intravedere in lontananza.
Purtroppo, per quanto riguarda il gioco, non c’è altro da dire.

Ma conoscendo la storia e la reputazione di Arkane, una seconda chance gliela si dà più che volentieri e siamo disposti a mettere una pietra sopra su questo primo grande fallimento: a mio avviso, la loro passione e il loro talento rimangono ancora intatti ed indiscussi, e sono convinto che siano tranquillamente in grado di tornare in carreggiata e di vincere le prossime gare.

Speriamo quindi che quella di Redall sia stata solo una crisi di sviluppo momentanea: noi rimaniamo fiduciosi.

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Salve a tutti, sono Mattia, e da circa 18 anni ho un'intesa passione per il mondo dei videogiochi, e con essa mi porto dietro una forte propensione alla discussione e al dialogo il più discorsivo possibile riguardo questa incredibile arte.

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