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A Plague Tale: Innocence, la recensione

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A Plague Tale: Innocence, la recensione 1

A Plague Tale: Innocence

8

GAMEPLAY E LONGEVITÀ

5.7/10

COMPARTO GRAFICO E SONORO

9.6/10

COERENZA E CURA DEL DETTAGLIO

8.8/10

Pros

  • Ricostruzione storica curata...
  • Graficamente e artisticamente motruoso
  • Sound design di alto livello

Cons

  • ...peccato che la trama sia banale
  • Gameplay talmente banale da risultare quasi offensivo

Focus Home Interactive è sempre stata “la casa delle produzioni mediocri, non di particolare qualità e dal budget non esaltante”, sfornando giochi del moderato calibro di World War Z, The Surge, Call of Cthulhu ecc. che, per quanto non fossero niente di terribile, sono sempre rimaste più o meno indifferenti agli occhi della critica e del pubblico.

Vi sono al contempo delle eccezioni che, nonostante alcune carenze tecniche, ci hanno intrigato (i due Styx di Cyanide e Vampyr di Dontnod, per esempio) e reso comunque curiosi su altre potenziali opere da loro pubblicate: A Plague Tale Innocence, sviluppato da Asobo Studio e rilasciato lo scorso 14 Maggio è sicuramente una di queste; scopriamo dunque nella recensione come se la sono cavata questa volta.

A Plague Tale: Innocence, la recensione 8

C’ERA UNA VOLTA NAUGHTY DOG…

Continuando il discorso sulla “nomea” che possono avere determinati publisher/developer, dall’altro lato ci sono titoli che rappresentano un punto di riferimento: ricordate The last of us? Già, difficile dimenticarlo: le avventure di Joel ed Ellie sono state di palese ispirazione per Asobo Studio per la creazione del loro nuovo medievale titolo, vediamo in che modo.

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La protagonista è Amicia De Rune, una giovane ragazza di nobile famiglia che, durante l’epidemia di peste della seconda metà del 1300, sarà costretta a fuggire di casa insieme al fratellino malato, Hugo, a causa di una cattiva e aggressiva retata da parte dell’Inquisizione, che stava proprio cercando il piccolo per motivi inizialmente ignoti.

Durante il caotico e disperato tentativo di fuga, i nostri protagonisti assisteranno con i loro occhi alle brutali esecuzioni di chiunque si trovi nella tenuta De Rune: rimasti totalmente da soli, dovranno unire le loro forze per raggiungere un determinato obiettivo impostatoci poco prima dalla loro madre, e noi, nei panni di Amicia, dovremo badare al piccolo, cercando di gestire anche i suoi picchi di dolore causati dalla sua malattia.

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L’impostazione stessa del suddetto prologo ricorda in tutto e per tutto quello di The Last of us: durante un evento stravolgente, “l’adulto deve portare in salvo il piccolo” in una situazione di totale panico, ed essendo totalmente disarmati o privi di qualsivoglia possibilità di reagire la loro unica possibilità sarà quella di allontanarsi il più possibile dalla zona, rimanendo del tutto inermi dinanzi ad una strage incontrollabile di persone.

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Una volta raggiunta una certa stabilità, i protagonisti dovranno raggiungere un obiettivo lontano e difficile da raggiungere, il quale percorso è fatto di imprevisti e incontri inaspettati.
Il viaggio di per sè, però, ricorda forse di più Life is Strange 2, dove i protagonisti sono, esattamente come Amicia e Hugo, dei ragazzini totalmente spaesati la quale disastrosa esperienza li porterà a maturare e imparare a sopravvivere.

Ovviamente, gli ostacoli dei due protagonisti non saranno esclusivamente rappresentati dagli Inquisitori, ma anche dai ratti: l’epidemia ha reso letteralmente ogni landa della provincia vulnerabile a proliferazioni di intere colonie di ratti che, dal sottosuolo, “spuntano come funghi” con il puro istinto di espandersi e cibarsi di ogni forma di vita; le città saranno infatti pressochè deserte, gli avamposti nemici ben organizzati e i centri di attività pieni di focolari e torce (in quanto i ratti patiscono la luce).

Dopo il movimentato prologo, la trama è dall’inizio alla fine abbastanza lineare, con eventi che, per quanto intensi e ben realizzati, risultano piuttosto prevedibili, e anche quelli che vengono inizialmente posti come segreti e misteri alla fine si scopriranno “non essere niente di che”;  i passaggi narrativi più importanti che ci accompagneranno durante l’intera avventura saranno affrettati e spiegati con poca cura, fino ad un finale che, per quanto sia altamente epico, ci ha convinto solo in parte.

Anche l’evoluzione del rapporto tra i fratelli avviene nel modo più banale possibile, che non risulta nemmeno lontanamente paragonabile a quella tra Joel ed Ellie (The last of us), o Sean e Daniel Diaz (Life is Strange 2), o ancora, tantomeno, Kratos e Atreus (God of War).

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Eppure, salvo qualche sequenza leggermente sottotono, il gioco è riuscito sorprendentemente bene a coinvolgerci per l’intera durata della campagna, per due motivi in particolare; il primo è rappresentato dalla ricostruzione storica nel quale le vicende si ambientano e tutto ciò che riguarda il contesto narrativo: seppur non vi siano troppi riferimenti diretti a eventi o nomi di rilievo di quel periodo (e la cosa è un gran peccato), il gioco sprizza Medioevo da ogni poro grazie a dettagli micro e macroscopici fatti appositamente per immergerci in un’atmosfera storica unica ma anche terribilmente cruda: oltre ai paesaggi e ai modelli dei personaggi ricreati divinamente, persino i collezionabili sono pieni di curiosità e dettagli su usanze, vocaboli e leggende di quel periodo.

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Il secondo elemento che ci ha colpito, e che rappresenta probabilmente il più grande pregio dell’opera è rappresentato dal comparto tecnico e artistico: nonostante ci aspettassimo un lavoro grafico con i fiocchi, l’opera di Asobo Studio ci ha letteralmente mozzato il fiato e spaccato la mascella sin dai primissimi minuti di gioco, mostrandoci da subito scenari e ambientazioni che stordiscono con la loro incredibile bellezza artistica dove ogni singolo elemento visivo si trova perfettamente al suo posto, da dettagli grafici più minuziosi che caratterizzano case, luoghi al chiuso e vicoli cittadini a enormi paesaggi collinari resi in modo semplicemente da brivido.

Sia chiaro, A Plague Tale non ha la migliore grafica di sempre, forse non si avvicina lontanamente (basti pensare ai recenti Red Dead Redemption II e God of War che, oltre ad essere più belli da vedere, sono anche estremamente più ampi in termini di contenuti), ma considerando le palesi ed enormi differenze di budget e di produzioni che vi sono dietro, risulta impossibile non elogiare il lavoro svolto da Asobo Studio. Il tutto è accompagnato da un comparto sonoro veramente curato, sia per quanto riguarda i semplici suoni di gioco che la soundtrack, ispirata e d’impatto in pressochè ogni sequenza.

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Persino il lavoro di luci risulta un elemento veramente sbalorditivo: il fuoco e la sua luminosità saranno i molti casi protagonisti della scena, offrendo al contempo una resa delle ombre e dell’oscurità davvero notevole.
Come se tutto ciò non bastasse, il modo in cui vengono proposti i ratti a livello grafico rappresenta semplicemente la ciliegina sulla torta della produzione dal punto di vista artistico: assolutamente innocui se presi singolarmente, dal momento in cui centinaia e centinaia di essi si raggrupperanno, diventeranno improvvisamente un inarrestabile massa di creature fameliche, aggressive e fuori controllo che brulicano in ogni luogo dove non c’è luce: essi si agitano e si muovono di continuo, vorticosamente, in modo talmente spaventoso da farli quasi sembrare come la rappresentazione naturale dell’oscurità e della malvagità.

Ecco, la loro resa grafica riporta a schermo esattamente queste sensazioni: vedremo queste enormi masse di ratti che si nascondono nell’oscurità, e con i loro occhi gialli saranno lì ad aspettare che noi, o un qualsiasi altro personaggio, si allontani da una qualsiasi fonte di luce per assaltarci e sbranarci senza alcuna pietà: una volta presa una torcia, sarà possibile osservare i loro modelli e le loro animazioni “di agitazione” in tutta la loro bellezza, specialmente quando dovremo avanzare agitandola, il modo in cui loro cercheranno disperatamente di allontanarsi dalla luce alla ricerca del buio è qualcosa di visivamente davvero speciale.

Ci dispiace per la mediocre fattura delle animazioni facciali che, in un contesto grafico generalmente strepitoso, stonano e non poco.

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Purtroppo però, il gioco crolla inevitabilmente su sè stesso dal punto di vista del gameplay. Esso alterna sequenze di esplorazione, fasi stealth, di fuga e risoluzione di enigmi.

Il problema è che nessuna di queste attività risulta minimamente soddisfacente, divertente o intrigante da superare: il tutto è ridicolmente guidato, ogni singolo obiettivo impostato sin da subito; è possibile comprenderne  in modo veramente immediato la risoluzione ad un qualsiasi problema/ostacolo semplicemente osservandosi intorno.

In moltissimi casi saremo pure “bloccati” e limitati ad eseguire determinate azioni che ci impediranno addirittura di sbagliare o di superare un ostacolo in modo diverso rispetto a quello che il gioco vuole, il che distrugge totalmente anche quella pochissima libertà d’azione che avrebbe potuto esserci (persino la fionda  avrà un “lock” che ci aggancerà direttamente ciò che dovremo colpire), il tutto avviene in modo decisamente poco comprensibile.

Vi è anche un sistema di crafting, anch’esso preso palesemente di peso (e senza un reale motivo) da The Last of us, che rende ancora più palese il piattume nella varietà delle meccaniche.

CONCLUSIONI

Nonostante la trama non sia nulla di esaltante e il gameplay risulti di una banalità imbarazzante, ci sentiamo di definire A Plague Tale come una perla rara, che sfoggia i suoi enormi punti di forza nel modo in cui il tutto è confezionato, dalla meravigliosa resa del contesto narrativo al comparto tecnico/artistico/musicale che fa miracoli; non possiamo consigliare il gioco ad occhi chiusi, ma se volete una grande esperienza audio visiva d’impatto e coinvolgente chiudendo un occhio sulle carenze sopracitate, questo è senza dubbio un titolo che fa per voi.

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Salve a tutti, sono Mattia, e da circa 18 anni ho un'intesa passione per il mondo dei videogiochi, e con essa mi porto dietro una forte propensione alla discussione e al dialogo il più discorsivo possibile riguardo questa incredibile arte.

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