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Cosa sono gli indie games?

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Negli articoli più recenti che trattano di videogiochi,  ci sta capitando sempre più frequentemente di dover fare premesse (di carattere distintivo) piuttosto specifiche, affinché il lettore possa comprendere nel migliore dei modi i concetti espressi tra le righe dei nostri paragrafi. Ciò, avviene a causa della vastità e della stratificazione di questo medium, la quale mancanza di contesto sull’argomento rischierebbe di confondere non poco le idee.

Che siano recensioni, approfondimenti, curiosità o altro, tra le premesse più comuni vi è la distinzione sulla “natura” del videogioco in questione, che riguarda tutto ciò che si nasconde dietro la produzione, la pubblicazione e anche, perchè no, il successo dei progetti videoludici (proprio dovendo considerare il videogioco non solo come una passione o un hobby, ma anche come un lavoro, un investimento, un impegno da parte di chi, questi titoli, li crea).

Quindi, i videogiochi vengono finanziati, prodotti e pubblicizzati secondo i classici metodi di mercato odierni, il che (di base) li fa “dividere” in due principali macrogeneri di prodotti videoludici: i tripla A e gli indie games.

E per capire al meglio cosa siano questi ultimi, dovremo anche analizzare i primi, essendo concetti diametralmente opposti.

Tripla A

Un tripla A è facilmente rappresentabile come una “grande produzione”, alla quale lavorano a lungo due tipi di azienda: la casa di sviluppo ed il publisher.

La prima è quella formata da ogni tipo di programmatore, sviluppatore e designer che  produce materialmente il videogioco in ogni sua forma, dalle linee di codice del software alla scrittura della trama o al bilanciamento del multiplayer ecc., in base ovviamente al tipo di gioco.

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La seconda, invece, fornisce allo sviluppatore ogni risorsa necessaria per lo sviluppo del progetto, tramite budget elevati, acquisizioni e collaborazioni esterne e tantissime altre cose.

Il publisher però, non si occupa solamente di finanziare la produzione del gioco, ma anche di mettere in atto tutte le pratiche  di vendita di esso, tramite imponenti campagne di marketing che comprendono numerosi spazi pubblicitari, eventi a tema, anteprime di vario tipo, presentazioni e annunci d’impatto su palchi importanti come l’E3, con l’intento di dare la massima visibilità al titolo.

Il problema di questo genere di giochi è che spesso la creatività degli sviluppatori viene ostacolata proprio dal publisher stesso che, in molti casi, impone rigide regole di sviluppo come date di scadenza da rispettare, limitazioni contenutistiche, inserimento forzato di DLC e microtransazioni e altre cose magari non volute direttamente dagli sviluppatori, in quanto (per il publisher) il prodotto deve comunque rispettare determinate prospettive di ritorno e guadagno economico.

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Capita quindi che vi siano equivoci interni, che causano a loro volta problematiche nella comunicazione (rinvii, dichiarazioni, trailer/video gameplay che non rispecchiano il prodotto finale, periodi di crunch) che mandano inevitabilmente nel pallone tutti i processi lavorativi.

Ci piacerebbe fare esempi di eventi di questo tipo, ma sarebbe eccessivamente lungo, quindi ci limitiamo ad intendere che un rapporto difficile tra publisher e sviluppatore non farebbe altro che danneggiare il videogioco finale, la loro stessa immagine e far sfiduciare i giocatori (basti pensare alla faida tra Hideo Kojima e Konami, che ebbe conseguenze negative direttamente su Metal Gear Solid V The Phantom Pain).

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Quando ciò non avviene però, l’enorme lavoro che vi è dietro può riuscire a donarci capolavori senza tempo: tutti i più grandi capolavori della storia videoludica sono proprio frutto di una corretta collaborazione tra questi due tipi di azienda.

Indie Games

Una volta compreso il concetto di Tripla A, è molto semplice dedurre quello di indie games: questi sono videogiochi prodotti da aziende indipendenti, che si occupano autonomamente di ogni aspetto dei loro progetti senza che vi sia un publisher alle spalle.

Essendo nella maggior parte dei casi studi minori, ogni risorsa produttiva sarà ridotta (budget, personale, visibilità ecc.), al punto che molti di questi si affidano a campagne di crowdfunding con la speranza che gli utenti possano, tramite donazioni, aiutare a finanziare i lavori sul progetto.

Per questo motivo infatti, i titoli indie vengono proposti a prezzi nettamente inferiori a quelli dei tripla A, spesso nella loro versione beta o Early Access, nel quale possono rimanere anche a lungo proprio a causa della faticosa fase di produzione.

In alcuni casi, l’insostenibilità economica di quest’ultima costringe il team a lasciare il progetto, abbandonando il videogioco ed i suoi giocatori a loro stessi.

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Inoltre, avendo Valve (tramite Steam) aperto le porte ad una miriade di piccoli sviluppatori, può anche capitare che molti di essi non siano in buona fede, e che producano un videogioco di scarsa qualità soltanto per guadagnare (nonostante il lavoro che vi è dietro sia stato quasi minimo), rendendo l’intenzione quasi truffaldina: nel sottobosco di Steam infatti, è pieno di “titoli spazzatura“, che non hanno reale motivo di esistere.

Quando invece succede il contrario, il vaso di Pandora viene improvvisamente scoperchiato: se è vero che il videogioco è un prodotto, è altrettanto vero che per milioni di persone sia anche una gigantesca passione.

Tra queste persone vi sono anche dei piccoli team di sviluppatori, la quale assoluta indipendenza produttiva elimina ogni forma di limitazione, permettendogli quindi di dare spazio alla propria fantasia e creatività, spingendo al limite anche la più folle delle idee, indipendentemente dalle difficoltà di autonomia economica.

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Titoli come Hollow Knight, Inside, What Remains of Edith Finch, Undertale ecc., hanno in comune tutti la stessa cosa: essere così tanto ispirati, curati e ben realizzati da poter essere prodotti soltanto da team di appassionati e talentuosi sviluppatori, al punto da risultare vere e proprie perle di inestimabile valore, che probabilmente nessun tripla A avrebbe mai potuto creare.

In poche parole, gli indie games hanno la libertà di “osare con le idee“, prendendosi i dovuti rischi e assumendosi personalmente ogni responsabilità in caso di fallimento. Ma, considerando il sorprendente successo di alcuni di questi studi, possiamo ritenerci più che soddisfatti del fatto che tale “sottobosco” sia fiorito/stia fiorendo in modo estremamente rigoglioso.

E’ capitato proprio allo stesso sottoscritto di inserire nella classifica dei titoli più attesi di quest’anno diversi di questi giochi, anche in posizioni più alte rispetto a produzioni dal budget colossale.

Per fare un parallelismo, uno studio videoludico indie può esser come un giovane musicista che, privo di vincoli contrattuali dovuti a legami con case discografiche, riesce a portare una ventata d’aria fresca ad un intero sottogenere musicale, guidato solo dal proprio impegno e dalla propria creatività, ponendo il tutto dapprima come un passione, e solo dopo come un fattore economico.

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In un mercato video-ludico dove le aziende pensando quasi ed esclusivamente al profitto (con, ovviamente, diverse eccezioni), il mondo degli indie games può risultare come il faro di speranza fatto di idee ed ispirazione dove l’inaspettata sorpresa può colpire come un devastante fulmine nel più sereno dei cieli.

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Salve a tutti, sono Mattia, e da circa 18 anni ho un'intesa passione per il mondo dei videogiochi, e con essa mi porto dietro una forte propensione alla discussione e al dialogo il più discorsivo possibile riguardo questa incredibile arte.

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Indie games, com’è messa l’Italia? - ProjectNerd.it
2 anni fa

[…] titoli indie, molti dei quali premiati e riconosciuti dal pubblico. Va chiarito però che indie ed indipendente non sono sinonimici né interscambiabili: l’indie ha dei riferimenti culturali precisi, ovverosia tutto ciò che non rientra nel […]

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