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I Guardiani della Galassia vol. 3, la recensione: (non) sono un procione

I Guardiani della Galassia vol. 3

8.3

SCRITTURA

7.5/10

REGIA

8.0/10

COMPARTO TECNICO

8.5/10

DIREZIONE ARTISTICA

8.5/10

CAST

9.0/10

Pros

  • Empatia verso tutti i personaggi grazie alla loro caratterizzazione, soprattutto Rocket
  • Un antagonista carismatico e spietato
  • Effetti visivi e speciali all'altezza di un film di fantascienza, a dispetto del resto della Fase 4
  • Chiusura definitiva di tutti gli archi narrativi dei Guardiani

Cons

  • Soliti siparietti comici alla MCU, per fortuna o assenti o giustificati nell'ultimo atto
  • Sarebbe piaciuto vedere ancor di più il personaggio di Adam Warlock

James Gunn chiude l’epopea de I Guardiani della Galassia, e con essa i suoi rapporti con la Disney, nel terzo volume della sua saga fantascientifica. Col suo sgangherato gruppo di avventurieri spaziali, questo folle regista ha saputo ampliare e approfondire la lettera U nel Marvel Cinematic Universe, rendendo i Guardiani uno dei prodotti di punta, se non IL prodotto di punta assieme agli Avengers, di questo multiverso cinematografico.

Sarà riuscito a lasciare definitivamente il segno prima di ergersi a ricostruttore della casa eterna rivale della Marvel?

Dolore

Questa la prima parola di Rocket, quando era ancora un cucciolo vittima dei crudeli esperimenti per mano del freddo Alto Evoluzionario. Costui, come un Dottor Moreau ancor più fantascientifico, era intento ad aumentare esponenzialmente l’intelligenza degli animali in modo da creare mondi perfetti.

Dolore sarà la parola che più di tutte caratterizzerà l’esperienza non solo del personaggio in questione, ma dell’intera crew dei Guardiani della Galassia. Il dolore è ciò da cui è nato Rocket, è ciò che lo accompagnerà nel corso del viaggio ed è ciò che proveranno i Guardiani nella loro corsa contro il tempo per salvarlo dal ritorno dell’Evoluzionario, che si servirà di Adam Warlock, creato alla fine del precedente film, per riportare da lui la sua migliore creazione.

Perfettamente imperfetti

Come dice lo stesso Gunn, il primo film dei guardiani trattava il tema della madre, il secondo del padre, questo dell’individuo; in questo caso non più di Peter, ma di Rocket. Per quanto lui non sia presente nel corso della maggior parte della vicenda, egli è indirettamente presente in ogni momento: è per lui che si sta compiendo questo viaggio, sono suoi i flashback che ci vengono mostrati nel corso del film.

Gunn è sempre stato uno dei pochi autori veri e propri del MCU, che si è contraddistinto nel mostrare il dolore dei personaggi verso cui il pubblico può empatizzare: oltre a Rocket, qui vi è il dolore di Quill per non poter più avere la Gamora che conosceva, e ancor prima di aver perso sua madre per colpa di suo padre; il dolore di Nebula e Gamora per non aver avuto un’infanzia vera perché sottoposte alle sevizie di Thanos, il dolore di Drax per aver perso sua moglie e sua figlia.

Pregi nei difetti

Come si temeva, diversi momenti drammatici vengono rovinati dal classico bathos del MCU. Le lamentele sull’errato cromatismo della tuta spaziale o sull’esatto uso di un divano e di una portiera sono sintomo di un ultimo, pesante intervento della gestione dello studio in questo film, più che uno stile autoriale di James Gunn, che ha saputo dimostrare un umorismo differente nel suo Suicide Squad o Peacemaker. Funziona molto meglio l’umorismo istantaneo: le slapstick vecchio stile o le battute taglienti di Peter. Fortunatamente, giunti al terzo atto, tali momenti lasceranno il posto al tanto meritato dramma e ad una tensione crescente.

Riguardo all’utilizzo dei personaggi, per quanto si sia costruito su Adam Warlock, interpretato da un capacissimo Will Poulter, sin dalla scena post-credits del secondo volume, il minutaggio a lui dedicato non è stato appagante. Allo stesso modo, i suoi poteri e le sue capacità non sono ben delineati e, per quanto paragoni simili sono sprecati in un adattamento come questo, il personaggio risulta parecchio indebolito rispetto alla sua controparte cartacea.

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I sacrifici del progresso

La dose di violenza e sangue mostrate in questo terzo volume, soprattutto per quanto riguarda le malefatte e gli esperimenti dell’Alto Evoluzionario, è inaspettatamente alta. Non siamo certo ai livelli del precedentemente menzionato Suicide Squad, ma vedere facce strappate via a furia di graffi e morsi o ibridi biotecnologici animaleschi sono una macabra sorpresa. Tanto che le suddette scene sono state elogiate dal villain principale di questo piano di esistenza, il PETA.

Parlando di antagonisti, in questo ambito ci troviamo davanti uno dei meglio riusciti del MCU: dagli obbiettivi estremisti e con una recitazione sopra le righe, presenta tratti che lo rendono quasi migliore della sua versione cartacea. Fa sempre piacere vedere che, ultimamente, sta sparendo la moda di avere villains su cui il pubblico possa empatizzare o che questo possa comprendere: l’Alto Evoluzionario è un folle fanatico positivista che non accetta l’imperfezione, cosa che, come detto prima, è l’essenza dei Guardiani.

Una galassia da assaporare

La colonna sonora resta la classica alla quale siamo abituati nei Guardiani della Galassia: dal piacevole tocco vintage, con testi adatti ai momenti in cui vengono introdotti. Più di una volta verranno riprese canzoni già sentite nei due precedenti capitoli, per poter chiudere un cerchio aperto quasi dieci anni fa.

La computer grafica non sembra per nulla quella alla quale siamo stati abituati nella Fase 4 di questo MCU. Con ciò si vuol dire che non pare finta, raffazzonata o “nebbiosa”. Grazie ad un giusto uso di colori accesi e ad una fusione con gli effetti speciali, trucco e animatronics, il film riesce persino a rendere verosimile una struttura biomeccanica fluttuante nello spazio.

Grazie, James

Con la prossima fase la Disney ha già molto da gestire per quanto riguarda i rinnovi, sia di singoli che di gruppi di personaggi. Se riusciranno a gestire dei nuovi Guardiani della Galassia meglio di come ha fatto James Gunn ancora non lo sappiamo. Quel che è certo è che, con questo terzo capitolo, il regista ha ulteriormente modellato il firmamento della galassia Marvel.

Siamo inoltre grati del fatto che, per quanto in parte potrebbe essere un piccolo spoiler, il film non è, come ormai lo è ultimamente gran parte del cinema MCU, un’attesa di due ore e mezza per le scene post-credits. Queste ultime sono, sì, presenti, ma servono al loro scopo: da epilogo al film, non da collegamento a futuri eventi. Un ultimo addio e lascito ai posteri da un regista che ha dato tanto a qualcosa che lo ha ricambiato con un licenziamento.

Come gli incassi hanno dimostrato, ha saputo, per la terza e ultima volta, dare al pubblico quel che voleva. Ha fatto capire che attraverso la sofferenza tutti noi possiamo ottenere forza, che la perfezione sta nell’imperfezione di tutti noi. Perché in fondo tutti noi siamo procioni.

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Veoneladraal

Fin da bambino sono sempre stato appassionato di due cose: i romanzi fantasy e il cinema, passioni che ho coltivato nel mio percorso universitario, laureandomi al DAMS Crescendo hoi mparato a coltivare gli amori per i videogiochi, i fumetti e ogni altra forma di cultura popolare. Ho scritto per magazine quali Upside Down Magazine e Porto Intergalattico, e ora è il turno di SpaceNerd di sorbirsi la mia persona! Sono un laureato alla facoltà DAMS di Torino, con tesi su American Gods e sono in procinto di perseguire il master in Cinema, Arte e Musica.

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