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Spider-Man: No Way Home, la recensione: Una lettera d’amore

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Spider-Man: No Way Home, la recensione: Una lettera d'amore 1

Spider-Man: No Way Home

7.7

SCRITTURA

7.0/10

REGIA

7.0/10

COMPARTO TECNICO

8.0/10

DIREZIONE ARTISTICA

7.5/10

CAST

9.0/10

Pros

  • Grandi citazioni ai precedenti film
  • Crescita caratteriale di Spider-Man
  • Villain ben approfonditi
  • Azione adrenalinica

Cons

  • Computer grafica poco curata in certi momenti
  • Qualche incongruenza nella trama

Spider-Man: No Way Home, ultimo prodotto cinematografico del Marvel Cinematic Universe dell’anno 2021, non è soltanto un film, o una storia conclusiva di Peter Parker post Endgame / Far from Home. È anche un evento, un prodotto preannunciato quasi quanto lo stesso Endgame, e che sta ricevendo un successo quasi eguale al suddetto più grande incasso della storia del cinema. Dopotutto l’Uomo Ragno è l’eroe più amato di casa Marvel e un film con lui come protagonista, incentrato per di più sugli universi paralleli, è già valso qualche anno fa un Oscar come miglior film d’animazione alla Marvel, in una storia differente.

Perciò un live action sembra una mossa alquanto arguta per il MCU al fine di richiamare i fan dell’Amichevole Spider-Man di quartiere. Di fatti, per quanto ricalchi la formula della stragarande maggioranza dei film targati MCU e ne abbia anche i difetti, Spider-Man: No Way Home è con molta probabilità uno dei migliori film dedicati all’eroe più popolare della Marvel, uno dei più riusciti traguardi del franchise e, forse, uno dei meglio riusciti prodotti fanservice in circolazione.

Universi e nemici paralleli

Dopo gli eventi di Far from Home, ora tutto il mondo sa che Peter Parker è Spider-Man. Le reazioni non si limitano ai diretti interessati, ovvero a Peter, MJ e i loro cari, ma anche all’opinione pubblica: c’è chi continua a inneggiare Spider-Man come un eroe, chi lo chiama assassino, chi è indifferente. Per tranquillizzare non solo la sua vita ma anche quella di coloro a cui tiene, Peter decide di chiedere aiuto a Dottor Strange, ora non più Stregone Supremo a causa della sua assenza di cinque anni dopo lo schiocco di dita di Thanos.

Spider-Man No Way Home Peter Parker Tom Holland Doctor Strange Benedict Cumberbatch

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Strange accetta di aiutare Peter a far dimenticare a tutto il mondo chi è Spider-Man, ma a causa delle continue clausole che Peter chiede al mago, l’incantesimo ha effetti collaterali: chiunque, da altri universi, che sappia la vera identità di Spider-Man, sta invadendo il loro mondo. Così Dottor Octopus, Goblin e Sandman dai film di Raimi, Lizard ed Electro dalla dilogia di Amazing e altre sorprese arrivano ad affrontare il nostro Uomo Ragno. Questi dovrà trovare il modo non solo di riportarli a casa, ma anche, se possibile, di salvarli da loro stessi.

Una storia su Spider-Man

Come accennato nell’introduzione, questo film non è solo una storia su Spider-Man, o una continuazione delle sue avventure nel MCU, o anche una conseguenza di ciò che è successo nell’ultima Fase della casa di produzione. Siamo davanti a una vera e propria lettera d’amore ai fan dell’Uomo Ragno, principalmente della sua figura fumettistica, secondariamente a quella presente nelle pellicole del grande schermo. Un film che gioca molto sul fattore nostalgia, certo, ma nel modo migliore che potessimo sperare. I continui riferimenti al mondo dei fumetti o alle storie alternative che abbiamo visto e amato non sembrano per niente saltati fuori dal nulla: sono in parte piccole strizzate d’occhio ai fan, stucchevoli e neanche troppo numerose: non si sente la sovrabbondanza e sono ben rese nella continuità della storia, senza che campino per aria così che il fan medio possa citare il meme di DiCaprio in C’Era una Volta a… Hollywood.

Se vogliamo esagerare col sottotesto, l’intero film, soprattutto verso il finale, sembra un’enorme “scusa” della Marvel per aver creato One More Day, e di come tale storia avesse stravolto il personaggio di Spider-Man e trovato una scusa alquanto tirata con le pinze per rimediare al suo errore nella Civil War.

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Encomiabile trovata da parte del film è il non aver trattato superficialmente la smascherata di Spider-Man nel primo atto, o averla usata come semplice pretesto rapido per iniziare gli eventi: viene fatto capire il peso emotivo e allo stesso tempo mediatico dell’evento: tensioni legali, sociali e quant’altro affondano la vita dei protagonisti, e l’onere di tutta questa pressione è visto come, almeno per la maggior parte, una giusta causa all’effetto che è la scelta di Peter di andare da Strange. La storia prende il suo tempo per studiare le premesse che porteranno alla rottura dell’equilibrio, giustificandole narrativamente e, per quanto riguarda i personaggi, psicologicamente.

C’è chi dice che lo Spider-Man del MCU continui ad essere un idiota, a compiere scelte sbagliate senza pensarci e che per questo crei da solo i problemi che lui stesso dovrà risolvere nei suoi film. Forse è così, anzi, molto probabilmente lo è, ma ci dimentichiamo una cosa: Spider-Man è un ragazzo, un adolescente di quartiere che si è ritrovato per caso (a meno che qualcuno non sia d’accordo col fumetto Homecoming) ad avere superpoteri, e molto spesso agisce d’istinto pensando di fare la cosa giusta, più per gli altri che per sé. I film del MCU ci mostrano proprio questo: uno Spider-Man che, nel coso della storia, comprende di aver commesso un errore e che cerca di rimediare, dopo aver perso qualcosa di molto caro. A volte lo fa da solo, a volte lo fa aiutato da altri. In questo caso, si possono dire dire entrambe le cose.

Quasi Sinistri Sei

Altro fattore che non viene trattato superficialmente è quello che noi tutti speravamo, e di cui molti di noi avevano paura di godere solo per pochi minuti: gli antagonisti storici dei film precedenti. Non avremo infatti la delusione di Abominio in Shang-Chi: saranno presenti per la maggior parte della pellicola e ognuno di loro giocherà un ruolo fondamentale nel corso degli eventi: chi dirà una frase di troppo, chi convincerà un altro a compiere una scelta, chi si ritroverà a cambiare fazione. Sono gli stessi villain che conosciamo, che per la maggior parte amiamo e che non sono cambiati di una virgola, ma che sicuramente troveranno qualcosa che li farà cambiare. La computer grafica è riuscita a svecchiare attori come Molina e Dafoe senza strabordare eccessivamente, seppur ci si chiede perché, per quanto sia un semi-spoiler, perché Sandman rimanga per tutto il tempo, appunto, di sabbia.

Oltre a ciò, vista la loro già presente caratterizzazione nei film precedenti, non ci sarebbe stato bisogno di spendere troppo tempo con loro. Invece ci saranno molte scene in cui staranno semplicemente fermi a parlare tra loro, scambiarsi idee, battute e frecciatine; è opinione del sottoscritto che saremmo stati contenti di avere un film di due ore con solo questi pseudo- Sinistri Sei che giocano a carte mentre parlano delle loro disavventure con Spider-Man, quasi citando il celebre Almost Got ’Im.

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Spider Man Into the Spider Verse Peter Parker Tom Holland Doc Ock Alfred Molina

Lode al fatto che non abbiano fatto indossare al Goblin la sua maschera per la maggior parte del film, così che ci possiamo godere le espressioni terrificanti di Willem Dafoe, doppiato da un sempre memorabile Francesco Pannofino.

Una piccola occasione sprecata non aver portato effettivamente in scena una versione cinematografica dei Sinistri Sei aggiungendo un villain alla lista dai film del MCU. Fosse stato un Avvoltoio evaso di galera e desideroso di proteggere sua figlia, o un Mysterio che ha finto la sua morte grazie alle sua abilità illusorie e che vuole per vendicarsi di Spider-Man, non sarebbe stato neanche di troppo. Si spera vogliano tenersi questa carta per uno dei prossimi film.

Spider-Man No way Home Tom Holland MJ Zendaya Ned Jacob Batalon

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Altra pecca riguardante gli antagonisti, collegata anche alla costruzione narrativa, è un’enorme incongruenza che sembriamo ormai aver notato tutti: perché Electro si trova qui? In Amazing Spider-Man 2 non sapeva chi si celasse dietro la maschera del suo rivale, è stato sconfitto prima dell’arrivo del Goblin, quindi non avrebbe senso. Però, in compenso, è meglio avere Electro qui rispetto a quell’imbarazzante essere.

Pregi e difetti della computer grafica

Oltre alle già citate incongruenze narrative e piccole occasioni sprecate per ulteriore fanservice fatto bene, un altro difetto del film lo si nota nel suo utilizzo della CGI. Si è già citato il suo ottimo utilizzo nel ringiovanimento di Doc Ock e la maggior parte delle volte la computer grafica fa il suo lavoro anche nel rappresentare Spider-Man. Tuttavia vi sono numerose inquadrature in cui l’Uomo Ragno Tom Holland risulta palesemente finto sullo schermo, soprattutto nelle scene d’azione o d’inseguimento frenetico. Queste ultime, per quanto ben coreografate e girate, molte volte risultano talmente tanto “pompate” di CGI da sacrificare al qualità in diversi frame.

Spider Man Into the Spider Verse Peter Parker Tom Hollan

Aggiungiamo il fatto che sono eseguite più volte di notte, compreso lo scontro finale, la qual cosa è spesso utilizzata nei blockbuster per non far notare quanto la CGI sia debole in alcuni punti, o per risparmiare su di essa: si preferisce usare la luce creata dai superpoteri o dai gadget dei personaggi piuttosto che quella cittadina o naturale, più pesante e diretta.

Un atto di fede

Non è un film perfetto, non è neanche il miglior cinecomic mai creato, ma è un film di Spider-Man. Un film fatto da appassionati per gli appassionati, un prodotto con incongruenze e difetti, ma largamente perdonati, visto il prodotto finale e le sensazioni che ci sa regalare. Un più che buon modo per chiudere in bellezza il 2021 nonché una macrofase dedicata allo Spider-Man del MCU. A chi non è fan del MCU e dei suoi film si consiglierebbe, come si dice in Into the Spider-Verse, questo atto di fede. Potrebbero scoprire delle perle capaci di soddisfare anche loro.

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Fin da bambino sono sempre stato appassionato di due cose: i romanzi fantasy e il cinema, passioni che ho coltivato nel mio percorso universitario, laureandomi al DAMS Crescendo hoi mparato a coltivare gli amori per i videogiochi, i fumetti e ogni altra forma di cultura popolare. Ho scritto per magazine quali Upside Down Magazine e Porto Intergalattico, e ora è il turno di SpaceNerd di sorbirsi la mia persona!
Sono un laureato alla facoltà DAMS di Torino, con tesi su American Gods e sono in procinto di perseguire il master in Cinema, Arte e Musica.

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Samylolle
Samylolle
2 anni fa

Gran bella recensione, fatta di cuore e in fede che Spider-Man continui a stupire ❤

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