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Destiny 2 – La Regina dei Sussurri, la recensione: cosa si cela dietro gli inganni di Savathun?

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Destiny 2 la Regina dei Sussurri

Destiny 2 - La Regina dei Sussurri

9

GAMEPLAY E LONGEVITA'

8.5/10

COMPARTO GRAFICO E SONORO

9.0/10

COERENZA E CURA DEL DETTAGLIO

9.5/10

Pros

  • Coinvolgimento narrativo alle stelle
  • Ambientazioni e comparto artistico da brividi
  • Tanti miglioramenti nel gameplay
  • L'incursione funziona a dovere...

Cons

  • ...ma ci saremmo aspettati più originalità nelle meccaniche
  • Guardiani dell'alveare e inganni di Savathun troppo poco influenti

Ricordiamo come fosse ieri il giorno in cui, alla fine di un Anno 3 di Destiny 2 fatto di alti e bassi, Bungie presentò Oltre la Luce (che abbiamo avuto modo di recensire tra le pagine di SpaceNerd proprio qui), espansione che avrebbe segnato un punto di svolta per l’avventura dei guardiani: ma proprio in quell’occasione, una delle cose che stupì di più gli appassionati fu l’ulteriore l’annuncio ufficiale di quelli che sarebbero stati i DLC principali dell’Anno 5  e dell’Anno 6, rispettivamente The Witch Queen e Lightfall.

Ebbene, dopo quasi un anno e mezzo da allora ha fatto il suo debutto sul mercato proprio La Regina dei Sussurri, accompagnata dall’inizio della nuova stagione, chiamata dei Rinati: non avendo perso alcuna occasione di approfondire ed analizzare tutti i contenuti del quarto anno di gioco non potevamo fermarci qui, e quindi, trovandoci nella fase di mid/endgame di questo nuovo contenuto, non vediamo l’ora di dirvi la vostra opinione a riguardo.

Ecco a voi la recensione de La Regina dei Sussurri.

Carte in tavola

Proprio come ci è capitato di parlare di recente, la Stagione dei Perduti (di cui trovate il nostro approfondimento qui) si è conclusa con l’esorcismo da parte di Mara Sov e delle sue tecnidi insonni del verme di Savathun, che proprio dopo essere stata liberata è riuscita a fuggire grazie ad uno dei suoi soliti trucchi, vanificando la fiducia che proprio la Regina degli Insonni aveva riposto in lei.

Avendo perso momentaneamente le sue tracce, l’Avanguardia riceverà una sconvolgente comunicazione: in circostanze tutt’altro che chiare, il pianeta Marte ha misteriosamente fatto la sua ricomparsa nel sistema solare, dopo essere svanito nel nulla insieme ad altri pianeti in seguito all’arrivo della flotta nera e le sue gigantesche navi a Piramide, avvenuto tempo addietro.

Fiondandoci sul pianeta rosso insieme a Ikora ed Eris per indagare su quanto accaduto, troveremo già sul campo un’intensa presenza Cabal guidata dall’Imperatrice Caiatl, intenzionata a riconquistarne i territori: ma di questa loro operazione militaresca, il primo elemento sul quale casca il nostro occhio è l’assemblaggio da parte dei Cabal stessi di un imponente cannone puntato in aria, il quale scopo risulta inizialmente sconosciuto.

In quell’esatto momento fa la comparsa nei cieli di Marte una gigantesca astronave dell’alveare (il quale design circolare ricorda da vicino quelle di Prometheus), che si rivela sin da subito essere quella di Savathun: in seguito a qualche rapido scontro con le forze di Caiatl, riusciremo a sfruttare proprio il cannone dei Cabal come catapulta per salire fisicamente a bordo di questa minacciosa nave.

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Una volta dentro, durante la perlustrazione dei suoi maestosi corridoi, ci imbatteremo in un cavaliere sospettosamente diverso dai soliti. Dopo averlo sconfitto infatti, vedremo comparire al fianco al suo cadavere un vero e proprio spettro di luce dalla forma e dal design tipica dell’alveare, che si attiverà per avviare il processo di rianimazione, e che permetterà al suddetto nemico di tornare in vita per poi scappare via. Ebbene sì, in modo del tutto imprevisto l’alveare è riuscito ad ottenere la Luce, e con essa i suoi poteri.

Destabilizzata ed incredula, l’Avanguardia si pone immediatamente in stato di allerta, rendendosi velocemente conto della minaccia che può rappresentare la Luce nelle mani sbagliate, soprattutto in quelle della Dea dell’Inganno.

Seguendo quei pochi indizi disponibili, accederemo in quella che è la nuova ambientazione di questa espansione, nel quale si svolgerà la maggior parte della campagna, il Tronomondo di Savathun.

Sempre un passo avanti

Conoscendo la sua natura da astuta ingannatrice, l’obiettivo dei Guardiani sarà quello di condurre una serie di operazioni proprio in questo luogo cercando di carpirne anche il più misero degli indizi che possa aiutare a comprendere come fare per sottrarre la luce a Savathun e all’alveare Lucente, senza farsi imbrogliare dai suoi tranelli e trucchi mentali.

Inoltre, faremo la conoscenza di Fynch, uno spettro ribelle dell’alveare particolarmente ben caratterizzato che ha deciso di collaborare con l’Avanguardia per smascherare i piani di Savathun: oltre a guidarci tra le varie missioni principali della campagna, esso sarà di riferimento per le operazioni sul campo del Tronomondo.

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Narrativamente parlando, gli eventi che compongono la campagna portano alla luce una serie di sconcertanti rivelazioni e scoperte che scavano a fondo del passato millenario di Savathun e dell’alveare fino alle loro origini più primordiali, e, conseguentemente, a quelle del Viaggiatore e delle forze paracausali. Le conseguenze di queste hanno portato a sviluppi ed intrecci nei rapporti tra le forze attualmente in campo verso derive conflittuali d’importanza primaria per il futuro prossimo.

Il tutto converge verso un cliffhanger finale che ribalta completamente le carte in tavola e porta la trama su piani di comprensione che né noi giocatori e né i personaggi sono ancora in grado di intendere, andando a trascendere il semplice concetto di Battaglia per la sopravvivenza per qualcosa di ben più elevato, che sfiora con il dito la base della fantascienza cosmica.

Questo intrigante mix di passato, presente e futuro rimarca una linea narrativa ben definita per l’epopea dei guardiani e, in particolare, per la storia dell’alveare iniziata molti anni fa nel primo titolo di casa Bungie e sviluppatasi nell’espansione Il Re dei Corrotti, del quale La Regina dei Sussurri ne rappresenta pressoché a tutti gli effetti il seguito.

Va specificato il fatto che quest’ultimo non lesina in alcun modo gli spunti creativi e narrativi del primo, bensì ne segue le tracce riuscendo ad avere una sua caratterizzazione ed identità in molti casi sin superiore.

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Impossibile inoltre non parlare di Savathun, antagonista (o alleata?) dei guardiani ma protagonista indiscussa del DLC: nonostante avevamo già avuto modo di comunicare con lei durante la Stagione dei Perduti, in questa espansione il suo carattere raggiunge picchi di personalità pressoché mai visti prima tra tutti i personaggi della saga, riuscendo a soddisfare le nostre aspettative grazie a dialoghi, interazioni e comportamenti talmente coerenti con il suo passato e la sua storia da renderla ad occhi chiusi uno dei più grandi villain di sempre, al fianco di suo fratello Oryx.

Abbiamo inoltre apprezzato il fatto che Bungie abbia ripreso il design originale dei primi concept art di Destiny, che vedeva l’alveare come una specie dalla forma fisica insettoide, in quanto Savathun si presenta a tutti gli effetti come una gigantesca falena.

Alla fine si torna sempre a sparare

Spostandoci sul piano prettamente ludico, le missioni della campagna riescono ad essere variegate sotto pressoché ogni punto di vista: durante l’avventura ci capiterà infatti di ritrovarci in una quantità insospettabilmente alta di ambientazioni differenti nello stile, nella tipologia di bioma e conseguentemente nell’atmosfera che andremo a respirare.

Girando proprio per i suddetti luoghi avremo modo di affrontare due nuove tipologie di nemici, resi tali proprio grazie all’ottenimento della luce.

Le prime sono le falene Lucenti, dei piccoli insetti luminosi che applicheranno alle altre unità un piccolo sovrascudo: una volta distrutto, essa si staccherà dal corpo ospite per andare a cercarne un altro, e, nel caso in cui non dovesse trovarlo, proverà a fiondarsi su di noi per esploderci addosso e danneggiarci.

Le seconde e più importanti sono senza dubbio i nuovi Guardiani dell’Alveare: si tratta di tre tipologie di unità dell’alveare (accoliti, cavalieri e maliarde) che avranno la possibilità di sfruttare contro di noi i poteri stessi della luce e conseguentemente alcune delle nostre stesse abilità delle varie sottoclassi.

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Oltre a tirarci addosso granate dei vari elementi, coltellini solari e scariche elettriche ad Arco, potranno sfruttare lo scudo del Titano o la pozza dello stregone per proteggersi dai danni e recuperare salute, oltre che attivare le proprie super caricate che, come è giusto che sia, infliggeranno una quantità di danni elevata.

Per sconfiggere questi nemici (di base già più resistenti degli altri), non solo dovremo ucciderli ma ci toccherà anche andare materialmente nei pressi del loro cadavere e distruggere manualmente il loro spettro: nel caso in cui non dovessimo riuscirci, quest’ultimo rianimerà il nemico e ci costringerà a riaffrontarlo di nuovo.

Per tutti questi motivi, tale tipologia di nemico riesce ad essere la più variegata nelle mosse in grado di usare ed una delle più divertenti ed impegnative da affrontare, specie ai livelli di luce alti. Purtroppo però, i Guardiani dell’Alveare si limitano nella maggior parte dei casi ad essere dei semplici miniboss da affrontare ogni tanto, il che li rende troppo poco influenti nel contesto narrativo rispetto a quanto avrebbero dovuto.

Il peso delle bugie

Inoltre, trovandoci nella terra della Dea dell’Inganno, saremo chiamati a più riprese a risolvere indovinelli, sbloccare passaggi e dissolvere illusioni per poter andare avanti, in base alla missione: se questo riesce a variegare l’approccio nel gameplay, dall’altro lato le meccaniche alla loro base saranno estremamente banali e non richiederanno in alcun modo alcuna forma di pensiero laterale o ragionamenti complessi.

Chiunque si sia anche solo vagamente approcciato in passato ad attività come segrete o incursioni non troverà alcuna difficoltà nel comprendere al volo il da farsi: tra meccanismi da attivare, buff da ottenere e simboli da colpire, non ci è mai capitato di sentirci realmente preda di trucchi od illusioni create da Savathun apposta per confonderci, né dal punto di vista del gameplay e né nella resa estetica delle scene.

Questo rappresenta forse l’unico neo della campagna, dato che per il resto il livello qualitativo di ogni sua componente risulta tra i più alti dell’intera saga: oltre alla già citata imponenza narrativa, la bellezza dei dialoghi e delle cutscene, la maestosità della colonna sonora e l’intensità di alcuni degli scontri più adrenalinici di sempre (non solo bossfight ma anche altre tipologie di sequenze) contribuiscono a renderla una delle più memorabili, importanti ed epiche in assoluto.

Abbiamo inoltre apprezzato la presenza di una difficoltà Leggendaria: tale inserimento da maggiore rilevanza alle sue missioni, alla rigiocabilità generale dell’avventura e offre al contempo un livello di sfida più impegnativo, che andrà a premiarci con ricompense aggiuntive.

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La Regina dei Sussurri: post partita

Una volta completata la campagna de “La Regina dei Sussurri”, vi saranno una numerosa quantità di altri contenuti che ci terrà (e ci sta tenendo tutt’ora) occupati per diverso tempo.

La prima di queste è stata l’impresa esotica del nuovo lanciagranate che, dopo gli eventi della campagna, ha visto l’Avanguardia alle prese con il famoso verme di Savathun, operazione al quale ha partecipato attivamente anche Mara Sov: attraverso le fasi (anch’esse piuttosto variegate) riusciremo a comunicare con lui e ad estrapolargli importanti informazioni su Savathun e sulle sue intenzioni (proprio qui ci approcceremo ad uno dei due nuovi assalti disponibili).

In secondo luogo, saremo chiamati alla bacheca degli indizi situata in una porzione di terreno di Marte (una piccola base operativa), che ci vedrà occupati a svolgere una serie di obiettivi nel Tronomondo al fine di recuperare ulteriori informazioni sul furto della luce, affinché gli occulti di Eris possano indagarvi più a fondo di quanto non fatto durante la campagna.

Immancabile anche in questo caso l’attività da sei giocatori, che prende il nome di Sorgente, disponibile in due modalità differenti: in difesa, ci ritroveremo a dover difendere la fonte stessa della luce dagli attacchi dell’alveare, allontanandoli e respingendoli sempre di più verso l’esterno fino a sconfiggere il boss a capo dell’assalto; in attacco, le parti verranno invertite e toccherà quindi a noi dover risalire il Canale in Fiore per penetrare nelle difese dell’alveare fino, appunto, alla sorgente e metterne in sicurezza la luce.

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Entrambe le modalità andranno a presentare tipologie di avanzamento differenti, tra zone da conquistare, cristalli e frammenti da distruggere e persino una sorta di carico da scortare, il tutto con il continuo arrivo di forze nemiche ed un boss da affrontare a più riprese.

Seppur tutto ciò non sia niente di concettualmente elaborato, la bellezza dei lunghi corridoi del canale in Fiore e della sorgente stessa (che, essendo situata nel punto più alto dell’intera destinazione, ne offrirà una visione panoramica d’impatto) ne rendono più piacevole l’attraversamento e le battaglie in essi, mentre l’alternanza giornaliera tra le due modalità ne variegata con successo l’approccio.

Giocare a scacchi con i ricordi

In termini di free roaming invece, oltre alle solite attività come eventi pubblici e pattuglie, ne subentra una nuova relativa ai settori perduti: tramite un gioco di prospettive da completare al loro interno, comparirà un portale che ci permetterà di accedere ad una sorta di santuario delle memorie di Savathun, che prende il nome di Altare della Riflessione.

Qui, dopo un scontro non particolarmente intenso con le forze dell’alveare, entreremo in una nuova stanza nel quale ci toccherà risolvere un certo tipo di rompicapo, basato su rune e simboli: una volta fatto, conferiremo con un determinato ricordo della regina, che ci porrà questioni ed interrogativi sullo stato narrativo di determinati elementi della trama (secondo l’indovinello “due bugie, due verità“) che abbiamo trovato particolarmente intriganti.

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Salendo di grado nel Tronomondo, sbloccheremo una serie di ricompense e “potenziamenti” presso Fynch, che ci permetteranno di completare al 100% l’esplorazione della destinazione: ottenendo la “Visione” di vari livelli, riusciremo a sbloccare piattaforme e scie da seguire per trovare e raccogliere fino all’ultimo collezionabile e procedere con il completismo.

Ma come detto per la campagna, anche tutte queste meccaniche non andranno in alcun modo a proporre enigmi e step chissà quanto elaborati od interessanti, non riuscendo nemmeno vagamente a rendere effettivamente “illusoria ed ingannevole” un contesto che dovrebbe rappresentare in tutto e per tutto il carattere e lo stile di Savathun.

Il bello di guardarsi intorno

Ma La Regina dei Sussurri come potrebbe essere realmente stimolante senza un’ambientazione degna di nota?

Proprio come per Europa ed altre destinazioni, il Tronomondo di Savathun propone un totale di tre macroaree collegate a triangolo tramite passaggi naturali e corridoi di vario tipo, e che saranno distinte in due tipologie di biomi pressoché opposti tra loro.

Il cuore dell’ambientazione è rappresentato dal già citato Canale in Fiore, un bellissimo giardino curato con regalità, che tramite terrazzi, ponti e scalinate fa da entrata ad una sorta di cittadella dell’alveare, densa di maestose strutture: i loro interni sprizzano riverenza religiosa da ogni poro, tra grosse statue, lampadari, fontane, fiori e decorazioni di ogni tipo, solennemente illuminate da luci chiare.

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Le altre due aree sembrano invece appartenere ad un luogo completamente diverso: il Pantano, situato appena fuori dal Canale in Fiore, risulta una porzione di terreno decisamente priva di cura, nel quale la vegetazione cresce selvaggiamente in modo irregolare, andando a ricoprire ogni centimetro di erbacce, cespugli e alberi abbandonati a marcire.

Il Miasma invece ha ricevuto un trattamento ben peggiore, in quanto si tratta di una vera e propria palude che sembra quasi fare da discarica all’alveare: qui il senso di degrado è alle stelle, l’area è totalmente ricoperta di fanghiglia e melma, nel quale il livello di umidità estremamente alto crea una sorta di foschia ambientale talmente fitta che impedisce ai raggi solari di penetrare a dovere, mantenendola in una costante oscurità alquanto tetra ed inquietante.

Questa diversità nei biomi si riflette anche al di sotto della superficie, dove tra caverne naturali e angusti passaggi sotterranei (densi di attività degli infami, altra grande presenza nemica della destinazione) si trovano antiche costruzioni come santuari, Templi ed altari dedicati proprio alla storia dell’alveare e alle loro divinità stesse.

Ma ciò che forse colpisce di più in termini di impatto visivo è la resa scenica delle skybox e dei territori al di fuori del confine di gioco: oltre all’immensa maestosità della sorgente, è possibile scorgere all’orizzonte montagne ed altre composizioni rocciose dalla forma talmente insolita da essere quasi surreali, una gigantesca nave a Piramide della flotta nera semi danneggiata che giace silenziosa appena fuori dalla zona, mentre dalla strana e perenne eclissi nel cielo si diramano inquietanti raggi tentacolari che avvolgono l’intera ambientazione di velature oscure.

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In generale, ancora una volta Bungie è riuscita a stupirci per il suo incredibile talento nel costruire ambienti di gioco di impatto: il Tronomondo di Savathun risulta infatti incredibilmente ispirato in termini di concept fantascientifico e divinamente realizzato dal punto di vista artistico ed estetico, non mancando di essere al contempo variegato nelle atmosfere di gioco, nel level design e in generale nell’approccio alle varie componenti di gameplay.

Se proprio dobbiamo muovere una critica a tutti i costi, riteniamo che lo stile e l’architettura che caratterizza le strutture dell’alveare siano leggermente ridondanti e a tratti ripetitivi, e che possano a lungo termine stuccare il giocatore più esigente.

Minacce maggiori, ma armi più potenti

Spostandoci invece su componenti prettamente ludiche, la Regina dei Sussurri ha introdotto un vero e proprio sistema di crafting: tramite l’applicazione del livello delle armi, recandoci presso la Reliquia su Marte potremo estrarne i modelli base per costruirne una nuova versione, potendone scegliere caratteristiche e specialità in base alle proprie preferenze.

Quindi, facendo progredire il livello dell’arma semplicemente utilizzandola avremmo la possibilità di riforgiarla con perk sempre più avanzati, al costo di apposite valute da ottenere in vari modi.

Questo sistema cambia drasticamente l’approccio al grinding, limitando la sfiancante ripetizione di determinate attività alla ricerca della versione God Roll di una certa arma (esclusivamente basata su specifiche percentuali di drop rate e quindi, per estensione, sulla fortuna), in favore di un approccio decisamente più gestibile in termini di sandbox.

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A tal proposito va notificata l’aggiunta di un nuovo archetipo di arma, il Falcione. Come suggerisce il nome stesso, si tratta di una particolare asta con in cima una lama affilata, il quale concatenamento di colpi corpo a corpo crea combinazioni di attacchi devastanti: inoltre, tramite l’impiego di munizioni energetiche, avremo la possibilità di sparare colpi potenti dalla media lunga gittata.

Come se tutto ciò già non bastasse, caricando una sorta di barra dell’energia potremo attivare un piccolo scudo in grado di proteggerci dai colpi nemici.

Tutte queste possibilità rendono il Falcione un’arma unica, diversa da tutte le altre: purtroppo, questa sua versatilità la rende piacevole da usare ma pressoché mai realmente efficace, specialmente nelle modalità e nelle attività più difficili.

Rimanendo sempre in tema armi, un plauso va fatto sulla gestione delle nuove esotiche: è già da qualche stagione che Bungie sta puntando a rendere questa categoria di armi sempre più speciali, tramite perk ed effetti sempre diversi, e nel caso de La Regina dei Russurri siamo convinti che si siano superati.

Ogni nuova esotica riesci ad essere talmente unica sia nella modalità di fuoco base che nell’applicazione del suo perk da offrire nuovi spunti di utilizzo ed approccio che, se combinati a dovere con le altre armi e le abilità di classe, sono in grado di regalare soddisfazioni raramente viste prima.

Fonte di potere illimitata

Sempre in termini di gameplay, con la Regina dei Sussurri ha avuto inizio anche la ristrutturazione delle sottoclassi della Luce, partendo dal Vuoto.

La prima grande differenza risiede nelle loro modalità di utilizzo, in quanto la famosa disposizione delle abilità all’interno dei rami è stata approfondita e adottata da quella della Stasi: quindi, anche in questo caso dovremmo scegliere quali Nature utilizzare (che ricordiamo essere abilità speciali), al quale combinare i Frammenti, una serie di modifiche da incastonare negli appositi slot in grado di offrire diversi tipi di effetti.

Questo set introduttivo si basa quasi totalmente sulla applicazione di indebolimento e soppressione, volti ad inibire e rendere più vulnerabili i nostri nemici: persino le super caricate sono state ritoccate affinché offrano un’efficacia maggiore non solo nei semplici output di danno ma anche nella loro utilità complessiva.

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Tale ricostruzione offre ai giocatori molte più possibilità nella creazione di build, togliendo quindi la sottoclasse a vuoto dalla stagnazione di un sistema vecchio e superato, che si basava solo sulla selezione e sull’utilizzo delle solite abilita predefinite in base al ramo selezionato: speriamo quindi con tutto il cuore che Bungie riesca ad applicare un trattamento dello stesso livello anche per quelle Solari ed ad Arco.

Team Up!

Ma come per ogni espansione degna di tale nome, non poteva mancare all’appello contenutistico la nuova incursione, genere di attività che rimane probabilmente il più apprezzato ed atteso dall’intera community: quella introdotta con La Regina dei Sussurri prende il nome di Promessa del Discepolo, ed è stata ancora una volta al centro della World’s First Race, la famosa gara al primo completamento organizzata da Bungie, al quale anche noi abbiamo ovviamente partecipato.

Oltrepassando un particolare cancello situato in una zona pubblica del Miasma, entreremo in un’area inedita della sua grande palude, nel quale avrà luogo lo step di introduzione all’incursione, solitamente chiamato “ingresso”: ad attenderci vi sarà un curioso trasporto, che dovremmo scortare a più riprese lungo un percorso che ci porterà all’interno della già citata nave a Piramide, location del raid.

Una volta superati i suoi primi corridoi, ci troveremo davanti al primo effettivo step, che darà ufficialmente il via all’incursione.

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In qualità di tale, anche Promessa del Discepolo andrà a proporre una serie di meccaniche e modalità di avanzamento uniche, che i sei guardiani dovranno imparare a padroneggiare nel migliore dei modi per riuscire a giungere alla fine.

In questo caso, tutto ruota attorno ad una serie di simboli da inserire presso specifici obelischi e pareti, situate in giro per le varie arene: per farlo, dovremo ricorrere a logiche e modalità di lettura, memorizzazione e comunicazione diverse per ogni step.

Proseguendo con gli encounter, verranno inserite nei processi di avanzamento varie tipologie di buff, debuff e manufatti, alcuni utili per compiere progressi, ed altri necessari per evitare la morte ed il wipe: quindi, per procedere correttamente sarà richiesta l’assegnazione di ruoli e compiti ben definiti per ogni guardiano, volti all’agevolare e semplificare proprio la chiamata e la consegna dei simboli, tra timer da resettare, boss da stordire, purificazioni da compiere e ondate di nemici da ripulire.

Inoltre, le rappresentazioni visive dei simboli sono state rese volutamente interpretabili e quindi a tratti persino fuorvianti, ben più di quelli già visti durante Ultimo Desiderio: toccherà infatti ai guardiani studiare descrizioni che possano essere il più precise possibili, cercando al contempo di ridurre al minimo il caos uditivo in favore di una certa chiarezza comunicativa generale.

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Parlando in modo più specifico dei vari step, oltre ai già citati processi di avanzamento essi saranno differenti tra loro per design delle arene e, conseguentemente, intensità dell’azione.

Se uno step risulta tendenzialmente statico, un altro andrà a svilupparsi su più piani verticali mentre un altro ancora sarà un’effettiva corsa contro il tempo, il che rende evidente una certa varietà persino nella mobilità degli spostamenti richiesta ai guardiani: infatti, alcuni step saranno composti da più fasi, la quale difficoltà crescente è causata proprio dal passaggio ad arene dal level design sempre più ampio, elaborato e complesso da attraversare.

Un plauso particolare va fatto per quanto riguarda lo scontro finale dell’incursione: seppur i procedimenti nello step di per sé non siano niente di esageratamente complicato, quando ci sposteremo nell’arena adibita alla fase di danno la bossfight diventerà veramente tale, in quanto Rhulk (questo è il suo nome) non starà immobile a guardarci come è capitato praticamente sempre in passato, bensì sarà realmente attivo nel volerci sconfiggere, muovendosi ed attaccandoci continuamente con cariche improvvise, colpi corpo a corpo e raggi laser.

Anche in questo caso, tra un encounters e un altro vi saranno determinate fasi di intermezzo, alcune di semplice perlustrazione ambientale ed altre con immancabili sequenze platform: purtroppo, queste ultime non ci hanno convinto quasi per niente, in quanto andranno a proporre un’impostazione delle piattaforme e quindi dei salti da compiere particolarmente banale, senza che vi sia alcuna meccanica o spunto interessante, risultando fin troppo simile a tante altre che abbiamo avuto modo di affrontare precedentemente in Destiny.

Nonostante tutto funzioni a dovere in termini di varietà ed intensità generale dell’azione, si percepisce in parte la mancanza di qualcosa di davvero speciale, eccezion fatta per il già citato Rhulk: praticamente tutti gli elementi che ruotano attorno al motore di gioco degli step (buff, debuff, manufatti, simboli ecc.) sanno in qualche modo di già visto, il che rende Promessa del Discepolo un’incursione di buon livello, che non riesce però a spiccare particolarmente in termini di puro gameplay e cooperazione.

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Discorso totalmente opposto per quanto riguarda la componente estetica e la bellezza delle ambientazioni: nonostante non sia stata la nostra prima visita di una nave a Piramide, siamo rimasti totalmente ammaliati dal senso di suggestione percepita in ogni suo angolo, nella sua serie di lunghi corridoi, oscuri passaggi, possenti scalinate ed inquietanti stanze da collezione, piene di strani trofei, curiose statue dalla forma discutibile e murales densi di esoterismo.

Il contrasto tra zone luminose ed altre quasi totalmente buie crea un continuo gioco d’illuminazione che sembra quasi rappresentare proprio il costante conflitto tra luce ed oscurità: tali effetti, riflessi sul materiale tecnologico che ricopre ogni parete e pavimento, ci hanno ricordato da vicino le antiche strutture dei precursori dei primi capitoli di Halo, che, nel contesto fantascientifico di Destiny, regalano un mood ben più angosciante.

Dulcis in fundo, tra i vari step ci troveremo in aree e sequenze affacciate verso l’immenso spazio interno della piramide, nel quale sarà impossibile non notare anche in questo caso la meraviglia artistica della “skybox”, se così possiamo chiamarla: oltre a numerose altre strutture oscure alla sua base, si scorge il gigantesco corpo di una delle divinità larvali in tutta la sua possanza, dalla quale bocca spalancata fuoriesce una sconosciuta energia arancione, che sembrerebbe a sua volta venir assorbita da un antico manufatto, sospeso proprio sopra di essa.

Questo insieme di elementi inquietanti e sconosciuti rendono evidente la volontà di Bungie di portare la narrazione verso concetti, tematiche e filosofie ben diverse da quelle viste finora, dandoci una forte sensazione di essere all’inizio della fine.

Conclusioni

Con La Regina dei Sussurri Bungie ha dimostrato nel migliore dei modi quanto sia fondamentale per lei la componente narrativa e tutto ciò che le gira attorno.

La spettacolare campagna, la suggestiva incursione, le numerose imprese e persino le attività secondarie sono riuscite ad immergerci nella narrazione come raramente era accaduto prima, grazie ad una serie di rivelazioni e risvolti sorprendenti, che mescolano le carte in tavola degli eventi per elevarli a tematiche, situazioni e contesti che guardano al futuro con un tono sempre più epico.

Il Tronomondo di Savathun è un’ambientazione che ci ha semplicemente mozzato il fiato, non solo per lo splendore estetico che sprizza da ogni suo poro, ma anche per la notevole varietà di biomi ed atmosfere, in grado di coinvolgerci e regalarci diverse tipologie di sensazioni.

Anche l’approccio al gameplay è migliorato, grazie ad una serie di aggiunte e modifiche (in particolare, la fabbricazione delle armi e il Vuoto 3.0) che, unite alla bellezza delle nuove armi esotiche, rendono le componenti ludiche più divertenti e variegate.

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Purtroppo, è impossibile non notare una carenza un po’ troppo netta degli elementi caratteristici del contenuto (la minaccia rappresentata dai guardiani dell’alveare e l’influenza ingannevole ed illusoria di Savathun), mentre l’incursione, per quanto funzioni a dovere in ogni suo aspetto, non ci ha fatto gridare al miracolo in termini di meccaniche.

Ad ogni modo, chiunque conosca il percorso di sviluppo di Destiny sa quanto esso sia stato una montagna russa qualitativa, e nel caso de La Regina dei Sussurri siamo convinti che Bungie abbia toccato con la punta delle dita uno dei suoi punti più alti in assoluto: non ci resta che sperare che riesca a mantenere tale livello anche per il futuro, ed evitare di scivolare rovinosamente su una buccia di banana.

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Salve a tutti, sono Mattia, e da circa 18 anni ho un'intesa passione per il mondo dei videogiochi, e con essa mi porto dietro una forte propensione alla discussione e al dialogo il più discorsivo possibile riguardo questa incredibile arte.

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