Death's Door GAMEPLAY E LONGEVITÀ 8.0/10
COMPARTO GRAFICO E SONORO 8.2/10
COERENZA E CURA DEL DETTAGLIO 8.5/10
Pros Narrazione semplice ma profonda Fluido, pulito e veloce Ottima caratterizzazione del mondo di gioco Level design da applausi Comparto artistico ispirato Cons Combat System completamente privo di originalità e varietà in ogni suo aspetto Ricompense legate all'esplorazione insoddisfacenti Considerando l’esponenziale crescita che il mondo dei videogiochi sta avendo da diversi anni a questa parte, è sempre bello assistere alla nascita di nuovi studi , piccoli o grandi che siano, e al loro relativo debutto nel mercato con la pubblicazione sulle varie piattaforme della loro prima opera , in modo da apprenderne le abilità di sviluppo che arricchirebbero il medium stesso.
Da un punto di vista prettamente analitico, riteniamo invece ben più interessante approcciarsi a quello che è il secondo progetto di un certo studio, in modo da confrontarne le qualità rispetto al primo e prendere coscienza del talento, del valore autoriale e della crescita che ha avuto lo studio stesso nei confronti dell’opera precedente.
A farci questo effetto ci ha pensato Acid Nerve , che, a distanza di diversi anni dal rilascio di Titan Souls (questo il nome del loro primo progetto), sono tornati alla ribalta con Death’s Door , pubblicato da Devolver Digital lo scorso 20 luglio sulle console Microsoft e PC. Dopo averlo approfondito e portato a termine, siamo pronti per parlarvene: ecco a voi la recensione di Death’s Door!
In un altro luogo e in un altro tempo Il tutto inizia quando il nostro taciturno protagonista pennuto , scendendo da un pullman, giungerà presso un misterioso ufficio dai toni noire, che ricorda molto quelli postali di qualche decennio fa, con banchi di lavoro, scartoffie, registri ovunque e relativi dipendenti (con tanto di occhiali appoggiati sul naso) impegnati a battere sulla macchina da scrivere. Tale luogo risulta essere sospeso in un vuoto ricoperto da una coltre grigia nel quale rimangono in sospeso tutt’intorno infiniti portoni dall’aria solenne, come se tale ambientazione si trovasse in un altro luogo ed in un altro tempo, ed effettivamente così è.
Si tratta infatti del centro operativo di una sorta di compagnia adibita alla mietitura delle anime dei defunti , volta all’offrire loro pace e riposo eterno: in qualità di addetto allo svolgimento pratico delle operazioni, il nostro protagonista dovrà indagare sulla scomparsa di una delle anime che era stato incaricato di mietere, apparentemente rapita da un’entità sconosciuta.
Con questo presupposto, inizierà a vagare tra vari regni (accessibili appunto tramite le porte) alla ricerca della suddetta anima per svelare il mistero dietro al suo ipotetico rapimento.
Nonostante inizialmente tale incipit non avesse catturato in modo particolare il nostro interesse, man mano che proseguivamo nell’avventura ci rendevamo conto di quanto la narrazione riuscisse ad essere semplice ma efficace , evitando di scivolare su spunti narrativi o giri concettuali inutilmente complessi (come capita spesso in questo genere di giochi, ndr.), grazie ad una linearità di eventi, dialoghi con NPC ed acquisizioni di informazioni sul mondo di gioco (tramite descrizioni di collezionabili, armi ecc.) decisamente leggera , che è comunque riuscita in qualche modo a coinvolgerci man mano sempre di più senza che ce ne rendessimo conto.
Il finale, inoltre, è persino riuscito a commuoverci grazie ad aperture di carattere filosofico che tocca temi come l’accettazione della perdita e l’esistenzialismo, sempre trattati però con la stessa leggerezza che ha caratterizzato il resto del racconto, risultando quindi anche coerente in quella che è la comunicazione di significati di fondo rispetto alla costruzione della trama e delle logiche che regolano il mondo di gioco.
La mancanza della localizzazione in italiano non deve preoccuparvi , i dialoghi, i concetti espressi e le terminologie utilizzate non risultano in pressoché alcun caso troppo elaborati, vi basterà masticare anche solo vagamente le basi dell’inglese, e anche se non doveste riuscire a farlo, avrete comunque la possibilità di saltare le conversazioni e le cutscenes (tutt’altro che ingombranti) e godervi il gameplay.
Tra semplicità e banalità Ludicamente parlando, Death’s Door si propone come un action dalla visuale isometrica, incentrato su tre elementi in particolare: combat system, esplorazione ed enigmi.
Le meccaniche alla base del combattimento sono le solite del genere, con la nostra arma corpo a corpo potremo eseguire e concatenare attacchi leggeri, pesanti e caricati, con la rotolata potremo schivare gli attacchi e tramite il parry potremo respingere i colpi a distanza in arrivo e ridirezionarli contro i nemici per infliggergli danno.
Inoltre, progredendo nella campagna, otterremo anche delle vere e proprie abilità a distanza (da utilizzare con una sorta di barra del mana), complementari al combattimento melee del quale abbiamo appena parlato, permettendoci di gestire e sconfiggere anche i nemici più lontani.
Dal primo momento in cui si prende il controllo del protagonista, si nota quanto tutto riesca ad essere fluido, intuitivo e divertente , ma c’è un grande però.
Gli elementi che compongono il combat system peccano gravemente in termini di quantità e varietà, l’insieme delle armi e delle abilità dalla distanza si possono contare sulle dita delle due mani, e sono quanto di più banale ci sia capitato di provare in giochi simili. In entrambi i casi si limitano ad essere suddivise per tipologie estremamente generiche come per danno inflitto e velocità d’attacco, e passare dall’una all’altra offrirà ben poca diversità di approccio (non capiterà praticamente mai che vi troviate in dovere di cambiare i metodi offensivi).
Inoltre, laddove le armi corpo a corpo richiedono una buona esplorazione per essere trovate (il che aumenta quantomeno momentaneamente la dose di curiosità), entreremo in possesso delle abilità a distanza in modo estremamente lineare , a causa di esigenze di level design legate all’avanzamento dell’avventura del quale vi parleremo a breve.
Discorso simile va fatto per le minacce che affronteremo , che, per quanto particolari e ben realizzate siano visivamente parlando, scadono anch’esse nella banalità di moveset e schemi di attacco/difesa spesso ripetuti e che in davvero pochissimi casi richiedono di essere studiati ed imparati per essere sconfitti, l’unica eccezione va fatta per i boss che, nonostante siano davvero pochi, riescono ad essere comunque memorabili .
Perdersi e ritrovarsi Parlando di esplorazione, la qualità del level design è da elogiare : non appena accederemo per la prima volta ad un bioma saremo costretti a seguire un percorso lineare, in quanto vi saranno una notevole quantità di cancelli chiusi e scale inattive da sbloccare tramite l’attivazione di leve e meccanismi (raggiungibili proseguendo tra le aree con un minimo di spirito di osservazione), che creano interconnessioni e shortcut tra le aree per agevolare gli spostamenti e l’esplorazione stessa.
L‘assenza di qualsivoglia tipologia di mappa potrebbe inizialmente disorientare il giocatore, ma la presenza di punti di riferimento chiari e cartelli che indicano a grandi linee dove porta una certa strada lo costringe ad osservare, leggere e prestare attenzione attorno a sé, mossa che riteniamo tanto azzardata quanto azzeccata , considerata la bellezza del level design.
Questa struttura funziona e coinvolge: la sensazione di perdersi per poi ritrovarsi poco dopo a ricollegare le zone è qualcosa che ci ha soddisfatto in pressoché ogni area di gioco, e ci ha davvero dato continuamente l’idea di “apertura” delle mappe e della conseguente libertà esplorativa.
Discorso leggermente diverso va fatto per le componenti metroidvania : come detto in precedenza, le abilità non avranno un ruolo unicamente offensivo, ma ci permetteranno pure di sbloccare altri elementi dello scenario, che per essere esplorate richiedono per forza di cose una buona dose di backtracking , dato che le abilità in questione si ottengono tutte alla fine di certi livelli.
Purtroppo anche in questo caso c’è una nota negativa: per la stessa mancanza di varietà di elementi del combat system di cui abbiamo parlato prima, anche le ricompense legate al backtracking risultano tutt’altro che interessanti , limitandosi ad offrire nella maggior parte dei casi vantaggi generici volti a potenziare passivamente in modo parametrico alcune statistiche del protagonista e davvero poco altro, portando l’esplorazione stessa ed il relativo completismo ad essere privi di consistenza e non rendendo giustizia all’ottimo level design.
Ma l’utilizzo delle abilità non finisce qui, dato che saranno necessarie anche per la risoluzione di enigmi ambientali e sequenze platform che caratterizzano alcune fasi della storia principale: in alcuni casi dovremo premere interruttori da lontano in sequenza , in altri accendere fuochi con una certa velocità e in altri ancora sfruttare l’abilità di turno per muoversi in un certo modo e superare determinati ostacoli , in alcuni casi dovendo anche concatenare le varie abilità, il tutto seguendo un ordine ed un design specifico e dovendo addirittura fare caso alla propria posizione sull’asse verticale .
Tale aspetto risulta forse quello più riuscito nel complesso , in termini di gameplay: queste sequenze riescono ad essere ispirate, divertenti e intuitive, mentre le loro meccaniche riescono ad essere variegate non solo tra gli enigmi di un bioma stesso ma anche a livello concettuale e di applicazione tra biomi differenti, scandendo il ritmo di proseguimento e differenziando l’esperienza pad alla mano al di fuori di combattimenti ed esplorazione in modo pressoché perfetto.
Un gioiello da vedere e da sentire Nonostante l’HUB centrale ed il contesto narrativo propongano un certo livello di serietà , i vari regni che esploreremo presentano invece toni ben più accesi e spensierati , con un estetica ambientale colorata ed NPC, unità nemiche e persino boss caricaturali e stravaganti , mossi da animazioni buffe.
A proposito del comparto artistico, i ragazzi di Acid Nerve hanno svolto un lavoro decisamente raffinato : non solo, come detto, ambienti e personaggi sprizzano carattere da ogni poro, ma la loro realizzazione in termini di modellazione poligonale e texture è curata con dovizia di particolari, non tanto per quella che è la grafica in senso stretto (che invece, a nostro avviso, avrebbe potuto essere più dettagliata) bensì per la resa estetica dei vari elementi a schermo, che offre alla scena una pulizia visiva non indifferente, anche grazie ad animazioni fluide e mai ingessate.
A migliorare ulteriormente l’impatto visivo ci pensa un sistema d’illuminazione degno di nota, che riesce in particolar modo a far esaltare i riflessi ed il senso di lucidità delle superfici, come vetri, specchi ed acqua.
A tutto ciò si aggiunge un accompagnamento musicale costante e sublime , che non si limita solamente a fare da background sonoro all’esperienza, ma a valorizzare il nostro viaggio e le nostre gesta in modo attivo grazie a colonne sonore sul pezzo e dal ritmo sempre incalzante , che vi entreranno facilmente in testa e che, una volta terminata l’opera, avrete voglia di sentire e risentire ancora.
Conclusioni Death’s Door è un’opera fatta con cuore e talento , che dimostra quanto la creatività e la passione possano superare i meri valori produttivi: serioso ma simpatico, leggero ma profondo, semplice ma divertente, riesce ad offrire un’esperienza scorrevole e piacevole dall’inizio alla fine, rimanendo fedele a quelli che sono i canoni del genere.
Purtroppo, gli elementi che compongono il combat system peccano gravemente in quantità, varietà ed originalità, e nel conseguente rapporto esplorazione/ricompensa, fallendo nel rendere giustizia ad un level design complessivo di alto livello.
Ma qui lo diciamo e mai lo negheremo, indipendentemente dal peso che volete dare ai suoi difetti, fate attenzione a varcare la porta di Death’s Door, potrebbe rapirvi nei suoi mondi e farvi trascorrere una buona manciata di ore in un lampo , senza che ve ne accorgiate!
Seguici su tutti i nostri social!