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Silver Surfer Requiem, la recensione: addio all’Araldo

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Silver Suerfer Requiem Norrin Radd Michael Straczynski Esad Ribić

Silver Suefer: Requiem

14,25
8.8

SCENEGGIATURA

8.0/10

DISEGNI

10.0/10

CURA EDITORIALE

8.5/10

Pros

  • Ben studiata simmetria tra la vicenda e il canto ecclesiastico
  • Disegni superbi
  • Finale commovente
  • Analisi approfondita su cosa voglia dire essere eroi

Cons

  • Terza parte narrativamente poco collegata alle altre

Con Silver Surfer: Requiem abbiamo un altro lancio della moneta del genio folle che è J. Michael Straczynski.
Quando ci viene proposta una storia scritta da un uomo come lui ci si può chiedere: avremo lo Straczynski di One More Day o di Homecoming?
Stiamo parlando di uno scrittore che ha rivoluzionato (in bene o in male) il modo di raccontare i comics dei supereroi, principalmente Spider-Man. Affidargli un personaggio complesso e assieme profondo come Silver Surfer potrebbe risultare controverso per alcuni, soprattutto se parliamo di una storia che promette di essere, come suggerisce il titolo, l’epilogo dell’Araldo di Galactus.
Raccontare la morte definitiva di un supereroe è un’impresa che ai fan della DC potrebbe ricordare la magnum opus di Grant Morrison All Star: Superman, ma questa controparte della Casa delle Idee è capace di reggerne il confronto?

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Requiem aeternam dona eis, Domine

Silver Surfer sta morendo.
Una malattia terminale affligge il suo corpo risplendente di una luce argenta che si sta lentamente opacizzando. Comprendendo che la sua fine è imminente, decide non solo di dire addio alle persone a cui tiene di più e chiudere i conti in sospeso, ma di giungere alla comprensione dei dubbi che attanagliano la sua anima sin dal primo incontro con i Fantastici Quattro.

Forse, ora che è prossimo alla fine, riuscirà a comprendere perché gli umani non imparano mai dai propri errori? Perché i supereroi continuano a prendersi la briga di proteggere un mondo che non vuole essere salvato, così come lui non ha speranza di sopravvivere alla sua situazione?
Norrin Radd, in ognuno dei quattro blocchi che suddividono la narrazione, simboleggianti i quattro canti religiosi di un Requiem ecclesiastico, otterrà qualcosa e al contempo donerà qualcosa, che sia un nuovo potere o un un’illuminante saggezza e coscienza di sé.
Ognuno dei personaggi arriverà a capire il limite di cosa qualcuno può fare con le proprie capacità, perché, per citare un altro personaggio dei comics, è negli ultimi momenti che una persona mostra chi realmente è. E Silver Surfer, alla fine, dimostra di essere anch’egli un eroe.

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L’ultimo canto di Norrin

Trattare degli ultimi giorni di Silver Surfer in chiave seriale era un’impresa ardua.  Qualunque altro sceneggiatore avrebbe potuto optare per un’epica saga stellare nella quale Norrin cerca di salvare l’universo da una minaccia incombente, o magari dallo stesso Galactus. Ma se abbiamo imparato qualcosa da Straczynski, è che a lui non piace seguire tropo la moda. Per questo egli preferisce creare una vera e propria Passione “grafica” per uno degli eroi galattici della Marvel, in un’opera che ha poco da invidiare al simile lavoro di Morrison per la DC.

I quattro blocchi in cui è divisa la vicenda non solo hanno un mood differente l’uno dall’altro. Rappresentano i canti ecclesiastici propri del pianto per un defunto; un crescendo sempre maggiore verso l’ineluttabile finale tragico. Sono una epifania.
Non per forza paragonabile alle fasi del lutto, quest’insieme di sezioni è un susseguirsi di scoperte e di conclusioni che Silver Surfer ottiene nel corso dei suoi ultimi giorni.

Nel capitolo Kyrie, appellativo in cui i fedeli si rivolgono a Dio, Silver Surfer si appella ai Fantastici Quattro, i primi eroi terrestri che ha mai incontrato e coi quali ha un rapporto più stretto, dal cui leader Reed Richards spera di capire quale male lo attanagli e se ne possa liberare.

In Sanctus, forse la parte più significativa e famosa, Silver Surfer raggiunge, effettivamente, quella che si può definire la Santità: ha finalmente la risoluzione del dilemma che lo perseguitava fin da quando era arrivato sulla Terra. Sul perché gli umani commettano gli stessi errori, e sul come aiutarli col poco che si ha significhi più di quanto uno possa pensare. E questo grazie all’eroe più amato della Marvel, Spider-Man.

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Potrebbe sembrare strano che Silver Surfer ci sia arrivato dopo questo dialogo e non nei lunghi anni trascorsi a combattere a fianco degli eroi terrestri. Tuttavia sappiamo quanto freddo possa essere l’Araldo di Galactus nei confronti dei terrestri, perciò forse ha voluto aprirsi di più ora che sa di stare per morire.

Il terzo blocco, Benedictus, sembra quasi “staccato” dal resto della storia, come se Silver Surfer affrontasse una peripezia esterna alla sua condizione fisica e psicologica. Non per questo, però tale sezione è da buttare. Grazie agli insegnamenti ricevuti dopo il dialogo con Spider-Man, unito al poco tempo che gli resta, Norrin ha tutto quel che gli serve per porre termina a una Guerra Santa Galattica. Come se non bastasse, Benedictus è stato anche capace di donarci la frase più famosa della Graphic Novel, e forse di Silver Surfer in generale.

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Infine, in Agnus Dei, Norrin torna su Zenn-La, luogo designato per il suo ultimo giorno e ove si terranno le sue esequie. Di cosa accade in tale blocco non sarà scritto, poiché si rischierebbe di rovinare la narrazione più di quanto non sia già stato fatto. Basti sapere che l’assenza di un vero e proprio climax non intacca la continuità narrativa, soprattutto se ci ricordiamo del tema principale della storia. Una semplice sequenza di eventi che chiudono l’epica saga di un eroe, con un piccolo e commovente finale a sorpresa, è quanto basta per dire addio , da parte dei personaggi e dei lettori, a Silver Surfer.

Un dipinto di luce

Questa storia tuttavia forse non avrebbe avuto lo stesso impatto se non fosse stata portata in “vita” dai disegni di Esad Ribić.
Abbandonando uno stile classico dei racconti grafici moderni, l’illustratore croato predilige un disegno più simile ai dipinti rinascimentali, dai colori nebbiosi e i contorni sottili, quasi inesistenti, in cui a farla da padrona è la luce soffusa.
Essa, più dei colori, riesce a creare pathos nel lettore mettendo alcuni personaggi volutamente in ombra, altri raggiandoli talmente tanto da renderli quasi eterei, altri ancora, soprattutto nei momenti di dubbio, mette in risalto i contrasti tra le due parti.
Uno stile che ricorda i lavori di Alex Ross, ma dai quali si discosta per trovare una sua identità.

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Silver Surfer è morto. Lunga vita a Silver Surfer!

Silver Surfer: Requiem è uno dei migliori lavori di J. Michael Straczynski. Un’opera leggera ed epica allo stesso tempo, che rende omaggio ad un personaggio Marvel che meriterebbe molto più spazio di quanto già non ne abbia. Il tutto tra pennellate estremamente realistiche e armonie cromatiche.

Forse la terza parte è superflua, o si sarebbe potuto modificarla rendendola più “personale” nei riguardi del protagonista, ma come le altre ci ha donato emozioni e insegnamenti che solo un capace scrittore saprebbe fare.

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Silver Surfer Requiem, la recensione: addio all'Araldo 1

Fin da bambino sono sempre stato appassionato di due cose: i romanzi fantasy e il cinema, passioni che ho coltivato nel mio percorso universitario, laureandomi al DAMS Crescendo hoi mparato a coltivare gli amori per i videogiochi, i fumetti e ogni altra forma di cultura popolare. Ho scritto per magazine quali Upside Down Magazine e Porto Intergalattico, e ora è il turno di SpaceNerd di sorbirsi la mia persona!
Sono un laureato alla facoltà DAMS di Torino, con tesi su American Gods e sono in procinto di perseguire il master in Cinema, Arte e Musica.

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