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The Penguin, la recensione: Il crimine di Gotham in tutta la sua oscura realtà

The Penguin, prima miniserie sequel e spin-off di The Batman, non è l’unica serie “esterna” al film di Matt Reeves incentrata su uno dei criminali nemici dell’Uomo Pipistrello. Paul Dano ha scritto infatti un fumetto sul personaggio da lui interpretato; L’Enigmista: Anno Uno, incentrato sulle passate turbe mentali di Edward Nashton, durante la sua esperienza in orfanotrofio e nella realizzazione del suo piano.

Con The Penguin, tuttavia, si cerca di rispondere a una delle più impellenti domande poste nel finale del lungometraggio: cosa farà ora il Pinguino, essendo libero di spolpare la carcassa di Gotham dopo l’alluvione?

Non c’è riposo per i malvagi

Una settimana dopo gli eventi di The Batman, Oswald “Oz” Cobb è deciso a prendere il posto del suo precedente datore di lavoro, Carmine Falcone, nelle alte sfere della malavita di Gotham. Il figlio del defunto boss, Alberto, deride il Pinguino dopo che questi gli ha proposto un’offerta di collaborazione, finendo così ucciso da lui. Nell’intento di sbarazzarsi del corpo, il Pinguino si fa aiutare da Victor, un teppista di periferia che ha tentato di rubargli i cerchioni della macchina.

Dopo un momento di esitazione, Oz decide di prendere sotto di sé il ragazzo, un giovane portoricano la cui famiglia è morta durante l’inondazione causata dall’Enigmista. Con lui come galoppino, il Pinguino inizia a farsi strada tra i neri cunicoli di Crown Point, il quartiere dove è cresciuto, che conosce come le sue tasche e che ora diventa il suo quartier generale.

Ma nuovi ostacoli s’interpongono tra lui e la sua ascesa al potere. Sofia Falcone è uscita dal Manicomio di Arkham e ora vuole rimettere in sesto la sua famiglia. Intanto, in prigione, Salvatore Maroni continua a muovere i suoi fili, con l’intento di tornare a controllare i traffici di droga della città, ora che il suo ex rivale è fuori dai giochi. Tra omicidi, spacciatori, segreti e verità, il Pinguino dovrà andare avanti letteralmente zoppicando, e se per arrivare in cima vuol dire arrampicarsi su una collina di cadaveri, questo sarà solo un piccolo prezzo da pagare.

The Batman e The Penguin: il prima e il dopo

Uno dei pericoli in cui si sarebbe potuta imbattere The Penguin sarebbe stato il rischio di sembrare un mero surrogato di The Batman, una serie simbiotica di uno dei cinecomic più remunerativi degli ultimi anni. Invece ha saputo definire un’immagine propria, dalle tinte più pulp e meno supereroistiche, un action meno spettacolare e più “sporco“, in cui l’elemento crime è il vero protagonista, non uno dei tasselli del quadro.

Non si dimentica tuttavia la continuità della vicenda: The Penguin rimane sempre la conseguenza di ciò che ha fatto l’Enigmista dopo aver attuato il suo macabro progetto di ripulire la città dalla sua sporcizia. Una conseguenza che si analizza più in profondità, non “dall’alto“, dalla cima di un palazzo in costruzione, come eravamo abituati, ma nascosto nei cunicoli delle sue periferie.

Restando in tema di continuità, Matt Reeves non si dimentica che rimane comunque un prodotto di trasposizione, e di conseguenza di come adattare i personaggi dei fumetti da cui è tratta. The Penguin è cosparsa di collegamenti e omaggi, primo fra tutti il soprannome affibbiato a Sofia Falcone ad Arkham, l’Impiccato, come è conosciuta ne Il Lungo Halloween di Jeff Loeb, servito come ispirazione anche per The Batman.

Il Male non giustificabile

La più grande soddisfazione di questa serie, oltre al comparto tecnico di cui parleremo più avanti, è certamente il suo protagonista, il Pinguino. Non solo per la magistrale interpretazione di Colin Farrell, in quello che è indubbiamente uno dei migliori ruoli della sua carriera. Non solo per il mostruoso (letterale e non) make-up incredibilmente realistico e caricaturale. Ciò che ci sorprende davvero è qualcosa che ormai si vede poco nelle rappresentazioni odierne: la sua malvagità.

La serie non cerca di giustificare le sue malefatte dicendo che lo fa per la gente povera. Non ci viene mostrato un pesante trauma capace di bilanciare i suoi comportamenti malsani, né la malvagia società in cui viveva lo ha spinto a diventare un capo malavitoso. Il Pinguino è quello che è, un supercriminale. Un individuo corrotto, sanguinario, ambizioso e spietato. Tradisce i suoi stessi alleati e sottoposti, non mantiene promesse, uccide chi non se lo merita.

Gli unici che giustificano le sue azioni sono lui stesso e Victor, ma nessuno dei due a ragione: Oz ha una visione distorta della realtà dovuta alla sua smania di potere, Victor è totalmente assuefatto dal suo salvatore che ormai vede come unico spiraglio di luce che possa guidarlo in una città in decadenza.

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La serie, soprattutto nel grottesco episodio finale, convince più volte lo spettatore a non provare pietà per Oz, né cercare di vederlo come un antieroe. Comprenderlo, ma non giustificarlo. Seguirlo, ma non ammirarlo. Oswald Cobb è un mostro, malvagio fino al midollo. Nulla di più, ma molto di meno.

Criminali e supercriminali

I comprimari di The Penguin vengono resi protagonisti quasi quanto Oz, soprattutto nella prima metà della serie. In essa costoro ci vengono presentati con un primo impatto significativo e successivamente approfonditi. Primo fra tutti il ladruncolo di strada Victor, interpretato da Rhenzy Feliz, il quale è talmente disperato da voler derubare il famigerato Pinguino. Successivamente capiamo che ha perso tutto per via del lato oscuro della città e che ora ha, suo malgrado, modo di farne parte.

Ma chi ruba la scena è Sofia Falcone, che Christin Milioti ci offre nell’interpretazione più suggestiva della miniserie. Tolta un’inaspettata e per nulla apprezzata entrata in scena a sorpresa nei riguardi di Oz, dopo la sua permanenza decennale ad Arkham ora è decisa a prendere il potere sia tra i Falcone che tra i traffici di soldi e droga di Gotham. Soprattutto il suo internamento è ciò che rimane più d’impatto, essendo il fulcro di un intero episodio.

Tuttavia esso non appare per nulla un filler riempitivo, quanto più una rappresentazione della backstory del suo personaggio, rendendolo forse anche più interessante di Oz. È talmente ben narrato e girato che ci fa rimpiangere la cancellazione della serie su Arkham. Sarebbe stata, oltre che intrigante da seguire, utile sia per esplorare ancora di più la Gotham marcia di Reeves sia per aggiungere altri personaggi al roster di supervillain iconici.

Peccato che alcuni personaggi secondari non abbiano avuto il tempo di venire esplorati, primo fra tutti il boss della Triade che pare voler entrare in affari con Sofia e il Pinguino.

Un viaggio nell’oscurità

La regia ci accompagna tra le venature di questo cadavere di città che è Gotham, facendoci girare nelle bettole e negli edifici fatiscenti di Crown Point, rendendo il quartiere un ulteriore coprotagonista. La Gotham di The Penguin è sporca e corrotta come lo era in The Batman, talmente tanto che ormai il marciume fa parte di essa, ne intacca non solo la sua società, ma anche i suoi edifici.

La narrazione è lenta e languida in ogni episodio, ma in senso buono, senza scene troppo affrettate o scene d’azione spettacolari. Fattore aiutato dal fatto che ogni episodio ha il suo focus, il quale avrà comunque ripercussioni sul successivo. Spesso i focus sono, sì, gli intrighi causate dalle lotte tra bande criminali, ma non sono rese in maniera troppo complessa. Oseremmo dire che il fulcro è più la profondità dei personaggi che la compongono.

Mick Giacchino, figlio del Michael Giacchino che ha firmato la colonna sonora di The Batman, ha saputo dimostrare di essere all’altezza del padre, creando colonne sonore memorabili che sono dei veri leitmotiv capaci di farci riconoscere i personaggi, con temi claudicanti come lo è il Pinguino.

Un perfetto intermezzo

In attesa di The Batman 2, della cui uscita dovremo attendere almeno il 2026, The Penguin è un ottimo intermezzo, capace di approfondire uno dei supercriminali più noti di Batman e farci capire che tipo di minaccia costituirà nella prossima avventura dell’Uomo Pipistrello.

Una storia crime che non si dimentica delle sue origini fumettistiche, dalle tinte caricaturali nell’estetica e dalla lenta e coinvolgente narrazione, ma soprattutto un quadro grottesco e affascinante, se si vuole usare un ossimoro, sull’animalesca malvagità umana.

The Penguin, la recensione: Il crimine di Gotham in tutta la sua oscura realtà
COMPARTO TECNICO
8
CAST
9.5
SCRITTURA
9
REGIA
9
DIREZIONE ARTISTICA
8.5
Pros
Ottima serie crime, più incentrata sui personaggi che sugli scontri tra gang
Il Pinguino rappresentato come realmente malvagio
Una narrazione lenta e armoniosa, in cui ogni personaggio principale è protagonista
Perfetta regia che rende un ulteriore personaggio il quartiere in cui si svolge la storia
Cons
Poco spazio dato ad alcuni personaggi secondari
8.8
VOTO
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Veoneladraal

Fin da bambino sono sempre stato appassionato di due cose: i romanzi fantasy e il cinema, passioni che ho coltivato nel mio percorso universitario, laureandomi al DAMS Crescendo hoi mparato a coltivare gli amori per i videogiochi, i fumetti e ogni altra forma di cultura popolare. Ho scritto per magazine quali Upside Down Magazine e Porto Intergalattico, e ora è il turno di SpaceNerd di sorbirsi la mia persona! Sono un laureato alla facoltà DAMS di Torino, con tesi su American Gods e sono in procinto di perseguire il master in Cinema, Arte e Musica.

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