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Berlino Netflix, la recensione: cosa sto guardando?

Dopo il successo globale-galattico de La Casa di Carta, la cara vecchia Netflix ha ben pensato che tutti sentissimo il bisogno impellente di uno spinoff basato sulla storia di uno dei personaggi principali della vicenda messa in atto da Il Professore.

Ecco quindi Berlino Netflix (o Berlìn nel titolo originale ndr.), una serie un po’ prequel, un po’ spinoff dell’abitazione composta di carta che tanto ci ha fatto sognare – a chi più, a chi meno. Non una origin story, dunque, ma una avventura totalmente originale che ben si colloca nella timeline dei fatti narrati da Tokyo nella linea principale di narrazione. Parliamone un po’.

Berlino Netflix – di che parla?

Potremmo iniziare parlando della trama di questa serie, ma sarebbe superfluo. Parliamo invece di un piatto tipico spagnolo, las patatas bravas. Prepararle è semplice e veloce:

Bastano pochi, semplici ingredienti:
– 1 kg di patate
– 10 g di paprika dolce
– 2 cucchiai di passata di pomodoro
– 2 cucchiai di aceto di vino rosso
– 6 cucchiai (abbondate) di olio extravergine d’oliva
– pepe nero e sale fino a piacere

Tagliate le patate a cubetti, aggiungete olio, pomodoro e poi aceto, mischiate con sale e pepe e coprite il tutto mentre cuoce in padella. Ogni tanto girate. Cinque minuti. Ecco qua. Non è così difficile, basta mettere una minima cura nell’elementare procedimento ed ecco che il risultato è un ottimo piatto tipico spagnolo.

Pochi ingredienti, essenziali, ma quelli giusti. Questo resta il modo migliore per ottenere degli ottimi prodotti senza snaturare ciò che non è naturale (di base) per noi. La Casa di Carta, per esempio, non era qualcosa di realistico o accurato, no. Quella storia è diventata fenomeno di massa proprio per la sua capacità di farci familiarizzare e rendere ordinario qualcosa che non lo era affatto. Come? Mettendo su schermo una storia assurda e grottesca dove tutto è possibile, resa unica nel suo genere (che piaccia o meno, è la verità) da un twist caratteristico: il drama alla spagnola.

L’elemento drammatico all’interno de La Casa di Carta è tutto ciò che conta davvero. La rapina diventa uno sfondo, ciò che davvero ci tiene attaccati allo schermo sono le vicende personali dei personaggi, la loro visione del mondo e le loro motivazioni nel compiere quel colpo così grosso e pericoloso. Tutto questo, mischiato con tanta azione assurda e tanto, meticoloso pensare del Professore che ha escogitato un piano folle ma, tutto sommato, attuabile (perché, di fatto, va a segno).

In Berlino tutto questo dramma viene ridotto e banalizzato. Le storie dei singoli personaggi vengono asciugate fino a renderli delle macchiette malate d’amore. Come se l’elemento drammatico o romantico possa espandersi ed esplodere solo grazie all’amore. Esistono tanti sentimenti, esistono tante storie diverse e tantissimi modi per rendere tutte interessanti e collegate tra loro.

Ciò che ne La Casa di Carta era caratteristico, spagnoleggiante, drammatico, accattivante, in Berlino è una zavorra di cui speri di liberarti dal secondo episodio in poi. Un piatto di patatas bravas molto, molto patatas ma poco, poco bravas.

Berlino Netflix – di cosa parla DAVVERO

La storia è molto semplice e non ci aspettavamo (nè avremmo preteso) nulla di più: Berlino Netflix (che si chiamava Berlino anche prima del colpo alla Zecca di Stato) mette insieme un team di ladruncoli non professionisti per portare a casa un bottino di 44 milioni di euro. L’obiettivo? I gioielli delle più ricche e nobili famiglie del Vecchio Continente messe all’asta in quel di Parigi.

Anche stavolta nomi fittizi, anche stavolta ladri con un gran fuoco dentro e capacità uniche e particolari che rendono ognuno di loro indispensabile per la riuscita del colpo.

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Ciò che piace di questo spinoff è la sua capacità di richiamare ladrocini classici come quelli di Lupin (aiuta anche la location francese, certo ndr.), e colpi di illusionismo come quelli di Houdini. Di Berlino è bello respirarne le strade parigine, la straripante identità europea che viene raccontata tramite stereotipi, cliché ed espressioni uniche.

Di Berlino fa venire i brividi l’accuratezza con cui viene descritto il mondo in cui viviamo: un’Europa composta da culture diverse, lontane e talvolta incompatibili, unite dall’arte, dall’amore, dal passato travagliato, dalla musica e dalla criminalità. Quella criminalità generata dall’ingiustizia; quell’ingiustizia (sociale) generata dall’incoerenza del Potere, del Regnante. Smascherato il principe effimero, spogliato il capo avido dei suoi vestiti brillanti e sfarzosi, resta il popolo. Il popolo, unito, non può essere sconfitto ed è capace di qualsiasi cosa.

Punto. Le cose belle di Berlino sono queste. Potremmo aggiungerci l’interessante costruzione a quadri e linee parallele che narrano da una parte il furto dei gioielli della banda di Berlino e dall’altra il furto dell’amore di qualcun altro che compie Berlino in solitaria, ma si tratta di una formula non rispettata. Abbiamo parlato di linee parallele, che quindi non dovrebbero incrociarsi o macchiarsi a vicenda. Ma questo non succede.

Il discorso delle due linee narrative vuole scorrere in maniera dichiaratamente parallela, ma poi finisce per intrecciarsi e contaminarsi risultando in una storia confusionaria che non rende giustizia nè al drama nè all’azione.

Berlino Netflix – Troppi (pochi) contenuti

La sensazione, guardando Berlino Netflix, è quella che ci siano nel piatto troppe cose. Oltre a las patatas bravas, abbiamo voluto ordinare anche un croissant parigino, un limoncello italiano e (why not?) un mix di Fast ‘n Furious e GTA. Se siete cultori di tutto questo, tutto in una volta, starete pensando: hey, mi ci butto a capofitto, che bontà. E invece no. Perché alla regia non c’è John Woo. Perché tutto risulta molto poco saporito (molto meno rispetto a ciò che ci si aspettasse). Presi singolarmente sarebbero tutti bei piatti pronti da gustare in una serata Netflix and Chill. Presi tutti insieme si va totalmente in confusione.

Insomma, è come se ci fossero troppi contenuti, ma in realtà non c’è praticamente nulla. Il colpo alla casa d’aste procede spedito. Berlino continua parallelamente la sua storia d’amore. Le scene di tensione (fondamentali nell’action, no?) si risolvono sempre banalmente e positivamente per i protagonisti. La polizia è mezza scema, come sempre (in queste serie, si intende, ndr.). Gli spagnoli sono pazzi, i francesi sono asettici, gli italiani sono strani.

E Al Bano è il collante di tutto questo, ci credereste? Noi ancora non ci crediamo. Soprattutto perché ogni cosa lascia intendere che ci sarà un continuo, dopo che per otto episodi tutti i tasselli sono andati esattamente al loro posto. Insomma, se La Casa di Carta ci ha insegnato qualcosa è che un buon cliffhanger vada costruito nel tempo. Non puoi all’improvviso buttarmelo lì e bona.

Cosa avremmo voluto noi

Come detto, non ci si poteva aspettare un prodotto tanto lontano da La Casa di Carta, ma qualche aspettativa ce l’eravamo fatta. Chi scrive ci tiene a ribadire che ne La Casa di Carta tutto l’assurdo svolgersi degli eventi viene reso unico e accattivante dalle persone.

Quelle persone con cui addirittura empatizziamo, nonostante siano dei criminali internazionali. Berlino, tra tutti, era il personaggio più controverso, quello più importante se vogliamo. Il fratello de Il Professore, colui che condivideva con il colpo alla Zecca di Stato il passato, le radici. Berlino è un personaggio fondamentale perché rappresenta l’essere umano, nudo e crudo.

Irrazionale, irascibile, malvagio, crudele e spietato. Talvolta folle amante, romantico, sognatore, altruista. Berlino è un uomo tutto d’un pezzo, capace di sentimenti positivi e negativi. Un uomo, però, anche turbato dalla malattia. Questo, lo rende un umano davvero umano. Lui, che si erge a divinità, a leader indiscusso e indiscutibile, viene riportato a terra dalla più umana delle condizioni.

Questo dio dei ladri, su cui è basato l’intero spinoff, in Berlino Netflix non c’è. Questo perché ciò che ci viene dato è un Berlino ancora inconsapevole della sua malattia, malato d’amore e di potere. Intelligente e affascinante certo, ma non così tridimensionale come ha saputo mostrarsi nella sua versione originale. Un vero peccato. Magari verrà aggiustato il tiro in questo senso nella inevitabile seconda stagione.

Berlino Netflix
SCRITTURA
4.5
REGIA
5
COMPARTO TECNICO
7
DIREZIONE ARTISTICA
7
CAST
4.5
Pros
La scelta delle musiche
Racconta la cultura europea (a modo suo)
Rievoca classici di illusionismo e ladrocinio
Cons
I suoi caratteri distintivi vengono banalizzati
TOO MUCH LOVE
L'azione c'è ma non emoziona
Scene di tensione senza pepe
5.5
VOTO
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MatteoBT, il Pokéuomo

Di giorno Social Media Manager, di notte niente più che il tuo amichevole Pokéuomo di quartiere. Matteo B. Terenzi, latinense classe ‘94, ama le serie, i film ed i manga di ogni genere; ma nulla al mondo aggrada il suo palato quanto parlare dei mostri tascabili e scrivere bio in terza persona.

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