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Detective Pikachu, la recensione: Pokémon per ventenni

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Detective Pikachu, la recensione: Pokémon per ventenni 1

Pokémon: Detective Pikachu

8.5

Comparto Tenico

8.0/10

Cast

9.0/10

Scrittura

8.5/10

Regia

9.0/10

Direzione Artistica

8.0/10

Pros

  • Divertente
  • Adatto a tutti
  • Innovativo
  • Tanti Pokémon
  • Ottimi personaggi

Cons

  • Alcuni Pokémon si ripetono in scene consecutive

Detective Pikachu porta i Pokémon sul grande schermo come non li avevamo mai visti prima: in live action. La sfida intrapresa dalla Legendary sembrava inizialmente senza speranza. Ciò che però ci si trova davanti in sala è un prodotto di gran qualità, che rispetta il mondo di videogiocatori a cui si riferisce, ampliando il proprio orizzonte verso un pubblico decisamente più vasto.

Un successo inaspettato, dunque, che ha registrato un incasso al box office di circa 170 milioni di dollari nel weekend di debutto.

Detective Pikachu, diretto da Rob Letterman, ricalca le vicende dell’omonimo videogioco uscito nel 2016 e ne scioglie, se vogliamo, i nodi più critici. Un film che rappresenterà un nuovo punto di partenza per tutte le pellicole ispirate ad un videogame.

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Detective Pikachu: elogio alla semplicità

La storia ruota attorno al ventunenne Tim Goodman (Justice Smith) che, informato della scomparsa del padre, si reca nella città di Ryme City per custodirne i beni. Tim è un ragazzo solitario, con un sogno infranto: non è mai diventato un allenatore di Pokémon. Arrivato nella casa del padre, incontra un particolare Pikachu (completamente dipendente da caffeina), vecchio partner del genitore, con il quale intraprenderà un’indagine sulle orme dello stesso genitore, ma che si trasformerà in qualcosa di molto più grande.

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La trama di Detective Pikachu è quanto di più semplice e lineare si possa chiedere ad un film. Nonostante questo, non è esente da colpi di scena che stupiranno perfino chi, come chi scrive, ha già visitato Ryme City tramite il proprio Nintendo 3ds. Comodamente seduti sulla poltrona del cinema, ci si gusta uno dei più classici thriller dal retrogusto noir. Già, perché Detective Pikachu è un film sui Pokémon ma lontano dal mondo dei Pokémon per come lo conosciamo, almeno. Se per ventidue anni questo brand ci ha abituati a lotte, scambi catture, in questa nuova, entusiasmante avventura viene posto il focus su tutt’altro.

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La città dove tutto si svolge viene descritta come “un luogo dove Pokémon ed umani convivono in armonia“, dove le lotte Pokémon sono letteralmente vietate. Una premessa che non si tradisce: assistiamo ad una vera e propria umanizzazione dei mostriciattoli tascabili.

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Ogni Pokémon ha infatti un suo ruolo preciso all’interno della società: Machamp dirige il traffico; Loudred è un tecnico del suono; Pangoro un padre di famiglia. Insomma, se prima i Pokémon erano creature assoggettate all’uomo, in Detective Pikachu queste convivono con i loro compagni umani sullo stesso piano. Dopo solo qualche minuto di visione, grazie soprattutto all’ottimo uso della CGI, i mostri presentati sullo schermo ci sembrano del tutto naturali. Questa normalizzazione del Pokémon che avviene nell’incipit della pellicola è una vera e propria dichiarazione di intenti: questo è Pokémon, ma non come ve lo aspettate.

Detective Pikachu sa divertire e stupire

In tutta la sua semplicità, questa pellicola ci presenta dei personaggi ben caratterizzati, immersi in un mondo più vivo che mai. I protagonisti vogliono raggiungere tutti lo stesso obiettivo, per motivi diversi. Tra mille peripezie, in Detective Pikachu si trova spazio anche per un pizzico di commedia rosa, con Tim che si innamora della sua compagna d’avventura, Lucy Stevens (Kathryn Newton). Nello svolgersi della sua trama, questa pellicola riesce a farci ridere a crepapelle senza mai risultare pesante. Lo fa grazie soprattutto all’aiuto di Pokémon ben caratterizzati e di un protagonista eccellente.

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Mr. MimePsyduck e Detective Pikachu (Ryan Reynolds) ci strappano senza impegno più di qualche sorriso. Il contributo comico del topo giallo, poi, è sicuramente il più piacevole da vedere. Con un tipo come Ryan Reynolds a tirarne i fili, questo personaggio dall’aspetto dolce ed indifeso si rivela in più occasioni essere l’incarnazione del lato più adulto di questo lungometraggio. L’atmosfera che si assapora alla visione è comunque rilassata e certamente adatta ad ogni pubblico.

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Lo è davvero in quanto facile da comprendere nei minimi dettagli. Ancora grazie al contributo del Pokémon protagonista, si possono notare tutti i particolari di molte scene.

Detective Pikachu assume così, in diverse occasioni, un ruolo metacinematografico (tra l’altro molto caro a Deadpool, guarda un po’) che gli permette di comunicare direttamente con il pubblico in sala. Tramite questo espediente narrativo, il piccolo detective Pokémon indica dettagli chiave di un’ambientazione, commenta in modo irriverente ciò che accade oppure, semplicemente, esprime il suo punto di vista. Davvero elettrizzante.

Sicuramente, bisogna dirlo, Detective Pikachu sarebbe ancora più divertente e spinto visto in lingua originale, ma il doppiaggio italiano non rende meno completa l’esperienza in sala. Ottimo lavoro.

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Un Fulmine a ciel sereno: fotografia promossa!

Un’altra cosa che funziona davvero bene in Detective Pikachu, è la fotografia. Lo studio che c’è dietro ci trasporta in un climax ascendente che parte dai colori freddissimi dell’incipit (il blu della notte, la foschia “tossica” suburbana) ed approda allo scioglimento finale della trama con un giallo sgargiante circondato da un’atmosfera festosa ed addirittura da esplosioni. Tutto ruota naturalmente attorno ai colori chiave che compongono Pikachu stesso: il giallo, il marrone ed il blu elettrico. Questi colori, nelle loro varie sfumature, vengono alternati sapientemente per raccontare Ryme City, della quale possiamo assaporare ogni angolo. Viene fatto ingente uso anche dei led, a richiamare sia l’Elettricità tipica del protagonista, Pikachu, sia lo stile noir/urban che l’intera pellicola si prefigge di riprodurre (e ci riesce alla grande).

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Detective Pikachu: che belli i vent’anni!

Detective Pikachu è un film adatto a tutti, ma che mantiene un occhio di riguardo nei confronti di tutti i fan storici del brand. Dall’inizio alla fine, uno spettatore attento può notare varie citazioni che riportano alla memoria momenti storici di Pokémon e degli anni ’90 in generale.

Si parte con l’apparizione di (quello che sembrerebbe) Red intento a lottare all’interno di uno stadio, si passa per una raffigurazione di Mew Antico, si arriva alla descrizione di un Mewtwo “creato circa vent’anni fa”. Insomma, gli Allenatori più anziani sono accolti amorevolmente in questo nuovo modo di “fare Pokémon”.

The Pokémon CompanyLegendary dimostrano di saper rispettare chi ha reso grande il brand nel mondo videoludico, accogliendolo in questo nuovo contesto come una madre amorevole farebbe col proprio figlio.

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Detective Pikachu è un vero e proprio film per ventenni. Nonostante sia capace di comunicare efficacemente anche con i profani dei mostri tascabili, questa pellicola viene sentita ancor più intensamente da chi è cresciuto con il Gameboy tra le mani a catturare Pokémon.

C’è poi anche una piccola chicca, che solo un vero ventenne amante della cultura pop potrebbe cogliere. Quando Tim entra nella casa del padre (ormai disabitata), la prima cosa che si vede (e sente) è un televisore acceso. Sull’apparecchio viene trasmesso Angels With Filthy Souls, film fittizio di cui è stata realizzata unicamente la scena in questione per il primo film di Mamma ho perso l’aereo (1990). La stessa scena che si vede sul televisore del Detective Goodman, è quella che Kevin McCallister guarda una volta rimasto a casa da solo (e che poi utilizzerà per spaventare il fattorino) nel celebre film diretto da Chris Columbus.

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Cosa? Pokémon sta Evolvendo?

Detective Pikachu è ciò che i fan Pokémon non sapevano di volere. L’intero film porta una bella ventata d’aria fresca in un brand che ha ormai più di vent’anni. C’è un protagonista ventenne, c’è un Pikachu irriverente totalmente dipendente dal caffè, dei personaggi che evolvono nel corso della storia. Sembra banale, ma molte di queste cose, fino ad ora, mancavano nel contesto generale Pokémon. Il fatto che sia stato un film ad agevolare questo cambio di rotta del brand fa ben sperare per il suo futuro.

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Detective Pikachu è un film che sa stupire e che sa rendere reale l’irreale. Con pochi minuti di visione il pubblico in sala riesce ad accettare i Pokémon come parte integrante dell’universo che circonda i protagonisti.

La pellicola diretta da Rob Letterman, riesce addirittura ad ampliare i confini del videogioco a cui è ispirata. Nel finale, infatti, uno dei più grandi enigmi legati all’epilogo del gioco per 3DS viene finalmente risolto.

Insomma, un film adatto a tutti, che sa divertire ed intrattenere, senza alcuna pretesa. Decisamente da vedere e rivedere.

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Di giorno Social Media Manager, di notte niente più che il tuo amichevole Pokéuomo di quartiere.
Matteo B. Terenzi, latinense classe ‘94, ama le serie, i film ed i manga di ogni genere; ma nulla al mondo aggrada il suo palato quanto parlare dei mostri tascabili e scrivere bio in terza persona.

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