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Bob Iger, l’uomo che rese Disney un impero

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bob iger disney

Secondo la CNN, Bob Iger, potrebbe essere la seconda personalità più importante della storia della Walt Disney Company dopo il suo fondatore, Walt Disney.
Il perché è comprensibile: negli anni in cui ha presieduto la poltrona di CEO della compagnia (dal 2005 al 2020), Iger è stato responsabile di tutte quelle acquisizioni e strategie di marketing che hanno prima risollevato la compagnia dalla stagnazione in cui versava dai primi anni del duemila, per poi trasformarla nell’impero multimediale più potente, amato e odiato del mondo. 
Pixar Animation, Lucas Films, Marvel Comics, 20th Century Fox sono solo alcune delle compagnie entrate sotto l’ombrello Disney su sua precisa volontà, per non parlare della fondazione del servizio streaming Disney+, che in breve tempo è arrivato a competere con Netflix, segno dell’enorme impatto di Iger non solo sulla sua compagnia, ma sull’intero establishment dell’intrattenimento mondiale.
Come in molti casi del genere, tra i più sorge spontanea una domanda: ma questo da dov’è uscito? E, soprattutto, come diavolo ha fatto

Per rispondere, come da consuetudine, bisogna partire dall’inizio.

Disney Bob Iger

Bob Iger, persona produttiva

Robert “Bob” Allen Iger nasce a Brooklyn, New York, da famiglia ebrea e passa la sua infanzia nel quartiere operaio di Oceanside, sull’isola di Long Island.
Suo padre, Arthur L. Iger, era un veterano della seconda guerra mondiale laureatosi in marketing alla University of Pennsylvania, le cui idee fortemente liberali, unite ai suoi disturbi maniaco-depressivi, spesso ne ostacolavano la carriera lavorativa e avrebbero fortemente condizionato anche la vita del figlio.
Si pensi che, nel 1968, perse il lavoro per l’irrevocabile volontà di partecipare a una marcia in onore di Martin Luther King, Jr. e ne perse anche altri, prima di stabilizzarsi come insegnante.
Arthur esercitava molta pressione sul figlio affinché occupasse il tempo produttivamente, studiando o leggendo uno dei centinaia di libri presi dalla sua biblioteca personale, visto che lui stesso era un vorace lettore nonché suonatore di tromba amatoriale. Nonostante i problemi di Arthur mettessero in soggezione i membri della famiglia, Bob voleva molto bene al genitore, così come alla dolce madre Mimi, ed ereditò dal padre l’attitudine a impegnarsi e la volontà di tenere fede ai propri principi.

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bob iger disney

Dalle previsioni del tempo a presidente della ABC

All’età di 15 anni, Bob Iger decise che la sua strada sarebbe stata una e una sola: diventare un anchorman. Dopo la laurea in comunicazione al prestigioso Ithaca College di New York, nel 1973 venne assunto come meteorologo da una rete locale. L’esperienza, durata poco più di cinque mesi, si rivelò mortificante per Iger, seppure non priva di insegnamenti, tra cui imparare a dare cattive notizie.

Ironicamente, la sua fortuna fu una sfortuna capitata all’amato e omonimo zio Bob, fratello di sua madre. Costretto a operarsi agli occhi a causa di un problema alla vista, finì per condividere la degenza con un tale che lavorava per il network televisivo ABC. Zio Bob prese la palla al balzo e fece il nome del nipote al compagno di stanza, il quale lo invitò a richiamarlo, e il 1 luglio del 1974 Bob Iger venne assunto come assistente esecutivo alla ABC con uno stipendio di 150 dollari alla settimana.

disney Bob igerPer aver chiaro il tipo di lavoro svolto da Iger in quei primi anni è sufficiente pensare al personaggio di Alessandro della serie TV Boris.

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Spesso doveva trovarsi sul set di una soap opera alle quattro del mattino per coordinare l’allestimento dei vari set e dare le indicazioni giornaliere a elettricisti, truccatori e carpentieri.
Era un lavoro massacrante, cui si aggiungevano i soprusi da parte dei collaboratori più anziani.
Uno dei produttori arrivò ad abbassarsi la zip e mostrargli il membro al solo scopo di rispondergli male, evento che Iger ricorda ancora con molta rabbia.

Esasperato in particolare dal comportamento del suo diretto superiore, arrivò a parlare male di lui pubblicamente. L’interessato lo venne a sapere e gli intimò di farsi trasferire in un altro dipartimento del network, o sarebbe stato licenziato. Decise quindi di farsi assumere presso ABC Sports, il cui capo era il leggendario produttore esecutivo Roone Arledge, che Iger conobbe all’epoca in cui lavorò all’organizzazione di un concerto di Frank Sinatra al Madison Square Garden.

Bob Iger's Early Career at ABC Signaled His Future Success at Disney -  Variety

La divisione sportiva di ABC era all’epoca una delle più proficue del network e si rivelò un ambiente assai stimolante.

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Dovendo coprire eventi in giro per il mondo, arrivò a viaggiare parecchio e ad ampliare i propri orizzonti. La vicinanza con Roone Arledge, considerato il fautore di quel successo, dovuto al suo perfezionismo, al suo spiccato senso dell’innovazione e alla dedizione al lavoro, avrebbe ispirato molto il futuro CEO di Disney.
Iger svolse vari ruoli alla ABC Sports dal 1974 al 1985, anno in cui ne divenne il vice-presidente e l’intera ABC venne acquistata dalla Capital Cities Communications di Tom Murphy e Dan Burke, i quali attuarono immediatamente una politica di tagli che portò anche al temporaneo allontanamento di Roone Arledge.

Iger stesso meditò di lasciare la compagnia a causa della nuova gestione.
Fu Dennis Swanson, sostituto di Arledge, a convincerlo a restare, nominandolo suo vice-presidente esecutivo. Prima di accettare l’incarico però, Iger passò tutta la notte a discutere i pro e i contro di questa decisione con sua moglie Susan, metodo che avrebbe caratterizzato alcune delle decisioni più importanti della sua carriera.

bob iger disney pro contro

Il lavoro sotto Swanson procedette liscio e culminò con la brillante copertura dei Giochi Olimpici invernali tenutisi a Calgary nel 1988, dove poté collaborare nuovamente al fianco di Arledge.
Venne quindi convocato da Murphy e Burke, che lo nominarono vice-presidente di ABC TV.
Da lì in poi fu una continua scalata: venne promosso prima a presidente di ABC Entertainment (1989 – 1992), poi a presidente di ABC TV.

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Sotto l’egida di Bob Iger, venne approvata la produzione della serie tv Twin Peaks di David Lynch e Mark Frost, che avrebbe rivoluzionato il modo di intendere la serialità televisiva, fino a quel momento vista come frivola e avulsa da qualsiasi pretesa di autorialità.
Nonostante la sua importanza, la serie fu vittima di profonde divergenze tra Iger e Lynch in merito al disvelamento dell’assassino di Laura Palmer.
Il regista, poco avvezzo allo storytelling televisivo, avrebbe voluto che l’identità del killer restasse ignota, ma Iger, preoccupato che la poca chiarezza dell’intreccio frustrasse eccessivamente gli spettatori, spinse nella direzione opposta, con il risultato di privare Twin Peaks del suo mordente e causarne la chiusura anticipata con la seconda stagione

I segreti di Twin Peaks - bob iger david lynch disney

La cancellazione di Twin Peaks non mitigò la tendenza di Bob Iger a scommettere sui talenti e sulle novità

Insieme allo showrunner Steven Bochco diede vita a un’altra serie rivoluzionaria, NYPD – New York Police Department, la prima serie R-rated (vietata i minori di 17 anni) mai trasmessa da un network televisivo. Inizialmente, la serie fu vittima di numerose proteste da parte dei telespettatori più bigotti, ma venne assai apprezzata dalla critica, guadagnandosi nel tempo ben 20 nomination agli Emmy Awards.

L’arrivo alla Disney

Il pensionamento di Dan Burke nel febbraio del 1994 gli fruttò un altro incarico, quello di COO (chief operating officer) della Capital Cities/ABC, e Iger si ritrovò per la prima volta nel doppio ruolo di presidente e direttore di una compagnia. Poco dopo, Michael Eisner, CEO della Walt Disney Company, acquistò da Tom Burke la Capital/ABC, che nel 1995 divenne ufficialmente proprietà della casa di Topolino. Nel 1996, Bob Iger divenne così il nuovo CEO della Capital Cities/ABC sotto il marchio Disney, succedendo allo stesso Burke.

Former Walt Disney Company CEO Michael Eisner Reacts to Bob Iger Stepping  Down

Ritrovatosi di punto in bianco a dover dirigere l’intera divisione media della Disney, Iger cominciò a familiarizzare con il nuovo ambiente di lavoro

Stando a quanto lui stesso racconta nel libro Lezioni di leadership creativa: I segreti che ho imparato come CEO di Walt Disney, il lavoro alla Capital sotto Murphy e Burke era assai più rilassato e decentralizzato.
I due COO erano molto aperti al dialogo e ogni divisione della compagnia aveva un proprio budget di cui disporre come meglio credeva, purché lo facesse eticamente e proficuamente. 
Alla Disney la situazione era ben diversa: ogni azione era accuratamente pianificata e richiedeva numerose approvazioni prima di venire attuata.
Inoltre, la forte componente identitaria del brand Disney limitava fortemente la sperimentazione su cui Iger puntava tanto.

I primi anni ’90 furono un periodo particolarmente fortunato per la compagnia, reduce dei successi del cosiddetto Rinascimento Disney, una serie di film animati di grande successo (La sirenetta, La bella e la bestia, Aladdin e Il re leone) che risollevarono le sorti della casa di Topolino dopo un periodo di enorme crisi creativa e finanziaria.
Venne inoltre fondato il canale contenitore Disney Channel e la produzione di merchandising schizzò alle stelle, aumentando notevolmente i profitti dell’azienda.

bob iger Disney Channel,

Tuttavia, questo successo si interruppe bruscamente nel 1994, a causa della morte di Frank Wells, braccio destro di Michael Eisner, e all’abbandono di Jeffrey Katzenberg, all’epoca capo dei Walt Disney Studios, considerato il vero artefice del Rinascimento Disney.
Bob Iger entrò quindi nella compagnia durante il suo periodo discendente, caratterizzato da produzioni dispendiose dallo scarso successo, tra cui Hercules, Atlantis, Il pianeta del tesoro, Fantasia 2000, Koda fratello orso, Mucche alla riscossa e Chicken Little.
Michael Eisner dirigeva la Disney praticamente da solo e con il pugno di ferro, situazione che gli procurò parecchie tensioni con i nuovi arrivati della ABC, tra cui lo stesso Iger, rimasto l’unico nella linea di successione al ruolo di CEO della Disney.

Nonostante l’atteggiamento distaccato, fu Eisner ad affidare ad Iger, tra i pochi dirigenti Disney con esperienza internazionale, l’incarico di dirigere la Walt Disney International.
Il suo compito sarebbe stato definire una strategia di marketing per esportare e coordinare il marchio Disney a livello internazionale, ma anche trovare un posto dove costruire un parco a tema in Cina.
Riuscendo dove Frank Wells aveva fallito, ottenne in concessione dal governo cinese un terreno poco fuori la metropoli di Shangai, dove sarebbe sorto, 18 anni dopo, il primo parco a tema Disney asiatico: Disneyland Shangai.

bob iger Disneyland | Shanghai Disney Resort

La politica anti-rischio di Disney fece sì che anche la ABC calasse i propri rendimenti. 

Il successo di NYPD teneva a galla il network, ma le nuove serie trasmesse non incontravano il favore del pubblico, così come la sezione sportiva.
A salvare baracca e burattini fu un quiz show importato dal Regno Unito che fece la storia della televisione: Who Wants to Be a Millionaire?, meglio noto in Italia come Chi vuol essere milionario?
Inizialmente rifiutato da Iger, ricevette la sua approvazione quando i creatori gli proposero il veterano  Regis Philbin come conduttore. Divenne lo show più visto della stagione 1999-2000.

Per dare una scossa alla situazione Iger decise di trasmettere la più grande copertura mediatica del capodanno che avrebbe inaugurato il nuovo millennio, la quale richiese un’organizzazione di ben 8 mesi. 
La trasmissione fu un successo, ma non riuscì comunque a risollevare le sorti della ABC, che continuava a soffrire la competizione con gli altri network.

Who Wants to Be a Millionaire? bob igerLa gestione di Bob Iger, per quanto vessata dalle politiche aziendali della grande D, permise comunque alla ABC di mantenere la sua posizione nella Top 3 dei network televisivi statunitensi, convincendo Michael Eisner a nominarlo suo numero 2.

Dal 2000 in poi, Iger imparò molto da Eisner su come gestire un’azienda di grandi dimensioni e quale fosse l’importanza del design per le attrazioni Disney. I due insieme permisero l’apertura di diversi parchi a tema, come Disney’s Animal Kingdom in Florida, Hong Kong Disneyland e Disney California Adventure Park ad Anaheim.

L’ottimale gestione dei parchi a tema non andò di pari passo con la tragica situazione in cui versava il reparto di animazione e delle pubbliche relazioni.
A causa della campagna pubblicitaria Rip. Mix. Burn. di Apple, Eisner arrivò a inimicarsi nientemeno che Steve Jobs, all’epoca CEO di Pixar Animation Studios, che aveva garantito a Disney incassi favolosi con Toy Story.
Di fatto, Eisner perse l’esclusiva con lo studio nel periodo in cui quest’ultimo stava lavorando su Toy Story 2, evento che, unito ai continui insuccessi animati dei Disney Studios, fecero infuriare Roy E. Disney, nipote di Walt, il quale intraprese una vera e propria campagna anti-Eisner, accusandolo di aver tradito l’eredità dello zio.

Roy E. Disney bob iger

Nascita di un impero

La campagna diffamatoria portata avanti da Roy Disney attraverso il sito web savedisney.com riuscì ad attirare le attenzioni dei fan delusi, i quali chiesero a gran voce le dimissioni di Michael Eisner, che il 30 settembre 2005, su pressione del consiglio d’amministrazione, lasciò l’incarico di CEO dopo 23 anni.
Essendo il suo successore designato, Iger prese immediatamente il suo posto e mise in atto una enorme operazione di rinnovamento del marchio Disney.

La sua strategia per salvare la compagnia dalla crisi in cui versava da oltre un decennio si divideva essenzialmente in due punti: ricucire i rapporti troncati dal suo predecessore e rinnovare l’apparato creativo dei prodotti audiovisivi, da lungo tempo abbandonati a sé stessi in favore dei parchi a tema.

Steve Jobs, bob iger disney

La prima mossa li avrebbe racchiusi entrambi.

Era infatti intenzionato a fare pace con Steve Jobs e acquistare da lui la Pixar Animation. Disilluso, telefonò personalmente a Jobs – con il quale, invero, era rimasto in buoni rapporti – e ottenne un incontro faccia a faccia con lui. Come accadde anni addietro, i due scrissero su una lavagna i pro e i contro di quella possibile transazione, constatando che i secondi superavano di gran lunga i primi.

Jobs però notò con arguzia che i pochi pro avevano un peso assai maggiore, e alla fine decise di chiudere la trattativa. Disney avrebbe pagato a Jobs 7,4 miliardi di dollari, rendendolo il principale azionista privato della compagnia, e in cambio avrebbe ottenuto la Pixar e la possibilità di vedere i propri film pubblicati sul catalogo iTunes di Apple.

L’esperienza insegnò a Iger un’altra importante lezione sul come valutare al meglio le scelte più rischiose quando la posta in gioco è altissima.

Pixar Animation Studios - bob iger disneyL’acquisizione della Pixar nel gennaio del 2006 e la partnership con Apple incrementarono notevolmente lo sviluppo tecnologico della compagnia, oltre che la qualità dei film animati.

Nel giro di quattro anni, i cosiddetti Classici Disney tornarono a imporsi nel panorama cinematografico mondiale, superando persino il mezzo milione di dollari di incassi con Rapunzel – L’intreccio della torre (2010).

Tuttavia, Iger aveva ancora il peso del menefreghismo di Eisner sulle spalle e doveva riottenere la fiducia dei fan di vecchia data che si sentivano traditi dalla precedente gestione. Come mossa puramente simbolica riottenne da NBC Universal i diritti di Oswald il coniglio fortunato, il primo personaggio di successo creato da Walt Disney, in cambio dell’esclusiva sul telecronista sportivo Al Michaels.

oswald bob iger

Quella della Pixar fu solo la prima delle gigantesche acquisizioni della dirigenza Iger.

Il reparto animazione della Disney, affidato alle sapienti mani di John Lasseter, fondatore della stessa Pixar e regista di Toy Story, era ormai salvo, ma il nuovo CEO voleva assicurarsi la presa su proprietà intellettuali che potessero fare presa su un pubblico globale.
Due compagnie vennero immediatamente opzionate per una eventuale acquisizione: Marvel Entertainment, con il suo universo popolato da eroi di fama come Spider-Man, e Lucasfilm, detentrice dei diritti sui franchise di Star Wars e Indiana Jones.

L’acquisizione della Marvel nel 2011 costò 4 miliardi di dollari e venne inizialmente guardata con sospetto dagli azionisti, nonostante il successo del film Iron Man del 2008.
All’epoca molti eroi di punta della casa editrice, tra cui proprio Spider-Man, erano stati concessi in licenza ad altre case di produzione come Sony e Universal, ma con il lancio del Marvel Cinematic Universe, affidato al produttore Kevin Feige, tutti si convinsero della bontà dell’iniziativa, che in futuro avrebbe prodotto quattro dei 10 film dal maggiore incasso della storia del cinema (Avengers: Endgame, Avengers: Infinity War, Spider-Man: No Way Home e The Avengers).

Marvel Cinematic Universe: bob igerLucasfilm entrò a far parte della Disney un anno dopo, nel 2012, sempre per la cifra di 4 miliardi di dollari. 

Iger e George Lucas, fondatore di Lucasfilm, avevano già collaborato insieme nel 1992, ai tempi della ABC, periodo in cui il primo era alla ricerca di altri grandi talenti cinematografici dopo il successo di Twin Peaks. I due produssero la serie Le avventure del giovane Indiana Jones, che durò solo due stagioni a causa dell’impronta eccessivamente didattica, ma ciò bastò affinché Iger si guadagnasse l’eterna gratitudine di Lucas.


L’affare, però, non fu affatto semplice. Lucas valutava la sua compagnia intorno ai 7 miliardi di dollari, ma a differenza della Pixar, che all’epoca era in piena crescita, la sua era una casa di produzione in declino, i cui ultimi film avevano collezionato diverse critiche negative. Alla fine si rassegnò all’idea. Pur di garantire un futuro alla saga di Star Wars, non avendo lui eredi designati, accettò l’accordo a poco più della metà del prezzo sperato.

Sotto l’egida Disney, Star Wars avrebbe visto nascere una nuova trilogia di film che avrebbe proseguito la storia degli Skywalker. Ogni suo capitolo, per quanto subissato anch’esso di forti critiche, avrebbe superato il miliardo di dollari d’incasso. In particolare il primo, Il risveglio della Forza, sarebbe entrato anch’esso a far parte della lista dei film dal maggiore incasso della storia.

Star Wars - Il risveglio della forza

Per quanto grandi e redditizi, nessuno di questi affari raggiunse la monumentalità dell’ormai storico accordo di acquisizione di 21st Century Fox, concluso per la cifra di 52 miliardi di dollari.

L’accordo sconvolse totalmente il mondo della finanza e dell’intrattenimento, costando alla Disney un’indagine da parte dell’anti-trust americano per sospetto monopolio.

Le trattative cominciarono nel 2018, anno in cui Bob Iger avrebbe dovuto ritirarsi, ma una delle clausole imposte dalla Fox e dal suo fondatore Rupert Murdoch fu proprio la sua presenza come CEO della Disney fino alla fine della trattativa, segno dell’immenso rispetto guadagnato all’interno dell’industria.

bob iger 21st Century Fox logo

Tale rispetto gli garantì la poltrona anche in seguito al successo della trattativa nel 2019, anno in cui riuscì a imporsi in ambito letterario con il bestseller Lezioni di leadership creativa: I segreti che ho imparato come CEO di Walt Disney.
Rimase infatti il CEO della compagnia in seguito allo scoppio della pandemia da COVID-19, periodo nel quale venne fondata la piattaforma Disney+ per competere con i nuovi colossi dello streaming, raggiungendo 152,1 milioni di abbonati nel giro di 3 anni.

Fu infatti solo nel 2021 che lasciò finalmente la carica a Bob Chapek, il cui discutibile interregno durò appena un anno, prima che Bob Iger venisse nuovamente pregato per tornare in sella il 20 novembre del 2022.

Disney+: bob iger

Tracciare un profilo della carriera di Bob Iger in Disney è estremamente semplice o estremamente complicato a seconda della prospettiva da cui la si guarda.

Dal punto di vista finanziario è difficile imputargli un qualsiasi errore.
Sotto di lui Walt Disney Company ha progressivamente visto crescere il suo fatturato di anno in anno ed è divenuta la multinazionale dell’intrattenimento più potente al mondo.
I suoi film dominano i box office e Disney+ è la seconda piattaforma di streaming a pagamento di maggior successo dopo Netflix. Di fatto ha creato un colosso quasi del tutto privo di concorrenti e ben organizzato in ognuna delle sue divisioni.

Eppure, pensando alla sua idea del brand Disney, è facile notare come questa sia in antitesi con quella del fondatore dell’azienda. L’intenzione di Walt Disney – che pure amava coinvolgere creativi di successo nei suoi lavori, spesso sfruttandoli malamente – era creare prodotti originali che si distinguessero dagli altri in virtù di una precisa estetica e filosofia creativa: la sua.

Plus It: How to Think Like Walt Disney bob iger
Iger, invece, si è limitato ad assoggettare coloro che facevano meglio della sua compagnia, rendendoli parte di essa.
Non abbiamo animatori capaci di competere con i film Pixar? Compriamo la Pixar!
Non abbiamo proprietà intellettuali esportabili in tutto il mondo come i supereroi Marvel o Star Wars? Compriamo la Marvel e Lucasfilms!

Probabilmente l’approccio di Walt sarebbe stato quello di creare da zero tutto ciò che mancava alla sua azienda per competere con le altre, come quando fondò la Calarts per avere sempre a disposizione nuove leve per il reparto animazione, invece di disneyzzare artisti, personaggi e film che, con il marchio, avevano poco o nulla a che fare (vedi la saga di Alien o I Simpson).

CalArts - OpenDrives disney bob iger
E’ vero anche che Walt, in virtù della sua personalità istrionica e della poca attenzione per il denaro, era sempre con l’acqua alla gola. Se avesse continuato con lo stesso approccio, prima o poi la sua compagnia sarebbe fallita inesorabilmente.

In un certo senso, Bob Iger ha fatto suo il detto “impara l’arte e mettila da parte“, molto da parte, trasformandosi in una summa di Walt e suo fratello/contabile di fiducia Roy. E forse è proprio il suo essere una figura capace di mediare tra lo spietato mondo del business e la creatività a renderlo uno degli imprenditori più acclamati e studiati in circolazione, permettendogli di riuscire laddove Walt era del tutto incapace di raccapezzarsi: la gestione materiale di un’azienda.

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Cercò per lungo tempo il proprio linguaggio ideale, trovandolo infine nei libri e nei fumetti. Cominciò quindi a leggerli e studiarli avidamente, per poi parlarne sul web. Nonostante tutto, è ancora molto legato agli amici "Cinema" e "Serie TV", che continua a vedere sporadicamente.

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