Cinema&Tv

Lupin Netflix Parte 1, la recensione in anteprima: Il ladro e l’onore

LUPIN

7.4

COMPARTO TECNICO

7.5/10

CAST

8.0/10

SCRITTURA

7.5/10

REGIA

7.0/10

DIREZIONE ARTISTICA

7.0/10

Pros

  • Alternativo
  • Leggero
  • Originale

Cons

  • Polizia non troppo furba
  • Incipit poco chiaro

Lupin, il ladro gentiluomo creato da Maurice Leblanc nel 1905, riprende vita e nuova forma nella serie targata Netflix e firmata da George Kay (Criminal, Killing Eve). Con un protagonista d’eccezione, il super Omar Sy (Quasi Amici), l’intera serie della enne rossa si prepara a riproporre la figura del ladro che ispirò il mangaka Monkey Punch per Lupin III.

Quella che uscirà il prossimo 8 gennaio sul sito di streaming sarà la prima parte dell’opera-tandem tra Key e Uzan (Family Business) e sarà composta da ben 5 episodi dalla durata di circa 45 minuti l’uno. Mentre i primi tre Capitoli (così viene chiamato ogni episodio) sono stati affidati alla regia di Louis Leterrier (Now You See Me), gli ultimi due sono stati diretti da Marcela Said (Narcos Mexico).

Menzione d’onore alla produzione del tutto, presa in carico dalla azienda cinematografica più antica del mondo: la Gamount Télévision.

Ma questo Lupin targato Netflix è davvero in grado di portare sulle proprie spalle il peso di un nome del genere? Abbiamo visto la serie in anteprima, e vogliamo condividere con voi le nostre opinioni a riguardo astenendoci totalmente da qualsiasi spoiler.

Lupin: di padre in figlio

Partiamo dalle cose belle, quelle che rendono questa Prima parte molto promettente per l’avvenire della serie. La storia di Lupin è qualcosa che, a differenza di ciò che si possa immaginare, racconta la famiglia, la discendenza, e non solo i fantasiosi furti di un ladro gentiluomo. Assan è un uomo apparentemente comune che, emigrato da bambino a Parigi dal Senegal con suo padre Babacar, si trova davanti al muro della discriminazione razziale e cerca così di districarsi nella società.

A muovere i suoi passi, però, nei panni del ladro gentiluomo, è il lascito di suo padre, che gli donò per primo un volume delle storie di Arsenio Lupin. La serie prende il via in medias res, ovvero quando il protagonista già è avviato nella sua “professione”. Se inizialmente non si comprendono chiaramente le reali intenzioni di Assan nel fare ciò che fa, nello svolgersi dei vari capitoli ogni cosa diventa chiara: vendetta, onore e discendenza sono le tre forze portanti dello spirito di questo, così diverso, Lupin.

Lupin di Netflix è una storia che parla di un padre e di un figlio, che affrontano altri padri ed altri figli nel disperato tentativo di ritagliarsi un posto nella comunità parigina, che si mostra per certi versi chiusa oggi così come nel 1995, anno in cui Assan perde suo padre. Ecco dunque che questa Parte 1 ci mostra le contraddizioni e le parti oscure di una simil nobiltà che apparentemente vuole solo il bene di Parigi. Una specie di Suburra trasposta alla Francia, che però non stona con il leitmotiv di questo prodotto.

Così come Assan ha in qualche modo ereditato da suo padre la passione per il ladro gentiluomo, anche lui cercherà di trasmettere questo ideale a suo figlio Ruben. In ogni caso, i personaggi che muovono i fili principali della storia, lo fanno nell’ombra di una figura più grande: il proprio padre, la propria stirpe.

Lupin non Lupin: una serie dark

Per quanto i vari Lupin che abbiamo visto negli anni in ogni tipo di media siano rappresentati come abili camuffatoriesperti di arti marzialidonnaioli e con uno spiccato senso dell’umorismoAssan rappresenta un punto di distacco da tutto ciò che conosciamo. Magari Maurice Leblanc non avrebbe mai immaginato, tanto per cominciare, di raffigurare il suo Lupin con un personaggio di colore, ma non è nell’aspetto visivo che si deve ricercare la differenza sostanziale tra il moderno ed il classico; al contrario, nonostante le origini senegalesi, Assan riesce ad impersonare perfettamente la figura del più famoso ladro gentiluomo del mondo, anche grazie ad un’ottima prestazione di Omar Sy (dal quale non ci si aspettava di meno).

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Il Lupin moderno trasmette quelle stesse vibes che ha trasmesso, ad esempio, Jeeg Robot d’Acciaio nella pellicola italiana diretta da Marinelli con protagonista Claudio Santamaria. Anche in quel caso l’obiettivo del film era di trasporre una figura leggendaria senza però mostrarne le caratteristiche principali. Sappiamo che Santamaria, nel film, non era certo un robot gigante; allo stesso modo, Omar Sy in Lupin non è quel Lupin che tutti conosciamo, ma ne segue in qualche modo le orme.

Le vibrazioni trasmesse da questa storia richiamano sensazioni contrastanti tra loro. Il pubblico parte dal presupposto di seguire una serie con Lupin, ma si ritrova ad assistere a tutt’altro. Guardando ogni Capitolo consecutivamente, è possibile apprendere particolarità e curiosità sul Lupin classico, ma allo stesso tempo si può osservare come il protagonista riesca a distaccarsene creando qualcosa di totalmente nuovo. “Lupin” altro non è, allora, che un mero soprannome, proprio come Jeeg Robot era un soprannome nell’omonimo lungometraggio.

Ma allora il Lupin di Netflix, cos’è? È una serie su Lupin, interpretata ottimamente da Omar Sy ed incentrata su un figlio che cerca di riscattare la buon anima del padre defunto, seguendone le passioni e gli insegnamenti. Assan ha molto, del classico Lupin, questo è indiscutibile; ma il prodotto che ci viene proposto da Netflix è qualcosa che piano piano si approfondisce andando oltre la semplice trasposizione. Man mano che si prosegue con la serie tutto si fa più dark, a tratti insolitamente violento, ma mai banale o scontato.

Assan è un abile trasformista, un intelligentissimo seguace della via di Lupin, un padre attento, un grande lottatore ed un figlio devoto. Manca lo humour che ci si aspetterebbe da una serie chiamata LUPIN, manca una fam fatale per il nostro ladro gentiluomo ma, nonostante tutto, nulla risulta mai fuori contesto o fuori tema.

Criticità: la polizia è… scema?

Come spesso accade in serie come questa, in cui dei ladri mettono in scena un piano folle per compiere dei furti assurdi, la polizia sembra formata da un branco di completi idioti. Senza entrare nel merito di altre serie targate Netflix, anche questa volta l’azione delle forze dell’ordine non rispecchia affatto la realtà dei fatti. Chiaramente, trattandosi di un prodotto di finzione, bisogna scendere a compromessi e nerfare alcune pedine in gioco per non perdere “la magia” e rendere tutto più credibile. Uno dei pochi difetti di questa serie, però, è proprio questo: la polizia non sembra adeguata ad un compito così difficile come quello di acciuffare Lupin.

Tra le criticità, andando oltre il fattore “polizia”, troviamo anche quelle legate al movente. Questa è una mancanza che si sente solo alle prime battute della serie, c’è da dirlo, ma si sente forte e chiara. Veniamo letteralmente catapultati in una situazione di cui non si riescono a capire i come ed i perché. Questa è una recensione senza spoiler, ma basterà guardare con attenzione i primi 15-20 minuti del primo episodio per comprendere davvero ciò a cui ci riferiamo. In ogni caso, questo movente viene alla luce e si fa sempre più presente, mettendo una grossa pezza al buco enorme che sembrava esserci nella trama alla visione dei primi minuti di tutto il prodotto.

 

Conclusioni: un buon inizio

Lupin di Netflix è un prodotto inaspettato ed originale che riesce a distinguersi dal resto dei prodotti legati al ladro gentiluomo grazie ad una personalità ben costruita e mai banale. Tutta questa Prima Parte trasmette un messaggio importante contro il razzismo, riuscendo nel compito difficilissimo di trattare questa tematica senza mai nominarla realmente. In fin dei conti, è uno dei migliori modi per rappresentare una cosa così subdola.

Dopo un incipit poco chiaro e quasi incomprensibile, Lupin di Netflix approfondisce ogni suo aspetto e si rende estremamente godibile, soprattutto grazie alla durata di ogni Capitolo, in cui si riesce a dire tutto e niente lasciando continuamente lo spettatore col fiato sospeso tra un episodio e l’altro.

I riferimenti cinematografici sono moltissimi e ben studiati; si passa dai giganti come V per Vendetta fino ai tesori nascosti come Jeeg Robot, il tutto splendidamente raccontato nella cornice urbana della bellissima Parigi, capace però di nascondere ombre ben più oscure della notte.

Per essere una Prima Parte, si può affermare che siano state messe le basi per un ottimo prodotto, ma attenzione: tutto ciò che è stato messo sul piatto non è facile da gestire. La sfida è difficile ma, stando a vedere quanto fatto con questi primi cinque episodi, le aspettative non possono che essere alte nei confronti di ciò che verrà.

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MatteoBT, il Pokéuomo

Di giorno Social Media Manager, di notte niente più che il tuo amichevole Pokéuomo di quartiere. Matteo B. Terenzi, latinense classe ‘94, ama le serie, i film ed i manga di ogni genere; ma nulla al mondo aggrada il suo palato quanto parlare dei mostri tascabili e scrivere bio in terza persona.

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