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Epic Games: prima di Fortnite, oltre Fortnite

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Sebbene il nome di Epic Games sia salito alla ribalta solo di recente grazie all’enorme successo di Fortnite, la compagnia di Cary, North Carolina, vanta in realtà una storia lunga quasi tre decadi. Si tratta infatti di un’azienda che ha fatto molto per il mondo del gaming, sia sviluppando alcune dei titoli più celebri di tutti i tempi, sia creando il più diffuso fra i tool di sviluppo oggi a disposizione dei creativi di tutto il mondo. Quello che oggi cercheremo di fare sarà ricostruire la storia di Epic, in modo da comprendere al meglio da dove arrivi il fenomeno Fortnite, provando al contempo a ipotizzare quale potrebbe essere il futuro della società fondata da Tim Sweeney.

Dagli albori ad Unreal

Era il lontano 1991 quando Tim Sweeney fondò la Potomac Compute System, l’embrione di quella che sarebbe diventata Epic Games. I primi anni di attività furono privi di progetti degni di nota e la pubblicazione del primo titolo arrivò solo nel 1996. Il gioco in questione, il semi-sconosciuto Fire Fight, venne pubblicato sotto il nome di Epic MEGA Games. Il vero salto di qualità si ebbe due anni dopo, con la conclusione dello sviluppo di un titolo cardine della storia dei videogames: Unreal. Sarà proprio Unreal a permettere il salto di qualità allo sviluppatore, il quale passerà alla denominazione definitiva di Epic Games e darà il via alla sua lunga storia di interazione e sostegno alla community tramite il contest per modder “Make Something Unreal”.

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I primi anni 2000 e l’approdo su console

I primi anni 2000 furono uno dei momenti più complessi per il mercato videoludico su PC: fra numeri piuttosto bassi e una pirateria dilagante, molti sviluppatori erano preoccupati che il settore fosse destinato scomparire nel giro di pochi anni ed Epic Games era fra questi. Proprio per cercare di espandere le proprie prospettive di business, la compagnia strinse un sodalizio con Microsoft allo scopo di sviluppare un titolo in esclusiva per l’allora neonata XBOX 360. Il gioco in questione verrà intitolato Gears of War (2006) e sarà il capostipite di una delle più celebri di tutta la storia di XBOX.  Proprio i ricavi generati dalla vendita di Gears permetteranno a Tim e i suoi di concentrarsi sul miglioramento del loro motore grafico proprietario, l’Unreal Engine. Questo divenne nel giro di pochi anni il motore più diffuso fra gli sviluppatori di tutto il mondo, in particolare grazie a una malleabilità tale da renderlo adatto pressoché a qualunque genere di titolo.

Tencent Games e il Game as Service

Dopo molti anni passati in “sordina” lavorando ad Unreal Engine, il 2012 segna la svolta per Epic Games. Proprio al 2012 infatti risale l’accordo con la compagnia cinese Tencent Games. Questa compagnia all’epoca era una delle pioniere nel campo dei nascenti games as service e curava il business model di League of Legends. Proprio questo fu il primo passo di un lungo percorso che porterà poi Epic, assieme ad un pizzico di fortuna, all’immenso successo commerciale di Fortnite. Infatti, a partire da questo, accordo Epic arriverà al modello di monetizzazione del “season pass”, il quale farà scuola nell’industria per la sua efficacia nello sfruttare la propensione alla spesa degli utenti.

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Fortnite Battle Royale

Il più famoso dei Battle Royale (a cui abbiamo dedicato ben 2 articoli: uno detrattore ed uno che lo appoggia) venne lanciato come modalità Free to Play di Fortnite il 26 settembre 2017, riscuotendo immediatamente un successo planetario e collaborando al consolidamento del fenomeno degli streamers e di Twitch nel suo complesso. I numeri e le features di Fortnite parlano da soli: oltre 250 milioni di giocatori registrati, cross-play che permette ai giocatori di qualunque piattaforma di confrontarsi con chiunque, disponibilità sui dispositivi mobili. Anche solo da questi pochi dati risulta evidente la penetrazione che il titolo di Epic Games ha avuto nel mercato videoludico, arrivando persino a condizionare le pratiche commerciali di tutti gli altri Games as service e a distruggere il duopolio “Battle-Coddiano” che caratterizzava il mercato degli shooter da diversi anni.

Ma quali caratteristiche hanno permesso a Fornite di sconvolgere fino a questo punto il mercato videoludico? Sostanzialmente il titolo di Epic recupera il concetto di Battle Royale introdotto originariamente da Player Unknown BattleGround ma ne abbatte completamente le barriere d’accesso, sia inerenti la skill minima necessaria, sia inerenti l’investimento tecnologico, dato che il gioco è estremamente leggero su PC, disponibile su console anche senza abbonamenti ai rispettivi servizi on-line e persino utilizzabile da smartphone senza accorgimenti particolari. Un’accessibilità tanto elevata, combinata alla gratuità più totale, hanno portato tantissimi giocatori a “dare una possibilità” al titolo, allargandone in questo modo tantissimo la base installata e permettendo a Epic di mettere le mani sui dati di un numero incredibile di utenti.

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Se si confronta brevemente Fortnite ad un’altro Free to Play estremamente diffuso nel panorama PC, le peculiarità del gioco di Epic emergono in tutta la loro forza. Prendendo infatti come termine di paragone League of Legends, quest’ultimo ha diversi punti in comune con Fortnite, ovvero gratuità e possibilità di essere giocato su PC anche non molto potenti in virtù di una grafica molto minimalista. Chiunque però abbia un minimo d’esperienza con entrambi i titoli presi in considerazione è ben consapevole dell’abisso che li separa in termini di curva d’apprendimento. Se per Fortnite infatti sono sufficienti poche ore per assimilare le meccaniche di base e divertirsi con prestazioni nella media, League of Legend dal canto suo richiede giornate intere di gioco solo per comprendere le meccaniche di base e mesi di pratica continua per cominciarne ad apprezzarne integralmente gli aspetti più avanzati.

Probabilmente Epic, essendo entrata a stretto contatto col MOBA di Riot Games, ne ha individuato con grande lucidità sia i pregi che i difetti, dando vita ad un titolo che avesse tutte le caratteristiche necessarie a fare breccia sul pubblico di massa.

Il futuro di Epic: la guerra contro Steam

Nonostante il successo di Fortnite sia stato davvero enorme, la diminuzione delle percentuali di crescita del loro titolo di punta e infine l’arrivo di Apex Legends hanno scosso gli animi all’interno di Epic, spingendo Tim e i suoi a riflettere su un futuro aziendale che, per forza di cose, si spingesse oltre il loro amato Battle Royale. La compagnia, il cui valore stimato attuale è di circa 15 miliardi di dollari, ha ora, come mai prima nella sua storia, i mezzi economici per imporsi sul mercato videoludico e in particolare nel rinato ambito del PC gaming. Proprio a tale scopo nel luglio del 2018 è arrivato in pompa magna l’Epic Games Store, il marketplace, con annesso launcher, proprietario dell’azienda di Cary che tanto ha fatto discutere nelle ultime settimane. Armati di enormi sacchi di moneta frusciante, i ragazzi di Epic si sono letteralmente gettati a gamba tesa sui polpacci di Steam, oramai atrofizzati da un monopolio ultra decennale. Lo store di Tim Sweeney ha infatti rimescolato violentemente le carte in tavola, proponendo prezzi vantaggiosi per gli acquirenti e percentuali ribassate sui ricavi ottenuti dagli sviluppatori, ulteriormente ridotte nel caso in cui questi si fossero impegnati ad utilizzare l’Unreal Engine per sviluppare i loro prodotti. Si tratta del 15% contro il 30% applicato solitamente da Steam, non certo una percentuale trascurabile. A questo aggiungiamo inoltre la disponibilità di titoli gratuiti mensili, caratteristica totalmente assente sul launcher di Valve e in grado di attirare moltissimi utenti e di mantenerli attivi sulla piattaforma.

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Purtroppo però il cammino di Epic è stato costellato anche da moltissime polemiche in questi ultimi mesi, in particolare attorno a presunti furti di dati sensibili proprio ai danni del rivale di proprietà di Valve e a delle fragilità che esporrebbero a malintenzionati i dati degli utenti dello stesso Epic Games Store. Oltretutto la piattaforma è ancora molto giovane e non offre molti servizi che Steam ha invece introdotto da moltissimo tempo, come a esempio i salvataggi in cloud e le apprezzatissime recensioni degli utenti. La diffidenza dilagante nel confronti di Epic si è trasformata in astio esplicito quando quest’ultima si è accaparrata (li ricordate i sacchi di moneta frusciante vero?) in esclusiva temporale la distribuzione di due titoli amatissimi dalla community: Metro Exodus e Borderlands 3.

Uno store “nemico” degli utenti?

Sicuramente le pratiche messe in atto da Epic negli ultimi tempi sono state molto aggressive e votate a un controllo rigido dei canali di distribuzione dei codici, tagliando completamente fuori i siti di key, una realtà tanto affermata quanto mai del tutto trasparente, accusati più volte di mettere in vendita codici rubati a prezzi stracciati, danneggiando gravemente sia gli sviluppatori che Valve stessa. D’altro canto le politiche di Tim hanno ridotto di molto gli spazi di manovra della community, costringendo gli utenti a manifestare il proprio disappunto per le esclusive temporali attraverso la pratica del “review bombing” su Steam. Non sono quindi mancate le accuse di adoperare metodi “anti utenza” o persino manipolatori. Quello che è certo è che a Epic non basterà il vil denaro per entrare nelle grazie degli utenti della Masterrace, notoriamente esigenti e molto gelosi della loro libertà d’azione. Sarà infatti necessario quantomeno raggiungere un compromesso e magari risolvere in fretta i problemi che affliggono il launcher di Epic, in particolare colmando le lacune della piattaforma in termini di servizi forniti e sicurezza dell’infrastruttura.

Le potenzialità, l’esperienza e i mezzi ci sono; Epic però deve comunque stare attenta a non farsi assalire dagli stessi deliri di onnipotenza che stanno tagliando le gambe di molti sviluppatori contemporanei. Bisognerà invece che cominci ad ascoltare da vicino le richieste degli utenti, in modo da fornire un’esperienza d’uso piacevole e completa, riconquistando al contempo la fiducia dei giocatori.

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Studente magistrale di Cinema a Pavia. Classe 1995, gli ultimi vent'anni passati con un pad in mano. Partito dal Mega Drive, passando per tutte le Playstation, sono approdato da qualche anno anche al PC gaming. Accanito lettore di Tolkien e amante dei manga seinen, mi dedico principalmente allo studio delle nuove forme di partecipazione spettatoriale e di rappresentazione promosse dal gaming moderno. Ah dimenticavo, non sopporto Star Wars

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