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Un viaggio nell’iconografia di FromSoftware: Dark Souls

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Un viaggio nell'iconografia di FromSoftware: Dark Souls 1

Lo scorso anno si è festeggiato il trentennale dalla fondazione della software house attualmente guidata da Hidetaka Miyazaki. Dopo aver debuttato nel 2006 come Game Director di Armored Core 4, il creativo originario di Shizuoka non ha fatto altro che accrescere progressivamente la propria fama fra gli appassionati di videogames, in particolare dal 2009 in avanti. Proprio al 2009 infatti risale la pubblicazione del primo vero titolo di culto della casa: Demon’s Souls.

Dopo un esordio non dei migliori, il gioco ha riscosso un ottimo successo fra i giocatori più hardcore, attestando definitivamente il talento di Miyazaki in qualità di Game Director e stimolando l’interesse di tutta la comunità videoludica per la compagnia nipponica. Quella a cui ci dedicheremo qui non sarà però l’ennesima ricostruzione della storia di FromSoftware o della sua figura più in vista. Si tratterà infatti di un viaggio nell’iconografia di FromSoftware, cercando di individuare i principali nuclei figurativi che hanno ispirato gli artisti del team nel corso degli anni, esaminandone le manifestazioni all’interno dei titoli più noti, lungo un itinerario che ci porterà dall’Europa dell’ IX, all’Inghilterra del XIX, fino al Giappone del XVI sec.

Questo approfondimento verrà diviso in tre parti, ognuna delle quali riguarderà una delle direttrici fondamentali del lavoro di FromSoftware. Nell’episodio di oggi ci dedicheremo prettamente a Demon’s e Dark Souls mentre gli altri due, che usciranno con cadenza settimanale, andremo ad esaminare Bloodborne e Sekiro.

Oscurità, fiamme e architettura italiana

Tutta la prima fase del lavoro creativo originale di FromSoftware è stata caratterizzata da un’adesione pressoché assoluta all’immaginario alto medioevale europeo. Se si esclude infatti la serie di Armored Core, creata appositamente per competere con MechWarrior, e Tenchu, eredità del lavoro della quasi dissolta Acquire, King’s Field diviene il primo di una lunga serie di titoli ambientata in questo genere di universi. Già infatti quest’ultimo, risalente all’ormai lontano 1994, presentava dungeon complessi e tetri, che dovettero molto della loro estetica alle fiabe e ai miti dell’europa centro orientale. Sebbene molti indizi riguardanti quello che sarebbe stato il futuro artistico della casa erano già rintracciabili in quello che fu il suo primo titolo completo, la vera svolta in tal senso arriverà solo 15 anni più tardi, con la pubblicazione di Demon’s Souls.

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Proprio in questo frangente, infatti, gli artisti di From, dietro un input ancora piuttosto vago di Miyazaki, riuscirono ad appropriarsi in maniera compiuta di un immaginario che non faceva certamente della loro cultura di provenienza, creando un universo fatto di grandi castelli in pietra, sotterranei, vecchi monasteri, armi bianche e draghi occidentali. Questi elementi, a loro volta espansi e ulteriormente fissati grazie a riferimenti iconografici ancor più precisi, torneranno in Dark Souls.

Dal punto di vista ambientale Dark Souls recupera a piene mani quanto fatto con Demon’s, inserendo però al contempo anche impulsi figurativi nuovi e permettendoci di individuare alcuni stili ben precisi nell’architettura delle strutture. Andando in “ordine di gameplay” possiamo infatti rintracciare tre correnti architettoniche europee che hanno influenzato prepotentemente le scelte di Miyazaki e del suo team. Partendo infatti dal Borgo dei non morti, questo presenta delle strutture e una configurazione urbanistica molto simile a quelli che sono i borghi tipici della Provenza e in particolare dell’Italia centro-settentrionale aggrappati su colline e strapiombi, risalenti al IX e X sec. Il luogo infatti presenta edifici con mattoni a vista, viuzze molto strette e dislivelli evidenti che tendono a disorientare nel giro di pochi minuti.

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La particolare attenzione rivolta dal Game Director nipponico al nostro paese, da lui stesso più volte confermata in occasione di svariate interviste, non si ferma certo qui e coinvolge la quasi totalità delle ambientazioni di gioco. Proseguendo infatti nella zona della Fortezza di Sen e di Andre, le architetture, in particolare quella della chiesa immediatamente precedente al falò dell’amatissimo fabbro, metteranno in mostra caratteri tipici dell’architettura romanica nostrana. La struttura sul cui tetto andremo ad affrontare i gargoyle infatti presenta infatti una configurazione incredibilmente simile al Duomo di Modena (1099-1319) per il colore, la “Porta Regia” sul fianco destro dell’edificio e il posizionamento del campanile sulla cui cima è collocata la prima campana.

La città degli “dei”: Anor Londo. Fra tutti i luoghi del titolo, questo forse è quello dai riferimenti architettonici più evidenti e immediati. Per ammissione dello stesso Miyazaki, il concepimento di questo complesso, tanto centrale nell’economia del titolo, è passata attraverso un’elaborazione esasperata dei motivi architettonici del più noto degli edifici in stile gotico presenti sul nostro territorio: il Duomo di Milano (1386-1815). Sono infatti il suo candore, le sue guglie, i suoi archi a sesto acuto e in particolare i suoi contrafforti a caratterizzare il luogo dove dovremo affrontare gli echi dei ferocissimi cavalieri di Gwyn e dove ci attende silenziosamente Gwyndolin.

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Ultimo, ma certo non per importanza, arriva l’edificio dove risiede il creatore della Magia del Cristallo, sede degli Archivi del Duca, Seath il Senzascaglie. Se precedentemente si è potuto procedere verso l’individuazione di un singolo edificio realmente esistente come nucleo ispiratore, in questo caso la lo scenario si fa molto più fumoso. L’edificio degli Archivi infatti richiama esternamente forme e volumi tipici della classicità, quali in particolare le cupole semisferiche (Pantheon, 124 D.C.) e sequenze di archi a tutto sesto (Acquedotto Appio, 312 A.C.). Questi elementi cardine però non sono stati recuperati di peso e affiancati. Il lavoro ha portato gli artisti nipponici a sovrapporre tali tessere architettoniche a schematizzazioni tipiche della “Città Ideale” rinascimentale, di cui uno degli esempi più luminosi è costituito dallo Sposalizio della Vergine di Raffaello (1504).

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Se tutti questi dati non bastassero a legittimare un’interpretazione di questo tipo, si prenda in considerazione il carattere dello stesso Seath. Una figura misteriosa, immersa nei propri scritti, studiosa della natura ma appassionata anche delle discipline occulte. Si tratta dunque di un personaggio che arriva a incarnare la figura dell’intellettuale umanista nella sua totalità, persino nella sua posizione di uomo di potere che si muove alle spalle del legittimo Re.

Ali, scaglie, artigli e non

Altro elemento molto ricorrente sono senza dubbio i draghi. Nel costruire il proprio mondo Miyazaki ha infatti recuperato metodicamente quasi tutte le tipologie di lucertoloni leggendari presenti nella mitologia europea. A lungo si è discusso all’interno della community di appassionati dell’arcinota distinzione fra Draghi e Viverne, senza però arrivare ad un’individuazione certa delle creature mitologiche a cui il Game Director di Shizuoka si sia originariamente ispirato. Questo però è un passo fondamentale per la ricostruzione del percorso creativo che ha portato alla creazione di un titolo tanto amato dai videogiocatori di tutto il mondo, in modo da comprendere al meglio anche i passi successivi dell’avventura creativa della compagnia.

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I Serpenti Primordiali Frampt e Kaathe , i draghi imperfetti della mitologia di Dark Souls, sono recuperati molto probabilmente dall’Anfesibena, drago bicefalo privo sia di ali che di zampe, nato dalla testa di Gorgone dopo che quest’ultima venne decapitata da Perseo. Molto interessante che il nome, di derivazione greca, significhi letteralmente “che va in due direzioni”, con evidente vicinanza all’opposto atteggiamento che i due terranno nei confronti del non morto prescelto nel corso della sua avventura.

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Altre due tipologie di draghi, generalmente sottovalutate dai videogiocatori nel corso delle loro scorribande a Lordran e dintorni, sono l’idra e la salamandra. Per quanto lontane anni-luce l’una dall’altra per dimensioni e pericolosità, rientrano entrambe a pieno titolo nella famiglia dei draghi. L’idra è originariamente presente nel mito di Eracle e si caratterizza per l’elevato numero di teste, la preferenza per la vita anfibia e l’indole malvagia molto accentuata. La salamandra, almeno nella sua accezione mitologica, è rintracciabile in una moltitudine di saghe popolari e tradizioni alchemiche, sempre associata al fuoco e dotata addirittura della capacità di nidificare fra le fiamme. Era persino in grado di avvelenare interi raccolti con la propria saliva tossica.

Ispirazione e rielaborazione

Molto si è discusso attorno a Demon’s e Dark Souls. Giochi magnifici, complessi, da vivere con metodo e conoscere passo passo. Gran parte del loro fascino risiede certamente nelle atmosfere in cui essi sono in grado di immergere il giocatore e nella loro capacità di rendere così potenti e presenti delle ambientazioni di cui diviene facile riconoscere la gloria passata e piangere la rovina attuale. Fondamentale è approfondire le derivazioni culturali dei videogames, specialmente di quelli che alle spalle hanno una personalità “ingombrante” come quella di Miyazaki. Il videogame, in quanto ultimo arrivato fra i media, ha alle spalle tutta la tradizione narrativa e figurativa precedente.

Esso possiede quindi la facoltà e le capacità per essere la summa di tutto quanto prodotto dagli artisti fino a oggi, dovendo però fare sempre i conti con quanto già esistente e senza mai innalzarsi a inventore di alcunché. Questo approfondimento ha infatti proprio l’obbiettivo di rendere evidente il lavoro di derivazione e rielaborazione necessaria alla creazione di un titolo contemporaneo, avvalorando dunque il diritto del medium videoludico di sedersi a tavola con le altre arti e di nutrirsi dell’immaginazione dei creativi di tutto il globo.

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Studente magistrale di Cinema a Pavia. Classe 1995, gli ultimi vent'anni passati con un pad in mano. Partito dal Mega Drive, passando per tutte le Playstation, sono approdato da qualche anno anche al PC gaming. Accanito lettore di Tolkien e amante dei manga seinen, mi dedico principalmente allo studio delle nuove forme di partecipazione spettatoriale e di rappresentazione promosse dal gaming moderno. Ah dimenticavo, non sopporto Star Wars

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