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Perché Captain America: Brave New World sta fallendo

Pubblicato

1 giorno fa

25 Marzo 2025

L’uscita in sala del nuovo film del Marvel Cinematic Universe, Captain America Brave New World, non è certo tra le più rosee.

Malgrado si stia tiepidamente difendendo al box office, la nuova avventura di Falcon (Anthony Mackie) divenuto il nuovo Captain America dopo gli eventi di Avengers: Endgame ha ricevuto recensioni abbastanza fredde da parte della critica, debuttando con punteggio negativo su siti come Metacritic e Rotten Tomatoes, evento abbastanza raro ma che ultimamente si sta ripetendo più di una volta dopo l’inizio della Fase 4 e 5.

Dopo aver visto il film, possiamo dire che non è così disastroso come alcuni lo dipingono. Tuttavia, è innegabile che presenti problemi evidenti, riflesso di un genere che sta progressivamente perdendo rilevanza. Andiamo quindi a vedere il perché nella nostra analisi.

Captain America: Brave New World | Trailer Finale | Dal 12 Febbraio al Cinema

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Un prodotto raffazzonato e senza un’identità

Prima di tutto, tecnicamente parlando, è evidente che per la produzione di questo film sono stati girati vari reshoots facilmente riconoscibili anche a chi non ha un occhio allenato. Tale aspetto può risultare parecchio fastidioso, facendo rendere conto facilmente allo spettatore che quello che si sta guardando è un patchwork di riprese aggiuntive e scartate senza uno sviluppo organico, ma questo è solo uno dei problemi minori.

Sebbene infatti sia a tutti gli effetti un film di Captain America, il paragone con la prima trilogia risulta impietoso. Nei lungometraggi precedenti con protagonista Steve Rogers mostravano effettivamente passione per il prodotto, una storia che gli sceneggiatori e i registi volevano raccontare e una struttura narrativa che definisce il personaggio profondamente e con coerenza, forse più di tutta la pletora di personaggi del MCU.

Captain America Brave New World invece sembra essere un prodotto fatto quasi forzatamente per tenere vivo il brand, senza un effettivo scopo o qualcosa che porti a sviluppi narrativi interessanti, risultando un compitino che però non riesce a trasmettere qualcosa. Un blandissimo film di supereroi come ce ne sono stati a centinaia prima di lui.

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Paura di essere politico

Dispiace sopratutto per Anthony Mackie, il quale poteva avere tutte le possibilità di brillare portando il suo Captain America ad esplorare temi mai affrontati sul grande schermo per questo personaggio, considerando l’eredità culturale e politica che si porta dietro nel poter rappresentare per la prima volta sul grande schermo un Captain America di colore. Un concetto a malapena accennato nella serie prequel The Falcon and The Winter Soldier, quasi come se si avesse paura di essere temerari o politici.

Il mondo sta subendo tuttavia un susseguirsi di trasformazioni e cambiamenti sociali, in particolare con il ritorno di una corrente politica più conservatrice, evidente soprattutto in America con la vittoria di Donald Trump, e quindi pare assurdo che un film con Captain America si rifiuti di essere neanche lontanamente politico, in particolare quando, ironia della sorte, l’antagonista del film è un mostro celato nello studio ovale della Casa Bianca.

Il Captain America di Steve Rogers ha sempre agito secondo i propri ideali, anche sfidando il governo quando necessario, mentre invece in Captain America: Brave New World Sam Wilson fa sempre la figura del buon soldatino, tanto che non sembra neanche un supereroe ma un super Marine a stelle e strisce, senza nessuna agency se non quella di obbedire agli ordini e fare quello che gli si dice, cosa che in qualche modo permette alla trama di muoversi.

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Più un sequel di Hulk che di Cap

E forse proprio la mancanza dei tratti caratteristici dei film precedenti di Captain America che questo film sembra, a tutti gli effetti, più un sequel spirituale dell’Incredibile Hulk del 2009, visto e considerando quanti personaggi introdotti in quel film tornano a essere rilevanti, come il generale Thaddeus “Thunderbolt” Ross (qui interpretato da Harrison Ford al posto del compianto William Hurt), Betty Ross (Liv Tyler) e il Capo (Tim Blake Nelson) che fanno sentire il nuovo Cap quasi un estraneo nella sua stessa storia.

Il problema principale non è tanto l’essere quasi un sequel indiretto di Hulk invece che di Captain America, bensì l’aver svelato fin dal subito quello che doveva essere il più grande mistero della pellicola su cui verte la trama del film, ovvero che il generale Ross si può trasformare in un Hulk.

Forse perché si temeva, per l’ennesima volta, che Sam Wilson avesse troppo poco appeal tra il pubblico, il team di marketing non si è trattenuto nel pubblicizzare dappertutto la presenza di Red Hulk, arrivando perfino a metterlo nello stesso poster ufficiale del film.

Va bene cercare di creare hype, ma il problema è che, narrativamente parlando, questo doveva essere il colpo di scena su cui girava l’intera trama, e sinceramente, se l’avessero tenuto nascosto o quantomeno lasciato intendere nei trailer, il film ne avrebbe guadagnato in impatto e coinvolgimento.

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Superhero fatigue e mancanza di idee

Sono quindi la mancanza di carisma di un protagonista che fallisce ad uscire dall’ombra del suo predecessore e la poca fede degli Studios verso il prodotto ad aver affossato un film che, tutto sommato, avrebbe potuto avere qualcosa da dire, ma che per far fronte a eventuali rischi economici e critiche di una fantomatica parte di pubblico che vuole evitare la “propaganda woke“, risulta semplicemente insipido.

Si è spesso parlato di “superhero fatigue”, non perché ci sono effettivamente troppi film di supereroi, ma perché il pubblico si sta stufando di vedere la solita e dimenticabile minestra riscaldata, fenomeno di cui Captain America: Brave New World ne è emblema.

I Marvel Studios sembrano aver perso lo stupore e la meraviglia da cui il loro stesso nome deriva. Forse i prossimi film riusciranno a invertire la rotta, ma una cosa è certa: il pubblico non accetterà ancora a lungo la stessa formula riproposta all’infinito.

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Carlos Tamila

Giornalista freelance e articolista a tempo perso, penso che anche i film, fumetti e videogiochi hanno qualcosa da raccontare se si scava un pò più in fondo e non ci si ferma alla semplice copertina.