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The Boys – Un fumetto Super senza Eroi

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the boys fumetto

The Boys

7.9

SCENEGGIATURA

8.4/10

DISEGNI

7.4/10

CURA EDITORIALE

7.9/10

Pros

  • Il Garth Ennis più cattivo di sempre
  • Personaggi memorabili
  • Trama complessa e stratificata
  • Una dose infinita di violenza, sesso e follia

Cons

  • Uso a volte eccessivo di monologhi riepilogativi
  • Comparto grafico discontinuo e non sempre all'altezza

Per parlare di The Boys bisogna fare un passo indietro.

Siamo nella seconda metà del 2006. All’epoca Garth Ennis, sceneggiatore di fumetti irlandese noto per le sue storie scorrette, prosaiche e cruente, era sulla cresta dell’onda grazie al sua celeberrima run su The Punisher, talmente eccessiva nei toni che la Marvel Comics dovette includerlo in una linea per adulti creata appositamente, la MAX Comics (che oggi, purtroppo, non esiste più).

Mentre Frank Castle si occupava dei mafiosi di New York a colpi di fucile e occhiatacce, Ennis buttava giù le basi per quello che sarebbe stato il suo ultimo, grande capolavoro; una serie su cinque agenti della CIA con il preciso compito di tenere a bada i Super (senza eroi), che con i loro superpoteri fanno il bello e il cattivo tempo, dandosi alle più turpi violenze (sessuali e non), distruggendo palazzi per divertimento e partecipando a missioni clandestine per conto della multinazionale che li ha creati, la Vought-American, creatrice del composto V, che nell’universo dei Boys è l’unica vera genesi di qualsiasi meta-umano.

Il primo ciclo venne pubblicato dalla Wildstorm di Jim Lee, all’epoca già parte della DC Comics, per  poi passare definitivamente alla Dynamite Entertainment. E vedendo l’andamento della serie era facile capire il perché di questo cambio d’editore. La serie infatti poggia le basi sul disincanto.

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The Boys e la distruzione del mito del supereroe

In The Boys Ennis distrugge a picconate quella che è l’iconografia del supereroe. Non più fonte di speranza e salvezza, ma vera e propria piaga dell’umanità.

Non esiste la magia e non ci sono razze aliene superiori che conferiscono poteri straordinari ai puri di cuore, ma solo la cruda e malvagia scienza patrocinata da multinazionali senza scrupoli che si serve di individui quanto più repellenti possibile per raggiungere il potere politico.

E non pensiate che i Boys siano i buoni. Questi cinque disperati sono stati reclutati in quanto vittime (per i più svariati motivi) della follia dei super.

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Il loro scopo, la loro forza, è il sentimento di vendetta e di odio nei confronti di quelli che sono degli abomini. La pietà non è minimamente contemplata, neanche per i bambini o per gli innocenti. Per i Boys – in particolare per il loro leader, Billy Butcher – se sei un Super, devi morire. A rimarcare il concetto c’è il capo della loro divisione: una donna in carriera cinica e frustrata il cui unico scopo è scalare le pareti della società a discapito dei suoi doveri.

Ma come ci ha insegnato Marvels di Kurt Busiek e Alex Ross (che potete recuperare qui) è altrettanto interessante conoscere l’approccio delle persone comuni al “problema Super”, essendo loro i diretti interessati della loro presenza.

Quindi, come vedono i normali cittadini questi esseri abietti, rivoltanti e paurosamente potenti? La risposta è: li amano.

Questo perché la Vought-American – così come molte altre multinazionali nel mondo reale – si serve di apparati pubblicitari e di agenti di pulizia per occultare i crimini e le perversioni dei loro burattini, dei quali conoscono perfettamente la pericolosità e le debolezze, sfruttandole per tenerli al guinzaglio.

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Critica feroce, quella di Ennis, come già aveva osato fare. Lui che ha messo alla berlina i dogmi della chiesa cattolica in Preacher. Lui che ha denunciato la follia della guerra. Lui che non perde occasione per sviscerare la corruzione degli organi governativi e di polizia.

Lo scrittore in The Boys non risparmia veramente nessuno, dando fondo a tutto il suo repertorio per scrivere la sua storia più amara e cinica. Proverete tanta empatia nei confronti dei protagonisti, di ciascuno di loro, ma anche delle decine di personaggi secondari meravigliosamente iconici, alcuni dei quali rimandano grottescamente alla genuina semplicità dei supereroi classici, puntualmente sfottuta da Ennis in molte delle sue opere più celebri.

Ognuno di loro ha un passato da raccontare, fatto di nostalgia e delusioni, pronto a scontrarsi con il muro impenetrabile di un presente troppo complesso per loro.

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Anche le loro meravigliose caratterizzazioni altro non sono che un pretesto per gettare ancora più veleno su coloro che gli hanno rovinato la vita. La mafia russa che va a braccetto con il governo per importare i Super clandestinamente; la politica della Thatcher che ha portato migliaia di lavoratori alla miseria e altrettanti soldati a morire inutilmente nelle Falkland; l’idiozia dell’elettorato americano, sempre pronto a farsi ingannare per innalzare l’incapacità in nome di un presunto patriottismo (la sottotrama di Vic il vice saprà spiegarvi benissimo l’ascesa di Donald Trump).

Eppure anche Ennis sa essere romantico quando vuole.

In The Boys il suo amore per la vita semplice, per i casi umani brutti fuori ma teneri dentro che sanno cos’è la sofferenza e non vogliono che altri la patiscano, offre spunti di commozione più che genuini.

Nel ciclo di storie Il ragazzo delle Highlands assistiamo all’evoluzione di Hughie, passato dalla semplice realtà rurale della Scozia a quella complessa e terrificante di New York. Sarà straziante assistere alla sua incapacità di riconoscersi nelle proprie radici, da lui ripudiate perché ormai corrotto dalla grande città, salvo poi riuscire a ritrovare sé stesso e un buon motivo per andare avanti verso una nuova strada.

Per Garth Ennis anche la pietà ha un valore quanto mai assoluto. Nel finale del ciclo Gli innocenti ne avremo l’esempio più lampante; forse l’unico, vero atto di eroismo che vedremo all’interno della serie. Un ultimo patetico tentativo di preservare quella scintilla nel mare di oscurità che è il mondo dei Super di The Boys.

Fin qui vi sarete fatti l’idea che The Boys sia di una pesantezza assoluta. E invece no. Il divertimento grottesco – altro marchio di fabbrica di Ennis del quale si era parlato in questo video – è preponderante come non mai. La soddisfazione di vedere personaggi così luridi ottenere quello che meritano nei modi più creativamente brutali ed esilaranti possibile non ha prezzo. Forse è per questo che la maggior parte dei personaggi sono così estremi: per aumentare la nostra voglia di vederli macellati come meritano.

A onor del vero, c’è da dire che più si va avanti e più lo humor nero lascia spazio all’atroce amarezza. Il taglio netto avviene verso la seconda parte della serie, proprio con il ciclo Gli Innocenti, pur non venendo mai totalmente meno.

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Ovviamente, lo humor viene canalizzato anche e soprattutto nella rappresentazione distorta di tutti gli stereotipi tipici dei fumetti di supereroi, qui utilizzati dallo scrittore per denigrarne i lettori ed elogiarne invece gli autori, costretti a sottostare a rigide regole imposte dalle aziende che ne detengono i diritti, non potendo quindi parlarne male in alcun modo.

Garth Ennis spiega, attraverso The Boys, il motivo per cui non potrà mai scrivere una storia di Superman come vorrebbe lui e perché i personaggi Marvel, DC e Bonelli non potranno mai davvero cambiare. Ma come tutti i bravi criticoni conosce benissimo la materia che denigra, infatti le citazioni e i riferimenti alla cultura dei comics sono infiniti e solo i veri appassionati sapranno coglierli tutti.

E’ necessaria una cultura fumettistica anche per comprendere la storia in quanto tale? No, ma vi perderete gran parte del divertimento.

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Per quanto riguarda il lato tecnico, abbiamo di fronte una scrittura talmente pregna da risultare quasi logorroica. Si vede che Ennis aveva in mente The Boys da un sacco di tempo, e voleva assolutamente sputare fuori tutte le sentenze che aveva risparmiato in anni e anni di opere controverse.

I balloon sono sempre ricchissimi e non sempre la lettura risulterà pienamente scorrevole, nonostante i testi dell’irlandese risultino comunque frizzanti e mai banali. Gli spiegoni non mancano, questo è certo, ma l’interesse per la trama riuscirà a superare il flusso di coscienza del suo tessitore. Se anzi amate i retroscena politici, non troverete alcuna difficoltà.

Ora però è necessario elencare le note davvero dolenti. Quelle che hanno impedito a The Boys di essere un 8,9 totale (vedi questo video per la mia scala di valutazione). Non parliamo di difetti legati alla scrittura, sempre brillante grazie ai continui colpi di scena, le caratterizzazioni fantastiche dei personaggi e la continua evoluzione dei toni e della vicenda stessa. Parliamo, invece, di un elemento volutamente ignorato finora: i disegni.

E che problema potrà mai avere la parte grafica per svalutare una tale magnum opus? Per i primi numeri, disegnati dal co-creatore della serie Darick Robertson – con cui Garth Ennis aveva già realizzato quel gioiello che risponde al nome di The Punisher: Born – quasi nessuno. Robertson risulta infatti perfetto per questo tipo di storie, grazie alle sue fisionomie massicce e alla costruzione di volti caricaturali e iper-espressivi in grado di darci immediatamente l’idea del carattere dei vari personaggi al primo sguardo.

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Non è esattamente un disegnatore “virtuoso”. Spesso tende ad esagerare le fisionomie più del necessario, cadendo così nell’errore, ma è innegabile che l’apporto del disegnatore di Transmetropolitan abbia conferito ulteriore smalto alla serie, distinguendola da tutte le altre produzioni dell’epoca.

La sinergia con Garth Ennis, favorita da un’amicizia personale, ha però contemporaneamente portato al più grande problema di The Boys.

Ennis e la Dynamite permisero infatti a Robertson di lasciare The Boys per dedicarsi anche ad altri progetti. Ne rimarrà comunque il copertinista ufficiale, tornando occasionalmente a disegnare altri numeri e la miniserie spin-off Butcher, baker, candlestick maker dedicata al passato del leader dei Boys. Si rese quindi necessario trovare dei sostituti, e la scelta ricadde su John McCrea e Russ Braun.

McCrea è uno dei fedelissimi di Ennis, nonché suo amico di lunga data (in poche parole, un raccomandato) con il quale ha realizzato fumetti come The Demon e il meraviglioso Hitman

Il motivo per cui McCrea sia stato definito un raccomandato in questa sede, mentre Robertson no, è presto detto: McCrea non sa disegnare. O meglio, non sapeva disegnare ai tempi di The Boys. Oggi è migliorato.

Questa affermazione lapidaria è giustificata già guardando alle due opere sopracitate. McCrea manca di qualsiasi capacità che renda un disegnatore quantomeno guardabile. Non è capace di disegnare i volti. Non sa rendere la prospettiva. Non sa inchiostrare. Non sa dare volume ai corpi. Non sa rendere le espressioni facciali. Non conosce l’anatomia. Niente di niente.

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Non essendo quindi capace di disegnare, non è neanche in grado di dare spazio ai balloon pregni di testo di Ennis, i quali risultano essere ancora più pesanti.

Il lettore troverà difficile stare dietro a quella mole d’informazioni mal incorniciate, ritrovandosi a dover rileggere più volte le vignette, spesso perché non capirà quale personaggio le stia rivelando, dato che McCrea non è per nulla in grado di distinguerli.

Russ Braun invece è stato piuttosto bravo. Non ai livelli di Robertson, del quale ricorda abbastanza il tratto, ma ha saputo mantenere una certa continuità e il suo stile riesce a distinguersi nonostante l’eccessiva plasticità di pose e espressioni. Un buon lavoro senza infamia e con qualche lode (alcune espressioni di Butcher disegnate da lui sapranno suscitare una buona dose d’ilarità).

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The Boys ha goduto anche della partecipazione dello scomparso Carlos Ezquerra, storico disegnatore di 2000 AD, nonché co-creatore del personaggio di Judge Dredd. Lo spagnolo ha realizzato bei numeri ricchi di violenza ed impatto visivo piacevolissimi da leggere. Così come Peter Snejbjerg, che già aveva collaborato con Ennis su Hellblazer, dal tratto più misurato e i cui volti lasciano un po’ perplessi.

The Boys è sicuramente una serie cult, un’opera mastodontica rovinata parzialmente da un comparto artistico non sempre all’altezza e dalla troppa voglia del suo demiurgo di infamare chi se lo merita. E’ il lavoro di una vita, e come tale forse andrebbe letto solo se si conosce bene il suo scrittore e la base culturale su cui poggia: il ribaltamento di un archetipo dell’era moderna (il supereroe) per mettere a nudo gli orrori e le ipocrisie della contemporaneità.

Dovendo tenere conto anche dei suoi non trascurabili difetti, The Boys si aggiudica il voto di: 7,9 (chi segue il mio canale YouTube sa che questo per me è un voto altissimo). Sicuramente questo rientra a pieno titolo nei fumetti da leggere almeno una volta nella vita.

Per chi volesse recuperare l’intera serie (attualmente in corso di ristampa ad opera di Panini Comics) potrà farlo attraverso i link sottostanti:

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Cercò per lungo tempo il proprio linguaggio ideale, trovandolo infine nei libri e nei fumetti. Cominciò quindi a leggerli e studiarli avidamente, per poi parlarne sul web. Nonostante tutto, è ancora molto legato agli amici "Cinema" e "Serie TV", che continua a vedere sporadicamente.

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