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Fallout 76: passato, presente e futuro di un disastro disatteso

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La guerra, la guerra non cambia mai

Ogni titolo ha una storia, quella di Fallout è di un brand leggendario, solo di nicchia inizialmente prima del 2000, poi fenomeno di massa e pietra miliare del mondo videoludico dell’ultimo decennio, dopo. Tuttavia non tutto riesce come sempre si spera.

Di certo la serie Fallout nel corso degli anni non ha avuto vita facile; solo dopo l’acquisizione del brand da parte di Bethesda la serie ha visto il successo che meritava, ma sin dagli albori non ha vissuto periodi particolarmente tranquilli. La grande validità del brand ha portato spesso a rischiare sperimentando e anche oggi continua a farlo.

Pensare quindi alla serie come un prodotto unilaterale, in cui sperimentare possa snaturarne l’identità, è un pensiero comune eppure tanto sbagliato, perché nel corso della sua storia il brand ha saputo dimostrare di poter essere estremamente poliedrico e versatile, mutando nella forma ma mantenendo intatta la sua essenza. Quindi arrivare a pensare di sfruttare il brand in più generi non è assurdo, solo a patto che si riesca a sviluppare un prodotto di qualità.

Questa “qualità”  non è stata di certo una priorità nello sviluppo di Fallout 76, il capitolo più controverso della serie dopo l’acquisizione di Bethesda, che durante il precedente anno ha fatto parlare (e continua ancora adesso) di sé per le sue enormi problematiche, scelte discutibili e immancabili bug caratteristici della compagnia. Eppure qualcosa sembra voler cambiare, in un ultimo disperato tentativo di redimersi, e quindi vorremmo riflettere proprio su quello che il gioco è stato, è tutt’ora e sarà in futuro.

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Il fallout di Bethesda: un lancio davvero disastroso

Fallout 76 non partì nei migliori dei modi durante la sua presentazione all’E3, e le diverse rivelazioni fumose con l’intento di nascondere evidenti mancanze e probabili delusioni, minarono gravemente il lancio del titolo, cosa che ingannò molti giocatori. Il gioco così faticò a prendere consensi al suo rilascio, e attraverso diverse cadute di stile legate al marketing in generale, perse pure parte della credibilità il team insieme al prodotto stesso, sollevando un polverone mediatico alle volte al limite del ridicolo, con eventi esagerati e ogni occasione buona per lamentarsene.

Le premesse del gioco partivano quindi sulla base di un game as service rotto, promettendo un supporto costante e duraturo nel tempo che probabilmente avrebbe incontrato non poche difficoltà. Tutti i titoli di questo genere sono infatti accomunati da una struttura di base il quanto più solida possibile, ed essendo progettati per durare più a lungo di un ciclo di vita normale di un gioco, si tende a spendere molto più tempo per creare una struttura solida e versatile. Ma Fallout 76 sembrava non esserne stato in grado, peccando in oltre sul punto cardine di questi giochi, ovvero la sua struttura online.

Tutto nel gioco era instabile, e al tempo lo stato di Fallout 76 era al pari di un titolo in accesso anticipato su Steam, ma venduto a prezzo pieno e con una forte assenza di contenuti, un vero disastro che appariva come un corpo senza vita, ma a dirla tutta con un anima.

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Tuttavia seppur appariva a molti come un inganno e senza una reale ragione di esistere, la regione dell’Appalachia era (e ancora oggi lo è) a tutti gli effetti la mappa più interessante tra tutti i Fallout, variegata e ricca di storie, priva di personaggi di spicco come gli altri capitoli, ma con un folclore affascinante in grado di riproporre le creature mitologiche del luogo e rendendoli reali. La lore che la caratterizza era affascinante, cosa che catturò molti fan, ma solo quei pochi che riuscirono ad andare oltre i problemi e trovare del buono oltre al marcio.

Insomma non tutto era da buttare, il potenziale dell’ambientazione sin da subito era molto, e nonostante i grossi problemi avuti al lancio, Bethesda promise che non avrebbe mai realmente abbandonato il più sfortunato dei Fallout. continuando come promesso ad aggiornarlo nei mesi successivi, con contenuti e stagioni dedicate oltre a un supporto a nostro favore, interamente gratuito per aggiustare quel grande errore commesso.

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Cosa abbiamo adesso nel Vault

Il grande odio esploso all’inizio si è infatti pian piano affievolito, regalando un ambiente più “tranquillo” rispetto all’isteria collettiva vissuta nei primi mesi dall’uscita.

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Dopo un inizio non proprio esaltante, Fallout 76 è infatti sopravvissuto contro ogni aspettativa, la suo piccola community è rimasta a dire il vero attiva con i grandi fan ancora molto presenti sui server. Gli sviluppatori nel corso dei mesi poi sono stati in grado di mantenerlo aggiornato come promesso, e arricchirlo con nuovi contenuti e modalità durante delle stagioni a tema.

La prima delle tre stagioni promesse, che ha frammentato il primo periodo di supporto del gioco, è stata Wild Appalachia: una prima stagione che ha portato tutta una serie di nuove quest, eventi sparsi per la mappa e un sacco di oggetti estetici acquistabili allo shop. È stata così una stagione di esordio che è servita più a colmare la grande assenza di contenuti vista al lancio che non ampliarla.

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Lasciatoci alle spalle quel periodo abbiamo visto in estate l’ancora attuale stagione di Nuclear Winter, che come l’inverno è stato un lungo periodo di transizione, servito alla Team di sviluppo per sistemare diversi problemi ancora presenti sul titolo, ma che hanno preparato il terreno per il prossimo aggiornamento gratuito. L’aggiunta della modalità battle royale ha poi donato un’interessante esperienza competitiva PvP che serviva al titolo.

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A conti fatti questi mesi sono serviti agli sviluppatori per prendersi il loro tempo e sistemare i problemi più gravi in vista di uno stravolgimento. Possiamo definirlo un lungo periodo di riflessione, servito per fare ammenda e preparare le cose in vista del futuro, in un gioco che ad oggi ha cambiato completamente strategia, cercando anche a tutti i costi di salvarsi dal baratro e arrivando a contraddirsi. Quelle che furono molte delle promesse iniziali sono state in parte mantenute e altre cambiate per fronteggiare la probabile mancanza di fondi, a un progetto che ne necessita più che mai per rinascere.

Definirlo nello stato attuale un buon gioco sarebbe un azzardo, ma sicuramente è meno peggio di come molti giocatori l’avevano lasciato al lancio, quello che gli serve è un cambiamento radicale e tutto sembra puntare verso quella direzione.

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Wastelanders: un lontano miraggio?

Quello che sarà il futuro di Fallout 76, verrà scritto con il rilascio di Wastelanders, e Bethesda si giocherà la rinascita o il completo fallimento di questo esperimento. L’aggiornamento quindi porterà con se quello che secondo molti doveva essere sin dall’inizio un Fallout multigiocatore, con tutte le interazioni nei dialoghi del caso, un sistema a fazioni più marcato e delle scelte che possano realmente mutare la nostra esperienza rispetto agli altri giocatori, oltre all’arrivo degli NPC umani per la gioia di molti.

Questo aggiornamento dovrà salvare il titolo, e il fardello che grava sulle sue spalle è veramente grosso, perché la sua riuscita determinerà tutto il futuro di questo gioco.

Seppur molto scettici, ci sono stati diversi titoli nel corso degli anni, che dopo un disastroso lancio sono riusciti a riprendersi. Un esempio in casa Bethesda è stato per loro un altro gioco online, appartenente ad una saga storica per la compagnia, quel The Elder Scrols Online che sicuramente non fece un disastro alla pari di Fallout 76, e che però seppe al tempo riprendere terreno e rimanere molto giocato ancora oggi nel 2020. Altri esempi, uscendo dal panorama, sono Final Fantasy XIV o il più recente No Man’s Sky, che rientrano comunque nella categoria dei Game as a Service.

Se il nuovo aggiornamento dovesse fallire, per il titolo non ci sarà più molto da fare. Non solo non avranno più la possibilità di riprovarci, ma dovranno completamente abbandonare un progetto in perdita che non aiuterà l’immagine del brand, e sarà quella piccola nota rossa da dimenticare e farsi perdonare in un nuovo capitolo. Tuttavia se dovesse sopravvivere alla lunga tempesta che sta vivendo, il titolo assumerà una forma più concreta dandosi una ragion di esistere, dove nel suo passato quello che era conterà poco e il suo futuro sarà più luminoso.

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Quello che la community meriterebbe poi, sarebbe più ascolto. Tutte le persone che nei mesi hanno dato il loro supporto investendo sul titolo, meritano di continuare a divertirsi, di partecipare attivamente nel dare opinioni per far sì che non accada più.

Così lì dove prima vi era un grande vuoto, il 7 Aprile Wastelanders cercherà colmarlo definitivamente e scopriremo cosa il futuro potrà riservargli ancora dopo. Se gli sforzi avranno avuto successo, a noi non resta che restare a guardare, o meglio, giocare, per constatare da soli se questo Fallout 76 meriti una seconda possibilità, all’insegna di un futuro più promettente.

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Fan di Star Wars sin dalla culla, grande amante dei Cinecomics e videogiochi, nello specifico grandi saghe come Mass Effect e Fallout, un bingewatcher professionista.
Datemi poi uno di questi argomenti, e potrei non smettere più di parlare.

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