Approfondimenti

Star Wars: la storia e futuro del franchise nel medium videoludico – Parte 1

Star Wars, un nome importante.

Visti gli annunci incredibili arrivati nel corso dell’ultimo anno, quest’oggi, come intuibile dal titolo di questo approfondimento, siamo qui per parlare del futuro di Guerre Stellari (si, sono abbastanza vecchio per ricordarmi cose come Guerre Stellari, le guerre dei Quoti o che Han ha sparato per primo) all’interno del medium videoludico. Prima di andare ad analizzare quello che ci aspetta però vorrei ripercorrere “brevemente” quella che è stata la storia di Star Wars e di Lucas nei videogames, della trasformazione da LucasFilm Games a LucasArts, dei vari passaggi di proprietà e di un franchise che nel corso degli anni ha regalato ai videogiocatori alcune opere incredibili e, ahimè, anche alcune delusioni cocenti.

Proverò a non dilungarmi troppo nel raccontare i 40 anni di fatti che hanno portato alla situazione odierna concentrandomi sui videogames. Ovviamente se si parla di Star Wars non si può non accennare ai film, alle serie tv e a tutto l’universo espanso creato attorno all’opera di Lucas.

Tanto tempo fa, in una galassia lontana lontana, c’era una software house conosciuta con il nome di LucasFilm Games. Fondata dal visionario George Lucas questa casa riuscì in poco tempo a conquistare uno spazio di rilevanza all’interno dell’industria videoludica grazie a pietre miliari come la serie dei Monkey Island e l’indimenticabile Grim Fandango.

1982: gli inizi e la collaborazione con Atari.

Fondata inizialmente nel 1979 con il nome di Games Group all’interno della LucasFilm Computer Division, a seguito della volontà di George Lucas di espandere la sua compagnia in altri settori dell’intrattenimento, ben presto la neonata software house inizia a collaborare con Atari che accetta di supportarne ogni esperimento in campo videoludico ed infine, nel maggio del 1982, nasce a tutti gli effetti la LucasFilm Games. Alla guida della neonata compagnia viene posto provvisoriamente il programmatore Peter Langstone mentre per il team di sviluppo vengono assunti David Fox e David Levine. 

Star Wars: The Empire Strikes Back (1982)

Il 1982 segna ufficialmente l’inizio del rapporto tra il franchise di  Star Wars e il medium videoludico grazie a Star Wars: The Empire Strikes Back per Atari 2600. Sviluppato e pubblicato dall’azienda Parker Brothers il titolo pone il giocatore al controllo di un pilota della ribellione e del suo snowspeeder durante l’assalto delle forze imperiali alla base ribelle sul pianeta di Hoth con l’obbiettivo di abbattere gli AT-AT prima che questi distruggano il generatore di scudi della Base Echo.

I livelli di difficoltà includono alcune variabili come ad esempio la velocità iniziale dei camminatori, malgrado la loro velocità di avanzamento aumenti con lo scorrere del tempo è possibile che questi ultimi incomincino a “correre” sin da subito, oppure la presenza o meno di una carica intelligente capace di distruggere lo snowspeeder del giocatore con un singolo colpo.

È presente anche una meccanica legata alla riparazione dello snowspeeder che permette al giocatore di atterrare momentaneamente per effettuare le riparazioni e continuare così la partita fino all’inevitabile fallimento. Star Wars: The Empire Strikes Back segue infatti la filosofia dei titoli Atari del momento e le condizioni per terminare il gioco sono due, la prima è che tutte le unità a disposizione del giocatore vengano distrutte, la seconda invece è che i camminatori riescano a raggiungere la base ribelle distruggendola.

Malgrado le recensioni divisive della critica dell’epoca, il gioco è un successo commerciale: insieme a Frogger è il titolo più venduto del 1982 dalla Parker Brothers.

1983: la fine dell’Impero.

Con  il 1983 arriva anche la fine di Star Wars in campo cinematografico, almeno per il momento, delle avventure di Luke Skywalker e della ribellione. Malgrado il grande successo dell’ultimo capitolo, molti fan criticano la pellicola per la presenza degli Ewok (ed effettivamente come dargli torto, ndr.), ma il torto più grande è quello attuato nei confronti di David Prowse.

L’interprete di Dart Fener viene infatti sostituito da Sebastian Shaw, attore teatrale e amico di lunga data di sir Alec Guinness che ne richiede espressamente la presenza, nelle due scene finali in cui si vede lo sterminatore di Jedi a volto scoperto. Ovviamente questa scelta porto a grandi dissapori tra Lucas e Prowse, soprattutto a fronte dell’altro grande “bluff” legato al personaggio di Fener, ovvero la voce dell’indimenticabile James Earl Jones.

Star Wars: “The Arcade Game” (1983)

In ambito videoludico, invece, Atari pubblica Star Wars, titolo arcade-sparatutto su binari in prima persona realizzato utilizzando una grafica vettoriale in cui il giocatore controlla l’Incom X-Wing di Luke Skywalker durante l’assalto finale alla Morte Nera di Star Wars: Episodio IV.

Il titolo propone tre livelli ripetuti ciclicamente, il primo ambiento nello spazio intorno alla stazione da battaglia imperiale in cui ci si trova ad affrontare i TIE-Fighter, il secondo che richiede di distruggere un certo numero di postazioni nemiche sulla superfice della “piccola luna” ed infine il terzo, come accade nella pellicola, ambientato nel canale dello sfiato termico posto sotto lo sfiato principale dove il giocatore deve sparare i siluri protonici nel condotto, poco più piccolo di un topo rider, che porta al reattore principale. Questa operazione, impossibile perfino per un computer, richiede grande precisione unita ad un ottimo tempismo e in caso di fallimento si deve ripetere l’intera sequenza del condotto.

In alcune sale giochi, oltre al classico cabinato, era presente un’altra versione che riproduceva il cockpit di un X-Wing.

Il titolo viene accolto molto bene dal pubblico all’arrivo nelle sale giochi portando tra il 1983 e il 1984 a numerose conversioni per computer e console. Queste ultime vengono pubblicate dal publisher Parker Brothers che decide di cambiarne il nome in Star Wars: The Arcade Game.

1984: il primo gioco di LucasFilm Games.

Return of the Jedi (1984)

Titolo arcade sviluppato da e pubblicato da Atari nel 1984, Return of the Jedi ripercorre gli aventi durante la battaglia di Endor attraverso tre sequenze che vengono ripetute ciclicamente a difficoltà sempre più alta. Il gioco è uno sparatutto a scorrimento continuo con visuale isometrica in cui il giocatore, posto al controllo di un mezzo, deve raggiungere la fine del livello cercando di evitare gli ostacoli presenti sul percorso e gli spari nemici. Durante il titolo il giocatore controlla diverse tipologie di mezzi, da Leila a bordo di una Speeder Bike inseguita dagli scout imperiali tra i boschi di Endor si passa poi all’AT-ST controllato da Chewbecca durante l’attacco al generatore di scudi della Morte Nera, arrivando infine al Millennium Falcon pilotato da Lando Calrissian nell’assalto alla seconda “piccola luna”.

In seguito all’uscita il titolo è stato rilasciato da Domark per home computer tra il 1988 e il 1989 venendo inoltre aggiunto nella modalità Arcade di Star Wars: Rogue Squadron III Rebel Strike del 2003 insieme agli altri due titoli arcade di Atari Star Wars: The Arcade Game del 1983 e Star Wars: The Empire Strikes Back del 1985, a differenza di questi titoli però Return of the Jedi deve essere sbloccato inserendo il codice segreto “!?ATH!RD GAME?YES“.

Nel 1984 alla squadra della LucasFilm Games si aggiunge anche il fumettista e artista Gary Winnick, che diventa il primo artista e animatore assunto dalla casa di sviluppo. Durante le prime fasi di questo esperimento il team viene affiancato momentaneamente da Laron Carpenter, grafico della sottodivisione Graphics Group nonché co-fondatore di Pixar Animation Studios.

Dopo solo un anno dall’inizio dei lavori vengono completati i primi due titoli sviluppati da LucasFilm Games. David Fox crea Rescue on Fractalus!, simulatore di volo fantascientifico sviluppato utilizzando la tecnologia dei frattali dove il giocatore, al comando di una navetta spaziale, deve recuperare dei dispersi dalla superficie del pianeta Fractalus.

David Levine invece sviluppa Ballblazer, titolo sportivo futuristico che unisce tratti del basket e del calcio in cui il giocatore sfida altri umani o droidi a bordo di navi chiamate “Rotofoil”, il tutto supportato da una colonna sonora unica. Langstone, che oltre ad essere a capo di LucasFilm Games è anche un musicista esperto, crea un algoritmo che casualmente assembla la OST del gioco partendo da un set predefinito di 32 frammenti di melodia a otto note scegliendone anche la velocità e la modalità con cui viene eseguita.

1985: ritorno su Hoth in grafica vettoriale.

Sfortunatamente per il team di sviluppo le versioni beta di entrambi i titoli vennero diffuse all’interno del mondo dei pirati informatici a seguito dell’invio di alcune copie sprovviste di protezione ad Atari. Questo avvenimento, unito ai passaggi di proprietà della divisione consumatori di Atari tra Warner Communication e Epyx, causò un ritardo nelle uscite dei due titoli che inizialmente erano state fissate per il terzo trimestre del 1984, finendo per arrivare sul mercato a metà del 1985. Al team di sviluppo si aggiungono le figure di Noah Falstein, Charlie Kellner e Chip Morningstar mentre Steve “Chuck” Arnold sostituisce Langstone a capo della casa di sviluppo.

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Malgrado i problemi, LucasFilm Games continua a crescere e nel 1985, forte della pubblicazione dei due titoli con Epyx, Falstein inizia a realizzare Koronis Rift, un simulatore bellico-fantascientifico ispirato dal successo ottenuto da Battlezone di Atari, nel frattempo Kellner continua ad utilizzare la tecnologia dei frattali realizzando The Eidolon, titolo action-adventure dall’ambientazione fantasy in prima persona. Visto il repentino successo del Commodore 64 la LucasFilm Games decide di creare dei port di Koronis Rift e di The Eidolon, sviluppati inizialmente per le console Atari 8-bit, affidando il lavoro allo stagista Ron Gilbert.

Parallelamente, un super team formato da Morningstar, Falstein, Winnick e Farmer si mette al lavoro su un titolo per C64 multiplayer da giocare on-line grazie al modem. Il progetto prende il nome di Habitat e richiederà tre anni di lavoro al team prima di essere terminato, purtroppo però il titolo non arriverà mai sul mercato per alcuni problemi legati alla lentezza delle connessioni dell’epoca.

The Empire Strikes Back (1985)

Sviluppato e rilasciato da Atari, The Empire Strikes Back è il seguito diretto di Star Wars: “The Arcade Game” uscito nel 1983. Rispetto a Return of the Jedi, per la realizzazione del gioco viene riutilizzata la grafica vettoriale e la modalità di gioco ritorna ad essere quella di uno sparatutto su binari in prima persona. Il titolo ripercorre le fasi iniziali dell’omonima pellicola suddividendole in quattro sequenze. Nella prima il giocatore, a bordo dello snowspeeder di Luke Skywalker, ha il compito di trovare e distruggere i droidi sonda imperiali impedendogli di trasmettere informazioni importanti all’impero. Queste informazioni possono essere utilizzate dal giocatore con lo scopo di prolungare il tempo a propria disposizione ed in seguito, una volta decifrata completamente la trasmissione, per avanzare alla fase successiva.

In questa sequenza il giocatore deve abbattere i camminatori AT-AT e per farlo ha a disposizione due opzione, la prima è quella di sparare contro la testa del mezzo d’assalto imperiale distruggendo la cabina di pilotaggio mentre la seconda, analogamente a quanto avviene nella pellicola, è di utilizzare gli arpioni e i cavi da rimorchio contro le gambe dei semoventi causandone l’arresto immediato.

La seconda metà di gioco invece si svolge nello spazio dove il giocatore passa al controllo del comandante Solo e del Falcon nei momenti successivi alla fuga dal pianeta ghiacciato. Nella prima fase il giocatore si trova a fronteggiare una serie di TIE-Fighters con l’obbiettivo di eliminarne un determinato numero per poter avanzare alla sequenza successiva ambientata in un campo di asteroidi in cui il giocatore deve sopravvivere fino allo scadere del tempo. Una volta completate tutte e quattro le sequenze il gioco ricomincia dall’inizio aumentando la difficoltà di livello.

Nelle quattro sequenze del gioco sono presenti alcuni obbiettivi speciali che, se portati a compimento, ricompensano il giocatore con una lettera della parola JEDI. In seguito alla raccolta di una delle lettere tutti i colpi dei nemici vengono istantaneamente eliminati per un brave lasso di tempo.

Purtroppo Atari decise di rilasciare il titolo esclusivamente come Kit di aggiornamento per il cabinato di Star Wars (1983) portando molti operatori di sale giochi ad optare per il mantenimento del cabinato originale visto che garantiva un flusso di entrate costanti.

1986: il primo tie-in di LucasFilm Games

Il 1986 è un’anno molto importante per la LucasFilm Games, visto l’arrivo nei cinema della pellicola “Labyrinth: Dove tutto è possibile“, prodotta dalla LucasFilm, la software house decide si supportarne l’uscita con un tie-in. La progettazione e realizzazione del titolo vengono affidate a Fox mentre per la pubblicazione viene contattato il publisher Activision. Seppur discostandosi leggermente, vista la sua natura ibrida, Labyrinth è considerabile come la prima avventura grafica sviluppata dalla LucasFilm Games.

Durante questo anno però Labyrinth non è l’unico titolo sviluppato dalla software house ad arrivare sul mercato, Falstein conclude i lavori sull’arcade simulativo PHM Pegasus riuscendo a trovare un accordo con Electronic Arts che accetta di diventarne pubblisher. Nel frattempo Gilbert, Winnick e Aric Wilmunder stanno lavorando ad un titolo che cambierà per sempre la LucasFilm Games dando il via ad un periodo d’oro per la casa di sviluppo.

I tre sviluppatori creano lo Script Creation Utility for Maniac Mansion o S.C.U.M.M., tool che permette di combinare l’uso di sfondi, oggetti, ambientazioni e sequenze di dialogo escludendo molti dei complessi linguaggi di programmazione richiesti per queste operazioni. L’enorme versatilità di questo motore porterà la casa di sviluppo a continuare ad utilizzarlo per più di un decennio realizzandoci diciannove titoli tra IP nuove e port per macchine diverse.

1987: la nascita dello SCUMM e… Luke Skywalker con i capelli neri?

Il 1987 è un anno importantissimo e di cambiamento per la software house. Maniac Mansion, primo titolo sviluppato utilizzando il nuovo motore per avventure grafiche S.C.U.M.M., è pronto a fare il suo debutto sul mercato e Steve Arnold prova a proporre ad Electronic Arts di diventarne il publisher, ricevendo però una risposta negativa. A seguito del rifiuto, Arnold decide quindi di pubblicare in maniera autonoma il titolo e LucasFilm Games diventa produttore e publisher di Maniac Mansion per quanto riguarda il mercato americano.

La coppia formata da Falstein e Holland, nuovamente al lavoro insieme dopo PHM Pegasus, ultima in brevissimo tempo il titolo simulativo di guerra navale moderna Strike Fleet riuscendo nuovamente ad appoggiarsi ad Electronic Arts per quanto riguarda la pubblicazione sul mercato.

Star Wars (1987)

Nel 1987 arriva il quinto titolo dedicato a Star Wars sviluppato per Famicon da Namcot, nome utilizzato da Namco durante gli anni ’80 e ’90, e pubblicato dalla stessa esclusivamente in Giappone. Il titolo è un platform a scorrimento suddiviso in livelli in cui il giocatore controlla Luke Skywalker ripercorrendo gli eventi di Episodio IV dal deserto di Tatooine all’esplosione della Morte Nera su Yavin IV.

Il gioco presenta un livello di difficoltà estremamente elevato, basta essere colpiti una volta per morire e il giocatore dispone di due “Continua” con tre vite ciascuno. Ogni qualvolta si perde una vita il livello ricomincia dall’inizio e al termine di ognuno di essi è presente una boss fight in cui il protagonista si trova a fronteggiare un apprendista di Fener identico nell’aspetto a quest’ultimo.

Luke dispone da subito della spada laser come arma e ,con l’avanzare della partita, acquisisce diversi poteri legati alla forza, come ad esempio la possibilità di fluttuare a mezz’aria o accelerare il tempo. Questa è la prima volta che viene data la possibilità ai videogiocatori di “interpretare” uno Jedi a tutti gli effetti. Questo titolo presenta inoltre una particolarità interessate, lo sprite di Luke è mostrato coi capelli biondi nella sequenza introduttiva ma durante le sequenze di gioco avrà i capelli neri.

1988: Han Solo col fedora.

Il 1988 incomincia nel peggiore dei modi per la LucasFilm Games, dopo tre anni di lavoro il team si vede costretto a cancellare Habitat per gravi problemi. Durante le fasi finali di test infatti viene riscontrato che il gioco risulta stabile solamente durante le ore diurne, di notte quando il traffico dati è maggiore la latenza raggiunge livelli che rendono il titolo ingiocabile. A risollevare la situazione ci pensano Fox, che in soli nove mesi grazie anche all’incredibile motore SCUMM, arrivato alla sua terza versione, crea l’avventura grafica Zak McKracken and the Alien Mindbenders, e Holland, che debutta come capo-progetto con il simulatore di volo arcade Battlehawks 1942. Entrambi i titoli vengono accolti in maniera estremamente positiva sia dalla critica che dal pubblico e la software house riesce a lasciarsi alle spalle il fallimento di Habitat.

Gli anni ’80 si chiudono con il botto, soddisfatto dalla pregressa esperienza avuta con Labyrinth, Lucas decide di cedere al lato oscuro chiedendo al team di sviluppo la creazione di un tie-in a supporto dell’uscita della nuova pellicola di Indiana Jones. In otto mesi il team composto da Gilbert, Fox e Falstein creano Indiana Jones and the Last Crusader, terza avventura realizzata utilizzando il motore SCUMM che continua a ritagliarsi sempre più una posizione centrale nell’ecosistema della software house. Oltre al titolo prodotto dalla LucasFilm Games, un altro gioco di genere platform sviluppato da Tiertex Design Studios supporta l’arrivo della nuova pellicola dedicata al professore di archeologia risultando però un prodotto estremamente sottotono rispetto al lavoro del team della LucasFilm Games.

Parallelamente ai lavori sull’avventura grafica dedicata a Indy, Lewis “Kelly” Flock propone che un piccolo team provi a realizzare un puzzle-game visto l’ottimo successo che il genere sta riscuotendo. Con questo compito Akila Redmer e Stephen Butler, in collaborazione con il team britannico The Assembly Line, creano l’indimenticabile Pipe Dream, titolo rompicapo simile a Tetris in cui il giocatore deve collegare in tempo reale parti di tubi generate in modo casule con lo scopo di trasportare un flusso di liquido per il maggior tempo possibile. Pipe Dream è un successo, il titolo viene recensito in maniera molto positiva dalla critica dell’epoca che ne apprezza giocabilità ed immediatezza riuscendo a vendere complessivamente oltre 4 milioni di copie nel mondo. Ad oggi Pipe Mania, titolo con cui il gioco è arrivato sul mercato europeo, è considerato come una pietra miliare dei puzzle-game strategici.

Nello stesso anno la software house decide di allargare il proprio organico assumendo gli “scummlet”, giovani programmatori talentuosi tra cui figurano i nomi di Tim Schafer e Dave Grossman, due personaggi che contribuiranno in maniera importante alla storia della casa di sviluppo e del mondo videoludico in generale.

Nella prossima puntata

In questa prima parte abbiamo ripercorso quelli che sono state le prime interazioni di Star Wars con il medium videoludico, dai cabinati ai primi titoli per console casalinghe. Ci immergeremo dunque negli anni ’90, dove la nascita di LucasArts porterà enorme successo al brand di Star Wars, andando a raccontare la storia della software house che più di tutte rimarrà legata al franchise.

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Eduardo Bleve

Tecnico informatico di giorno, videogiocatore incallito la notte e otaku in ciò che rimane delle sue giornate Eduardo "Dundam" Bleve inizia il suo percorso nel mondo videoludico con un game boy color, due pile stilo e la cartuccia di WarioLand. Nel cuore porta interminabili battute di caccia su Monster Hunter, sua saga preferita che lo accompagna dall'era Playstation2

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