Con l’arrivo delle nuove console siamo ormai arrivati alla conclusione dell’attuale generazione, e per molti di voi sarà giunto il tempo di riporre nella scatola la PlayStation 4 o la Xbox One e fiondarvi nella next gen con le nuove PlayStation 5 e Xbox Series X e Xbox Series S. Ma siete davvero sicuri di aver provato tutto quello che l’ottava generazione (e il PC) aveva da offrirvi?
Venite insieme a noi, perché oggi parleremo di 10 giochi che (forse) non avete giocato, ma dovreste assolutamente recuperare, anche grazie alla retrocompatibilità delle nuove console. La lista sarà quanto più omogenea possibile, per aumentare le possibilità che chiunque possa trovare almeno un gioco di suo interesse. Siete pronti? Andiamo!
Iniziamo subito con qualcosa di piccante, perché se è vero che già abbiamo speso molti elogi per questo remake-capolavoro dell’originale per PlayStation 2, è anche vero che non si può fare a meno di consigliare Odin Sphere: Leifthrasir a tutti gli appassionati di giochi Action a scorrimento orizzontale. Nonostante dal punto di vista della trama non siano presenti nuovi contenuti, il lavoro svolto sul fronte del gameplay e su quello grafico merita davvero un applauso a scena aperta.
Se da un lato abbiamo infatti un comparto visivo che riesce a esprimere appieno il suo potenziale, creando delle atmosfere fiabesche e immergendoci completamente nell’ambientazione del folklore norreno, dall’altro il completo rifacimento del gameplay ci consegna un gioco fluido e soprattutto moderno, svecchiato alla perfezione nei suoi aspetti più critici, rimanendo fedele all’originale ma strizzando anche l’occhio anche ai Metroidvania più recenti.
Avremmo potuto scegliere di consigliare anche 13 Sentinels: Aegis Rim al posto di Odin Sphere, ma avendo già un’intera recensione che ne parla più approfonditamente e in cui si consiglia fortemente l’acquisto del titolo, abbiamo preferito dare la precedenza a un altro titolo degli stessi autori.
Se giocate su PC, e in particolar modo se vi orientate abbastanza bene nel mondo degli strategici, conoscerete sicuramente la Paradox Interactive, una software house svedese che nell’ultimo decennio si è imposta come una presenza sempre più importante nel mercato.
Molti dei loro giochi, compreso Stellaris, possono essere raggruppati sotto le etichette Grand Strategy e 4x, in cui il giocatore viene messo alla guida di una popolazione e deve pianificare strategie a lungo termine per portare al successo il proprio impero, attraverso un accurata gestione delle risorse, delle alleanze e soprattutto delle guerre.
Perché quindi consigliare Stellaris piuttosto che Europa Universalis o Crusader Kings? Beh, innanzitutto perché il setting futuristico/spaziale è sicuramente più originale, e presenta meno esponenti rispetto alla miriade di strategici a sfondo storico.
In secondo luogo, il gioco presenta un ottimo tutorial, che ci accompagna passo passo lungo tutta la nostra campagna (se decideremo di attivarlo all’inizio della stessa).
E ultimo, ma non per importanza, si tratta anche dell’unico dei titoli 4x Paradox presente anche su console, rendendolo quindi una scelta obbligata per chi si voglia avvicinare a questo mondo ma non possiede un PC.
Parliamo adesso di un vero e proprio capolavoro, che ha ottenuto un grandissimo successo sia tra la critica che tra i giocatori che hanno avuto il piacere di deliziarsi con questa perla 2D. Se di Odin Sphere abbiamo detto che strizzava per certi versi l’occhio ai moderni metroidvania, Hollow Knight rappresenta senza alcun’ombra di dubbio uno dei suoi migliori esponenti.
Un genere che sicuramente ha conosciuto una grandissima rinascita nell’ultima generazione: oltre a Hollow Knight, giochi come i due Ori, Bloodstained o Blasphemous hanno contribuito a rilanciare il genere, attirando spesso giocatori in cerca di sfide particolarmente dure.
E, se fate parte di questa categoria di persone, con Hollow Knight avrete sicuramente pane per i vostri denti: si tratta di un titolo difficile, che richiederà del tempo per padroneggiare al meglio il variegato (e ottimo) moveset del protagonista, ma che una volta imparato saprà dare numerose soddisfazioni al giocatore.
Il gioco però ha anche molto altro da offrire: l’atmosfera creata dal regno di Nidosacro è particolarmente riuscita, e contribuisce al fascino della intricata lore del titolo; lo stile grafico risulta molto gradevole, e in generale il titolo non presenta difetti insormontabili, a patto di riuscire a sopportare il backtracking tipico del genere.
Un gioco quindi fortemente consigliato a tutti, da chi cerca una buona sfida a chi vuole farsi male provando a imparare una nuova speedrun.
Continuiamo con quella che è probabilmente (e immeritatamente) l’esclusiva Sony più sconosciuta al grande pubblico. Sviluppato su PlayStation Vita e in seguito trasportato su PlayStation 4, Gravity Rush ha condiviso con la sua piattaforma d’origine la sfortunata sorte, venendo dimenticata da praticamente tutti dopo l’uscita del secondo capitolo, compresa Sony stessa.
Si tratta di un open world particolare, che prova e riesce a distaccarsi dai canoni dell’ormai inflazionato genere di giochi grazie alle meccaniche di alterazione della gravità, che risultano originali e divertenti al tempo stesso.
Il punto di maggior forza del titolo è però il lato artistico, che combina lo stile orientale degli sviluppatori di Japan Studios con una forte ispirazione occidentale di stampo francese. Questo traspare in particolar modo dalla scelta di raccontare parti del gioco con l’ausilio di vignette in stile fumetto, oltre all’utilizzo di un linguaggio fittizio ispirato fortemente dai suoni della lingua d’oltralpe e a delle ambientazioni che uniscono uno stile futuristico a uno più classico ispirato alla Belle Époque.
È consigliato recuperare dapprima il primo capitolo e solo successivamente giocare il secondo, data la presenza di collegamenti che potrebbero influire sulla comprensione della trama di quest’ultimo.
Torniamo a parlare di giochi in 2D e stavolta lo facciamo con Indivisible, un platform RPG che è stato forse più famoso per la triste fine che ha fatto lo studio di sviluppo, Lab Zero games, che per i suoi meriti.
Fortunatamente, nonostante la chiusura dello studio abbia impedito l’arrivo di alcuni contenuti extra, il gioco è ancora reperibile da tutti i possessori di PlayStation 4, Xbox One, Nintendo Switch e PC. E sarebbe stato davvero un peccato altrimenti: pur non essendo esente da difetti, come ad esempio la mancanza di originalità (sembra quasi di star leggendo un classico shōnen) o la difficoltà tendente troppo verso il basso, Indivisible è sicuramente un titolo divertente.
Grazie al suo sapiente mix tra sezioni platform e combattimenti a metà tra lo stile a turni e a tempo reale, ad un numeroso cast di personaggi vario e divertente (tanto in battaglia quanto al di fuori di essa) e ad uno stile grafico delizioso, Indivisible risulta essere una piacevolissima esperienza, capace di attrarre e di tenere incollato allo schermo il giocatore che decide di dargli una opportunità. Un titolo quindi decisamente consigliato, soprattutto considerato che si tratta di un titolo non lunghissimo e recuperabile facilmente a un prezzo alla mano.
E dopo aver parlato di un platform 2D (anche se non purissimo), non poteva di certo mancare una controparte del genere in tre dimensioni.
Nonostante i platform 3D abbiano avuto un percorso piuttosto travagliato negli ultimi 15 anni, principalmente dovuto all’assenza di esponenti di qualità al di fuori dei titoli sviluppati in quel di Kyoto, è indubbio che in questo momento stiano attraversando una fase di resurrezione nell’interesse del pubblico.
Se quindi apprezzate il genere, ma non siete andati oltre i titoli più blasonati, A Hat in Time dovrebbe essere la vostra scelta successiva, specialmente se preferite titoli più simili alle origini del genere che ai suoi esponenti più recenti.
Il gioco non si distacca molto dai canoni classici del genere: la nostra protagonista dovrà raccogliere le clessidre sparse per i mondi di gioco per poter proseguire nella trama e portare a termine il titolo, utilizzando i poteri che le vengono donati dai vari cappelli che è possibile trovare o “craftare” all’interno dei livelli.
Nonostante il gioco non brilli per originalità o per una trama particolarmente complessa, il gioco risulta comunque molto gradevole, grazie alla combinazione un gameplay molto solido, fondato su meccaniche particolarmente azzeccate e movimenti fluidi e rapidi, e uno humor piuttosto divertente che vi accompagnerà per tutta la (breve) durata del titolo.
Se prima con Odin Sphere abbiamo parlato di giochi action RPG 2D a scorrimento laterale, con Hyper Light Drifter andiamo invece nel mondo di quelli con visuale isometrica.
Si tratta di un titolo dal gusto molto retrò, sia per quanto riguarda l’aspetto grafico, che presenta un ottimo stile in pixel art, sia per ciò che concerne il gameplay, ispirato dai capostipiti del genere, e in particolare agli Zelda bidimensionali, qui proposto in un contesto che unisce aspetti fantasy e sci-fi.
Il gioco ha sicuramente tantissimi pregi, a partire dal succitato gameplay, che, pur non essendo nulla di particolarmente originale, presenta delle trovate particolarmente azzeccate e il combattimento in generale risulta piacevole e divertente, offrendo anche un buon grado di difficoltà.
Sono presenti alcuni enigmi, anche se in numero esiguo e di scarsa complessità. Le singolari ambientazioni e la scelta di non presentare alcuna forma di dialogo, unite ad una colonna sonora particolarmente azzeccata, forniscono poi al titolo un’atmosfera molto affascinante, che si mantiene costante per la ventina d’ore necessarie al completamento del titolo.
Quanti di voi conoscono Smash Bros.? Immagino molti. E credo che una gran parte di voi sia anche a conoscenza che il picchiaduro (o party game, dipende dalla persona a cui viene posta la domanda) Nintendo ha negli anni sviluppato una scena competitiva degna di nota, oltre che a un tipo di picchiaduro totalmente nuovo (i cosiddetti platform fighter).
Se però Nintendo non ha mai davvero prestato attenzione alla sua community competitiva, con patch e aggiunte spesso criticate e molto discusse, c’è stato chi ha deciso di creare il suo “smashlike” mettendo al primo posto proprio la scena competitiva.
Stiamo ovviamente parlando di Rivals of Aether, un gioco nato dall’amore del suo creatore, Dan Fornace, per Smash, e in particolare per Melee, da cui il gioco riprende la maggior parte delle sue meccaniche, e in particolare uno stile di gioco decisamente più veloce rispetto alle incarnazioni successive del brand originale. Anche diversi personaggi, seppur originali, sono fortemente ispirati nel design e nel moveset da Smash, ma riuscendo sempre a presentare un tocco innovativo che male non fa.
Il titolo è sicuramente molto divertente, seppur non eccezionale nel comparto tecnico, e se siete sempre stati attirati dal competitivo di Smash, ma la mancanza di supporto vi ha frenati, oppure se siete dei giocatori di Smash frustrati dal comportamento di Nintendo nei confronti del gioco, allora RoA è sicuramente la scelta più adatta per voi.
E per quelli di voi che avevano cliccato sull’articolo con la speranza di trovare tra tutti questi giochi almeno un titolo da giocare in cooperativa, venendo disattesi fin qui con esperienze puramente single player (o multiplayer competitivo nel caso precedente), proponiamo il divertentissimo Keep Talking and Nobody Explodes.
Si tratta di un gioco con un concept molto semplice: c’è una bomba da disinnescare entro un certo numero di minuti, ma solamente uno dei giocatori può vederla (colui che possiede il titolo); gli altri dovranno utilizzare il manuale di disinnesco per dargli le indicazioni per non far saltare tutto in aria.
Tutto facile? Non proprio, perché il tempo massimo per portare a termine il disinnesco è spesso molto contenuto e nella maggior parte dei casi arriverete alla fine con solo una manciata di secondi rimanenti sul timer. Questo sempre se ci arriverete, dato che un errore potrebbe bastare per farvi esplodere (anche se a volte ne sono consentiti fino a due), con conseguente trafila di offese nei confronti dei suggeritori incapaci di leggere e spiegare (o al disinnescatore di bombe che ha sentito una combinazione sbagliata, ndr.).
Non sarà sicuramente il gioco più emozionante del mondo, ma si tratta di un ottimo metodo per passare le serate con amici diversamente rispetto al solito.
Okay, sarò onesto: il titolo dell’articolo è sbagliato. Sì perché Zero Escape: The Nonary Games non è un singolo titolo, ma la collection di due giochi precedentemente rilasciati su console portatili.
Si tratta di ibridi tra visual novel e puzzle game, che alternano fasi puramente narrative, con testi e dialoghi a dettare i ritmi della progressioni, a fasi in stile escape room, nella quale al giocatore è richiesto di completare degli enigmi più o meno semplici per riuscire a scappare dalla stanza in cui è intrappolato di volta in volta. Entrambi i titoli condividono anche la premessa della storia: i protagonisti e gli altri personaggi vengono rapiti e costretti a prendere parte al nonary game per aver salva la vita. Una premessa che sicuramente non brilla né in complessità e tantomeno in originalità, ma vi possiamo assicurare che, col proseguire della storia, non farete altro che ricredervi.
Più si prosegue all’interno dei due giochi (999: Nine hours, Nine Persons, Nine doors e Virtue’s Last Reward), più si viene messi a contatto con aspetti, situazioni, avvenimenti sempre più complicati. Complotti, sette religiose, fenomeni inspiegabili e teorie scientifiche sono alla base di quello che viene creato con la trama dei due titoli, che si mantiene sempre su ottimi livelli, risultando sempre coerente con sé stessa.
Per quanto concerne gli altri aspetti dei due giochi, il gameplay risulta essere piuttosto convincente, nonostante gli enigmi proposti pecchino di facilità in più di un caso. L’aspetto grafico invece è sicuramente l’aspetto peggiore del titolo, che, non venendo in alcun modo svecchiato dalle release originali, lascia a desiderare. Infine, il gioco presenta un doppiaggio inglese valido, fornendo una buona alternativa all’originale giapponese.
I due giochi hanno anche un seguito, Zero Time Dilemma, che conclude la trama della serie e consigliamo di recuperare, anche se non rappresenta la più degna delle conclusioni.
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