Biomutant, la recensione: procioni samurai… bio-mutanti!?

Biomutant

7.2

GAMEPLAY E LONGEVITÀ

7.5/10

COMPARTO GRAFICO E SONORO

7.5/10

COERENZA E CURA DEL DETTAGLIO

6.5/10

Pros

  • Divertente e coinvolgente
  • Combat system frenetico e veloce
  • Pieno di cose da fare...

Cons

  • ...forse anche troppe
  • Animazioni non propriamente rifinite
  • Assenza di un sistema di targeting

Sin dal suo annuncio attraverso il canale di IGN nel lontano 2017, Biomutant ha continuato ad alimentare le aspettative di critica e pubblico grazie ad un concept e a delle idee davvero interessanti.

Purtroppo nel corso di questi anni il titolo ha subito diversi rinvii causati in parte dalla volontà del team di sviluppo di continuare ad aggiungere meccaniche e contenuti. È proprio questa volontà che in parte ha decretato il “fallimento” di un titolo che sotto le sue problematiche e le sue limitazioni nasconde un GDR Action fatto e finito capace di catturare il giocatore per un discreto quantitativo di ore.

Bisogna anche precisare che Biomutant è figlio di uno studio di sviluppo piccolo con a disposizione un budget ridotto, pertanto sarebbe alquanto inappropriato metterlo sullo stesso livello dei GDR open world mastodontici a cui siamo stati abituati negli ultimi anni.

Dopo aver trascorso diverse ore nel mondo bio-mutante è tempo di tirare le somme di Biomutant provando ad analizzare i pro e i contro di una produzione che, se presa nel giusto contesto, riesce ad intrattenere grazie all’enorme quantità di cose da fare e a divertire con il suo umorismo che però nasconde una pesante critica al mondo odierno.

La via di un procione ronin

Analogamente a quanto accade in Wall-E, il mondo di gioco di Biomutant è stato avvelenato dalla razza umana e, più precisamente, dalla multinazionale Texanol Corporation. Incapace di adattarsi a questa situazione il genere umano si è estinto lasciando il posto alle specie animali che, a differenza di quest’ultimo, sono riuscite ad evolversi dando vita a nuove creature antropomorfe.

Le vicende raccontate in Biomutant seguono uno sviluppo abbastanza scontato. L’Albero del Mondo (riferimento all’Yggdrasill della mitologia norrena) sta lentamente morendo per via dei quattro Mangiamondo, creature gargantuesche affamate di vita, che stanno mangiando le radici dell’albero liberando la morchia dal sottosuolo ed avvelenando nuovamente il mondo.

Il nostro protagonista, cucciolo della precedente maestra di Wung-Fu e protettrice del mondo, in seguito ai terribili eventi capitati durante l’infanzia perde la memoria e scappa rifugiandosi fuori dalla “barriera”. In seguito ad uno spiacevole incontro però viene chiamato a scegliere quale percorso seguire: cedere all’oscurità per vendicarsi dell’assassino di sua madre, Lupa-Lupin, oppure votarsi alla luce per provare a salvare il mondo sconfiggendo i quattro Mangiamondo?

Sfruttando l’espediente dell’amnesia, il titolo fa ripercorrere al giocatore diverse fasi dell’infanzia del protagonista andando ad approfondire alcuni aspetti della storia grazie a dei flashback che però risultano non sempre di buona qualità e dal ritmo piuttosto altalenante.

Durante lo svolgimento del nostro viaggio verremo messi quindi davanti a molteplici scelte che andranno a modificare la nostra Aura. Una delle più importanti, e con cui dovremo venire a patti nel corso della nostra avventura, sarà lo scegliere con quale tribù allearci e di conseguenza a quali dichiarare guerra. Questa scelta, unita al sistema dell’aura, andrà a cambiare completamente lo sviluppo della storia portando il giocatore a chiedersi più volte quale strada perseguire a seconda dello scopo che si vuole raggiungere.

Come avviene nel titolo Nintendo The Legend of Zelda Breath Of The Wild, il giocatore potrà decidere di andare quasi immediatamente ad affrontare Lupa-Lupin lasciando perdere tutte le quest principali legate ai quattro Mangiamondo e tutte le quest secondarie decretando così la morte dell’Albero e la distruzione del mondo.

Seguendo solamente le missioni principali la storia di Biomutant può essere completata in una quindicina di ore, se invece si decidesse di completare tutte le quest secondarie, scoprire tutti i punti d’interesse del “Mondochefu” oppure recuperare tutte le mod e i pezzi di equipaggiamento segreti, Biomutant riesce a regalare tranquillamente un centinaio di ore grazie al suo mondo vivo e variegato.

Il “Mondochefu”, un posto “tranquillo”

Prendendo ispirazione dai mondi post-apocalittici che ormai abbiamo imparato a conoscere ed amare come quelli della serie Fallout e unendo il tutto ad una paletta cromatica dai colori accesi, i ragazzi di Experiment 101 riescono a confezionare un mondo estremamente vivo e variegato. Da verdi colline ricche di vita si passa a zone montuose con picchi alti e solitari arrivando infine ad alcune zone completamente brulle e disabitate.

Il tutto viene popolato da numerosi villaggi, accampamenti nemici, punti d’interesse, avamposti e città di tribù rivali, rovine e costruzioni di un’era passata riuscendo molte volte a regalare alcuni scorci mozzafiato. Purtroppo però a lungo andare si iniziano a vedere i compromessi a cui il tema di sviluppo è dovuto scendere come la costante ripetitività di alcuni modelli interni e asset realizzativi.

Il team di sviluppo ha anche pensato ad un sistema di biomi alterati che presentano condizioni estreme di gelo, calore, radioattività, bio-rischio e ipossiche. Queste zone della mappa di gioco, come ad esempio i centri di stoccaggio e le centrali nucleari della Texanol o le zone discarica  possono essere esplorate solamente dopo aver ottenuto dell’equipaggiamento adatto o aver sviluppato una resistenza a queste condizioni estreme.

Disseminati per il mondo di gioco ci sono una quantità di enigmi e puzzle da far rimanere a bocca aperta. Purtroppo però il funzionamento di suddetti puzzle è alquanto basilare ed uguale per ognuno di essi. Che sia un quadro elettrico, un oggetto del “Mondochefu” o un’impianto idraulico, il giocatore dovrà allineare i colori arancione e bianco presenti su alcuni elementi avendo a disposizione un numero limitato di mosse. Purtroppo anche in questo caso non è chiara la scelta degli sviluppatori in merito alla gestione dei puzzle, sarà infatti possibile riprovare quante volte si vuole perdendo solamente un po’ di vita in caso di fallimento.

Gli unici che riescono a regalare un leggero livello di sfida e richiedono un minimo di ragionamento sono i quadri elettrici ove il giocatore deve far combaciare i valori XYZ con quelli indicati effettuando vari collegamenti.

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Durante la nostra prova su PlayStation 5 il titolo si è comportato discretamente, presentando alcuni sporadici cali di frame nei movimenti veloci effettuati con la telecamera, durante l’esplorazione di alcuni dungeon e nelle fasi più concitate. Grazie ad un’espediente, che va a sfocare l’ambiente circostante, utilizzato durante le sezioni di combattimento, queste riescono a risultare invece fluide malgrado il grande quantitativo di elementi a schermo, aspetto essenziale vista la marcata natura action del titolo.

Purtroppo l’esplorazione del vasto mondo di Biomutant viene parzialmente rovinata dalla ripetitività degli asset usati per creare alcuni punti d’interesse e da una gestione non propriamente rifinita dell’avanzamento delle quest.

Capiterà spesso che il giocatore durante l’esplorazione libera si ritrovi in zone impossibili da completare a meno che non si trovi prima una missione specifica, durante la nostra run l’esempio più lampante sono state le zone legate alla quest “Depositi del Mondochefu”. Questa specifica missione richiede al giocatore di uccidere un “Mustro mangia-chiave” per ottenere una chiave che apre un deposito e sebbene durante i nostri giri esplorativi siamo riusciti ad aprire senza problemi 10 dei 14 depositi, ci siamo ben presto ritrovati bloccati poiché, per un caso o per un altro, il mostro di turno non appariva.

Questo, all’interno del concetto di open world, è una mancanza grave, visto che viene lasciata al giocatore la completa libertà di esplorare. Pertanto gli “eventi mondiali” dovrebbero attivarsi indipendente dallo stare seguendo una determinata missione. Stessa sorte purtroppo è toccata alla missione “Il capitano dei Lutei” che al termine della nostra avventura risultava ancora da completare malgrado l’aver già tolto di mezzo il suddetto capitano per una missione omonima presa in precedenza.

Molto carina è la realizzazione dei quattro Mangiamondo, creature gigantesche che il giocatore si troverà ad affrontare durante il corso dell’avventura, ognuna delle quali prenderà parte a un combattimento all’interno di un’arena apposita. Per poter accedervi però bisognerà prima di tutto svolgere delle missioni legate ad alcune specifiche cavalcature.

Tra le cavalcature bisogna menzionare Il Mekton, enorme esoscheletro gigante che farà sentire il giocatore all’interno di un titolo della serie Armored Core, e il possente Mjut, cavalcatura che sbloccherà la possibilità di abbattere alcune pareti rocciose sparse per la mappa.

Botte a suon di zampe, pistole e Wung-Fu!

Sin dalle primissime battute dell’avventura si riesce a cogliere quanto l’aspetto GDR sia marcato in Biomutant. Durante la creazione del personaggio, e in seguito utilizzando specifiche pozze radioattive, il giocatore può andare a modificarne il DNA, cosa che influisce sia sulle caratteristiche che sull’aspetto estetico. Puntate sull’intelligenza e il vostro procione avrà un testone sproporzionato al resto del corpo, sulla forza e vi ritroverete con un procione sotto steroidi. In fase di creazione oltre alla caratterizzazione si può inizialmente scegliere una delle sei classi disponibili, in questo caso la scelta non è limitante visto che nel corso dell’avventura si otterranno tutte le abilità ma comunque ogni classe presenta dei vantaggi specifici.

Durante la nostra prova abbiamo utilizzato la classe Psicofolle ovvero quello che in un GDR fantasy verrebbe considerato come mago. Questa classe ad esempio predilige l’uso delle abilità biogenetiche rispetto alle armi da fuoco e un combattimento sulla media distanza rispetto a quello short range. Il tutto viene condito da speciali poteri psionici come ad esempio la Folgore Ki o Gelone. Infine la classe Psicofolle da a disposizione al giocatore i Scintilloguanti, arma corpo a corpo che durante tutta la nostra avventura abbiamo ritrovato solamente una volta come arma leggendaria, e presenta una passiva chiamata Megamente che incrementa la velocità con cui si rigenera l’energia spirituale, essenziale per usare qualsiasi tipo di abilità.

Il combat system di Biomutant è chiaramente tarato verso l’action e mette a disposizione del giocatore, oltre alle già citate abilità biogenetiche e ai poteri psionici, diverse tipologie di armi da mischia e dalla distanza. Ognuna di queste presenta delle mosse specifiche, sbloccabili nel sottomenù Wung-Fu, attivabili seguendo un determinato pattern. Questo spinge il giocatore a cambiare continuamente tipologia di arma, selezionabile da un menù radiale, che si sta utilizzando per riuscire ad attivare lo stile “Wung-Fu”, modalità furia in cui il nostro personaggio può eseguire mosse speciali devastanti durante un breve lasso di tempo.

Dopo aver padroneggiato a dovere lo switch delle armi non sarà raro sostenere uno scontro rimanendo quasi perennemente in modalità Wung-Fu.

Tutte queste meccaniche, al massimo delle loro potenzialità, permettono di esibirsi in combinazioni di un certo livello, purtroppo però un sistema di animazioni non propriamente rifinito unito ad un’intelligenza artificiale a volte lacunosa vanno a rovinare l’esperienza generale offerta da Biomutant. Infine si sente la mancanza di un sistema di lock dei nemici (aggiunto con  l’ultimo aggiornamento del titolo) cosa che molte volte conduce ad un’esecuzione a vuoto di alcune mosse.

Anche l’Automa, nostro fedele compagno che funge da voce narrante durante il corso dell’avventura, assume un duplice ruolo, di supporto e offensivo, durante le fasi di combattimento grazie alle tre funzionalità Iniezione Curativa e Incremento, attivabili dal menù radiale delle cure, e Torretta, abilità passiva potenziabile che si attiva automaticamente all’inizio di uno scontro.

Come in ogni GDR che si rispetti, anche in Biomutant è presente una sezione dedicata al crafting che, oltre a permettere di creare da zero qualsiasi tipo di equipaggiamento, influisce pesantemente sul combattimento. E’ infatti possibile andare a modificare ogni vestito, andando ad aggiungere vari rinforzi e protezioni, e ogni tipo di arma, andando a modificarne i vari componenti e gli accessori. In questo frangente è carina l’idea degli sviluppatori di ricompensare il giocatore con alcune mod definitive ricavate da oggetti del Mondochefu dopo aver completato una delle tante serie di puzzle legate a questi ultimi.

Essere un’eroe è difficile, soprattutto se hai delle zampe…

In definitiva, Experiment 101 e THQ Nordic confezionano un buon prodotto anche se qualche appunto va fatto al comparto tecnico in generale che non convince pienamente. Nel complesso Biomutant riesce a divertire ed intrattenere il giocatore per un considerevole numero di ore. Purtroppo qualche problema legato alla voglia di fare “troppo” da parte del team di sviluppo non riesce a fare brillare il titolo in nessun campo attestandolo comunque ad un buon livello generale. Il mondo di gioco, estremamente ispirato, ricco di vita e vibrante, ricorda da vicino i Fallout strizzando l’occhio alla paletta cromatica di Fortnite riuscendo però ad essere unico e ben caratterizzato.

Si, avete visto bene, quella è una Fiat Bravo..

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Eduardo Bleve

Tecnico informatico di giorno, videogiocatore incallito la notte e otaku in ciò che rimane delle sue giornate Eduardo "Dundam" Bleve inizia il suo percorso nel mondo videoludico con un game boy color, due pile stilo e la cartuccia di WarioLand. Nel cuore porta interminabili battute di caccia su Monster Hunter, sua saga preferita che lo accompagna dall'era Playstation2

Pubblicato da
Eduardo Bleve
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