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It Takes Two, la recensione: un amore che sfonda ogni parete

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It Takes Two

It Takes Two

7.3

GAMEPLAY E LONGEVITÀ

8.0/10

COMPARTO GRAFICO E SONORO

5.5/10

COERENZA E CURA DEL DETTAGLIO

8.5/10

Pros

  • Divertente per lunghi tratti dell'avventura
  • Alcuni passi del gioco lasciano a bocca aperta i giocatori
  • Il friend pass è una modalità d'accessibilità unica
  • Sono presenti diverse opzioni inclusive nei confronti delle persone sordomute
  • La simbologia è impeccabile

Cons

  • In alcuni casi un po' derivativo
  • La struttura risulta a tratti ripetitiva
  • Il finale lascia l'amaro in bocca
  • Troppi problemi sul versante tecnico
  • È molto utopistico

Al fine di una maggiore chiarezza nei confronti del lettore, sottolineiamo che il gioco è stato testato su PlayStation 4 Slim e PlayStation 4 Standard; i problemi relativi al comparto tecnico si riferiscono quindi a queste due console. Entrambi i giocatori hanno potuto testare sia la modalità locale sia l’online tramite Friend Pass. L’articolo presenterà alcuni interventi degli autori: le risposte in corsivo sono di Elisabetta, mentre quelle in corsivo e grassetto sono di Daniele.

It Takes Two è un ibrido tra platform 3D e puzzle game pubblicato da EA su PlayStation 4, PlayStation 5, PC, Xbox One, Xbox Series X e Series S la cui principale caratteristica è la cooperazione tra due giocatori nella risoluzione degli enigmi dei vari livelli.

La trama ruota attorno alla disastrosa relazione di Cody e May e al desiderio della piccola figlia Rose di tenere unita la famiglia. La coppia è sull’orlo del divorzio e la bambina, disperata, trova un libro del Dr. Hakim specializzato nella terapia di coppia e decide di leggerlo nel tentativo di salvare la relazione. A causa di un incantesimo scatenato dal pianto di Rose, i genitori si ritrovano nel corpo delle sue bambole e devono percorrere tutta la casa accompagnati dal terapeuta per riscoprire il loro amore perduto e tornare umani.

Il titolo si presenta già molto bene: ha come tema centrale le dinamiche di coppie e i problemi del singolo che spesso si riversano sulle relazioni stesse. Cosa ne pensiamo? Vediamo nel dettaglio.

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Un gameplay fresco e divertente

Una volta catapultati all’interno del gioco, It Takes Two mette subito le cose in chiaro: se nei titoli precedenti di Josef Fares la componente principale era quella narrativa, qui è il gameplay a dominare. Sicuramente la trama è piena di significati importanti, ricca di simbologie e presentata con un’ottima regia, ma è innegabile che gli sviluppatori hanno svolto un lavoro decisamente importante sul lato puramente ludico.

Osiamo anche dire fortunatamente, dato il genere di appartenenza: i platform 3D sono sicuramente tra i titoli che puntano di più sul lato gameplay e che quindi soffrono enormemente quando questo è legnoso, ripetitivo o in generale poco divertente. It Takes Two invece è ottimo: offre un gameplay flessibile, regolare e avvincente. La modalità coop non è una novità nel genere – le sue tracce risalgono infatti a Super Mario Galaxy -, però il titolo EA ci ha dato sicuramente una sensazione diversa: non siamo mai stati passivi ma ci siamo immersi perfettamente nei ruoli e nei poteri dei protagonisti.

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Osservando la componente puzzle bisogna ammettere tuttavia che non sempre il gioco spicca per difficoltà, nonostante le sfide siano di norma ben congegnati: non abbiamo mai dovuto spremere le nostre meningi troppo a lungo. Diciamo quindi che, nella totalità di It Takes Two, prevale di più il platform piuttosto che la risoluzione di enigmi. Ma quindi, cosa ci ha colpito?

Ciò che ci ha veramente colpito di questo titolo è la sua immediatezza e semplicità, che in questo caso però non è sinonimo di banalità poiché abbiamo a disposizione poteri diversi di livello in livello, di modo che possiamo vivere un’esperienza sempre nuova. Questa struttura, però, può essere fonte di monotonia: spesso ogni livello è riassumibile in un giocatore che ha il potere principale – quasi sempre May -, mentre l’altro ha quello di supporto – quasi sempre Cody -. Nonostante ciò, It Takes Two ha generalmente un’ottima varietà di gameplay grazie anche alla proposta di fasi che si allontanano dal classico platform 3D per avvicinarsi all’action, allo shooter e addirittura all’RPG con visuale isometrica.

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Per aggiungere poi un tocco di competitività al gioco, Hazelight Studios ha inserito anche 25 minigiochi sparsi durante il corso dell’avventura, nei quali abbiamo potuto sfidarci e distrarci tra un obiettivo e un altro. Si tratta sicuramente di un numero soddisfacente e anche la qualità si attesta su livelli abbastanza buoni. Possiamo dire quindi che sono discretamente creativi, nonostante dopo un po’ ci siamo accorti di una certa ripetitiva di fondo soprattutto in merito alle gare di corsa.

 

Onestamente ne posso parlar bene solo perché ho battuto la mia ragazza in quasi tutti i minigiochi.
Vantatene, mi raccomando.

 

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Tutto perfetto quindi? Forse non proprio.

Come abbiamo già detto, il titolo tenta di allontanarsi in più occasioni dal “semplice” puzzle platform 3D per proporre gameplay affini ad altri generi. Si tratta sicuramente di una trovata benvenuta, specialmente se realizzata tanto bene quanto in questa occasione. Tuttavia, la struttura di It Takes Two soffre di gravi pecche: è indubbio che la seconda metà del gioco sia stata sviluppata frettolosamente, e questo è visibile sia da un punto di vista del gameplay, che andando avanti si appiattisce perdendo la creatività della parte iniziale, sia dalla durata dei capitoli, che nella seconda metà sono decisamente più corti che nella prima.

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La maggior parte degli esperimenti avvengono tutti nella prima parte, difatti può essere considerata come il climax dell’aspetto ludico. Da lì in avanti It Takes Two tende a diventare più semplice, con uno spostamento del focus sull’aspetto emotivo-relazionale della coppia. Sarebbe stato gradevole se, con il cambiamento della trama, il titolo avesse mantenuto il suo ottimo gameplay della prima parte. È dunque un vero peccato che purtroppo, a nostro avviso, impedisce al gioco di raggiungere l’eccellenza.

Una grafica vivace e pulita, ma…

In antitesi rispetto al tema trattato nella trama, It Takes Two si presenta come un gioco in cui la palette predominante è caratterizzata da colori forti e pienamente saturi che seguono le teorie della psicologia dei colori. Questa scelta è particolarmente interessante perché, oltre a rendere più visivamente godibile il titolo, alleggerisce la drammaticità del divorzio e sposta l’attenzione verso il puro divertimento e la riscoperta dell’amore. D’altronde dobbiamo ricordarci che May e Cody non si sarebbero mai buttati in un’esperienza simile senza il pianto di Rose, perciò è come se l’intero videogioco fosse uscito dalla sua mente e gli autori ce lo ricordano proprio attraverso la grafica.

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In aggiunta all’ottima e motivata scelta della combinazione dei colori, It Takes Two presenta anche una cura impeccabile degli ambienti dei vari livelli. A tratti durante il nostro viaggio il punto focale si alza per permettere una vista maggiore di quello che ci circonda, donandoci un senso di profondità più ampio e regalandoci un momento magico.

Queste lodi però non sono applicabili ai modelli dei personaggi, che tralasciando le espressioni facciali di Cody e May presentano tutti dei movimenti piuttosto legnosi soprattutto nelle cutscene. Inoltre i modelli dei genitori nella vita reale e di Rose sono esteticamente inguardabili e privi di ogni fonte di espressività.

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Riteniamo invece buono il comparto sonoro; la soundtrack di It Takes two non è sicuramente tra le più memorabili nella storia dei videogiochi, ma effetti speciali e dialoghi si adattano perfettamente al contesto dei livelli e delle cutscene, pur presentandosi mal equalizzati: abbiamo dovuto alzarlo per sentire parlare Cody e May nelle scene, mentre abbiamo dovuto abbassarlo durante il gameplay.

Ci teniamo a sottolineare però che, oltre alla suddetta difficoltà relativa al volume, abbiamo riscontrato generalmente molti problemi tecnici in modalità online e – cosa a nostro avviso molto più grave – anche in modalità locale.

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Come abbiamo detto nell’introduzione, It Takes Two è stato realizzato sia per console next gen che per old gen, ma non sembra ottimizzato a dovere per quest’ultime. Siamo andati incontro a numerosi cali di framelag nella modalità online e desincronizzazione del suono non solo in livelli graficamente complessi come quello dell’orologio a cucù, ma anche in normali cutscene. Sono tutti problemi che si risolvono in una manciata di secondi, ma che non sarebbero dovuti comparire in primis. Per questo motivo, nonostante l’ottima realizzazione grafica e la perfetta combinazione dei colori, siamo costretti a penalizzarla.

 

Carini i tempi morti quando abbiamo giocato online e ti si bloccava ogni due secondi sulla PS4 Standard, eh?
Non me lo ricordare guarda, non me lo ricordare.

 

Simbologie e coerenza dei contenuti impeccabili

Per fare un fiore, ci vuole un seme.

Questa è forse la frase più riassuntiva di It Takes Two, che sintetizza sia la scelta peculiare dei poteri sia l’obiettivo finale del percorso di coppia.

La trama ruota attorno a due grandi problemi relazionali molto reali che hanno portato al desiderio del divorzio: l’assenza di May a casa a causa del ritmo lavorativo e il mancato riconoscimento di Cody dei sacrifici della moglie (interessante questo piccolo stravolgimento di stereotipi di genere, ndr). La concretezza delle difficoltà comunicative ci ha permesso un maggior coinvolgimento emotivo in tutto il gioco, soprattutto durante le varie discussioni che avvengono di fronte al Dr. Hakim.

 

Anche io e il mio ragazzo abbiamo diversi problemi di tempo, non è così?
Esatto, ci sono dei giorni in cui non mi scrivi proprio perché sei così presa dai tuoi impegni…
E tu invece a volte sembri non capire la mole di commissioni in cui sono sommersa.
E tutte le volte che mi devi dire qualcosa di importante giusto quando sono fuori?  

 

Ma tralasciando queste questioni personali, torniamo al discorso principale. A causa della mancanza di compromessi, il dottore dell’amore costringe May e Cody a collaborare attraverso l’assegnazione di poteri complementari che impediscono il proseguimento del percorso in solitudine. Nella prima parte del gioco, come abbiamo già detto, abbiamo quindi il vero climax a livello del gameplay poiché abbiamo modo di osservare tutte le dinamiche e gli strumenti nella loro massima espressione.

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Tuttavia il climax del gameplay non corrisponde a quella della trama: inizialmente May e Cody vogliono soltanto far piangere Rose per poter ritornare umani, anche in modo molto meschino attraverso la rottura del suo giocattolo preferito. È con l’intervento del terapeuta Hakim a metà gioco che inizia il vero cuore della trama attraverso il recupero dei tre aspetti principali delle relazioni: gestione del tempoattrazione sostegno nelle proprie passioni. Qui vediamo tutta l’umanità della coppia, scopriamo i loro ricordi del passato e osserviamo la riparazione del loro rapporto.

A livello di simbologia e contenuti gli ultimi quattro livelli presentano una mole considerevole di aspetti positivi. Anzitutto, riteniamo geniale la scelta delle ambientazioni (l’orologio a cucù per il tempo, la palla di vetro con la neve per l’attrazione e i corrispettivi hobby di Cody e May per il sostegno), ma soprattutto abbiamo apprezzato i poteri complementari dei suddetti livelli che si abbinano perfettamente alle metafore del gioco e alle affermazioni dei protagonisti, come May che dice che nella realtà non può trovarsi in due posti contemporaneamente e quindi nell’orologio a cucù ha la possibilità di formare un clone.

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Un appunto che ci sentiamo di fare riguarda l’utopia che regge It Takes Two e il percorso dei protagonisti. Sebbene sia senz’altro un desiderio comune quello di rivedere i propri genitori insieme e di riscoprirsi, non corrisponde alla realtà dei fatti, soprattutto nella società moderna di oggi: già solo in Italia, il 70% delle coppie chiedi il divorzio (statistica aggiornata al 2019) e rimane altamente improbabile che la coppia si riavvicini dopo una decisione tale. Di conseguenza, il gioco rimane un’esperienza per certi versi coinvolgente e molto vicina a noi e ai giocatori, ma per altri invece molto lontana o irraggiungibile.

Conclusione

It Takes Two è un ottimo prodotto per chi vuole divertirsi con il proprio amico o, meglio ancora, con il proprio partner. L’ampia accessibilità data dal friend pass (che non permette però di poter sbloccare i trofei/obietti, ndr.) e l’inclusività data dalla disponibilità di sottotitoli per le persone sorde o sordomute consentono una gradevolissima esperienza. In generale, pur presentando qualche pecca, It Takes Two è un gioco unico nel suo genere in grado di conciliare il divertimento e la gioia con la profondità e la drammaticità del divorzio ed è per questo motivo che lo consideriamo un titolo memorabile.

 

Andiamo a platinarlo adesso?
Va bene dai!

 

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Sono cresciuta con pane, videogiochi, anime e arte. I miei studi e la mia passione verso le scienze umane mi permettono di guardare e giocare con uno sguardo diverso, riuscendo a cogliere molte scelte stilistiche e ad attribuire loro un significato più profondo.

Nato praticamente con il pad in mano, ho iniziato a giocare sin dalla primissima età. Crescendo però è stata la Nintendo a dettare legge nella mia vita videoludica, per poi riavvicinarmi al multipiattaforma solamente con la PS4. Nonostante la propensione per il mondo del gaming, non disdegno altre forme di intrattenimento quali fumetti, cinema o serie TV.

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