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Drifting Dragons, la recensione: A caccia di draghi

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Drifting Dragons, la recensione: A caccia di draghi 1

Drifting Dragons

6.6

COMPARTO TECNICO

6.5/10

CAST

8.0/10

SCRITTURA

4.0/10

REGIA

7.0/10

DIREZIONE ARTISTICA

7.5/10

Pros

  • Atmosfere azzeccate
  • Comparto Audio ottimo
  • Un buon intrattenimento

Cons

  • Manca una vera e propria trama
  • CGI non sempre perfetta

Dopo l’esordio in Giappone a gennaio, Drifting Dragons sbarca sul catalogo Netflix aggiungendosi agli altri numerosi anime (come Beastars Carole & Tuesday per esempio) sui quali il colosso americano dello streaming ha deciso di puntare. Netflix infatti sta partecipando sempre di più alla produzione di nuove serie animate insieme agli studi giapponesi e questo, a prescindere poi dai vari prodotti finali, è un ottimo segnale, soprattutto per la crescita del mondo degli anime al di fuori del Giappone.

Tratto dal manga di Taku Kuwabara e prodotto da Polygon Pictures, Drifting Dragons ci porta a bordo della Quin Zaza, una nave volante il cui equipaggio si guadagna da vivere cacciando i draghi, maestose e formidabili creature che solcano i cieli. Vediamo insieme punti di forza e debolezze dell’adattamento animato, con qualche riferimento alla trama ma totalmente spoiler free.

Trama

Pronti via! Saliamo subito sulla Quin Zaza, una delle ultime navi draghiere, in compagnia del suo simpatico equipaggio. La caccia ai draghi si è fatta sempre più difficile e sono rimasti pochissimi draghieri ancora in attività. In effetti è subito chiaro che la caccia al drago non è proprio come la caccia alla volpe con la quale i nobili inglesi si dilettavano nelle loro residenze di campagna. Armato di lance esplosive e arpioni, l’equipaggio rischia costantemente la pelle per portarsi a casa una preda, dalla quale di solito si ricava una bella somma.

Non aspettatevi i soliti draghi, in Drifting Dragons sono tutt’altro che tradizionali: si presentano nelle forme più svariate e hanno poteri abbastanza particolari che variano da specie a specie. Una cosa che sembrano avere in comune tra di loro è la prelibatezza della carne.

Drifting Dragons

Questo ci viene confermato dall’amore morboso che uno dei protagonisti, Mika, sembra avere per qualsiasi cosa derivi da un drago e dalle numerose scene di cucina che sarebbero degne di una puntata di Food Wars!. Forse nel complesso tutta la parte dedicata al cibo e alla cucina può risultare un po’ ripetitiva, ma in qualche passaggio si presta bene ai momenti comici e offre delle situazioni più leggere, in contrapposizione alle scene di azione.

Cacciare, uccidere e mangiare

Oltre a essere il motto dei draghieri, “Cacciare, uccidere e mangiare” potrebbe tranquillamente essere il riassunto della prima parte dell’anime. Sostanzialmente nei primi episodi vediamo solo il lavoro quotidiano della Quin Zaza e qualche approfondimento su un paio di personaggi.

Giraud e Vanabelle ricevono abbastanza spazio e tra l’equipaggio risultano i meglio sviluppati, degli altri invece non sappiamo praticamente nulla. Mika, che potenzialmente è il personaggio con il background più interessante, viene approfondito solo superficialmente e ciò mi ha lasciato un po’ di amaro in bocca. Takita invece diventa la protagonista principale degli episodi conclusivi. La sua crescita da giovane apprendista a draghiera è ben delineata e attraverso di lei capiamo il rispetto che c’è tra cacciatori e prede, precedentemente solo accennato tramite Mika.

Drifting Dragons

Come detto la prima parte manca di una vera e propria trama, singole battute di caccia si susseguono un episodio dopo l’altro e non c’è una vera presentazione del mondo in cui l’anime è ambientato, manca una spiegazione precisa riguardo i draghi o delle navi draghiere, di esse sappiamo solo che ne sono rimaste poche in attività. Nella seconda parte finalmente qualcosa sembra muoversi e qualche informazione ci viene data, ma sempre con il contagocce.

Nel complesso è proprio questo il punto debole dell’opera, non ci viene presentata una trama principale, molti episodi sembrano auto-conclusivi e tante risposte alle domande che sorgono spontanee riguardo la storia dei draghi, dei draghieri e del mondo in generale non ci vengono mai fornite. Al contrario però le atmosfere che l’anime riesce a creare sono davvero fantastiche, sia l’aria che si respira tra l’equipaggio sia le sensazioni che il volo della Quin Zaza suscita sono la parte meglio riuscita dell’opera.

Drifting Dragons, la recensione: A caccia di draghi 3

Comparto tecnico

Dal punto di vista dell’animazione una premessa: non sono mai stato un sostenitore dell’uso eccessivo della computer grafica in questo tipo di opere. Detto questo Netflix mi aveva piacevolmente sorpreso con Beastars, dove la CGI l’avevo trovata davvero una scelta azzeccata. Per quanto riguarda Drifting Dragons invece sono un po’ combattuto.

Se da una parte la computer grafica nelle scene d’azione e nel rappresentare i draghi se la cava alla grande, nel resto dell’anime risulta poco fluida e soprattutto penalizza un po’ l’ottimo character design presente nell’opera originale di Kuwabara. Tutto sommato dal punto di vista dell’animazione Drifting Dragons è più che discreto, anche per uno scettico come me il lavoro fatto da Polygon Pictures è tutt’altro che deludente.

drifting-dragons-anime

Un vero punto di forza di tutto l’anime è rappresentato dall’audio. La colonna sonora già dal primo episodio mi ha letteralmente stregato, ogni traccia si sposa perfettamente alle scene e, soprattutto nei momenti d’azione, la soundtrack amplifica benissimo la tensione e la frenesia della caccia. Può sembrare un dettaglio secondario, ma una buona colonna sonora è spesso la ciliegina sulla torta di un’opera e ne rende tanti momenti indimenticabili. Per quanto riguarda opening ed ending sono rimasto positivamente colpito, la musica orecchiabile mi ha fatto ignorare più di una volta il tasto “salta intro“.

Concludiamo la parte tecnica della recensione parlando del doppiaggio, del quale per ora Netflix non ha reso disponibile quello in italiano. Ovviamente i ritardi sono dovuti alla situazione di emergenza in cui ci troviamo, perciò mi trovo assolutamente d’accordo con la scelta della piattaforma di salvaguardare la salute dei doppiatori. Promosso a pieni voti il cast dei doppiatori giapponesi, viste le molte voci conosciute presenti che hanno reso pienamente godibile l’esperienza sottotitolata.

Drifting Dragons

In conclusione

Drifting Dragons è tutt’altro che un’opera mal riuscita, intrattiene bene ed ha molte potenzialità, ma questa prima stagione non ha rispettato le aspettative che avevo. Manca una trama principale solida, manca un vero e proprio approfondimento di molti personaggi, mancano risposte alle domande che sorgono spontanee durante la visione.

Non una bocciatura la mia, ma una sufficienza di incoraggiamento proprio perché mi ha intrattenuto abbastanza e quel poco di trama che si intravede nel finale, incuriosisce.

Si poteva fare meglio? Assolutamente si.

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Drifting Dragons, la recensione: A caccia di draghi 4

Nascere in un paesino umbro ti porta ad avere tanti hobby.
Cresciuto tra console e computer, è da sempre amante di cinema, serie TV e musica, nella quale si diletta in maniera molto amatoriale. Anime e manga invece sono il pane quotidiano ma anche lo sport lo appassiona. Crede di aver visto ogni singola disciplina inserita dal CIO alle Olimpiadi.

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