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Cabinet of Curiosities: piccoli racconti del maestro del Toro

Cabinet of Curiosities è una serie horror di otto episodi, creata da Guillermo del Toro e pubblicata su Netflix nel 2022. È, inoltre, una serie antologica: ogni episodio, diretto da un diverso regista, racconta una storia a sé, con ambientazioni, personaggi e stili differenti.

Il nome dell’opera è un riferimento ai cabinet de curiosités (armadietto delle curiosità), ovvero mobili o intere stanze dedicate alla collezione di oggetti rari e particolari. Guillermo del Toro si trova proprio vicino ad una di queste cabine, mentre introduce l’episodio allo spettatore e ne presenta il regista.

Volti conosciuti, come Ben Barnes o Rupert Grint, interpretano alcuni protagonisti, e ben due racconti del grande scrittore di horror H. P. Lovecraft fanno da fonte di ispirazione. Senza ulteriori indugi, ecco le nostre brevi opinioni di ogni spaventoso episodio.

Episodio 1: Lotto 36

Nick, signore decisamente poco gentile, acquista il lotto di un uomo morto, sperando di ricavare un po’ di denaro vendendone il contenuto così da pagare i propri debiti. Dal materialismo del protagonista si passa presto al misticismo e all‘occulto, quando tra i vari oggetti vengono trovati quelli che, come gli viene spiegato da un collezionista, sono libri sull’evocazione di un demone munito di tentacoli. Il problema è che manca il quarto volume, il più raro e di valore. L’avido Nick e il suo acquirente si mettono così alla ricerca dell’ultimo libro, scoprendo qualcosa di terrificante all’interno del lotto.

Diretto da Guillermo Navarro e basato su una storia breve di Guillermo del Toro, Lotto 36 è un ottimo primo episodio, perfetto per capire l’andamento generale della serie.

Le ambientazioni sono cupe, i personaggi vengono caratterizzati solo per quel poco che serve e tutto è accompagnato da una certa tensione, che verso la fine sfocia nell’horror. In questo caso, forse, sono davvero pochi i minuti dedicati alla parte spaventosa. In generale però ci lascia abbastanza soddisfatti, curiosi di sapere come saranno le storie successive.

Episodio 2: I ratti del cimitero

Masson, anche lui uomo alla disperata ricerca di denaro, invece di comprare lotti abbandonati trafuga tombe nei cimiteri. C’è, però, chi lo anticipa rendendogli il lavoro difficile: i topi. Un giorno, determinato a raccogliere tutti gli oggetti di valore seppelliti insieme ad un aristocratico, striscia dentro un tunnel scavato dai nemici a quattro zampe e finisce nella loro labirintica tana. Sottoterra, oltre a doversela vedere con i tanto odiati ratti, Masson si ritrova in un tempio dedicato ad uno strano essere con i tentacoli e viene attaccato da un morto vivente.

Diretto da Vincenzo Natali e tratto da un racconto breve di Henry Kuttner, questo episodio è decisamente meno horror rispetto al precedente. A meno che non abbiate una forte repulsione per i topi o soffriate di tafofobia (paura di essere sepolti vivi), ovviamente.

Purtroppo, già nel secondo racconto si abbassa l’asticella. Alcuni elementi della storia stonano un po’ dalla trama: per quanto creature tentacolate siano frequenti nella serie, che senso ha inerirne una se si sta parlando di ratti? Forse per creare un filo conduttore tra i vari episodi? E il morto vivente? Questa parte non convince, poteva essere del tutto omessa. Anche gli effetti speciali non sono niente di speciale, si vede lontano un miglio che i mostri sono finti.

Episodio 3: L’autopsia

Il Dr. Carl Winters, per aiutare l’amico sceriffo in alcune investigazioni, sottopone ad autopsia alcuni cadaveri, morti a causa di un’esplosione provocata da Joe Allen durante la sua fuga con un oggetto misterioso. Mentre analizza i corpi, quello di Joe Allen prende vita e attacca il medico legale, rivelandogli anche di essere comandato da un parassita alieno che vuole divorarlo dall’interno. Stavolta il protagonista non si lascia sopraffare e, nonostante accetti con strana calma le terrificanti parole dell’extraterrestre, si ribella ad esso con astuzia e ingegno.

David S. Goyer fa un ottimo lavoro nel rappresentare il racconto breve di Micheal Shea, proponendo un episodio che, sia per la presenza di un mistero da risolvere che per l’elemento fantascientifico, tiene davvero incollati allo schermo.

Il personaggio di Carl Winters è psicologicamente interessante, di lui abbiamo pochissime ma fondamentali informazioni che ci permettono di capire perché agisce in un determinato modo ed è impossibile non fare il tifo per lui. Un po’ lungo è l’inizio dell’episodio, in cui vengono trovati i vari cadaveri e Joe Allen è ricercato dalla polizia, mentre il finale dolceamaro è uno dei migliori.

Episodio 4: L’apparenza

Stacey è timida, poco attraente e appassionata di tassidermia. Vorrebbe più di ogni altra cosa essere inclusa nel gruppo delle sue belle colleghe, e coglie al volo l’occasione quando una di loro la invita alla festa di Natale, in cui riceve come regalo la costosissima crema Alo Glow. Purtroppo, la sua pelle reagisce al prodotto, causandole una forte reazione. La situazione precipita quando, attratta da un’inquietante pubblicità che le dice di acquistarne ancora, Stacey continua a usare la crema nonostante le preoccupazioni del marito e la pelle che quasi le si strappa di dosso. Alla fine, unendosi ad una creatura di Alo Glow, la protagonista riesce a raggiungere il suo obiettivo. Ma a quale prezzo?

Il fumetto online di Amily Carrol ha permesso alla regista Ana Lily Amirpour di dirigere l’episodio più bello dell’intera serie. È il primo dalle tinte colorate, anche se non meno inquietanti, e che forse, dietro l’horror, vuole anche mandare un messaggio di amore verso se stessi.

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L’angosciante euforia di Stacey si adatta alla perfezione con l’atmosfera suggestiva e gli alti personaggi. Lo spettatore rimane incredulo davanti alla sequenza degli eventi: anche i più gravi e tragici sembrano essere accolti a braccia aperte, come se niente fosse. L’episodio lascia un po’ sottosopra, è dissonante, teso, dà sensazioni di inadeguatezza e proprio per questo è davvero ottimo.

Episodio 5: Il modello di Pickman

L’artista Will Thurber entra in contatto con le opere di Richard Pickman: immagini grottesche, terrificanti e sanguinolente, caratterizzate dalla presenza di mostri raccapriccianti. Anni dopo, i due si affrontano e Thurber ha la meglio, ma il collega, prima di morire, gli spiega che quei dipinti non sono solo il frutto di un’inquietante fantasia: lui vede davvero i mostri e le scene sono destinate a realizzarsi nel futuro. Infine, nonostante fossero state bruciate, le opere di Pickman vengono esposte in una galleria d’arte e viste dalla moglie di Thunber, che impazzisce fino a rendere realtà una delle orrende opere.

Ecco finalmente un episodio tratto dai racconti di H. P. Lovecraft, il regista Keith Thomas ha fatto un buon lavoro nel rappresentarlo e le immagini distorte dei dipinti sono spaventose per davvero.

In generale la storia si segue bene, gli incubi di Thunber offrono qualche brivido e il finale è agghiacciante. Non è, però, ben chiara la funzione dei mostri: Pickman li vede e dipinge, ma cosa gli fanno? Dal punto di vista di Thunber, invece, si limitano ad essere ombre sfuggenti all’angolo degli occhi, ma non raffigura su tela né questi né gli incubi che lo tormentano. Poi, perché lui e il figlio si limitano a questo, mentre la moglie è l’unica ad andare fuori di testa dopo aver visto le opere di Pickman?

Episodio 6: I sogni nella casa stregata

Da bambino, Walter Gilman vede morire la gemella Epperley, che viene trascinata nella Foresta delle Anime Perdute. Per tutta la vita, Walter cerca di raggiungere la Foresta alla ricerca della sorellina ma, quando ci riesce, rompe l’equilibrio attirando l’attenzione dello spirito Keziah e del suo famiglio (spirito maligno servitore di streghe). Epperley si ricongiunge con il fratello, ma viene seguita da Keziah e il famiglio, che tentano di prendere la vita dei gemelli. Inoltre, i due ragazzi sono anche maledetti da una profezia: se Walter vuole che la sorella viva, allora lui deve morire prima dell’alba.

Anche questo episodio è tratto da un racconto di H. P. Lovecraft, ma stavolta la regista è Catherine Hardwicke. Lo spettatore viene immerso in un vero e proprio racconto dark fantasy, che offre alcune delle ambientazioni meglio realizzate.

Gli spazi, infatti, dalla casa stregata alla Foresta, ci fanno finire in mondi magici davvero suggestivi (o forse è la presenza dell’attore di Ron Weasley che dà questa sensazione, ndr.). Lo spirito Keziah e il famiglio hanno tutta l’aria di essere maligne creature fatate, senza contare che gli effetti sono decisamente migliori di quelli de I ratti del cimitero. Anche qui troviamo dipinti che predicono il futuro, dunque la ripresa dello stesso concetto per due volte di fila può far storcere un po’ il naso, nonostante le situazioni siano del tutto differenti.

Episodio 7: La visita

Lionel Lassiter invita a casa sua varie personalità: un musicista, uno scrittore, una fisica e un medium. Anche se molto diversi tra loro, Lassiter crede che tutti possano trovare un certo interesse per ciò che tiene in una stanza: un meteorite. Da questo fuoriesce un essere che, indovinate un po’, ha dei tentacoli. Soltanto due degli ospiti riusciranno a scappare, mentre gli altri saranno vittime della viscida creatura.

Senza offesa per il regista Panos Cosmatos, questo è l’episodio più lento e noioso di Cabinet of Curiosities. Dopo un po’ ci si stufa anche di aspettare che venga rivelato il motivo per cui i vari ospiti sono stati invitati a casa di Lassiter, la storia viene inutilmente tirata per le lunghe.

Le ambientazioni sono l’unica nota davvero positiva: architettonicamente particolari, vengono riprese da prospettive simmetriche e danno una sensazione di innovazione ma, allo stesso tempo, afa e chiusura. Per quasi la totalità dell’episodio, i personaggi parlano attorno a un tavolino, e scoprire che tutto viene di nuovo ricondotto ad un essere forse alieno con un paio di tentacoli… beh, è una seccatura.

Episodio 8: Il brusio

Due ornitologi, Edgar e Nancy Bradley, vanno in una casa di campagna per proseguire i loro studi sugli uccelli. Nella casa, Nancy comincia ad avere inquietanti visioni dell’antica proprietaria Claudette e del figlioletto che ha annegato. Prova a parlarne con il marito, ma tutte le volte il discorso sfocia in una discussione: lui non le dà ascolto, è convinto che sia tutto a causa di una perdita che la donna non ha mai superato e che si sta solo facendo trascinare dalle emozioni. Nel frattempo, le apparizioni dei defunti si fanno sempre più frequenti.

Anche quest’ultimo episodio, diretto da Jennifer Kent, è tratto da un racconto di Guillermo del Toro. Le otto storie si chiudono così a cerchio. Inoltre, a differenza degli altri episodi, Il brusio è l’unico ad avere un finale davvero positivo per i protagonisti.

Per quanto le storie di fantasmi siano sempre la stessa solfa, era proprio ciò che ci voleva. I personaggi sono interessanti, il mistero viene svelato, le riprese degli uccellini sono angoli di leggerezza alternati alle visioni notturne e tutto si conclude per il meglio. Questo episodio è quasi una ventata d’aria fresca, piccoli jumpscare a parte, soprattutto dopo la monotona pesantezza dell’episodio precedente.

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Stereotipo di ragazza timida con la testa fra le nuvole, appassionata di libri fantasy, mondo orientale, film e serie tv. Prima o poi vorrei pubblicare un'opera tutta mia, e scrivere articoli su ciò che mi piace sembra un ottimo inizio!

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