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Resident Evil Village, la recensione: quando il lupo non perde il vizio

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Resident Evil

Resident Evil Village

7.3

GAMEPLAY E LONGEVITA'

5.0/10

GRAFICA E SONORO

8.0/10

COERENZA E CURA DEL DETTAGLIO

9.0/10

Pros

  • Ambientazioni stupende
  • Buona varietà di situazioni
  • Trama avvincente
  • Più esplorazione che in passato

Cons

  • Non è un survival horror
  • Meccaniche shooting incerte
  • Antagonisti poco caratterizzati
  • Difficoltà sbilanciata al ribasso

Negli ultimi anni la saga di Resident Evil sta conoscendo una seconda giovinezza. Dopo la deriva eccessivamente action, culminata con il sesto capitolo nell’ormai lontano 2012, l’horror di punta della Capcom si era preso un periodo di pausa intervallato da una manciata di spin-off e rimasterizzazioni.

Nel 2017 la serie torna a riscuotere consensi di critica e pubblico con Resident Evil 7, un soft reboot che ritorna alle origini riabbracciando le atmosfere inquietanti e la natura survival che avevano terrorizzato ed affascinato i giocatori nei primissimi capitoli della serie, ormai più che ventennali.

Forti del ritrovato successo sono poi usciti i tanto attesi remake del secondo e terzo capitolo della serie, e ora è la volta dell’ottavo capitolo, Village, accompagnato da una serie inedita di minacce da affrontare: non più zombi, infetti e armi biologiche ma bensì licantropi, vampiri e mutanti dai poteri al limite del soprannaturale, una deriva all’apparenza fantasy che ha fatto storcere il naso a diversi giocatori.

Capcom è di nuovo caduta nella tentazione di sacrificare la purezza della serie sull’altare delle vendite o ha proseguito lungo la strada dell’orrore?

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La famiglia Winters

La trama di Resident Evil Village si colloca alcuni anni dopo le inquietanti vicende della famiglia Baker narrate nel precedente capitolo. Ci ritroviamo con lo stesso protagonista, Ethan Winters, che ha messo su famiglia dopo essersi trasferito oltreoceano.

Naturalmente questa vita serena viene spazzata via da un’immane tragedia che colpisce lui e la sua famiglia a causa del tradimento di un amico fidato, in quello che è un incipit narrativo molto coinvolgente ma non particolarmente originale, che rischia di anticipare ingenuamente alcuni risvolti futuri della trama.

La narrazione è uno dei punti forti dell’opera Capcom e fortunatamente non richiede di conoscere l’intera saga per essere apprezzata: il capitolo del 2017 era infatti un nuovo punto di partenza per la serie e Village ne è la prosecuzione diretta.

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Certo, non è completamente slegata dai capitoli meno recenti della serie e anzi, i fan storici troveranno pane per i loro denti con numerosi riferimenti ed una rivelazione che riscrive le più remote origini della serie. Ciononostante, resta sufficiente aver giocato al precedente capitolo per godersi appieno la trama.

Catapultato in un villaggio ostile, il nostro protagonista si troverà dunque a scoprire la storia ed i misteri di quella landa, con un ritmo narrativo che si presenta pacato per buona parte dell’avventura, con rivelazioni e scoperte ben dosate e che tengono l’attenzione e l’interesse costanti. Ma è verso il finale che la narrazione dà il meglio di sé, in un tripudio di avvenimenti avvincenti che terranno il giocatore incollato allo schermo. Peccato solo per qualche buco di trama che rimanda un po’ troppo ai capitoli futuri.

Purtroppo non è riposta grande cura nella caratterizzazione dei numerosi antagonisti, i quali, considerata la longevità non eccelsa del titolo, non vengono approfonditi adeguatamente se non per un paio di eccezioni. Una maggior presenza di documenti collezionabili avrebbe senza dubbio giovato ad approfondire i nemici principali i quali, nonostante abbiano un ottimo potenziale, si ritrovano ad essere poco più che delle comparse.

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Va specificato, senza scendere in sgradite anticipazioni, che la trama da una giustificazione soddisfacente alla natura fantasy delle creature presenti nel gioco, rendendo la lore del titolo coerente con i precedenti capitoli della serie.

I domini oscuri

Dal punto di vista del gameplay Resident Evil Village è un titolo horror d’azione in prima persona, nel quale ci si ritroverà ad affrontare numerosi avversari e boss per proseguire nell’avventura. Se una buona parte di costoro potrà essere sconfitta con un armamentario di tutto rispetto, contro alcuni di loro non si potrà fare altro che fuggire.

Lungo la strada si incontreranno anche degli enigmi da superare ma non costituiranno un particolare ostacolo al giocatore: fatta eccezione per un’interessante area in stile “escape room”, gli enigmi da affrontare saranno pochi, semplici e per lo più opzionali.

Un buon lavoro è stato svolto sulla componente esplorativa del titolo, più approfondita rispetto al passato. Nel villaggio, che funge da punto d’incontro tra le varie aree del gioco, sono infatti presenti numerosi collezionabili, risorse e tesori secondari che aiuteranno il giocatore a proseguire; alcune di queste risorse saranno nascoste e raggiungibili solo in seguito al ritrovamento di determinati oggetti.

Certo, l’area del villaggio non è particolarmente grande e le altre zone si articolano in maniera lineare, tuttavia questa componente esplorativa resta ben congeniata e contribuisce ad aumentare lievemente la non eccezionale durata del titolo.

Tra le risorse si possono trovare armi, munizioni, denaro e ingredienti per un elementare sistema di creazione oggetti. Ciò permetterà al protagonista non solo di affrontare le minacce sul suo cammino, poiché grazie al denaro si potranno acquistare oggetti, potenziare statistiche e armi dal Barone, un opulento mercante bonaccione che si troverà in giro per il mondo di gioco.

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Una delle più interessanti qualità di Resident Evil Village è la caratterizzazione delle aree di gioco, ciascuna con le proprie peculiarità non solo da un punto di vista estetico (di cui si tratterà più avanti), ma anche sotto il lato ludico. Si passa infatti da ambienti più esplorativi senza molti nemici a zone dove la sopravvivenza sarà data unicamente dall’ingegno del giocatore anziché dalle armi; in altri luoghi (non pochi), invece, si sparerà senza sosta. Insomma, queste aree contribuiscono a donare un’alta varietà ludica che ben difficilmente annoierà il giocatore.

Per quanto riguarda i contenuti, la longevità di base del titolo non è particolarmente alta rispetto agli standard odierni. Trattandosi di un titolo d’azione lineare, infatti, completare la trama principale richiederà dalle otto alle dieci ore di gioco. Tuttavia, l’alta rigiocabilità del titolo data dal New Game +, molteplici livelli difficoltà e una modalità extra di natura Arcade daranno ulteriori stimoli per non abbandonare il titolo dopo la prima run.

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Il trionfo dell’orrore

Se c’è un ambito in cui Resident Evil Village eccelle è quello delle ambientazioni. Realistiche, angoscianti e curate nei minimi dettagli, esse si ispirano a svariate opere genere horror con una cura e una passione che possono lasciare meravigliati anche i non-cultori del genere.

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Ad esempio, nelle atmosfere del Castello Dimitrescu vi sono riferimenti al Dracula di Bram Stoker e alla sua trasposizione cinematografica ad opera di Francis Ford Coppola; nelle cupe atmosfere di Casa Beneviento sembrerà di rivivere lo sfortunato P.T., demo dell’horror di Hideo Kojima e Guillermo del Toro cancellato dalla Konami, ma anche il senso di oppressione di film come “La Bambola Assassina”. Naturalmente non sono i soli riferimenti contenuti nelle ambientazioni e nei nemici ma sarebbe un peccato anticiparli tutti.

Questi luoghi dell’orrore prendono vita grazie non solo grazie al notevole comparto artistico, ma anche per merito dell’ottimo lavoro svolto sotto il versante grafico. Il RE Engine è più in forma che mai alla sua prima prova sulle console di nuova generazione, garantendo modelli poligonali particolarmente dettagliati, buone texture ed un ottimo sistema di illuminazione, il tutto a 60 frame per secondo (non granitici se si attiva il Ray-Tracing, ndr.).

Anche sulle console di ormai vecchia generazione, sulle quali il titolo inizialmente non era previsto, l’aspetto tecnico si difende bene: non è tanto la fedeltà grafica ad essere sacrificata quanto il frame-rate e la risoluzione, con soluzioni appena sotto il Full HD con una fluidità variabile dai 30 ai 45 fps, a seconda della modalità grafica selezionata e dal tipo di console (su PlayStation 4 Pro e Xbox One X si raggiungono anche i 60 fps). Insomma, la grande qualità delle atmosfere resta in larga parte intatta.

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Preda o cacciatore?

Purtroppo non è tutto oro quel che luccica: sotto la splendida superficie Resident Evil Village è un survival horror mediocre ed un titolo troppo conservativo. L’impressione è che Capcom si sia fatta prendere la mano dal ritrovato successo commerciale della serie e abbia così deciso di semplificare non poco la formula di gioco, portandola di netto verso una deriva eccessivamente d’azione pur di accogliere una fetta di pubblico sempre più ampia.

È vero che è sempre stato nelle intenzioni di Capcom rendere Resident Evil Village meno pauroso del precedente. Se questa visione si fosse limitata alle ambientazioni, in generale meno angoscianti e opprimenti rispetto al passato, non sarebbe stata affatto un problema vista la cura con cui sono state realizzate. Ma è sotto il lato ludico che queste intenzioni non trovano giustificazione, a fronte di un impoverimento della formula di gioco che risulta superficiale e semplificata.

Innanzitutto, il difetto principale consiste nel bilanciamento delle risorse: nel corso del gioco si troveranno tanti, troppi oggetti tra contenitori distribuiti generosamente, frequenti drop dai nemici e numerosi tesori rivendibili a carissimo prezzo dal mercante. I potenziamenti acquistabili da quest’ultimo conducono troppo in fretta ad una potenza di fuoco soverchiante nei confronti degli avversari, portando a consumare meno munizioni e generando così un circolo vizioso. Insomma, non si rischierà mai di rimanere a secco di cure o munizioni, andando a marcare nettamente la mancanza della componente survival del titolo.

A peggiorare la situazione c’è il sistema di gestione dell’inventario: come nei precedenti capitoli lo spazio di stoccaggio sarà limitato con un sistema a griglia dove gli oggetti andranno organizzati in base alle loro dimensioni. Il tutto, però, con due semplificazioni non da poco: gli oggetti chiave, i tesori e le mappe non dovranno più contendersi gli spazi con munizioni e cure ma ma saranno messi in una sezione a parte dell’inventario, illimitata.

Inoltre, lo spazio complessivo potrà essere ampliato molto di più rispetto al passato, permettendo nelle fasi avanzate di potersi portar dietro tutte le armi del gioco e grandi quantità di munizioni, esplosivi e cure. Non si sentirà per nulla la mancanza del baule di stoccaggio presente negli altri capitoli.

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A poco serviranno i pochi nemici invincibili che inseguiranno il malcapitato Ethan nel corso dell’avventura: grazie infatti ad una struttura dei livelli lineare e non dispersiva, alla velocità di corsa del protagonista e ai suoi esagerati livelli di vita, sarà ben difficile non riuscire a seminare tali minacce. Per di più, anche se messi con le spalle al muro basterà sgattaiolare oltre al nemico, farsi togliere a malapena un quarto della vita e continuare con la fuga, alla quale gli inseguitori rinunceranno troppo presto.

A risentirne sarà non solo il senso di tensione, che andrà a scomparire dopo le primissime fasi del gioco, ma anche il bilanciamento della difficoltà che si appiattisce troppo presto. Sotto questi punti di vista si troveranno ben poche differenze con la difficoltà Estrema, la più alta selezionabile alla prima partita: nonostante i nemici richiedano ovviamente più colpi per essere buttati giù, le risorse in giro sono distribuite cosi copiosamente che porteranno alla saturazione appena più in là rispetto alla difficoltà Normale.

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Ma anche rinunciando a considerare il titolo come survival horror e ad inquadrarlo come uno sparatutto ad ambientazione horror, esso non funziona cosi bene: il sistema di shooting è rimasto lento e limitato come nel capitolo precedente, con l’unica aggiunta della modalità mira con il grilletto sinistro. Ma se nel Resident Evil del 2017 si poteva soprassedere su questo difetto (dati i pochi combattimenti per buona parte del gioco) in un titolo come Village, dove si viene spesso assaliti da ondate di nemici, il sistema di shooting regge poco e si palesa in tutta la sua fragilità.

La dualità del male

L’ottavo capitolo della serie di Resident Evil è un titolo con luci ed ombre, rivelandosi un’occasione mancata. Se da una parte abbiamo delle ambientazioni spettacolari ed una trama che non lascerà indifferenti nemmeno i fan storici, dal punto di vista del gameplay la serie sta di nuovo cadendo nella trappola commerciale dove la mera azione, pur da sempre una costante nella serie, ha la meglio sulla tensione e soprattutto sulle meccaniche survival.

Nel complesso si tratta comunque di un buon gioco d’azione che vale il prezzo (magari non pieno) del biglietto anche solo per la squisita ricercatezza estetica, ma che facilmente deluderà chi si aspetta un gioco horror a tutto tondo, sia esso un fan storico della serie o uno che si affezionato alla serie solo di recente.

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Laureato in economia, grande cultore del mondo del marketing e ovviamente appassionato di videogiochi fin da tenere età, sono stato svezzato a 3 anni con i miei primissimi videogiochi, a 4 con nientemeno che Monkey Island giocato assieme a mio padre e a 5 ho portato a termine il mio primo videogioco in assoluto, Pandemonium, dando il via "ufficialmente" alla mia passione. Da allora posso vantarmi di aver concluso quasi tutti i più celebri titoli usciti possedendo pressoché tutte le console, dalla prima Playstation in avanti. Tolti i titoli sportivi, non c'è genere di gioco in cui non mi piaccia cimentarmi

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