The Ancient Gods – Parte 2: la recensione dell’ultimo DLC di Doom Eternal!

Doom Eternal: The Ancient Gods - Parte 2

7.6

GAMEPLAY E LONGEVITÀ

8.0/10

COMPARTO GRAFICO E SONORO

8.2/10

COERENZA E CURA DEL DETTAGLIO

6.5/10

Pros

  • Equilibrato
  • È sempre Doom
  • Scenicamente epico...

Cons

  • ...ma totalmente indifferente in tutto il resto, per essere il finale
  • Design generale mediocre
  • Privo di reali meriti

Abbiamo già parlato su queste pagine di quanto lo scorso anno sia stato esplosivo in termini di esperienze sparatutto in prima persona, grazie a ritorni in grande stile di saghe come Half Life e Doom (tralasciando lo sfortunato caso Halo Infinite).

A proposito di quest’ultimo, Bethesda ed ID Software decisero di strutturare il supporto post – lancio della loro ultima iterazione diversamente da come fece per quella precedente, includendo in uno dei pacchetti di Eternal il Pass Stagionale Anno 1, che avrebbe incluso due espansioni narrative direttamente collegate alla trama del gioco base, rispettivamente The Ancient Gods Parte 1 e 2.

A poco meno di 5 mesi di distanza dal rilascio del primo, è stato annunciato e pubblicato anche il secondo, come un fulmine a ciel sereno. Ovviamente, non abbiamo esitato nel voler tornare in quel mood infernale (cosa che facciamo sempre volentieri e con un certo sadico sorriso) per goderci un po’ di sano divertimento e completare l’opera.

A seguire, dunque, la recensione di Doom Eternal The Ancient Gods Parte 2.

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Ancora una volta sul campo di battaglia

Dopo il consueto filmato riassuntivo che ci ricorda il cliffhanger finale di Parte 1, l’obiettivo dello Slayer sarà quello di porre fine una volta per tutte a questa eterna battaglia.

Nei suoi panni dovremo infatti raggiungere la città di Immora, la capitale dell’Inferno, dove il Signore Oscuro ci attenderà per uno scontro finale rituale, la quale vittoria dello Slayer sancirebbe l’eliminazione di ogni forma di vita demoniaca nella dimensione, mentre la sconfitta farebbe sprofondare all’inferno il mondo che conosciamo, ponendo fine all’umanità.

Nonostante Eternal e The Ancient Gods Parte 1 proponevano un impianto narrativo basilare e tutt’altro che preponderante, si notava quantomeno il tentativo di raccontare qualcosa, mentre con Parte 2 abbiamo avuto l’impressione che ID Software non ci abbia nemmeno provato: le vicende fileranno infatti lisce senza alcun colpo di scena, approfondimenti di contesto o dialoghi d’impatto, precludendo quindi l’opportunità di dare al giocatore quella carica emotiva che avrebbe potuto rendere tale finale memorabile narrativamente parlando.

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Ma a rendere sensazionale l’avventura dello Slayer ci ha pensato ancora una volta il comparto estetico: nonostante le ambientazioni siano un po’ più generiche e meno speciali rispetto a quelle del primo DLC, il lavoro svolto nella loro realizzazione artistica continua ad essere notevole grazie alla cura ancora una volta maniacale di ogni dettaglio estetico, sia nel micro che nel macroscopico.

Doomslayer… uniti!

In particolare, l’epica grande battaglia su larga scala che vede l’esercito umano e quello demoniaco scontrarsi a viso aperto nei campi di Immora è qualcosa che difficilmente dimenticheremo: di palese ispirazione all’ultima opera cinematografica di Avengers, essa rappresenta probabilmente l’unico elemento del DLC a darci l’idea di “grande finale”, grazie all’imponente quantità di soldati corazzati, navicelle, mezzi spaziali e creature volanti (giunti sulla zona tramite enormi portali, ndr.) impegnati in un brutale combattimento all’ultimo sangue contro le immense schiere demoniache, in un tripudio di proiettili, esplosioni, sangue e violenza.

A spiccare in mezzo a tutto ciò vi è l’imponente battaglia tra le due unità più possenti in campo, dalla parte umana vi è un immensa armatura robotica degna di Warhammer, mentre da quella demoniaca si erge un gigantesco colosso infernale.

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Per quanto tali elementi non siano altro che background, siamo rimasti ad osservare tali scene di battaglia tutt’intorno a noi per diversi minuti, e ci ha fatto piacere notare la numerosa quantità di animazioni uniche e interazioni specifiche tra i modelli delle varie unità.

Quindi, nonostante l’occhio riceva la sua parte in termini di epicità e resa scenica, la sensazione di indifferenza provata nei confronti della narrazione rende tutto un po’ troppo fine a sé stesso, dando l’idea di occasione sprecata.

A tal proposito, sottoscriviamo quanto detto nella recensione del primo DLC, ribadendo quanto avremmo preferito che ci venisse raccontato qualcosa di esterno ed a sé stante, piuttosto che una reale continuazione (e quindi conclusione) della storia principale, e riservando quindi l’imponente battaglia finale sopracitata per un altro capitolo futuro, che potesse dare maggiore enfasi a tali sequenze.

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Ma, a livello di valutazione ed importanza del titolo, tutto ciò passa velocemente in secondo piano per dare ancora una volta spazio al gameplay, che rimane comprensibilmente ed indiscutibilmente l’aspetto più importante di Doom.

Imparare dai propri errori

Laddove in precedenza criticammo l’eccessivo aumento di difficoltà causato da una ingiustificata puntigliosità nei vari aspetti del combat design degli scontri del primo DLC, possiamo tranquillamente confermare che tale problematica sia stata risolta.

Nonostante anche in questo caso le arene non presentino chissà quale guizzo in termini di level design, le ondate di demoni mandate ad ucciderci saranno dilatate e distribuite in modo più leggero, dando nuovamente al giocatore quel respiro e quel controllo in termini di approccio strategico in grado di rendere giustizia al meraviglioso ciclo di combattimento che aveva reso speciale il flusso del gioco base, abbandonando quindi le situazioni oltre al limite del caotico che avevamo dovuto superare nel precedente contenuto.

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Ciò significa che The Ancient Gods Parte 2 sia più semplice della Parte 1? Si e no.

Nonostante le ondate infernali si siano placate rispetto a prima, vi sarà tra di esse qualche nuova aggiunta: se avevamo definito le nuove unità del precedente DLC come fastidiose e noiose, questa volta sono rappresentate da versioni modificate di quelle già presenti, da sconfiggere tramite mod e meccaniche specifiche e che in alcuni casi cambiano radicalmente l’approccio alla battaglia.

Mentre dal lato nostro, otterremo un nuovo potente equipaggiamento, il Martello delle Sentinelle: una volta caricato tramite esecuzioni, potremmo usarlo per sferrare un attacco ad area in grado di danneggiare e stordire i nemici e, se combinato con la granata congelante o il lanciafiamme, ne aumenterà notevolmente la quantità di salute/corazza da essi rilasciata.

Se volessimo fare un appunto riguardo il bilanciamento, riguarderebbe proprio tale arma: essa infatti sarà in grado di salvarci la pelle nei momenti più rischiosi in modo un po’ troppo comodo e senza che vengano richieste abilità particolari da parte del giocatore per utilizzarla.

Inoltre, il martello potrà essere potenziato in modo estremamente lineare tramite le modalità Escalation.
Molto simili ai cancelli Slayer, tali arene (una per ogni missione) ci vedranno affrontare due imponenti ondate di nemici (entrambe opzionali), la prima ci ricompenserà proprio con un bonus passivo al martello, mentre la seconda, ben più ardua, ci darà in cambio dei cosmetici estetici per lo Slayer.

Nonostante esse rappresentino senza dubbio le sfide più complesse ed ardue dell’intero contenuto, anche nel loro caso vi è una distribuzione della difficoltà nelle ondate decisamente più coerente e permissiva.

Perché ID Software, perché?

Una nota a margine va fatta per quanto riguarda la vera battaglia conclusiva, quella contro il boss finale: senza ricorrere più di tanto a spoiler, ci basta dire che si distacca notevolmente dallo stile classico delle bossfight di Doom, proponendo per la prima volta un approccio estremamente meccanico ed impostato, talmente tanto che ID Software ha dovuto inserire durante lo scontro stesso una serie di sgradevoli “schermate tutorial” che spiegassero come sconfiggere il nemico passo per passo, distruggendo completamente il ritmo di gioco, la carica di adrenalina che poteva esserci e qualsivoglia forma di libertà d’approccio nel combattimento.

Questa è senza dubbio una delle scelte di design più curiose che ci sia capitato di vedere di recente, specialmente perché si tratta dell’ultimo effettivo scontro in assoluto di questa nuova saga dello Slayer, quello che dovrebbe rappresentare l’apice del già maestoso combat system alla base del reboot del 2016, arricchito e perfezionato in Eternal e in questi due contenuti stessi.

Anche a tal proposito ribadiamo la nostra perplessità nell’ aver preso tali decisioni proprio qui: se tale bossfight fosse appartenuta ad un altro titolo o ad un’espansione di secondaria importanza per Doom, avremmo anche potuto trovarla in qualche modo gradevole, data la sua anormalità.

Purtroppo, vi è stata un’ulteriore involuzione sia nelle fasi platform che in quelle esplorative: per quanto riguarda le prime, è stato introdotto il rampino della doppietta come metodo di spostamento nello scenario, tramite specifici nuclei al quale è possibile agganciarsi per prendere slancio e muoversi rapidamente; ciò non riesce però ad offrire alcuno spunto di divertimento o sfida a sequenze platform di intermezzo tendenzialmente molto banali e che seguono schermi già visti e rivisti in precedenza.

Stesso discorso parlando di esplorazione: laddove nei precedenti contenuti era richiesta una buona dose di curiosità e pazienza per trovare e scovare i numerosi segreti distribuiti con astuzia in giro per le mappe di gioco, in The Ancient Gods parte 2 i pochi collezionabili presenti (giusto qualche vita extra e pagina del Codex, ndr.) sono posizionati tendenzialmente nelle vie principali.

Praticamente impossibili da non notare, questo aspetto elimina quasi completamente la rigiocabilità in termini di completismo (vi lasciamo immaginare il nostro stupore nel renderci conto che, alla fine di ogni livello della nostra blind run, eravamo riusciti a trovarli tutti senza pressoché il minimo sforzo, cosa che non era mai successa in precedenza).

Conclusioni

Nonostante The Ancient Gods Parte 2 presenti qualche spunto interessante, accortezze sul combat design ed una buona dose di epicità a livello scenico, l’indifferenza lasciataci dall’opera una volta terminata è qualcosa che non avremmo voluto provare: una pressoché totale mancanza di mordente narrativo ed una bossfight finale completamente fuori dagli schemi danno una forte sensazione di “occasione sprecata” per rendere giustizia alle gesta dello Slayer, soprattutto considerando che The Ancient Gods Parte 2 è, e vuole essere a tutti gli effetti, il punto conclusivo di questa nuova saga.

Se a ciò ci aggiungiamo una generale mancanza di reali guizzi in termini di design e qualche scivolone creativo nelle sequenze platform ed esplorative, possiamo dire a nostro malincuore che a nostro avviso, questo secondo DLC di Doom Eternal rappresenti il punto più basso dai tempi del reboot del 2016.

Nonostante ciò, rimane un contenuto godibile, divertente e consigliabile per tutti coloro che hanno amato gli altri giochi e che, molto semplicemente, “ne vogliono ancora“.

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Mattia Mariano

Salve a tutti, sono Mattia, e da circa 18 anni ho un'intesa passione per il mondo dei videogiochi, e con essa mi porto dietro una forte propensione alla discussione e al dialogo il più discorsivo possibile riguardo questa incredibile arte.

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