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Anselm, la recensione: raccontare l’arte attraverso l’arte

Abbiamo avuto l’opportunità di vedere in anteprima Anselm, il nuovo lungometraggio firmato Wim Wenders. Narra sostanzialmente la vita dell’eclettico e rivoluzionario Anselm Kiefer, pittore e scultore tedesco neo-espressionista noto per la sua immensa arte politica e fortemente provocatoria che ha avuto il suo splendore fra gli anni Settanta e Ottanta.

A prima vista può sembrare un semplice documentario ma in realtà, come tutte le opere di Wenders, anche Anselm si propone di essere un’esperienza cinematografica che immerge e coinvolge emotivamente lo spettatore, grazie anche alla scelta di proiettarlo in 3D.

Ci avrà colpito? Vale la pena andarlo a vedere? Rimanete con noi se volete scoprire la risposta!

Chi è Anselm?

Anselm Kiefer è un pittore e scultore tedesco. Nato nel 1945 a Donaueschingen, nella Germania Sud-Est, viene acclamato fin da giovane per il suo talento. A soli sedici anni vince un noto premio artistico nel suo liceo e parte per un viaggio sulle tracce di Van Gogh, ripercorrendo i suoi luoghi storici e lavorando persino in una fattoria vicino alla sua vecchia casa.

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Dopo aver lasciato la facoltà di Legge nel 1966 per passare a quella di Pittura, nel 1972 incontra il maestro Joseph Beuys, con il quale condividerà un certo stile comunicativo da quel momento in avanti. Le opere di Anselm infatti sono accomunate dalla volontà di non voler dimenticare il passato, riconoscendo e criticando la brutale presenza del nazismo attraverso la rivisitazione di miti, gesti ed eroi tedeschi strumentalizzati dalla dittatura stessa.

In particolare, in questo periodo, il pittore realizza l’opera Le Occupazioni -Besetzungen-, una raccolta di fotografie in cui si ritrae provocatoriamente in diversi luoghi dell’Italia e della Germania mentre esegue il saluto nazista. Benché fossero anni in cui parlare di totalitarismi era ai limiti della censura, la critica di allora aveva frainteso il suo messaggio e lo aveva semplicemente etichettato come un fanatico. Additato ormai come un nostalgico e un nazionalista, Kiefer si allontana così dall’esporre la sua arte nella sua terra natia e comincia a diffonderla in Europa e nel mondo.

Nel 1980 la Biennale di Venezia gli dedica una mostra personale e nel 1982 ottiene una calorosa accoglienza da parte della critica artistica statunitense.

In questo periodo Anselm sposta la sua attenzione verso il tema dell’olocausto e si lascia ispirare dalle struggenti e tragiche poesie di Paul Celan per diverse sue opere, costituendo una raccolta chiamata Per Paul Celan. Attorno agli anni Novanta vince inoltre diversi premi, fra cui il Premio Wolf nel 1990 e il Premio Imperiale nel 1999.

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Distruzione, disperazione, oscurità, inquietudine e immensità: queste sono solo alcune delle caratteristiche principali dell’arte di Anselm Kiefer. Nella sua vita ha affittato intere fabbriche e capannoni per ospitare opere d’arte di ogni tipo e dimensione, con l’obiettivo di rimpicciolire, immergere ed emozionare profondamente lo spettatore. L’artista è noto, oltre che per la grandezza delle sue opere, anche per la particolarità delle tecniche e dei materiali utilizzati, come paglia bruciata, catrame o vestiti stracciati.

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Oggi le opere di Kiefer sono visibili in Italia all’esposizione Angeli caduti di Palazzo Strozzi a Firenze, aperta fino al 26 luglio 2024. L’HangarBicocca a Milano, inoltre, ospita permanentemente il gruppo scultoreo de I sette palazzi celesti.

Uno storytelling fuori dagli schemi per un artista fuori dagli schemi

La vita e le opere di Anselm potevano essere descritte e orchestrate solo da un regista come Wim Wenders. Come abbiamo potuto già evincere da Perfect Days, Tokyo-Ga, Il cielo sopra Berlino e altre innumerevoli pellicole, Wenders è un mago della direzione artistica: unisce in maniera sinestesica musiche, suoni e inquadrature, trasportando lo spettatore in un altro mondo.

L’obiettivo di Anselm non è tanto quello di presentare l’artista, quanto invece quello di raccontarlo attraverso le sue opere e il suo passato. Kiefer infatti passeggia silenziosamente nello studio e nei luoghi della sua vita, accompagnandoci per mano nel suo viaggio e ospitandoci mentre produce davanti a noi i suoi monumenti. Gli interventi a voce sono ridotti al minimo, lasciando tutto lo spazio necessario spazio a quadri, sculture e dipinti.

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Un espediente narrativo particolare che Wenders ha deciso di utilizzare per raccontare la giovinezza del pittore è quello di alternare l’Anselm del presente con un Anselm bambino, curioso e appassionato di letteratura tedesca e disegno. Anche se a volte non risulta immediato capire il contenuto di alcune scene con lui protagonista, abbiamo ampliamente apprezzato la chiusa finale in cui Kiefer lo prende in spalla, simboleggiando così un’unione fra passato, presente e futuro.

Un altro espediente che colpisce positivamente, questa volta dal lato artistico, è la modalità attraverso cui il regista ha deciso di mostrarci testimonianze audiovisive dello scultore o del periodo della Seconda Guerra Mondiale. Non ci vengono presentate classicamente a tutto schermo, ma vengono proiettate su drappi bianchi e stracci appesi per tutto lo studio. Così facendo, si genera un effetto quasi dissociativo nelle nostre menti, come se stessimo guardando un film dentro a un film.

Tale sensazione è alimentata e ampiamente amplificata anche dal 3D. Ci sentiamo vicini alle opere di Kiefer, come se le potessimo tastare e toccare con mano, ma al contempo ci sembrano distanti: le musiche, in particolare il sottofondo generato dall’alternanza delle varie voci femminili protagoniste del complesso scultoreo Le donne dell’antichità, ci inquietano nel profondo. L’esito di queste due forze è un’emozione complessa e contraddittoria che fatichiamo a descrivere a parole. L’atmosfera cupa genera sensazioni negative, ma piacevoli al punto da essere stimolati a concludere tranquillamente il documentario.

Conclusioni

Anselm non è solamente un documentario, ma una piccola perla cinematografica che mostra l’unione e la sincronia di due stupendi estri creativi. Personalmente non conoscevo l’artista prima di vedere il film, tranne per l’opera presente nell’HangarBicocca, ma ho volutamente deciso di non informarmi preventivamente per capire cosa si poteva cogliere solamente dal documentario.

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Wenders riesce a donare allo spettatore un’immagine quanto più completa possibile dell’artista, mostrando chiaramente la sua filosofia e il suo modo di fare arte. Anselm si racconta intimamente attraverso se stesso e le sue opere, lasciando una grande impronta nelle menti dello spettatore.

Anselm è quindi un bellissimo testamento creativo di Kiefer che lega storia, pittura, scultura e cinematografia sotto lo stesso lungometraggio. Un viaggio di un’ora e mezza nella vita di uno degli artisti più eclettici e misteriosi del Novecento.

Scrittura
7.5
Direzione artistica
10
Comparto tecnico
8
Regia
8
Pros
Immersione a 360° nelle opere di Kiefer
Modalità di esposizione di foto e video dell’artista innovativa
Inquadrature e riprese mozzafiato
Ottima alternanza fra suoni e rumori
Cons
Storytelling non adatto a tutti e a tratti difficile da comprendere
Mancanza di testimonianze da parte di chi ha vissuto Kiefer da vicino
Espediente di Kiefer da bambino riuscito a metà
8.4
VOTO
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Elisabetta Giardi

Sono cresciuta con pane, videogiochi, anime e arte. I miei studi e la mia passione verso le scienze umane mi permettono di guardare e giocare con uno sguardo diverso, riuscendo a cogliere molte scelte stilistiche e ad attribuire loro un significato più profondo.

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