Sembra incredibile che James O’Barr, ex illustratore per l’esercito americano, abbia ottenuto fama mondiale con un’unica opera. Non solo perché non vi è alcun suo lavoro antecedente ad essa, tolti naturalmente gli scritti del suo precedente impiego. Tuttavia Il Corvo, graphic novel del 1989, ha contribuito ad annoverarlo tra i più influenti autori della nona arte.
Questa storia dal soggetto semplice, ma dalla resa estetica profonda, che unisce elementi romantici, gotici e violenti, ha ispirato canzoni, serie televisive e naturalmente film. Di questi il più famoso è la trasposizione del 1994 di Alex Proyas con Brandon Lee nella parte di Eric, cui seguirà un altro di prossima uscita.
Prima di parlare del fumetto in sé, non si può non parlare di ciò che ha ispirato l’autore alla sua creazione. Il dolore che vuole trasmettere Il Corvo è infatti indissolubile dalla sofferenza provata da O’Barr e che lo ha spinto a scriverlo. Un altro esempio di come, per permetterci una piccola licenza poetica, l’arte imiti la vita.
Due sono i fatti reali che hanno sconvolto James O’Barr al punto da ispirargli la concezione di Il Corvo. Il primo, nonché più personale, è la perdita della sua fidanzata, la “ragazza che era Shelly”, come lui stesso la descrive nell’introduzione della seconda edizione del fumetto. Costei, convinta dal ragazzo a raggiungerlo a casa sua perché lui non aveva pagato l’assicurazione dell’auto, è stata investita da un ubriaco. James si è dato la colpa per anni dell’accaduto, finché non ha trovato il modo di perdonarsi proprio grazie al suo fumetto, così come Eric trova la forza di perdonarsi per non aver fatto abbastanza per salvare la sua Shelly.
Il secondo è un fatto di cronaca accaduto poco tempo prima a Detroit, città natale di James O’Barr. una coppia è stata uccisa brutalmente da una banda di teppisti per un anello da 20 dollari.
O’Barr ha voluto immettere tutta questa ingiustizia, morte e pena ne Il Corvo, appunto per esorcizzare il dolore provato da questi due avvenimenti. Come dice John Bergin nell’introduzione all’edizione in volume del 1992, “James ha scritto questo libro perché era morto dentro, ma respirava ancora. Il Corvo ci arriva da un annullamento personale che va oltre il dolore, sofferenza e parole. […] Ed è un modo per trovare un senso e una giustizia dove non ce ne sono.”
Un fantasma si aggira per Detroit. O meglio, è quello che a prima vista passerebbe per un fantasma. Un muscoloso uomo dalla carnagione spaventosamente pallida, che contrasta col suo trucco nero. Le parole che pronuncia sono tristi e poetiche. Questo fantasma si aggira per la città uccidendo uno dopo l’altro criminali di basso rango, con un nome che riecheggia ossessivamente tra un’apparizione e l’altra: T-Bird.
Questo fantasma è Eric, o almeno lo era. Un uomo brutalmente assassinato da un gruppo di fuorilegge, costretto a guardare moribondo la sua ragazza, Shelly, mentre veniva violentata e uccisa dalla banda e dal loro capo, T-Bird.
Sofferenza, tristezza e rabbia accumulate in una sola notte lo hanno fatto tornare alla vita. Guidato dal Corvo, un’entità oscura, si fa strada in cerca degli uomini responsabili dell’eccidio. Perché la vendetta è tutto ciò che gli rimane.
O forse no? Cosa può esserci di più terribile e potente della vendetta da spingere un’anima tormentata a risorgere dalla tomba e ripulirsi l’anima al contempo ripulendo la città dalla feccia criminale? Forse la redenzione da qualcosa di cui continua a incolparsi
Nel suo L’Impostore, Javier Cercas ripete più volte la frase la realtà uccide, la finzione salva, affermazione importante non solo per il romanzo in sé, ma, in questo caso, per la narrativa in generale. Trasporre il proprio dolore tramite una creazione d’intelletto è il modo principale in cui un artista può liberarsene, o quantomeno conviverci.
Pertanto, l’unico modo in cui James O’Barr avrebbe potuto liberarsi dalla sofferenza della perdita e dell’ingiustizia nel mondo era trasporre tale sofferenza in una storia. Una storia in cui un uomo provava il suo stesso male, moltiplicato più e più volte, ma che aveva anche la forza fisica e morale di liberarsene.
Ma, come spiegato sia da James che da Eric, la vendetta è ciò che spinge Eric a proseguire nella sua strada lastricata di cadaveri, ma solo superficialmente. Il vero motivo che spinge sia lui che il suo autore è il desiderio di redenzione. Arrivare, tramite la storia, a liberarsi dalla colpa ingiustificata di non aver fatto abbastanza è l’epifania alla quale aspirano sia O’Barr che Eric. La vendetta diventa dunque un mero mezzo per arrivare a un fine, la pace con sé stessi, da raggiungere dopo una sofferta elaborazione.
Noi, come lettori, siamo in grado solo di raschiare la superficie di questo buco nero di disperazione, percepirlo e comprenderlo, grazie anche ai numerosi contrasti nei disegni e nella storia. Ma non possiamo fare più di così, perché, per permetterci un’ulteriore licenza poetica, se guardiamo troppo a lungo in un abisso, esso ci restituirà lo sguardo.
Molto spesso ci si dimentica di come ne Il Corvo amore e morte siano sullo stesso piano. Questo non solo per la morale intrinseca espressa precedentemente, ma anche per la resa visiva e narrativa. Tale simmetria è messa ancor più in evidenza nella nuova edizione del 1992, in cui sono presenti i flashback tra Eric e Shelly. Grazie ad essi i lettori riescono a empatizzare ancora di più con i personaggi, a riconoscere nell’amore tra i due una consapevolezza positiva, in contrasto con l’odio e la violenza di Eric nel tempo presente.
Scene di semplice vita quotidiana, come fare il bagno insieme, dipingere la propria casa o sognare un futuro, non sembrano mai fastidiosamente mielose come spesso accade in prodotti analoghi, forse proprio perché trovano le loro origini nella relazione tra l’autore e la “donna che era Shelly”.
Altro esempio, presente questo già nella prima edizione, è il tentativo di Eric di salvare la giovane Sherry, la quale nel film del 1994 è presente nel personaggio di Sarah, come se intendesse mantenere viva una piccola luce di speranza in questo mondo di oscurità. L’assonanza tra il suo nome e quello della sua ormai defunta fidanzata non è certo una coincidenza.
Tali equilibri sono accentuati anche da interludi tra capitolo e capitolo, in cui vengono proposte poesie di autori come Rimbaud, Fyleman e lo stesso James O’Barr. Esse non sembrano fuori posto rispetto al resto del fumetto, proprio perché espongono gli stessi temi affrontati nei capitoli precedenti e successivi e sono manifestazione ulteriore della mente ormai contorta di Eric.
La violenza nel fumetto non è dunque mai artificiosa, ma opposta alla felicità del passato. Mentre si sfogliano le pagine e ci vengono presentati sempre più questi contrasti, non li percepiamo come in dicotomia, quanto più in equilibrio, in una danza macabra come quelle effettuate da Eric nella vecchia casa appartenuta a lui e alla sua amata.
Lo stile grafico di O’Barr unisce inchiostrazioni pesanti ad anatomie manieriste, quasi cartoonesche, ma non è l’unico presente: nelle sequenze oniriche, l’autore predilige infatti un approccio più dettagliato e realistico, con tratti leggeri e un utilizzo certosino dei grigi per conferire leggerezza alle sue figure.
Quest’alternanza sarà sempre meno presente da capitolo a capitolo, più da tavola a tavola, altre volte nella stessa pagina in riquadri diversi, per rappresentare diversi stati d’animo al lettore più ci si avvicina al climax.
Le tavole giocano con la bicromia: molto spesso saranno le ombre stesse a creare immagini, in uno stile che ricorda quello della storica serie animata di Batman, in cui si iniziava a disegnare su tavole nere per aumentare l’effetto di oscurità.
Il Corvo è molte cose. Un fumetto e una confessione, una storia dell’orrore e una storia vera, una storia di vendetta e d’amore, un’elaborazione del lutto e un tentativo di un autore di trovare la pace con sé stesso. Una successione di contrasti visivi e intrinsechi che riescono comunque a trovare una propria armonia.
Un’opera letteraria che da quarant’anni continua a terrorizzare i lettori per la sua cruda poesia. Da recuperare assolutamente nell’edizione BD del 2013, per avere una visione completa e anche ampliata di uno dei fumetti più rappresentativi degli anni ’80.
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