Recensioni

The Ancient Gods – Parte 1: la recensione del nuovo DLC di Doom Eternal!

Doom Eternal: The Ancient Gods - Parte 1

8.2

GAMEPLAY E LONGEVITÀ

8.0/10

COMPARTO GRAFICO E SONORO

9.3/10

COERENZA E CURA DEL DETTAGLIO

7.2/10

Pros

  • Vario
  • Estetica clamorosa

Cons

  • Sbilanciato
  • Eccessiva puntigliosità nel combat design
  • Difficile, ma nel modo sbagliato

Ebbene si, siamo giunti al quarto trimestre di questo 2020 videoludiche con tante sorprese, annunci ed attese: tra queste ultime non possono non spiccare le console di nuova generazione, che già dalle anteprime promettono scintille nello sviluppo e nell’evoluzione tecnologica del medium.
Però, cosa servirebbero le suddette ed avanzate macchine da gioco senza i videogiochi?

Dopo la prima ed intensa “tranche” di uscite videoludiche avvenuta intorno a marzo, eccoci nuovamente nel periodo di fuoco dell’anno, nel quale ci attendono titoloni quali Cyberpunk 2077, Call of Duty Black Ops: Cold War, Watch Dogs Legion e Assassin’s Creed Valhalla: ecco, Bethesda ha deciso di partecipare anche a questa seconda grande sequenza di rilasci videoludici con quella che è probabilmente la sua IP più in forma degli ultimi anni, pubblicando The Ancient Gods – Parte 1, il primo DLC di Doom Eternal.

Lo abbiamo approfondito nel dettaglio e siamo pronti per parlarvene!

The Ancient Gods: DLC solo nel contenuto!

La prima cosa da sapere su The Ancient Gods è rappresentata dalla sua natura prettamente ludica, in quanto vi sono una serie di elementi di continuità diretta collegati e consecutivi rispetto al gioco base, partendo dalla narrazione.

Dopo un piccolo spezzone di trama che riassume brevemente gli eventi avvenuti in Eternal (e, per estensione, il modo in cui eravamo riusciti a salvare il mondo alla fine della storia), il gioco ci introdurrà in modo decisamente diretto quella che è la nuova minaccia in campo: i demoni sono tornati, e hanno intenzione di interagire con un certo Regno Celeste per estendere il loro dominio in dimensioni spaziali parallele e dominare sull’umanità.

Toccherà ovviamente a noi giocatori, nei panni del Doomslayer, a risolvere la situazione: come? Esatto, non sicuramente a parole e diplomazia.

In questi termini, nonostante siano presenti diversi eventi, dialoghi, personaggi e pure qualche colpo di scena, continuiamo ad essere decisamente più coinvolti ed interessati da quelli che sono gli elementi di lore e contesto narrativo un po’ più esterni, racchiusi nel codex e nei documenti collezionabili in forma testuale, in quanto la trama continua a limitarsi al solito schema narrativo già visto in Eternal e in molte altre opere: a suon di pallottole e armi di grosso calibro, riusciremo ad accedere a determinate ambientazioni (terrene o non che siano), interagire con l’oggetto cosmico/personaggio divino di turno e infine sconfiggere la minaccia principale a capo delle operazioni demoniache, proposta sotto forma di boss fight.

Quindi, la sua forma narrativa delinea delle vicende che sanno molto più di sequel diretto che di contenuto secondario, un po’ come avvenne con i due episodi espansivi di Half Life 2 anni e anni fa, sottolineando ovviamente l’immenso baratro qualitativo in termini di racconto tra le due saghe; non è una sicuramente stata questa la scelta che ci ha convinto a volerlo giocare e ad averne hype ma anzi, considerando l’impronta narrativa tutt’altro che di primaria importanza dell’opera (e di tutta la saga), avremmo preferito un racconto diverso, autoconclusivo e di contorno.

Troppe chiacchiere, è tempo di sparare!

Ma la storia non è assolutamente l’unico elemento del DLC  ad essere “consecutivo” rispetto al gioco base, ma lo è anche dal punto di vista del gameplay e dell’equilibrio di gioco: se in Eternal base iniziavamo con una sola arma da fuoco e privi di abilità in arene iniziali dalla difficoltà quasi nulla, in The Ancient Gods avremo già tutte le armi, le mod e le abilità del gioco base, potenziate al massimo.

Che gusto ci sarebbe però, se con tale ben di dio di equipaggiamenti, il gioco ci facesse affrontare nemici “come se fossimo solo all’inizio”? Nessuno, infatti già dai primi minuti le ondate saranno belle consistenti, e vi saranno sin da subito anche i demoni più potenti.

La logica vorrebbe che tale equilibrio tra arsenale a disposizione e la grande quantità di minacce da affrontare sia qualcosa che renda la difficoltà tutto sommato proporzionata e bilanciata, ebbene non è così.

Per spiegare meglio questo concetto useremo un parallelismo in ambito culinario: quando un cuoco prepara un piatto di alto livello, il suo compito principale è quello di gestire al meglio ogni ingrediente, cucinandolo e dosandolo in base alle sue proprietà , trovando il giusto equilibrio tra i gusti e che possa dare al piatto una varietà di sapori interessante.
Cosa succederebbe però, se nel suddetto piatto venissero inseriti ingredienti di qualità ed elaborati a fondo senza che vi sia però il giusto dosaggio in termini di quantità? Tutto il piatto perderebbe di senso, rischiando di essere eccessivamente pesante per lo stomaco o di far si che certi sapori finiscano per sovrastarne altri ecc.

Ecco, questo è esattamente quello che succede in The Ancient Gods: se la curva di difficoltà di Eternal era tutto sommato in linea con l’acquisizione di armi e abilità dello slayer, qui viene tutto quanto stravolto sin da subito, i nemici inizieranno a spawnare continuamente, senza sosta e senza una logica, dandoci l’impressione che il gioco li prenda a caso dalle sue scorte e li buttasse dentro a manciate; e anche dopo lunghi minuti di combattimento intenso, non appena si avrà la convinzione che l’ondata stia per finire, ecco che ne arrivano dal nulla altre decine, pronti ad assaltare il giocatore ormai sfinito.

Ricordate quando, nella recensione del gioco base, vi parlammo di come più ci si avvicinava alla fine e più le ondate diventavano una semplice sequenza di resse demoniache al quale sparare senza ritegno, cercando di sfoltire il gregge come se fosse un musou degli sparatutto?

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Ecco, questa è proprio la sensazione che si ha durante l’intera “avventura” di The Ancient Gods, ma ancor più marcata ed esagerata: ci è voluto veramente poco tempo a capire quanta disattenzione sia presente in tale combat design, e siamo rimasti stupiti di come ID Software abbia sbadatamente voluto rendere tale contenuto più difficile con pretesti e modalità così becere, finendo per rendere l’esperienza solo più frustrante, fastidiosa e stancante.

Close quarters?

Proseguendo con il nostro parallelismo culinario, cosa succederebbe se la pietanza sopra descritta, invece di essere ben impiattata e distribuita con attenzione nel piatto, venisse “appallottolata” con pigrizia in una ciotola qualsiasi?

Perché è esattamente quello che succede con le arene di The Ancient Gods: non solo le ondate sono eccessivamente lunghe e sfiancanti, ma saremo costretti ad affrontarle pure in ambientazioni piccole e dagli spazi stretti, rendendo completamente vane quelle meravigliose abilità di movimento – e, per estensione, libertà d’azione e capacità di ingaggio – di Doom Eternal (fatta eccezione, anche in questo caso, per quelle verso la fine del gioco, che soffrivano a nostro parere dello stesso identico problema).

Durante i vari cicli di combattimento delle varie ondate, ci è capitato davvero troppe volte di finire in cunicoli stretti senza via di scampo, rimanendo materialmente e fisicamente bloccati in mezzo a gruppi di demoni accalcati (anche dalla stazza non propriamente minuta, come il Mancubus) nel tentativo di scappare per salvare la pelle (pur avendo doppi scatti e doppi salti a disposizione), facendo inevitabilmente una fine orribile.

La nostra “zanzara videoludica”

Come se tutte queste esagerazioni non bastassero, ID Software ha furbescamente pensato di inserire nuovi tipi di nemici, che però invece di essere effettivamente tali (demoni volanti particolari piuttosto che altri tipi di creature con attacchi unici ecc.) non fanno altro che risultare come dei grossi, enormi elementi di disturbo (come torrette che sparano e compaiono ad intermittenza e spiriti eterei che potenziano i demoni, e che possono essere sconfitti solo con il fuoco secondario del fucile al plasma) che, invece di donare varietà alla schiera di demoni, non fanno altro che punzecchiare il giocatore, complicandogli una vita già non propriamente rosea e sottraendogli ulteriore divertimento in favore di una sfida fastidiosa e forzata in più.

Nonostante anche questo elemento ci abbia dato svariate noie, ci sentiamo in dovere di difendere in parte questa scelta in quanto già il gioco base offriva una varietà davvero notevole di demoni differenti, e che sarebbe stato forse un po’ troppo pretenderne altri nuovi e ben diversificati in questo contenuto.

Dal punto di vista del concept design generale, abbiamo invece apprezzato la presenta di nuove meccaniche ambientali, contestualizzate a dovere e che riescono a dare a determinate mappe di gioco un che di unico: alcuni fiori rilasceranno spore velenose che, esplodendo, ci danneggeranno ed offuscheranno la vista, la nebbia ambientale di una palude che invece ce la limiterà ed una serie di altri elementi che hanno dato una buona dose di varietà, sia per quanto riguarda il combat system che l’aspetto platform/esplorativo delle suddette aree.

Fiato mozzato di netto

Quello che è, a nostro avviso, il più grande punto di forza della produzione, risiede senza ombra di dubbio nelle ambientazioni: esse apparterranno a tre tipi di biomi differenti (uno per ogni missione) e, se la loro resa grafica rimane in linea con quella riposta in quelle di Doom Eternal (quindi di altissimo livello), quella estetica ed artistica è andata decisamente oltre le aspettative.

Già il gioco base presentava panorami spettacolari, hitboxes imponenti e una resa generale splendida (grande anche ad un sistema d’illuminazione da applausi), immaginate questa stessa cura ma riposta in ambientazioni davvero diverse rispetto a quelle che siamo abituati a vedere in Doom, talmente uniche e solenni da essere quasi estraneanti: la loro maestosità è a livelli talmente elevati che ci si scorda quasi di essere in un titolo dal mood così caciarone.

Conclusioni

The Ancient Gods – Parte 1 è la dichiarazione di intenti di una ID Software che, per una buona volta, preferisce offrire più spunti di varietà nei vari ambiti videoludici dell’opera piuttosto che focalizzarsi unicamente sul combat system e sul suo equilibrio: la loro immaginazione esplode in un contenuto estremamente vario, che propone ambientazioni ancor più belle e speciali, in situazioni e contesti nuovi e diversificati e anche in qualche meccanica di gameplay inedita.

Purtroppo, la voglia di rendere l’opera a tutti i costi una sfida di gameplay ha portato lo studio americano a compiere una serie di scelte di design che riteniamo ridicole, a causa di una quantità semplicemente spropositata di nemici da affrontare in certe situazioni, ad arene che fanno di tutto per soffocare il giocatore per colpa della loro scarsa ampiezza e a nuove minacce appositamente inserite per dare fastidio piuttosto che per rendere anche il combat system nudo e crudo ancor più vario e stratificato.

Sia chiaro, il gioco rimane terribilmente divertente e galvanizzante, ma questo è un merito che siamo stati più che onorati di “assegnare” al gioco base da cui proviene e che sarebbe stato impossibile non vedere anche in questo contenuto, per semplice derivazione.

Speriamo con tutto il cuore che ID Software impari la lezione in vista di The Ancient Gods – Parte 2, e siamo convinti che possa rivalutare e ridimensionare il concetto di equilibrio di gioco che a loro è sempre stato caro, ma che purtroppo in questo contenuto è venuto a mancare.

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Mattia Mariano

Salve a tutti, sono Mattia, e da circa 18 anni ho un'intesa passione per il mondo dei videogiochi, e con essa mi porto dietro una forte propensione alla discussione e al dialogo il più discorsivo possibile riguardo questa incredibile arte.

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Mattia Mariano
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