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Ghost of Tsushima, la recensione: i diari di un Samurai

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Ghost of Tsushima

Ghost of Tsushima

7.8

Gameplay e longevità

8.0/10

Comparto grafico e sonoro

7.5/10

Coerenza e cura nel dettaglio

8.0/10

Pros

  • Combat System divertente e variegato
  • Estremamente accessibile
  • L'isola di Tsushima è piena di attività secondarie...

Cons

  • ...che alla lunga però risultano ripetitive
  • La mancanza di un sistema di lock dei nemici rende i combattimenti confusionari

Ci troviamo in una fase di transizione e con il lancio delle console di nuova generazione alle porte, le macchine che abbiamo imparato ad amare ed odiare (e che hanno sopportato le pene dell’inferno) stanno lentamente raggiungendo la fine del loro ciclo vitale. Ma c’è ancora tempo per sparare le ultime cartucce presenti nel caricatore, e come fu per PlayStation 3, Sony vuole regalare alla sua utenza quell’ultima esperienza da portare nel cuore.

Dopo quel capolavoro che è stato The Last of Us parte 2, è finalmente giunto il momento di provare a recensire Ghost of Tsushima, nuova IP sviluppata da Sucker Punch Productions che va a chiudere il ciclo di esclusive dedicate all’ammiraglia di casa Sony

La battaglia sulla spiaggia

Siamo nel 1274, la flotta d’invasione mongola capitanata da Khotun Khan, cugino di Kublai e nipote di Gengis, parte alla conquista del Giappone. Sulla loro strada però si trova l’isola di Tsushima, ultimo baluardo difensivo dello shogunato sotto il dominio di Lord Shimura. La nostra avventura comincia con la battaglia sulla spiaggia di Komoda.
Nei panni di Jin Sakai, nipote di Lord Shimura e ultimo membro del clan Sakai, siamo chiamati a respingere le orde d’invasione mongole. La battaglia termina con una totale disfatta dell’esercito samurai, nostro zio viene catturato e portato al castello di Kaneda mentre noi veniamo dati per morti.

Grazie al salvataggio da parte di Yuna, una ladra del luogo, riusciamo a recuperare la nostra armatura e le nostre fidate katane per partire alla volta del castello di Kaneda con lo scopo di sfidare Khotun in un duello onorevole.

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Ghost of Tsushima, la recensione: i diari di un Samurai 5

Sconfitto, il nostro protagonista si rende conto che con la via dei samurai non potrà mai liberare la sua terra. Incomincia così il viaggio di Jin per l’isola di Tsushima in cerca di nuovi alleati con l’obbiettivo di liberare la propria terra sconfiggendo definitivamente l’esercito di invasori.

Rinnegare il proprio onore

Durante tutto il corso dell’avventura, i ragazzi di Sucker Punch ci pongono davanti all’evoluzione del protagonista da samurai, guerriero che fronteggia il nemico a viso aperto anche a costo di morire in maniera onorevole, in uno shinobi disposto a ricorrere ad ogni mezzo pur di raggiungere il suo scopo. Jin è consapevole che intraprendendo la via dello spettro rinnegherà il proprio retaggio, gli insegnamenti dello zio e l’onore del clan Sakai. Lo studio di sviluppo cerca di spingere in maniera importante sul conflitto interiore che il protagonista deve affrontare, senza però lasciare al giocatore la scelta su quale strada percorrere.

Durante la nostra avventura, possiamo decidere con quale ordine acquisire le tecniche disponibili dando priorità a quelle che si sposano meglio con il nostro stile di gioco, ma non facendoci entrare completamente in sintonia del’evoluzione del protagonista. Questo aspetto risulta ancora più marcato nella seconda metà dell’avventura dove il cambiamento di Jin, colpevolizzato da una sceneggiatura che non riesce a tenere il passo, perde d’importanza.

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Lo spettro immortale

Il sistema di combattimento di Ghost of Tsushima è nel complesso interessante, ma nulla di troppo innovativo: Sucker Punch cerca di unire diverse meccaniche viste altrove nel suo nuovo titolo, riuscendoci però solo in parte. Il buon uso fatto del free flow system e l’ottimo sistema di parata basato sul timing vengono messi in ombra dalla mancanza di un target dei nemici, cosa che tende a rendere gli scontri di gruppo e i duelli caotici. Tale mancanza viene attenuata dalla possibilità di sfidare in un confronto i nemici; tale meccanica, che permette di eliminare diversi nemici in successione, può essere utilizzata indirizzando il fendente con l’analogico sinistro, alternandolo all’utilizzo di strumenti di combattimento.

Davvero interessante l’introduzione di quattro stili differenti di combattimento, ottenibili osservando ed in seguito uccidendo i capitani mongoli sparsi per tutta l’isola di Tsushima. Ogni forma presenta uno skill tree dedicato ed è pensata per fronteggiare un’apposita tipologia di nemico. Sotto questo aspetto Sucker Punch stupisce mettendo a disposizione del giocatore oltre settanta abilità tra attive e passive suddivise in tre categorie principali: samurai, forme, spettro.

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L’uso delle abilità è legato all’indicatore della determinazione: eseguendo parate perfette, contrattacchi e uccisioni, la suddetta barra si riempirà consentendo al giocatore di usare le abilità. Oltre a ciò, l’indicatore della determinazione assume anche la funzione di strumento curativo, poiché, consumandone una delle sfere, Jin recupererà parte della vita. Se invece dovessimo essere sconfitti durante un combattimento, utilizzandone due potremmo contare su una seconda chance.

Interessanti i duelli uno contro uno in cui ci imbatteremo nel corso dell’avventura, soprattutto quelli legati ad uno dei “racconti leggendari”. Questi scontri risultano gestiti molto meglio rispetto a quelli di gruppo ma anche in questo caso a volte si sente la mancanza di un sistema di target con fendenti che a volte colpiscono nel vuoto.

Lo scontro estremamente ravvicinato e la sola possibilità di parare e contrattaccare ricordano gli elementi visti in Sekiro; a differenza dell’opera di From Software però, Ghost of Tsushima vuole essere accessibile al grande pubblico e ben presto il tutto si riduce ad attaccare fino a rompere la guardia dei nemici per poi ucciderli senza mai far sentire realmente appagato il giocatore.

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Artisticamente molto bello, anche se…

Sebbene la struttura di base sia quella di un open world, con tutti i pregi e le criticità che ormai conosciamo, lo studio di sviluppo ha posto grande cura nella realizzazione del mondo di gioco. L’isola è ricca di attività secondarie, accampamenti e fortificazioni nemiche, luoghi d’interesse e segreti posizionati in maniera davvero omogenea, questa disposizione riesce a mascherare la ripetitività delle attività in cui il titolo incappa nella seconda metà dell’avventura.

Ghost of Tsushima è un open world che prende spunto da vari esponenti del genere per la propria realizzazione senza riuscire ad amalgamarli completamente, un esempio di tale problematica è la libertà rapportata alla meccanica di arrampicata. Partendo dalla scalata automatica vista in Horizon Zero Dawn, lo studio di sviluppo crea un sistema che non si sposa pienamente con la struttura del mondo di gioco.

Concettualmente però il lavoro di Sucker Punch differisce in maniera sostanziale da quello dei Guerrilla Games, portando il giocatore ad accorgersi subito di una criticità. Se negli avamposti e nelle roccaforti controllate dal nemico Jin riesce a scalare quasi ogni superficie grazie anche all’uso del rampino, lo stesso non vale durante l’esplorazione libera. La presenza di appositi punti su cui arrampicarsi unita all’assenza di un tasto per scendere in “sicurezza” vanno ad annullare completamente quel senso di libertà estrema, facendoci rimpiangere un sistema di arrampicata più dinamico come quello già visto in Assassin’s Creed.

Ghost of Tsushima, la recensione: i diari di un Samurai 9

Anche se graficamente Ghost of Tsushima accusa leggermente il colpo, Sucker Punch riesce a mascherare le limitazioni del titolo grazie ad un sapiente uso della luce, ad una paletta cromatica a tratti meravigliosa che rimanda ai quadri dei grandi artisti giapponesi e ad un taglio registico incentrato sull’uso di piani medio-lunghi. Teniamo a precisare che in fase di recensione abbiamo utilizzato una PlayStation 4 Fat, e pertanto tali problematiche sono legate perlopiù alla macchina.

Altalenante invece il comparto audio: la colonna sonora che accompagna il giocatore nel corso dall’avventura è di qualità sopraffina, e inoltre la possibilità di suonare il flauto a piacimento (features che influisce anche sulle condizioni meteorologiche, ndr.) contribuisce notevolmente in questo senso. Lo stesso però non si può dire degli effetti audio, che non sempre restituiscono un feedback soddisfacente come nel caso della differenziazione della varie tipologie di armi.

Il doppiaggio in giapponese si attesta su altissimi livelli grazie a doppiatori d’eccezione come Kazuya Nakai, voce di  Roronoa Zoro nell’adattamento anime di One Piece. Davvero gradita è l’aggiunta della Modalità Kurosawa, omaggio al grande maestro del cinema nipponico, che oltre a presentare il doppiaggio giapponese va ad impostare un filtro in bianco e nero con gli effetti delle pellicole del regista. Questa modalità può essere impostata in qualsiasi momento dal menu di pausa.

Ghost of Tsushima, la recensione: i diari di un Samurai 10

La fine del viaggio

Nel complesso, Ghost of Tsushima è un buonissimo titolo che cerca di chiudere a testa alta il ciclo vitale di PlayStation 4, riuscendoci però solo in parte. Grazie ad un’ottimo taglio registico, a citazioni e riferimenti al cinema giapponese e ad alcuni momenti davvero epici, il titolo risulta godibile e scorre abbastanza fluidamente per tutta la sua durata. Prendendo vari elementi da altri esponenti del genere, lo studio di sviluppo confeziona un prodotto che risulta accessibile a tutta l’utenza ma che riesce anche a regalare un buon livello di sfida se affrontato alla difficoltà più alta e con l’HUD completamente disattivato.

Purtroppo però  ci troviamo davanti ad un’occasione mancata, Ghost of Tsushima sarebbe potuto davvero essere quell’erede spirituale di Tenchu che il mondo dei videogiocatori stava aspettando da lungo tempo ma non ha il coraggio di osare fino in fondo. Inspiegabili alcune scelte di game design che mettono in ombra le molte potenzialità del titolo, come la già citata l’assenza del sistema di target dei nemici.

Il nostro viaggio nei diari di un samurai si conclude lasciandoci l’amaro in bocca: come nel caso di Jin l’ultimo lavoro di Sucker Punch cerca di intraprendere più strade senza però riuscire mai a dare il massimo in nessuna di esse.

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Tecnico informatico di giorno, videogiocatore incallito la notte e otaku in ciò che rimane delle sue giornate Eduardo "Dundam" Bleve inizia il suo percorso nel mondo videoludico con un game boy color, due pile stilo e la cartuccia di WarioLand. Nel cuore porta interminabili battute di caccia su Monster Hunter, sua saga preferita che lo accompagna dall'era Playstation2

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