Sono passati circa dieci anni da quando Myazaki e i ragazzi di una giovane From Software pubblicarono un Demon’s Souls che pose delle basi videoludiche (solidificate e ampliate due anni dopo con Dark Souls), le quali caratteristiche erano già da allora destinate a diventare presto punti di riferimento per i videogiochi a venire.
E’ credenza popolare, però, (per i giocatori meno navigati) che tali caratteristiche siano esclusivamente rilegate alla difficoltà elevata dei suddetti titoli, ebbene, non è così: i concetti alla base dei Souls sono qualcosa di ludicamente più complesso, profondo e articolato, che affonda il suo essere in meccaniche specifiche che vanno approcciate tramite determinate chiavi di lettura, dove la difficoltà assume ruoli ben diversi da quelli che si possono immaginare.
Se siete interessati alla natura e alle particolarità hanno reso tali i soulslike, mettetevi comodi, questo è l’articolo che fa per voi!
I soulslike sono dei videogiochi action solitamente (ma non obbligatoriamente) in terza persona con elementi GDR avanzati, come la scelta di una build di equipaggiamento, level up di statistiche e potenziamenti progressivi.
A questo punto il dubbio sorge spontaneo: è tutto qua? Se così fosse, tali titoli non sarebbero poi così speciali, e noi a nostra volta non avremmo avuto motivo di parlarvene in un apposito articolo: avendo stabilito quindi il macro-genere di appartenenza, ci toccherà scavare nelle profondità di quello che è il game design studiato da Myazaki.
I tratti che distinguono i soulslike dal resto dei titoli del genere sopracitato sono i seguenti:
– Combat System
– Level Design ed esplorazione
– Concetto di narrazione
Ma andiamo più nel dettaglio e cerchiamo di capire cosa hanno di così particolare queste caratteristiche. Ci teniamo però a sottolineare il fatto che tali categorizzazioni non sono niente di ufficiale o di universalmente riconosciuto, bensì nascono dallo studio e dall’approfondimento di tali idee di design da parte delle community di appassionati e, conseguentemente, anche da noi.
Quindi, la seguente analisi sarà frutto della nostra interpretazione dei Souls, avvenuta tramite anni di esperienza e usufrutto di questi giochi.
In genere, i soulslike possiedono uno stile di combattimento all’arma bianca, definibili come duelli uno contro uno (o comunque uno contro pochi) a base di armi corpo a corpo (spade, asce, mazze, scudi ecc.) ma anche dalla corta/media distanza (come archi, pistole, fucili ecc.), la quale chiave di vittoria risiede in due applicazioni videoludiche, uguali e contrarie ma al contempo complementari.
La prima, più diretta, è quella che riguarda la gestione di riflessi prettamente manuali relativi agli approcci difensivi (schivate, dash, rotolate, parate ecc.) e offensivi (fase di danno, sequenza di attacco), dove ogni interazione tra le parti può determinare l’esito dello scontro, in quanto vi è una particolare attenzione e precisione in ogni singola azione che viene fatta, sia dal giocatore che dal nemico (non capiterà mai di trovarsi in un combattimento caotico o poco chiaro, sarà tutto molto “pulito”).
Questo stile di combattimento sarà infatti sicuramente meno “spettacolare” o movimentato rispetto ad altri, ma al contempo più impegnativo, in quanto l’avventatezza e la fretta risulteranno essere solo controproducenti, mentre la calma, il sangue freddo e la pazienza vi porteranno sicuramente alla vittoria.
La seconda applicazione è invece più strategica: ogni creatura ostile di questi mondi di gioco avrà determinate armi con determinati moveset (animazioni di attacco), oltre che alle classiche debolezze/resistenze fisiche ed elementali; i Souls di From Software ci hanno insegnato in modo pressochè imprescindibile quanto sia fondamentale “conoscere il proprio nemico” affinchè vengano sfruttati i suoi punti deboli per riuscire a sconfiggerlo.
Conseguentemente, l’ignoto risulta essere sin da subito il peggior nemico, e il ritrovarsi davanti nemici “sempre nuovi” vi costringerà a prestare un’osservazione minuziosa, volta alla comprensione e all’apprensione di ogni dettaglio che li riguarda.
In poche parole, la prima run “alla cieca” sarà senza dubbio la più difficile e lunga, nel quale ogni singola svista, dovuta alla scarsa conoscenza del nemico, può essere assolutamente fatale.
Dalla seconda in poi invece, la strada sarà in discesa, dato che sarete ormai talmente confidenti nell’affrontare dei nemici che avete avuto modo di conoscere, che riuscirete a superare intere aree e boss fight con ben più semplicità.
Questa cosa non vale soltanto per i nemici ma anche per le build di statistiche, oggettistica varia, armi e armature: comprendere bene l’utilizzo dei vari tipi di armamentario del gioco sarà inizialmente un’impresa ma, una volta fatto, sarete in grado di capire perfettamente in che modo vogliate giocare e quali equipaggiamenti siano convenienti in quali situazioni.
Per rendere al meglio l’idea tocca fare un parallelismo: se due giocatori di pari livello si scontrano in un videogioco multiplayer competitivo, le loro partite saranno conseguentemente e costantemente equilibrate; nei soulslike invece, passerete da terrorizzati novellini che vengono continuamente sconfitti ad assoluti veterani che spazzano via ogni forma di vita senza alcuna difficoltà (la quale risulta quindi essere inversamente proporzionale all’avanzamento del gioco).
Questa cosa è confermata proprio dal fatto che, in questo genere di giochi, la community di appassionati si ingegna per provare sfide sempre più assurde al fine di rendere interessanti run successive che, sennò, sarebbero troppo banali. Penalizzazioni, drop di oggetti e armi randomici, utilizzo di periferiche esterne particolari (dancepad, chitarre di Guitar Hero…si, per davvero!) vengono usati per compensare la conoscenza del giocatore (che diventa presto “onniscienza”) e per offrirgli quindi una sfida.
L’interazione tra queste due applicazioni rendono il combat system dei soulslike divertente, intrigante ma soprattutto soddisfacente.
Il secondo fondamentale punto forte dei soulslike è rappresentato dal concetto di “mappa di gioco”, come essa viene scoperta, gestita ed esplorata: anche in questo caso dovremo esaminare la questione sotto due punti di vista.
Il primo è quello più comprensibile e comune anche ad altri giochi (che in questo caso viene spinto ai massimi livelli), ed è rappresentato dalla quantità assolutamente smodata di segreti, strade nascoste, passaggi invisibili che, se trovati, saranno in grado di ricompensarvi in modo più che soddisfacente: da semplici oggetti base come anime/monete/valuta di gioco da usare a piacimento ad altri assolutamente unici, che possono aiutare enormemente in base alla situazione.
Non solo, in questi “vicoli ciechi segreti” (se così vogliamo chiamarli) capiterà anche di trovare veri e propri personaggi non giocanti, tra cui mercanti che possono vendere merce unica nel gioco ed altri che possiedono vere e proprie questline.
Quindi, se non si fa estrema attenzione all’ambiente circostante, sarà molto semplice “perdersi” molti di questi elementi, rendendo quindi il backtracking di questo genere di giochi pressochè obbligatorio (se si ha ovviamente l’intenzione di avere un minimo di completismo, o anche per semplice curiosità).
Il secondo punto di vista è qualcosa di molto più importante e sensazionale, ovvero il level design stesso, rappresentato come la forma prettamente geologica della struttura delle mappe che dovremo attraversare durante le nostre partite.
Ma per spiegare al meglio cosa intendiamo dobbiamo esplicare una specifica meccanica di gioco che, al tempo, cambiò la concezione di “checkpoint“, ovvero i “punti di riposo” (così da noi definiti in modo generico).
Questi sono dei piccoli elementi dello scenario (come falò, lanterne, panchine ecc. in base al videogioco) posizionati in punti specifici all’interno delle mappe (appositamente studiate di design dagli sviluppatori) dove è possibile rifocillarsi, recuperare le proprie cure e in generale “prepararsi” per continuare l’avventura (cambiare equipaggiamenti, salire di livello ecc.).
Questa meccanica è anche alla base del concetto dei soulslike di “respawn” dove, a differenza degli altri giochi, alla morte non verrà caricato un salvataggio precedente, bensì il personaggio si “risveglierà” proprio in uno di questi punti, privato però di tutte le “anime” (chiamiamole così, per semplificare), accumulate e non utilizzate, che potranno essere recuperate tornando sul punto dove si è stati uccisi.
Il giocatore, quindi, dovrà ripercorrere la strada con estrema premura, cercando di non morire nuovamente (la cosa comporterebbe la totale perdita delle “anime”) e di potersi quindi riprendere i propri averi.
E qui, entra in gioco il vero e proprio concetto di “level design dei soulslike”, alla base del quale si trova l’interconnessione tra le aree. Per procedere al meglio nell’avventura, il giocatore dovrà esplorare le mappe di gioco, non solo per trovare i segreti del quale vi abbiamo parlato sopra, ma anche e soprattutto per avere dei reali vantaggi di posizionamento/spostamento.
Nei soulslike, infatti, queste sequenze sono studiate per risultare “architettonicamente realistiche“, con soluzioni artificiali e geologiche effettivamente “credibili”, dove ogni scala, trave, porta, cancello, colonna fa parte di un intenso approfondimento di design che sia funzionale alla libertà di esplorazione ma al contempo esteticamente contestualizzato rispetto agli ambienti circostanti.
Spieghiamoci meglio: laddove durante i combattimenti sarà fondamentale prendersi la dovuta calma per comprendere i comportamenti dei nemici, nel caso dell’esplorazione il senso dell’orientamento sarà la vostra arma vincente: fare bene attenzione ai propri movimenti sarà necessario per avere sempre un’idea (anche se vaga) del luogo nel quale ci si trova e immaginarsi quindi cosa ci si può aspettare più avanti.
Anche in questo caso, il gioco sarà in grado di ricompensarvi tramite scorciatoie, passaggi semplificati, vere e proprie vie traverse collegate ed interconnesse (bloccate da marchingegni inizialmente irraggiungibili o porte da aprire dall’altro lato) che, se sbloccate e studiate a dovere, vi permetteranno di eludere letteralmente molte delle minacce in campo e di giungere quindi in modo molto veloce e semplice al vostro obiettivo.
Se siete bloccati ad un boss molto forte, o le vostre anime sono state perdute in un posto particolarmente infido, toccherà a voi e a voi soltanto decidere qual è il modo più conveniente (sia in termini di nemici da affrontare che di tempo) per “tornare” sul luogo d’interesse, proprio grazie all‘incredibile lavoro di costruzione del design da parte degli sviluppatori che, tramite la meccanica dei falò, renderà quelle che inizialmente risultano essere pericolose e spaventose lande di gioco in veri e propri parco giochi del movimento.
Anche in questo caso, Myazaki e i suoi hanno fatto scuola, reinterpretando i concetti di design strutturale e di relativa esplorazione in qualcosa di unico ed incredibilmente bello.
L’ultimo (ma non meno importante) punto distintivo dei soulslike è rappresentato dal modo in cui il contesto narrativo ruota intorno al giocatore senza mai raggiungerlo veramente.
Senza che ci sia alcuna “diretta” spiegazione degli eventi, verremo letteralmente catapultati in un universo zeppo di dettagli narrativi ambientali e non (alcuni comprensibili, altri più criptici) in attesa di essere colti ed interpretati affinché ci si possa immergere in un’atmosfera resa misteriosa ed intrigante proprio grazie al fascino della silenziosità degli sviluppi narrativi.
Tali dettagli (che possono essere di un’infinità di tipi diversi) si appoggiano su due tipi di informazioni più dirette, ovvero le descrizioni degli oggetti, che oltre a definire sinteticamente gli utilizzi degli stessi, ne approfondiscono la natura e la derivazione con brevi ma fondamentali testi, e i dialoghi con gli NPC, che aiuteranno a capire in modo più “pratico” lo stato di alcune cose (oltre che ad avere altre storie secondarie e autoconclusive).
In pochissime parole, la storia non verrà mai sbattuta in faccia al giocatore, bensì sarà quest’ultimo a doverla scoprire: essendo questi titoli quasi totalmente composti da “sola lore“, sarà estremamente dura riuscire a percepire ogni indizio di narrazione.
Molte cose saranno apparentemente insensate e prive di logica, ma anche in questo caso tramite l’osservazione e la speculazione sarà possibile comporre numerosi collegamenti logici tra i suddetti indizi che creeranno una resistente base narrativa che ci permetterà poi di fare luce sui numerosi retroscena che compongono il gigantesco iceberg loreistico che si nasconde dietro la sua punta.
Non sempre però questi dettagli sono chiari quanto dovrebbero, in quanto sono gli sviluppatori stessi a guidarci verso la libera interpretazione tramite spunti narrativi che possono avere sbocchi di discussione di tipi differenti.
Di fondamentale importanza è quindi anche l’interazione tra membri della community che, unendo le forze, non solo riescono a scovare segreti di trama impercettibili a distanza di anni, ma anche a “proporre” versioni parallele credibili e potenzialmente realistiche degli stessi racconti per condividerle e farne un confronto.
Anche il mondo dei videogiochi è bello perchè è vario ed ogni titolo di ogni genere videoludico può essere difficile a modo suo.
C’è un singolo elemento che accomuna la “difficoltà” ai punti caratteristici sopracitati e risiede nel modo in cui questi titoli vengono approcciati mentalmente dal giocatore in base alle proprie aspettative e al proprio gusto: i soulslike potrebbero essere sinceramente frustranti ed inutilmente complessi per tutti coloro che non hanno la pazienza e la voglia necessaria per dedicarsi in modo così intenso ad un genere di giochi che richiede effettivamente molta concentrazione ed attenzione.
Dall’altro punto di vista, tutti gli altri che, spinti dalla passione e dalla curiosità, saranno in grado di immergersi in questi mondi nudi, crudi e punitivi, troveranno probabilmente il più buono del pane per i loro denti e la soddisfazione che ne consegue renderà la loro esperienza a lungo termine semplice quanto bere un bicchier d’acqua.
Tale idea rende i soulslike indubbiamente “meno accessibili” rispetto ad altri giochi, ma il concetto di difficoltà continua ad essere qualcosa di esclusivamente relativo.
Difficoltà o non difficoltà, una cosa è certa: i soulslike sono a tutti gli effetti un sottogenere, inventato da un team di talentuosi e ispirati designer e, fin quando continueranno ad esistere fenomeni videoludicamente culturali di questo tipo, possiamo stare tranquilli: il nostro medium sarà in buone mani.
Dunque, quali sono secondo voi le caratteristiche che rendono unico un soulslike? Fatecelo sapere!
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