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Metaphor ReFantazio, la recensione: Il re è morto, lunga vita al re!

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Metaphor ReFantazio, la recensione: Il re è morto, lunga vita al re! 1

Metaphor ReFantazio, il nuovo inizio di Atlus

Metaphor: ReFantazio — Launch Trailer | “Burn the Witch” Radiohead Cover (Mark Evans & Mel Guerison)

Può la fantasia cambiare la nostra vita? Può la nostra immaginazione superare i confini del mondo dei sogni, ed essere il volano della rivoluzione? Dopotutto, le nostre azioni non sono altro che la manifestazione fisica dei nostri ideali, raccolti e formati in anni ed anni di esistenza ed esperienze: probabilmente, Katsura Hashino, storico director e game designer della Atlus, si è posto proprio queste domande prima di arrivare a concepire Metaphor: ReFantazio.

Il nuovo gioco di ruolo di casa Atlus, nei lavori da ormai quasi un decennio e da sempre visto come un nuovo inizio per la software house giapponese, promette di sintetizzare tutta l’esperienza trentennale del team che ci ha lavorato su. Colonna sonora di Shoji Meguro, disegni di Shigenori Soejima e nuova IP: Metaphor: ReFantazio si porta dietro delle aspettative stratosferiche, considerato che parliamo delle menti che ci hanno donato Persona e SMT. Saranno state rispettate? Scopriamolo insieme!

Finzione o realtà?

Metaphor: ReFantazio ci mette nei panni di un avventuriero, un viandante che riceve una missione fondamentale: salvare il Principe, il legittimo erede al trono. Ci troviamo nel Regno Unito di Euchronia, tumultuosa federazione di 3 Stati unificati sotto la stessa corona in cui convivono 9 tribù ed in cui la magia la fa da padrona. Il Principe versa in condizioni critiche, a causa di una maledizione che lo tiene allettato da anni e che può essere curata solamente uccidendone l’artefice.

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Fin da subito, Metaphor lancia un messaggio chiaro come l’acqua: questo è un gioco politico. Molto politico. Fra le svariate tribù che popolano le terre di Euchronia, vige la diffidenza, la xenofobia, la discriminazione. Proprio il protagonista fa parte della tribù meno popolosa e meno tutelata, gli Elda, incolpati dalla Chiesa Santista, la religione di stato del Regno, di essere i portatori di una non meglio definita magia ancestrale e trattati come dei reietti.

Quella che è una fantasia, un’opera di finzione, è in verità lo specchio della nostra società, così divisa e intollerante verso il prossimo: siamo di fronte al gioco Atlus dalla narrativa più matura, più articolata, più audace e, soprattutto, più verosimile. Euchronia non è solo un Regno immaginario, bensì è il nostro mondo, è una metafora che certo esemplifica ed estremizza, con forse un po’ poca sottigliezza, ma che fa riflettere.

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Non è un caso, quindi, che l’epopea del titolo si basi sui tropi narrativi già largamente utilizzati nei giochi della software house. Vendetta, giustizia sociale e promesse sono però finalmente inseriti in un contesto crudo, spietato, soggiogato dalle macchinazioni della politica e della violenza istituzionale a seguito dell’improvviso assassinio dell’anziano Re, per mano del potente e giovane generale militare Louis Guinabern, che punta a prendersi il Regno con la forza.

Quello che nessuno dei pretendenti al trono sa è che il defunto Re ha un ultimo asso nella manica: grazie alla potente Magia Regale, organizza una vera e propria corsa al trono a cui possono partecipare tutti, dal mendicante al nobile, con il solo obiettivo di guadagnarsi la fiducia del popolo ed essere incoronato Re. Il protagonista partecipa alla competizione, nella speranza di scoprire i segreti su Louis e sulla maledizione che affligge il legittimo erede della Corona.

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Seguiranno decine e decine di ore incredibilmente avvincenti, in cui le parti coinvolte nella corsa al trono muoveranno le proprie pedine per perseguire i propri fini, all’insegna dei plot twist (tantissimi!) e dell’intrigo politico: Metaphor ha una trama orchestrata magistralmente, ma anche lineare e poco subdola, che però non vive di momenti morti e che cerca sempre la sincerità, che spara un colpo di scena dopo l’altro nel grande scenario di una terra idilliaca, dilaniata però da guerre, divisioni sociali e catastrofi.

Se la fantasia fosse un’arma

Il secondo messaggio che lancia l’epopea di Atlus diventa chiaro quando scopriamo una delle trovate narrative più interessanti della storia recente della compagnia: giocatore e protagonista non sono la stessa entità. Il gioco ci chiede di scegliere due nomi diversi. Una piccolezza che è in realtà enorme, visti i main character self-insert a cui Persona ci ha abituati.

Per la quasi totalità della sua durata, il gioco esplora le implicazioni di questo misterioso dettaglio: il protagonista (uno dei più iconici della Atlus, finalmente dotato di doppiaggio e di personalità propria) porta sempre con sé un “romanzo di fantasia”, che altri non è che una semplice descrizione di una società umana molto simile a quella contemporanea, in cui stranamente compare il nostro nome. Un’utopia apparentemente senza discriminazioni e socialmente avanzata, che funge da forza motrice per tutti i personaggi che andremo ad incontrare nel corso della nostra avventura.

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Eccolo, quindi, il secondo messaggio: l’arte, l’immaginazione e l’idealismo devono essere il ricettacolo del cambiamento sociale. È davvero facile appassionarsi al mondo di Metaphor proprio perché siamo tutti dei sognatori, così come il protagonista ed i suoi compagni. I personaggi sono caratterizzati in maniera divina e compiono un grandissimo passo in avanti rispetto a Persona. Basta battute fuori luogo a sfondo goliardico e basta stereotipi tipici della serie: dimenticatevi il classico maschietto “grande grosso e goffo” (stile Ryuji e Junpei, ndr) e simili, i personaggi di Metaphor sono più consapevoli, più sfaccettati e tutti accomunati dal desiderio di inseguire la propria fantasia e di difendere i propri ideali.

Invece di inseguire le solite caricature delle opere giapponesi a cui siamo abituati, il team di Hashino sceglie di attenersi al contesto di un mondo fantasy, facendoci entrare a contatto con personaggi talvolta intrappolati (come l’affascinante Junah), talvolta caduti in disgrazia (come l’anziano Heismay o il fedele Strohl) e talvolta semplicemente in cerca di un cambiamento (come la risoluta Hulkenberg o la dolce Maria): personaggi traditi dalla società e delusi dalla vita, che scelgono comunque di lottare per qualcosa di più grande e più giusto, consci che nelle idee si nasconde il progresso.

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Un inno alla rivoluzione, al ripudio della forza e del potere come mezzi di controllo dispotici, che si protrae lungo una storia epica, narrata divinamente e pregna di messaggi dal carattere sociale, politico e morale, in quello che è già uno degli esempi migliori del Videogioco come Arte; al di là dell’ormai collaudata qualità delle storie Atlus, Metaphor aggiunge qualcosa in più, qualcosa di inedito: la volontà di trasmettere un potente ideale al giocatore, proprio come il “romanzo di fantasia” del protagonista funge da utopia per i personaggi.

Il Regno di Euchronia, vivo e dannato

Una buona storia ha prima di tutto una bella ambientazione: Atlus costruisce un mondo di gioco vivo, convincente, animato da tante fazioni, tutte mosse da sporchi interessi. La scala della narrativa non riguarda più una sola città o un solo paese, ma un continente intero e tutto ciò che avviene nei suoi confini. Le popolazioni vivono rintanate nei centri abitati a causa della minaccia degli umani, ripugnanti esseri traboccanti di Magla (termine tecnico per la magia, ndr) il cui dilagare nelle periferie sembra impossibile da fermare.

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Ed è proprio grazie alla catastrofe degli umani che emerge Louis Guinabern, uno dei villain migliori della storia recente dei JRPG: uomo forte, incrollabile, sicuramente manipolatore, che si guadagna il favore delle masse promettendo la distruzione degli umani e un mondo senza discriminazioni in cui sia però la forza a decidere le gerarchie sociali. Un capolavoro di scrittura che più volte mi ha fatto tentennare nelle mie scelte di dialogo: la sua è un’idea di società in realtà non troppo diversa da quella che cerca il protagonista, e non è difficile cercare di empatizzare con lui in certi momenti; un grande segno di un villain scritto incredibilmente bene.

La corsa al trono manda Euchronia in fermento: la narrazione assume i contorni di una sorta di campagna di un GDR da tavolo, fortemente focalizzata sul main party e raccontata, in alcuni momenti, da una voce fuori campo. Il gioco, grazie anche ad un compendio di lore consultabile in qualunque momento, ci incoraggia a conoscere i nostri compagni di viaggio, la storia di Euchronia, i suoi pericoli e le sue meraviglie.

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Non è un caso, quindi, che Atlus abbia cercato addirittura componenti più realistiche: partire per un nuovo luogo, o per uno dei divertentissimi dungeon secondari, impone un’accurata pianificazione. Ogni spostamento richiede alcuni giorni, e spesso e volentieri sarà nostra facoltà scegliere dove, quando e come accamparci di ritorno da una missione fuori città. Pianificare il tempo a disposizione è incredibilmente soddisfacente, e ci permette di equilibrare alla perfezione il tempo da dedicare ai dungeon e quello per le altre attività quotidiane del gioco; fare una run al 100% è già possibile alla prima avventura con Metaphor, e questa è un’apprezzata novità.

Potremo inoltre sfidare gli altri pretendenti al trono, parlare con la gente per esaudire le loro richieste e guadagnarci il loro favore, tenere dei comizi: questo gioco è un’esperienza ruolistica completa, totale, che ci rende partecipi e artefici di una corsa al trono dai contorni corali, dai colpi di scena avvincenti, in cui ci faremo nemici e amici e in cui scopriremo i segreti del Regno di Euchronia.

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Come migliorare un gameplay già perfetto

A differenza di tante altre software house giapponesi, Atlus ha da sempre perseguito il perfezionamento di un singolo genere, che fino all’avvento di Persona 5 non se la passava proprio bene: il gioco di ruolo a turni. Pensavamo tutti che fosse impossibile migliorare ulteriormente un combat system che ormai da decenni viene impiegato con grande successo all’interno di Persona e SMT. Bene, ci sbagliavamo di grosso. Il classico combattimento a turni stile Atlus sembra uguale in tutto e per tutto nelle prime ore passate su Metaphor, ma la verità è che sotto la clamorosa interfaccia utente del gioco si nascondono decine e decine di novità, che riescono in qualche modo a unificare l’accessibilità di Persona e la strategia di SMT.

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Basandosi su un sistema di debolezze ormai collaudato, vengono reintrodotte le icone Press Turn, del tutto identiche a quelle viste su Shin Megami Tensei. Colpire il punto debole di un nemico ci farà consumare solo metà turno, permettendoci quindi di impilare mosse e skill in pieno stile SMT. L’apoteosi della strategia, ulteriormente raffinata grazie all’introduzione di retrovie e fronte: il party può essere spostato in prima linea, aumentando l’attacco e diminuendo la difesa, oppure nelle retrovie, con gli effetti opposti.

Alcune skill possono essere lanciate esclusivamente dalle retrovie, altre hanno senso solo se usate dalla prima linea. Questo minuscolo dettaglio aggiunge un livello di strategia in più: mettere l’healer o il tank in fondo ne prolunga intelligentemente la sopravvivenza, ma un DPS non può esimersi dall’essere l’avanguardia delle nostre tattiche. Aggiunte, sperimentazioni e un bilanciamento generale della difficoltà ottimo: questo è il combattimento a turni definitivo.

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Queste novità poggiano principalmente sugli Archetipi, il vero guizzo di genio dei ragazzi di Hashino: ce li hanno raccontati come l’evoluzione delle Personae, in verità sono un vero e proprio Job System vecchia scuola. Ogni personaggio con cui stringiamo un legame ci consentirà l’accesso al suo Archetipo, una manifestazione dei suoi ideali, con il suo set unico di equipaggiamenti, skill e affinità elementali. Una volta acquisiti, questi archetipi possono essere assegnati liberamente ad ogni membro del party, che possono livellarli fino alla Maestria e sbloccarne delle potentissime evoluzioni.

C’è l’Archetipo del Guaritore, dedicato alle cure, quello del Tiratore, specializzato negli attacchi perforanti dalle retrovie, quello del Comandante, un portento dei buff, quello del Mago, il migliore per sfruttare le debolezze elementali, e molti, molti altri: la libertà di build dei personaggi e di costruzione del party è senza precedenti, e supera quella dei precedenti lavori della Atlus. Manca solo una funzione che ci permetta di salvare gli equipaggiamenti in preset, in modo da non dover sostituire gli accessori ogni volta che cambiamo Archetipi, ma per tutto il resto questa novità funziona davvero bene.

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Metaphor, inoltre, ci spinge a sperimentare e a trovare le combinazioni migliori: spesso e volentieri, i nostri Archetipi avranno solo skill a target singolo. Per utilizzare quelle a bersaglio multiplo, ci sono le Sintesi: skill speciali, potenti ed uniche che si sbloccano solo quando sul campo sono schierati due Archetipi compatibili. Una meccanica che porta al massimo la nostra fantasia in quanto a costruzione del party; abbinare gli Archetipi giusti a volte è fondamentale per navigare i dungeon del gioco.

Snellire una formula con stile

Se il combat system è principalmente derivato da Shin Megami Tensei, la gestione del dungeon crawling e le funzioni di simulazione sociale sono chiaramente state pensate basandosi su quanto visto in Persona. Non con immobilismo, ma sempre puntando al perfezionamento, alla sperimentazione.

Innanzitutto, l’esplorazione dei dungeon andava snellita: quello che è sempre stato uno dei talloni d’achille di Persona, qui è uno dei pregi migliori. Prima di entrare in combattimento, abbiamo la possibilità di colpire anticipatamente i nostri nemici nell’overworld, in tempo reale, permettendoci di indebolirli considerevolmente o, in certe condizioni, addirittura di sconfiggerli direttamente. Questo riduce drasticamente le battaglie con i mob minori, che spesso ci fanno perdere la pazienza nei JRPG, ed è la chiave di volta che rende il dungeon crawling di Metaphor così divertente.

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Occhio però: i primi dungeon del gioco e quelli dell’endgame sono sorprendentemente impegnativi. Sicuramente un passo avanti rispetto all’eccessiva facilità di Persona 3 Reload, tanto criticata, mantenendo comunque un ottimo livello di accessibilità e scalabilità della difficoltà. Le ricompense in EXP non sono generosissime, ma non è nulla che un po’ di sano grinding non possa risolvere: adesso che i nemici minori possono essere sconfitti o indeboliti direttamente nell’overworld, anche questo diventa più divertente.

Importantissima è anche la componente sociale, anch’essa fortemente snellita. I tipici social link di Persona qui sono chiamati Seguaci e ognuno di essi segue le storie personali struggenti ed emozionanti dei nostri amici e compagni di avventure. La velocità con la quale queste storie progrediscono non dipende più dalle risposte che diamo: i personaggi non pensano in modalità “bianco/nero”, trovano il buono in ogni risposta che diamo; sono storie di positività nonostante i drammi, storie di persone in cerca del proprio posto nel mondo, senza pregiudizi.

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Le doti sociali, invece, si chiamano Doti Regali, e migliorarle ci aiuterà a far avanzare il rapporto con i nostri Seguaci: ogni rango Seguace sblocca nuove abilità, nuovi slot per ereditare skill tra Archetipi e, soprattutto, delle versioni evolute degli Archetipi che già possediamo. Perfino i viaggi in Trasvettore, il buffo mezzo guidato dal divertentissimo meccanico Neuras che ci consentirà di spostarci all’interno delle terre di Euchronia, non sono momenti persi: a bordo abbiamo svariate attività per migliorare Seguaci e Doti Regali come se fossimo in città.

E poi, ovviamente, c’è qualcosa in cui Atlus è diventata la Regina del mercato: lo stile. Dopo la serie di Persona 5, un concentrato di identità sublime, era difficile migliorarsi. Non impossibile; Metaphor è semplicemente il gioco con la migliore direzione artistica degli ultimi 10 anni. Dai menù, alle UI di battaglia, alle schermate di caricamento, agli splendidi personaggi disegnati dal maestro Soejima che ci sono già entrati nel cuore, per finire in una colonna sonora che è subito diventata una pietra miliare del genere: è tutto bellissimo.

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Unendo l’estetica fantasy, dei valori produttivi fuori scala ed una libertà creativa senza pari, Metaphor è letteralmente un quadro in movimento, popolato di eroi dal design straordinario e accompagnato da dei componimenti epici e corali (cantati in una lingua simile all’Esperanto, la lingua artificiale nata per unire i popoli). Proprio in virtù di questo lavoro impeccabile, dobbiamo però registrare il primo, vero difetto di Metaphor, e cioè il comparto tecnico.

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Texture non sempre bellissime, cali di frame molto vistosi in aree decisamente poco impegnative e tecniche di rendering e di illuminazione davvero obsolete: tornare al vecchissimo motore grafico di Persona 5, dopo i bellissimi Persona 3 Reload e Shin Megami Tensei V: Vengeance realizzati in Unreal Engine, è un passo indietro decisamente vistoso, per fortuna ben mascherato dall’art style. Ma questo non toglie che si poteva fare decisamente qualcosa in più.

Un successo totale

Inutile girarci attorno: Metaphor: ReFantazio è il JRPG definitivo, uno dei migliori della storia del genere. Atlus ha trovato il coraggio di fare quello che tutti ritenevano impossibile; è riuscita ad amalgamare e addirittura migliorare due dei franchise più iconici della storia dei giochi di ruolo, Persona e Shin Megami Tensei, in maniera eccellente, ai limiti della perfezione. Storia maestosa, sistema di combattimento ludicamente leggendario e messaggi dal carattere sociale, etico: la software house giapponese ha raccolto i frutti di 30 anni di avanguardia nel genere dei JRPG.

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Al netto dell’unico difetto tangibile, ovvero un comparto tecnico inspiegabilmente preistorico, Metaphor: ReFantazio è già uno dei giochi favoriti per la conquista del GOTY, se non il favorito. Quello che mi sento di dare a questo capolavoro è un voto pienamente meritato: siamo di fronte ad un successo totale, a malapena macchiato solamente da qualche calo di frame, ma che rappresenta un nuovo inizio non solo per la Atlus, ma un genere ed un mercato intero.

All’inizio di questo articolo, ho posto una domanda di cui sapevo già la risposta: può la fantasia cambiare la nostra vita? Se questa fantasia è bella come Metaphor: ReFantazio, allora direi proprio di sì.

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Metaphor ReFantazio, la recensione: Il re è morto, lunga vita al re! 8
Metaphor: ReFantazio
Gameplay e longevità
10
Comparto grafico e sonoro
9.5
Coerenza e cura del dettaglio
10
Pros
Il know-how della Atlus raggiunge la perfezione assoluta
Artisticamente leggendario, valori produttivi fuori scala
Combattimento a turni che unisce SMT e Persona
Mondo di gioco maturo, pieno di cose da fare e popolato da personaggi iconici
Narrativa profonda, filosofica, piena di colpi di scena
Cons
Tecnicamente non impeccabile
9.9
VOTO

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Metaphor ReFantazio, la recensione: Il re è morto, lunga vita al re! 9

Eterno amante di astronomia e di videogiochi, Matteo è cresciuto con un gamepad in una mano e con una carta celeste nell'altra. Cerca sempre di scoprire cose nuove su di lui e sui suoi gusti esplorando decine di generi. Con gli anni ha riscoperto anche una forte passione per la letteratura, la musica, la tecnologia e per la cultura orientale, in particolar modo cinese, oggetto del suo percorso di studi in Lingue e Letterature. Trova sempre un legame tra quello che interessi così diversi riescono a raccontare, nella maniera più personale possibile.

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