DOTA Dragon’s Blood, la recensione: storie di uomini in un mondo di dei

DOTA Dragon's Blood

7.4

Comparto tecnico

7.5/10

Cast

8.0/10

Scrittura

6.5/10

Regia

7.5/10

Direzione artistica

7.5/10

Pros

  • Personaggi ben caratterizzati
  • Ottimo world building
  • Regia superba

Cons

  • Problemi nella gestione delle informazioni
  • Troppa complessità nella costruzione dello scenario
N.D.R: il redattore di questo articolo non conosce né il gioco né il mondo di DOTA in nessuna sua incarnazione. La presente recensione prenderà in considerazione solo la serie animata presa a se stante, ogni ulteriore informazione sul titolo e la sua storia è frutto di ricerche online.

Quando si parla di Netflix e di serie animate le strade percorribili sono storicamente due: o innovative e godibili, o tentativi che non convincono a pieno. Questa prima stagione di DOTA Dragon’s Blood si pone in una strana via di mezzo tra le due: una serie tutto sommato godibile, ma che pecca in alcuni dettagli che non le permettono di essere completamente ottima… Con le dovute distinzioni, la reazione che ho avuto dopo la visione delle prime 8 puntate è stata molto simile a quella che ho avuto con Castlevania.

DOTA Dragon’s Blood è una serie Originale Netflix prodotta e realizzata di Studio Mir in collaborazione con Valve e Kaiju Boulevard. Al momento della serie è uscita una sola stagione di 8 episodi da 27 minuti l’uno, diretti da Park So Young e Kim Eui Jeong.

Trama

DOTA Dragon’s Blood si apre con un’introduzione sulla storia della creazione del mondo da parte della Mente Primordiale che in seguito si divise in Azione e Pensiero generando il caos nel mondo, che sprofondò in una serie di eterni conflitti. Il demone Terrorblade, potente oltre ogni limite, libero dalla sua prigione, decide di riunire Pensiero e Azione per riplasmare il mondo a sua immagine.

La trama vera e propria segue i viaggi di un piccolo gruppo di avventurieri: Davion, un Cavaliere dei Draghi (leggasi Cacciatore di Draghi) che dopo un incontro sfortunato con Terrorblade e il drago anziano Slyrak si ritrova a dover condividere il corpo proprio con quest’ultimo; Mirana, la cosiddetta Principessa della Luna, la preferita del culto della Dea della Luna Selemene, uscita dalla Foresta della Luna d’Argento per recuperare i Fiori di Loto di Mene da una ladra che li ha rubati; e Marci, attendente e guardia del corpo di Mirana.

Alle avventure del gruppo ci accompagnano in parallelo le vicende di Fymrym, la giovane elfa con poteri di illusione che ha rubato i Fiori di Loto di Mene nella speranza che con questi, come dicono le storie della sua gente, si possa far resuscitare l’altra dea della luna, Mene.

Questi personaggi si troveranno ad affrontare delle insidie molto più grandi di loro in un mondo in perenne tumulto dove la volontà di dei capricciosi, potenti esseri antichi e magie piegano al loro volere il destino dei mortali.

Scrittura e regia

Ciò che ho detto nell’introduzione ha senso solo in parte. Vero è che DOTA Dragon’s Blood e Castlevania hanno qualcosa in comune al livello di idee di situazioni, specialmente quelle, seppur rare, in cui si respira un’atmosfera horror, ma riesce per la maggior parte del tempo a non cadere in quei problemi già riscontrati nella serie di Adi Shankar.

DOTA Dragon’s Blood può essere ascritta al genere dark fantasy con una marcata impronta action. Le scene d’azione sono molto dinamiche e intrattenenti grazie all’ottima regia di Park So Young e Kim Eui Jeong di Studio Mir che alternano in maniera ottima un montaggio dinamico per quelle azioni svolte in uno spazio ristretto a ampi movimenti di macchina che abbracciano gli immensi spazi aperti e selvaggi in cui si svolgono gran parte delle azioni. Alle scene d’azione dinamiche e potenti fanno da contraltare le scene più calme delle pause in città o durante i campeggi notturni degli avventurieri che permettono di approfondire le caratterizzazioni dei personaggi.

I personaggi sono tutti ben caratterizzati, sia quelli principali che quelli secondari, capaci con le proprie storie, paure e insicurezze a risultare interessanti per lo spettatore. Le sottotrame sono partite piuttosto bene, con degli scambi interessanti tra le varie parti che fa capire i vari rapporti tra personaggi e fazioni, purtroppo non senza qualche inciampo.

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La serie pecca sul piano della gestione delle informazioni per il pubblico, spesso viene detto troppo in troppo poco tempo e senza un’adeguata contestualizzazione o spiegazione di quello che stiamo sentendo. In particolare agli inizi della storia, negli episodi 2 e 3 la confusione è massima: tra elementi che avranno senso solo dopo molte puntate, pezzi di un intricato puzzle di indizi, ad altri che sono inseriti per nessun motivo apparente (spero che intendano approfondire con le prossime stagioni).

Tolti questi inciampi che vanno a minare non poco la scorrevole visione di quei due specifici episodi, DOTA Dragon’s Blood ha molto da offrire. Un mondo narrativo ampio e complesso, comprendente diverse e interessanti culture, poteri arcani e divini che vale la pena capire e una storia che, nonostante ci abbia messo molto a ingranare, è molto carina.

Comparto tecnico

Non smetterò mai di elogiare le ottime qualità di Studio Mir nei disegni e nelle animazioni. Se con Kipo and the Age of Wonderbeasts mi lamentai dei problemi di prospettiva e delle animazioni non abbastanza fluide, con DOTA Dragon’s Blood la situazione è molto diversa. Palese che il tempo impiegato per la realizzazione sia stano maggiore, questo si traduce in animazioni più fluide e precise, sia durante i momenti di quiete sia durante le scene action. L’animazione si sposa bene con la regia, sempre dinamica e incalzante, permettendo di avere quegli ampi movimenti di macchina di cui ho già parlato.

Sebbene la serie sia prevalentemente in 2D, i ragazzi di Studio Mir si sono avvalsi anche di ottimi modelli 3DCGI.
Le bestie più grandi e complesse, i grandi draghi anziani e tutti i loro sottoposti sono realizzati con della CGI di buonissimo livello e sono tutti molto differenti gli uni dagli altri. La CGI viene utilizzata anche nelle scene di battaglia per moltiplicare le forze in gioco senza eccessivo sforzo produttivo e solo in questo frangente mostra il fianco visto che in alcune inquadrature la CGI non si sposa benissimo con l’ambiente 2D circostante. Un peccato, certo, ma sono casi isolati e non inificiano sulla resa generale.

Il character design è contraddistinto dallo stile ben riconoscibile di Studio Mir (impossibile negare la somigliaza tra Davion e Shiro, uno dei protagonisti di Voltron: Legendary Defenders), volti e strutture del corpo semplici, ma che fanno buon uso di tutti gli elementi a loro disposizione per rendere riconoscibili tutti i personaggi. I ragazzi di Mir sono riusciti a tradurre bene i tratti del videogioco in un contesto più “cartoon”: per esempio Luna e Mirana, che perdono i loro tratti 3D presenti nella grafica del videogioco, ma rimangono riconoscibili già da una prima occhiata.

In Conclusione

DOTA Dragon’s Blood è una buona serie action fantasy che può vantare una buona caratterizzazione dei suoi personaggi e del mondo narrativo, una regia superba contornata da un comparto tecnico più che all’altezza.

Il passaggio della grafica del videogioco a quella più cartoon di Studio Mir è avvenuta nel migliore dei modi, così come la traduzione e la contestualizzazione dei campioni già apparsi fino a ora. In questa prima stagione i campioni giocabili in DOTA 2 apparsi sono Dragon Knight, Mirana, Luna, Terrorblade e Invoker ed è plausibile pensare che altri troveranno spazio nella serie in futuro.

Nonostante quelle due puntate di confusione siano state una forte battuta d’arresto per la narrazione, quando gli stessi avvenimenti si sarebbero potuti raccontare meglio, senza la necessità di saltare da una situazione all’altra senza soluzione di continuità, la serie risulta godibile e scorrevole nei suoi punti migliori, ma soffre, ed è possibile che soffrirà ancora in futuro, dello stesso problema già riscontrato in Castlevania, dove la voglia di mostrare lo scenario da molti punti di vista in cui tutti i personaggi hanno qualcosa da nascondere, rende difficile allo spettatore darsi dei punti di riferimento abbastanza precisi e serve un po’ di sforzo per riuscire a tenere insieme i pezzi del puzzle.

Nonostante tutto però mi sento di consigliare DOTA Dragon’s Blood. Gli appassionati di animazione occidentale e del genere fantasy la troveranno di certo una buona serie.

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Riccardo Magliano

Ciao gente! Sono Riccardo Magliano, classe 1995, originario di Pontedera (PI), ma di stanza a Bologna per motivi di studio. Sono laureato in triennale al DAMS al momento studio per diventare sceneggiatore cinematografico. Sono grande appassionato e estimatore di prodotti d'animazione, dalle serie, ai lungometraggi, ai corti, l'importante é che raccontino qualcosa (cosa non sempre indispensabile perché tra i miei film preferiti c'é Fantasia). Qui su Spacenerd mi occuperò di recensioni e approfondimenti su tutto ciò che concerne l'animazione, specie quella occidentale, più e più volte colpevolmente trascurata dalla massa di fanatici di anime. Grazie a tutti per l'attenzione e buon divertimento

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Riccardo Magliano
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