Avete fatto caso a quanto più complesse sono le serie animate moderne rispetto a quelle di… non so… 10 anni fa?
Serie come She-Ra e le Principesse del Potere, o la saga di Tales of Arcadia, ma anche serie più infantili come The Owl House o Amphibia sono tutte caratterizzate da una narrativa molto complessa, personaggi molto sfaccettati, sia eroi che cattivi, e situazioni viste da molti punti di vista, sviluppate attraverso percorsi che attraversano stagioni, che poco o nulla hanno da invidiare a più blasonate serie in live action.
Le serie che ho citato sono alcune di quelle di maggior successo degli ultimi anni, perciò si può dedurre che questa evoluzione funziona, il pubblico, sia di bambini che di più grandi, apprezza questo tipo di narrazione.
In un contesto del genere c’è ancora spazio per un semplice bene vs male di stampo classico? Una storia in cui i cattivi sono cattivi per il puro gusto di esserlo e i buoni fanno del bene solo perché è giusto farlo? Carmen Sandiego ci risponde di si.
Carmen Sandiego è una serie animata Originale Netflix in animazione 2D composta da 4 stagioni di 9, 10, 5 e 8 episodi di 20-22 minuti, più uno speciale game-episode interattivo a finali multipli. La serie è prodotta da HMH Company e DHX Media, e realizzata dal canadese WildBrain Studio (The Snoopy Show, Johnny Test, Polly Pocket), con Duane Capizzi (The Batman) nel ruolo di showrunner e CJ Kettler (The Tick) come produttore esecutivo. Distribuita poi da Netflix tra il 18 gennaio 2019 e il 15 gennaio 2021.
Ho parlato della trama di Carmen Sandiego e della differenza con la serie di riferimento del 1994 nella mia prima review della serie, quindi vi rimando a quella per i dettagli, in questa sede mi occuperò di come è stata approfondita la storia della Rossa nelle stagioni oltre la prima.
La base di Carmen Sandiego è una struttura molto old school delle serie animate, strutture per certi versi anacronistiche rispetto a cosa ci si aspetta oggi da una serie animata. L’attrattiva principale sono i casi di puntata, in ogni episodio Carmen e la sua squadra volano in un angolo diverso del mondo per sventare un piano di furto della V.I.L.E., scontrandosi con i suoi agenti operativi e con gli agenti segreti dell’A.C.M.E. che cerano di catturare Carmen credendola un membro dell’organizzazione criminale.
Nonostante questo la serie riesce a caratterizzare una trama orizzontale molto affascinante incentrata sul personaggio di Carmen e i misteri che la circondano, nella fattispecie, la sua famiglia e la sua identità.
Avanzando con gli episodi si viene a conoscenza di sempre più dettagli sul misterioso passato di Carmen, sulle sue origini, e questo porta a empatizzare moltissimo con la ragazza, come se non bastasse già vederla rischiare la vita e fare scelte difficili durante le sue missioni.
Oltre a Carmen, che è motore e stella polare della serie, anche gli altri membri del suo team riescono a trovare spazio: Zack e Ivy escono, seppur in minima parte, dal ruolo di spalle della protagonista e hanno una loro storia che li rende interessanti, Shadowsan ha un suo background che gli da spessore.
Dal piatto di buone caratterizzazioni e storie di puntata molto accattivanti, Carmen Sandiego emerge nella sua parte finale con un grosso problema di scrittura che potrebbe danneggiare la visione di alcuni: la serie è troppo breve.
Nel momento in cui scrivo la 4° e finale stagione di Carmen Sandiego è uscita pochi giorni fa su Netflix e la sensazione che ho avuto è che le molte sottotrame che sono state aperte nelle altre stagioni siano state chiuse con eccessiva fretta, senza un’adeguata costruzione dei vari finali.
L’idea che mi sono fatto guardando l’episodio finale è che la serie fosse pensata per andare avanti ancora per qualche altra stagione, forse una o due, o, peggio ancora, che fosse pensata per non finire affatto, cosicché la si potesse chiudere in qualunque momento.
Mettendo un attimo da parte i discorsi sulla storia, la punta di diamante di Carmen Sandiego è senza dubbio la regia.
Ogni elemento è messo in scena nel migliore dei modi, con particolare cura per la scelta delle inquadrature e dei colori delle immagini, ma soprattutto nella resa scenica di ogni azione di movimento, dalla più semplice alla più coreografica.
Kenny Park e Jos Humphrey sono stati estremamente scrupolosi nel rendere i movimenti delle varie parti del corpo in personaggi dal design tutto sommato semplice, ma che risultano espressivi, accattivanti, e di ognuno trasuda personalità da ogni movimento, anche una semplice alzata di sopracciglia.
La ciliegina sulla torta sono le scene d’azione. Nessuna scena d’azione di Carmen Sandiego risulta di livello inferiore alla media della serie, e stiamo parlando di un livello altissimo.
La direzione di Park e Humphrey riprende i passi di alcuni film di arti marziali di stampo meno serio, vedendo combattere alcuni personaggi verrà spesso in mente qualche film di Jackie Chan o altri simili film d’azione.
In altri momenti sale invece l’anima da videoclip dei due registi, per cui ci troviamo davanti delle lotte o delle azioni molto spettacolari a ritmo di musica mariachi, tango, opera lirica o balletto, a seconda della parte del mondo in cui ci troviamo.
Un elemento molto positivo di queste scene è la loro ricchezza di elementi. Ci troviamo nella maggior parte dei casi a osservare scontri che mostrano stili a confronto, alla maniera giapponese, in cui il protagonista si trova davanti avversari dalle abilità sempre nuove e ampiamente sopra le righe: da chi combatte trasformando origami in lame, chi ha sensi felini e artigli con cui danneggiare gli avversari, chi ha una forza spropositata o chi è molto abile nello sfuggire alle catture.
Carmen, pur essendo estremamente bene addestrata, agile, intelligente e piena di gadget, è comunque un essere umano che può essere messa ko da un paio di pugni ben assestati. La serie rimarca più volte che nessun errore è ammesso e utilizza questa regola per regalare allo spettatore dei colpi di scena molto interessanti. Carmen è più che in grado di cavarsela senza un graffio in moltissime situazioni pericolose, ma se per caso quei due pugni di cui sopra vanno a segno o un nemico riesce a coglierla di sorpresa la sconfitta diventa certa e le conseguenze terribili.
Oltre che coreograficamente eccellenti e dirette in maniera ottima, le azioni sono anche scritte molto bene, sia sul momento che in divenire. Ogni scontro ha una storia interna interessante, dal banale dover trovare un punto debole nella strategia dell’avversario all’utilizzo di ciò che è stato appreso da precedenti scontri. Peccato solo che questo valga in maniera unilaterale: nonostante gli operativi della V.I.L.E. vengano più volte sconfitti da Carmen, cercando sempre di affrontarla negli stessi modi se beccati con le mani nel sacco, cosa che toglie punti alla caratterizzazione dei personaggi di contorno dalla parte dei cattivi.
Va decisamente meglio con i “docenti” della V.I.L.E., che tra quelli davvero pericolosi e quelli che lo sono solo a parole, danno varietà al panorama dei cattivi e aggiungono ostacoli davvero tosti per la protagonista.
Nota di merito anche per i dialoghi, frizzanti e divertenti, e che solo in limitati casi e con limitati personaggi sfociano nel ridicolo. A questo proposito, consiglio vivamente la visione della serie col doppiaggio originale; in una serie con un ventaglio di personaggi così eterogeneo per provenienza e etnia è un vero peccato perdersi l’attenzione che l’autore ha posto sulla caratterizzazione dei diversi accenti.
Come già accennato nella prima revisione di Carmen Sandiego, la serie prende graficamente spunto dallo stile di Cartoon Network; sia nella sua accezione più recente, come Steven Universe, sia a quella classica, come ad esempio Samurai Jack (a questo proposito, ho la forte impressione che Shadowsan sia una citazione al famoso personaggio di Tartakovsky. ndr).
Il colpo d’occhio sul panorama 2D stilizzato è ottimo e i personaggi si muovono al suo interno con una grande naturalezza. Come molti altri prodotti con uno stile simile di animazione 2D, anche Carmen Sandiego non sfugge a alcuni problemi di prospettiva nei rari casi in cui i personaggi si spostano su più piani, ma rimangono casi isolati e di poco conto.
La bellezza grafica di Carmen Sandiego sta però nei colori. Ogni ambientazione ha una palette di colori unica su cui stacca in maniera perfetta il trench rosso della protagonista, mettendola in risalto in qualsiasi situazione.
Ogni ambiente da l’idea di un coloratissimo quadro su cui i personaggi si muovono.
I personaggi si muovono in maniera semplice, le animazioni non sono mai particolarmente articolate, ma funzionano anche in questo modo visto il meraviglioso lavoro della regia nel rendere dinamiche tutte le situazioni.
Carmen in particolare si muove con una grazia, un’eleganza e una sensualità uniche, sprizzando carisma da ogni suo movimento. Se dovessi paragonarla a una altro personaggio del passato mi verrebbe in mente Kim Possible, a cui senza dubbio i creatori si sono ispirati per caratterizzare questa nuova versione della ladra in rosso.
Anche senza la profondità di trama di altre serie coeve, Carmen Sandiego è riuscita a ritagliarsi uno spazio nei cuori degli spettatori, grazie a uno stile grafico identitario, azioni spettacolari di grande impatto, ma soprattutto per la genuina simpatia che ispira la protagonista.
Carmen è, a mio modo di vedere, la grande locomotiva di questa serie. La sua storia, per quanto semplice, riesce a trascinare lo spettatore nel suo mondo fatto di furti, azioni mozzafiato e avversari improponibili rendendo il tutto buffamente credibile.
Le storie sono scritte molto bene e la trama orizzontale, anche se con moltissima calma, avanza con piacere, si lascia seguire con spensieratezza.
L’unico problema sta nel finale di serie, troppo affrettato e improvviso, che avrebbe avuto sicuramente bisogno almeno di un’altra stagione per chiudere degnamente tutte le sottotrame senza dover ricorrere a un’impennata di ritmo che ha solo danneggiato la qualità complessiva di quel finale, nonostante gli sceneggiatori si siano sforzati di includere una chiusura per ogni sottotrama aperta.
(Inoltre, se sono riuscito a interpretare bene cosa volesse dire quel finale che in un primo momento mi è sembrato così fuori luogo, la morale della serie non è stata veicolata nel migliore dei modi e rafforza il mio sospetto che avesse bisogno di ulteriore costruzione. ndr)
Un applauso poi va alle musiche, eccellenti in ogni situazione, e soprattutto alla splendida sequenza intro realizzata dai Chromosphere, davvero magnifica che mette bene in chiaro il punto focale dell’intera storia: non dov’è Carmen Sandiego, ma chi è Carmen Sandiego.
In fondo l’operazione della serie era di riprendere e modernizzare il concetto della serie originale: scoprire chi sia questa sfuggente ladra in rosso che appare e scompare con la facilità di un fantasma in ogni parte del mondo. L’operazione è riuscita.
Ogni spettatore della serie si è divertito a riconoscere quel cappello e quel trench rosso in ogni inquadratura, è stato in apprensione in ogni momento in cui la protagonista ha rischiato di finire schiantata o convertita dalla V.I.L.E., ma sopratutto si è appassionato alla persona che sta sotto il personaggio.
Questa nuova Carmen Sandiego non è altro che una super eroina che (al pari di Batman. ndr) fonda la sua identità sul suo suo costume. Quel costume composto da trench e cappello rossi sono Carmen Sandiego, ma è stata quella ragazzina che ci sta sotto che ci ha fatto appassionare a questa storia. Una storia che parla di una ragazza senza origine alla ricerca di se stessa, che si fa strada tra le bugie e gli inganni senza mai tradire ciò in cui crede.
In conclusione però, per tutta la storia che può esserci dietro il personaggio, per tutte le verità che possono saltare fuori, la morale è che la vera identità di quella specifica ragazza non importa, quella è la sua storia. Ciò che la serie racconta è Carmen Sandiego: una persona qualunque, chiunque di noi, che messa davanti a quanto beneficio potrebbe portarle il male e quanti problemi potrebbe invece portarle il bene, sceglie comunque di fare del bene.
Davanti a tutto ciò quindi la domanda rimane: dove in questo mondo c’è ancora una persona così? Dove in questo mondo c’è qualcuno disposto a rinunciare a tutto pur di fare del bene? Dove sarà la prossima Carmen Sandiego?
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