Big Mouth si arricchisce con una quarta stagione indice di maturazione e cambiamento dell’intera serie (e dei suoi protagonisti). Il cartone animato per adulti e giovani adulti che sta facendo impazzire il pubblico di Netflix non si risparmia nel trattare, col suo stile iconico, tematiche complesse attraverso una semplicità disarmante. Circa cinque ore di puro intrattenimento, suddivise in dieci episodi tutti strettamente correlati tra loro. Ecco la recensione della season 4 di un teen cartoon non troppo adatto ai teen, ma che tutti i teen dovrebbero guardare.
Nonostante l’intero prodotto mantenga lo stesso identico stile che l’ha reso grande con le prime tre stagioni, durante quella in questione (la quarta) introduce delle tematiche molto più profonde rispetto al solito. È interessante osservare come, man mano che i suoi protagonisti avanzino con l’età e maturino, l’intera serie faccia lo stesso ed intraprende percorsi talvolta inaspettati, spesso complessi e controversi e li affronta con la pura semplicità adolescenziale.
Questa season 4 è un lungo libretto d’istruzioni che tutti noi avremmo voluto nello zaino ai tempi delle scuole medie. La pubertà è un periodo davvero difficile e spesso incomprensibile, lo sappiamo, ma i protagonisti di Big Mouth riescono a materializzare su schermo tutti i problemi di questa età travagliata. Dai mostri degli ormoni si passa al gatto della depressione o, ancora, alla zanzara dell’ansia – fa un breve ritorno anche il tristo mietitore del senso di colpa, in un modo tutto suo.
Insomma, visualizzare i problemi esistenziali legati all’adolescenza aiuta anche a dare una determinata dimensione agli stessi; si sa, una volta che si individua un problema, non resta far altro che risolverlo. Ecco che quindi tutti i personaggi iniziano ad agire in maniera corale e mai banale correndo a risolvere insieme i problemi di tutta la cricca, in un modo o nell’altro.
Particolare attenzione viene posta, in questa ultima stagione, sulla costruzione dell’identità di ogni personaggio principale. Durante gli episodi iniziali ci troviamo alle prese con un personaggio transessuale, che affronta il proprio cambiamento e lo sottopone alla prova degli amici di infanzia, i quali si trovano immersi in una realtà totalmente nuova e difficilissima da comprendere e metabolizzare. Nonostante la delicatezza dell’argomento, Big Mouth riesce a non essere mai discriminatoria pur mettendo in mostra ogni piccola sfaccettatura della tematica trattata: incomprensione, beffa, confusione, ma anche scoperta di sè, apertura degli orizzonti sessuali e così via. Transessualità, omosessualità ed eterosessualità sono trattate tutte con la stessa, splendida naturalezza che fa di Big Mouth un piccolo gioiello per l’uguaglianza.
Procedendo di episodio in episodio, anche le tematiche trattate si fanno via via più profonde. Dalla semplice sessualità si arriva all’approccio con il mondo delle droghe, passando poi per quello pesante della depressione, quello super comune dell’incertezza verso il futuro fino a sbarcare a quello dell’identità culturale/etnica. Insomma, questa quarta stagione è stracolma di ottimi spunti di riflessione, trattati deliziosamente bene seppur con un clima sempre “sboccacciato” (ma mai volgare).
La ricerca della propria identità, l’avventura attraverso le difficoltà immense che un’adolescente affronta durante la costruzione del proprio Io, ci portano ad osservare un grande salto di qualità di Big Mouth. Mantenendo il proprio livello artistico sempre molto alto, l’intera situazione acquisisce una maturità maggiore, proiettandosi addirittura verso simbolismi e premonizioni apocalittiche riguardanti il futuro.
Più volte, durante gli ultimi episodi della season 4, i nostri protagonisti vengono messi davanti la loro vera essenza che, dopo una presa di coscienza più attenta da parte loro, sembra essere frammentata come uno specchio rotto che riflette la nostra immagine su ogni suo più piccolo pezzetto e scheggia. Ecco, nonostante le difficoltà causate dal nuovo mostro dell’ansia (la zanzara dell’ansia), ognuno dei nostri protagonisti percorre una strada diversa per giungere alla stessa conclusione: mi accetto per ciò che sono, ovvero mi accetto come l’insieme di tutte le mie parti.
Particolare attenzione viene posta sul percorso di Missy che, durante questa stagione, si “rende conto” di essere in parte afroamericana. Ecco dunque che viene mostrato ogni singolo aspetto di questa cultura (così duramente colpita durante il 2020): vengono mostrati pregi e difetti, accentuando le contraddizioni del razzismo e gli stereotipi in cui anche gli afroamericani stessi cascano. Missy si ritrova davanti a tantissime forme di sé poiché appartiene a molte culture diverse.
Le sue origini la confondono e la influenzano, ma se questo inizialmente era un problema per la ragazza, alla fine della stagione non sarà altro che un arricchimento ulteriore per la sua identità. È proprio Missy, infatti, la prima ad arrivare alla conclusione che ognuno di noi è null’altro che un costrutto di mille frammenti ed influenze diverse; è proprio questo mix di diversità e stereotipi che ci rende unici, ma anche più simili agli altri – se vi sembra contorto, beh, la serie lo farà sembrare naturalissimo.
Ogni personaggio indaga la propria identità in un aspetto diverso, trovandola: chi nella propria routine di masturbazione, chi nel gesto di fare outing alla propria famiglia, chi invece scoprendo quanto sia inutile avere paura del futuro se non si vive a pieno il presente.
Big Mouth, con la sua quarta stagione, riesce a raggiungere una maturità fino ad ora inedita per lo show, conferendo profondità agli argomenti trattati. Ogni personaggio è ben strutturato e percorre una strada coerente con le passate stagioni dall’inizio alla fine. Anche sotto l’aspetto della regia la season 4 riesce a rappresentare un salto di qualità rispetto alle precedenti. Non mancano infatti momenti meta cinematografici, rintracciabili nell’episodio in cui appaiono le Cafeteria Girls che, a loro volta, nella lore della serie sono protagoniste di uno show di Netflix (che in realtà, non esiste).
Oltre al sempre apprezzatissimo rapporto tra mostro degli ormoni e pubblico, un plauso va fatto alla scrittura di tutta la stagione 4. Infatti, nonostante questa sia composta da 10 episodi distinti, la sensazione che si ha nel guardarla è quello di un lunghissimo episodio di transizione che ci prepara a quando, a breve, i nostri protagonisti dovranno affrontare la prima superiore. Chissà quanto ancora avrà da insegnarci, questo show – e no, non si intende in termini di ricchezza del vocabolario delle parolacce. Ciò che viene più spontaneo da dire, al termine della visione di questa stagione (oltre a “ne voglio ancora“) è: quanto avrei voluto vederla da adolescente.
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