Videogiochi

Metamorphosis, la recensione: Kafka diventa un videogioco

Metamorphosis

7

Gameplay e longevità

6.5/10

COMPARTO GRAFICO E SONORO

8.0/10

COERENZA E CURA DEL DETTAGLIO

6.5/10

Pros

  • Ottimi concept design
  • Surrealismo ben riuscito
  • Colmo di riferimenti

Cons

  • Gameplay pesante
  • NPC poco rilevanti

Metamorphosis è l’ultimo piccolo, surreale gioiellino videoludico sviluppato dalla Ovid Works e distribuito da All in! Games. Uscito lo scorso 12 agosto, il titolo prende genuinamente ispirazione dall’omonima opera di Franz Kafka, rivisitandola in chiave Avventura con tanti rompicapi ed elementi platform. Come da copione, il protagonista Gregor Samsa si risveglia un giorno nei panni (o nell’esoscheletro?) di una creatura simile ad una blatta. Tutta la storia ruota intorno al percorso fatto dal protagonista per tornare umano e salvare il suo amico Joseph, carcerato per motivi ignoti.

Metamorphosis: la burocrazia ci schiaccia

Nei panni di un insetto, tutto il mondo che ti circonda sembra davvero enorme. In Metamorphosis anche le più semplici azioni da compiere diventano delle imprese difficilissime da portare a termine. Il gioco, tra i suoi tanti pregi, riesce perfettamente a rendere l’idea di come ci si sentirebbe a vivere ciò che succede al protagonista Gregor all’inizio della sua personalissima odissea.

Proprio come accade nel romanzo kafkiano, la metamorfosi in insetto altro non è che la rappresentazione metaforica di come ci si senta quando si è oppressi dalla realtà che ci circonda. Nel caso particolare di Metamorphosis, è la burocrazia ad opprimere la nostra vita; questa, anche dopo essere diventati degli insignificanti insetti, continua a perseguitarci nei panni dell’azienda Towermcguffin di questo titolo attraverso cui potremo tornare umani.

Vivere in prima persona nei panni di una blatta non è un’esperienza di tutti i giorni. Questo titolo riesce a trasmettere tutta l’ansia e l’angoscia di ritrovarsi ad aver a che fare con un mondo decisamente non alla nostra portata.

Non è una vita facile

Vedere attraverso gli occhi di un insetto può sembrare qualcosa di surreale, un’esperienza da fare, ma non è così. Il gameplay è curato nei minimi particolari per farci comprendere proprio quanto sia arduo essere un insetto. Questo non è altro che l’ennesimo parallelismo kafkiano inserito in Metamorphosis: nell’opera originale, infatti, uno dei temi principali riguardava l’alienazione, il sentirsi inadeguati nei panni di un ruolo che non si sente come proprio.

Anche nel videogioco ci troviamo a vestire un ruolo inadatto al protagonista (che non vuole essere un insetto) in prima istanza, e che non va a genio neanche a noi in seconda battuta. È facile perdersi in un angolo buio di un cassetto, ritrovandosi a girare su se stessi più e più volte. In alcuni momenti di gameplay – e questo è, a parere di chi scrive, un grosso punto a favore al titolo – si ha come una sensazione di nausea per quanto sia facile perdere la cognizione della propria posizione sul terreno.

Non mancano poi i vari ostacoli aggiuntivi. Dico aggiuntivi perché, se per un insetto normale sarebbe naturale arrampicarsi sui muri con le proprie zampe, per Gregor-insetto non lo è affatto. Ci si rende conto molto lentamente che la propria condizione di insetto non ci renderà la vita facile nel nostro viaggio verso la Tower; arrampicarsi sui muri è impossibile, se non utilizzando del materiale appiccicoso sparso qua e là nella mappa di gioco. Cadere sul pavimento, a discapito di ogni legge fisica, risulterà altresì fatale.

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Insomma, ad una situazione già difficile è stato aggiunto quel pizzico di pepe che non guasta mai in ogni buon videogioco d’avventura ad enigmi.

Un’opera dominata dal surreale

Uno degli elementi più belli di questo titolo è rappresentato sicuramente dall’ambientazione di gioco. Tutte le mappe sono state pitturate a mano dagli autori, che hanno così potuto aggiungere un velo di surrealismo in più ad un contesto decisamente fuori dal normale.

Colpisce la suddivisione quasi naturale tra il mondo degli umani e quello degli insetti. Attraverso semplici buchi nei muri si ha infatti accesso ad un ambiente selvaggio, ma mai ostile, abitato da nostri simili a loro volta metamorfizzati. Il surreale, in questo Metamorphosis, domina totalmente sul reale, ma questo è un fattore che il gioco non nasconde mai, anzi lo mostra fiero già dai primi istanti di vita.

In Metamorphosis ci si ritrova a girovagare per una casa umana, poi per dei tubi di scarico abitati da altri insetti e poi, ancora, in un canyon dove la vita delle blatte scorre normale con tanto di religionelegaliguardie armate (anch’esse, assolutamente innocue).

Girovagare per il mondo offerto da Metamorphosis assomiglia un po’ all’atto di osservare un quadro molto strano. Tuttavia, questo titolo non manca certo di alcuni difetti. Nonostante il gameplay possa rappresentare al meglio l’angoscia di vivere nei panni di un insetto, dopo qualche ora di gioco questo risulta ripetitivo e, talvolta, troppo pesante agli occhi. Dopo l’ennesimo angolo buio in cui ci si perde, l’ennesimo enigma irrisolvibile o il solito NPC superfluo, anche la mente più brillante sentirebbe il bisogno di mettere tutto in pausa.

Conclusioni

Bisogna essere sinceri, quando si redige una recensione. Metamorphosis non è un gioco facile da portare a termine, questo non tanto per la difficoltà, quanto per la pesantezza che questo riesce a trasmettere al suo fruitore. L’intento di questo titolo, è palese, è quello di far vivere un’esperienza delle più surreali riportando in vita un’opera di 105 anni fa.

Il bello è che, in questo, il gioco riesce benissimo. I problemi iniziano a sorgere, come detto, quando il gameplay diventa ripetitivo, non essendo adeguatamente supportato da personaggi di spessore da affiancare al protagonista. Tutto sommato, l’esperienza – se presa in piccole dosi – è gradevole. Giocare a Metamorphosis è come leggere La Metamorfosi di Franz Kafka; allo stesso modo, infatti, se ne possono cogliere metafore ed allegorie utili alla comprensione della vita di tutti i giorni.

La cultura però, si sa, non è per tutti i palati.

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MatteoBT, il Pokéuomo

Di giorno Social Media Manager, di notte niente più che il tuo amichevole Pokéuomo di quartiere. Matteo B. Terenzi, latinense classe ‘94, ama le serie, i film ed i manga di ogni genere; ma nulla al mondo aggrada il suo palato quanto parlare dei mostri tascabili e scrivere bio in terza persona.

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