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Kingdom Hearts 3 ReMind, la recensione: il costo della salvezza

Kingdom Hearts 3 ReMind

€29.99
7.8

GAMEPLAY E LONGEVITÀ

6.5/10

COMPARTO GRAFICO E SONORO

8.5/10

COERENZA E CURA DEL DETTAGLIO

8.5/10

Pros

  • Narrativa ottima
  • Gameplay portato all'apice
  • Buon fan-service

Cons

  • Longevità scarsa
  • Alcuni contenuti riciclati
  • Prezzo eccessivo

Prima di iniziare, un consiglio per chi non avesse ancora finito la storia base di Kingdom Hearts 3 e si stesse accingendo a leggere la presente recensione: fuggite, sciocchi!

Ciò detto, Kingdom Hearts 3 ReMind è la prima espansione dell’ultimo capitolo della serie. Dal non indifferente costo di poco meno di 30 euro, essa offre diversi contenuti che vanno ad ampliare l’offerta del gioco con nuove cut-scenes, sequenze di gameplay e numerosi boss secondari, portando di fatto il gioco ad essere l’equivalente delle versioni Final Mix dei precedenti capitoli numerati della serie.

Risospinti senza posa nel passato

L’espansione parte con dei corposi filmati che offrono uno spaccato su alcuni avvenimenti posti tra il lontano passato della serie ed il prologo del terzo capitolo. Da una parte, questa lunga sezione introduttiva serve per dirimere alcuni dubbi su alcuni temi (fra cui il ritorno di Xion e la scomparsa di Sora) raccontati in modo frettoloso nelle fasi finali del gioco base, complice una narrazione dai ritmi forsennati e a tratti lacunosa.

Secondariamente, queste sequenze offrono degli spunti interessanti su quello che sarà il futuro della serie dopo la conclusione della saga di Xehanort; parliamo ovvero del nuovo arco narrativo sul Maestro dei Maestri, debuttato già nel 2013 con Kingdom Hearts Chi e di cui farà parte anche il recentemente annunciato Kingdom Hearts: Dark Road.

Molto tempo fa, il giovane Xehanort parla con una figura misteriosa. Di chi si tratta?

Terminato questo lungo preambolo, la trama ritorna nel presente: Xehanort è stato sconfitto ma Sora non ha ancora l’animo in pace poiché, ancora una volta, egli è stato separato dalla sua amata Kairi, uccisa a sangue freddo davanti ai suoi occhi per apporre l’ultimo tassello all’evocazione di Kingdom Hearts.

Per riportarla in vita, Sora decide di far ritorno una seconda volta nel passato, nonostante gli avvertimenti di Chirity sui rischi per l’incolumità del protagonista. Questa volta però egli ritorno nel passato come spettatore tendenzialmente passivo degli eventi, assistendovi dall’interno dei cuori dei sette guardiani della luce nella disperata ricerca di uno spiraglio per capire come salvare la sua amata.

Ormai è chiaro, per chi ha almeno seguito gli eventi di Kingdom Hearts Chi Back Cover contenuti nella collection 2.8 Final Chapter Prologue, che il presente e il futuro della trama della saga saranno sempre più legati ad avvenimenti appartenenti ad un passato di mille anni lontano. A questo continuo via-vai tra passato e presente non si sottrae questa espansione che, anzi, rappresenta forse l’emblema di questa direzione intrapresa dalla narrativa.

1000 anni dopo la Prima Guerra dei Keyblade, Luxu adempie al suo ruolo e riporta i Veggenti nella linea mondiale principale.

Anche in questa occasione ci troviamo di fronte una narrativa criptica, frammentata e complessa, composta da innumerevoli tasselli che solo i fan più appassionati, quelli che hanno seguito ogni capitolo della serie, sapranno collocare al momento giusto in un mosaico narrativo di cui si è conclusa solo una parte con il terzo capitolo della serie. Dunque, sotto tale punto di vista questa espansione non muterà le opinioni contrastanti che hanno interessato il gioco base: chi ha trovato la narrativa astrusa ed eccessivamente lacunosa non cambierà idea nonostante i sopracitati spiragli di chiarimento sulla trama, mentre i più affezionati fan della serie troveranno interessantissimi spunti e discrete soddisfazioni da quanto offerto dall’espansione.

Ancora una volta

Da queste premesse narrative il giocatore andrà a ripercorrere le ultime fasi del gioco base, dall’esplorazione del labirinto nel Cimitero dei Keyblade all’evocazione del vero Kingdom Hearts. Questa prima parte potrà facilmente risultare noiosa, poiché le uniche variazioni sul tema sono date da pochi filmati inediti e dalla possibilità di affrontare certi combattimenti utilizzando personaggi come Riku, Aqua e Roxas. Nonostante l’aggiunta di questi personaggi possa apparire intrigante, si tratta più di fan-service fine a sé stesso che altro, poiché i sistemi di combattimento null’altro sono che una versione semplificata di quello di Sora e si differenziano giusto per animazioni e mosse speciali.

Fortunatamente, il tenore ludico e narrativo migliora da quando si conclude lo scontro con le ultime tre oscurità: la seconda metà dell’episodio offre infatti contenuti inediti fra cui una nuova area esplorabile (grande all’incirca un terzo dei mondi del gioco base), nuove sequenze di gioco, numerosi filmati inediti e nuove battaglie, alcune delle quali spiccano per spettacolarità artistica e registica. Conclusa anche questa parte, la longevità dell’espansione si attesta dalle tre alle quattro ore di gioco, una durata decisamente insufficiente considerato il prezzo dell’espansione. Inoltre, come nel gioco base il livello di sfida si attesta su livelli mediocri anche alle difficoltà maggiori.

Benché la premessa narrativa del secondo viaggio nel tempo si riveli più solida di quanto sembri, nel complesso il riciclo dei contenuti ludici fin qui visti purtroppo si riflette anche sui contenuti narrativi (nonché musicali). Difatti, tolti il lungo preambolo e la conclusione, i filmati addizionali aggiungono davvero poca carne al fuoco all’economia della trama. Se nella seconda parte di ReMind tale aspetto lo si perdona facilmente grazie a sequenze di gioco inedite e spettacolari, nella prima si ha l’impressione di rigiocarsi in tutto e per tutto la parte conclusiva del gioco.

Nelle sequenze narrttive inedite fanno ritorno anche personaggi come Naminé.

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Comunque, è bene sottolineare la scarsa plausibilità dell’ipotesi per cui i contenuti offerti dall’episodio ReMind sarebbero stati tagliati dal gioco base. Nonostante il massiccio leak avvenuto sul finire del 2018 abbia particolarmente indisposto Nomura, il quale aveva preso provvedimenti come distribuire il finale segreto del gioco base come un aggiornamento gratuito rilasciato al D1, si ritiene improbabile che questa parte dell’espansione avrebbe dovuto essere inclusa nel gioco base. Da una parte perché il secondo viaggio nel tempo avrebbe spezzato troppo il ritmo nella parte conclusiva del gioco base, dall’altra perché il finale di quest’ultimo diventa solo marginalmente più chiaro alla luce delle rivelazioni che emergono dall’espansione, ragion per cui esso resta soddisfacente (o non, a seconda dei punti di vista) a prescindere da tali contenuti.

Prepararsi al futuro

Una volta concluso ReMind si sblocca un nuovo episodio: il Limit Cut. Qui vestiremo per breve tempo i panni di Riku, alla ricerca di Sora scomparso poco dopo il salvataggio di Kairi. Assieme a delle vecchie conoscenze provenienti dai mondi di Final Fantasy, egli si ritroverà ad indagare nel Cybermondo, dove una nuova replica virtuale di Sora dovrà affrontare i dati ricreati della Nuova Organizzazione XIII per avere accesso a dei dati nascosti, forse determinanti per il suo ritrovamento.

Anche se per poco, è bello ritrovare le vecchie conoscenze dei Final Fantasy.

In questa parte dell’espansione la narrazione va in secondo piano, lasciando completamente spazio al gameplay con ben tredici nuovi boss affrontabili, analoghi per aspetto a quelli visti nel gioco base ma dotati di moveset completamente rinnovati e tarati in modo tale da offrire una difficoltà altissima. A meno di non giocare a Facile, per poterli battere sarà necessario dotarsi dei miglori Keyblade potenziati al massimo (i più raccomandati sono Portafortuna, nuova aggiunta dell’espansione, o direttamente l’Ultima Weapon) e portare Sora al livello 99.

Fortunatamente, questo necessario processo di farming non è estenuante in termini di tempo: grazie ai Portali Battaglia disseminati nel gioco base non saranno necessarie più di due ore per potenziare Sora al massimo. Discorso diverso per ottenere l’Ultima Weapon, consigliata ma non fondamentale, per la quale il percorso è discretamente più tortuoso e longevo.

Tra imprese e memorie

Terminati i preparativi, è negli scontri contro i tredici boss che il sistema di combattimento di Kingdom Hearts 3 dà il meglio di sé. Le abilità del giocatore, bistrattate nel gioco base, verranno qui messe a dura prova: sarà indispensabile giocare con abilità e tempismo, imparando i pattern d’attacco degli avversari per schivarli e contrattaccarli al momento giusto, nonché sfruttando al massimo l’equipaggiamento di Sora con le sue diverse abilità per ottenere preziosi istanti di invulnerabilità e salvarsi così dagli attacchi più spietati.

Messo così sotto stress il sistema di combattimento brilla ma cigola un po’, dimostrando forse di non essere stato progettato per scontri del genere: talvolta infatti le animazioni di Sora prendono troppo tempo, portando ad evitabili istanti di scopertura che possono risultare fatali; inoltre, il notevole ricorso all’attivazione di abilità (come Focus e Fusioni) per evitare gli attacchi tramite frame di invulnerabilità pare un po’ forzato ed innaturale. Tuttavia, il sistema di combattimento resta piuttosto buono nel complesso, e padroneggiarlo per sconfiggere i numerosi boss regala grandi soddisfazioni.

I numerosi combattimenti proposti vi metteranno a dura prova.

Le soddisfazioni non arrivano solo dall’alto tasso di sfida e dalla discreta raffinatezza ludica delle battaglie, ma anche da un sontuoso comparto artistico che conferma gli altissimi standard già visti nel gioco base. I pattern di attacco dei tredici membri della Nuova Organizzazione XIII sono stati notevolmente ampliati rispetto a quanto visto nel gioco base, con spettacolari animazioni che attingono a piene mani dai combattimenti visti nei precedenti capitoli della serie con svariate aggiunte.

Assieme ad un comparto sonoro parimenti rivisitato, composto da buoni arrangiamenti delle colonne sonore passate, questi combattimenti faranno rivivere ai giocatori alcune fra le più belle battaglie della saga in una veste del tutto rinnovata, rendendo l’episodio Limit Cut non un qualcosa di opzionale ma una delle parti migliori dell’espansione.

Certe battaglie regaleranno un positivo senso di deja-vù da brivido.

Giungendo in fondo all’espansione, questa premierà gli audaci giocatori con un’ultima, sconvolgente sorpresa alla fine: sconfitti i tredici boss si sbloccherà infatti un episodio segreto, contenente un quattordicesimo boss, tra i più ostici dell’intera saga. Portando a termine quest’ultima, erculea impresa si assisterà quindi ad una rivelazione in grado di scuotere le fondamenta non solo di questa saga di videogiochi… ma anche di altre.

Un viaggio per pochi?

Sommare la longevità degli episodi ReMind e Limit Cut non è un’operazione semplice: se infatti la longevità di ReMind si attesta stabilmente sulle quattro ore, quelle dell’episodio Limit Cut possono variare considerevolmente in base alla difficoltà selezionata, alle abilità del giocatore e al livello con cui si affrontano le sfide proposte. Si può comunque asserire che quest’ultima parte porta via almeno altre quattro ore di tentativi necessari per giungere all’epilogo. Nel complesso, dunque, la longevità di tutta l’espansione si attesta sulle circa otto ore di gioco.

Nel complesso, questa espansione è un prodotto caratterizzato da alti e bassi che non punta a far cambiare idea agli scettici sull’ultimo capitolo della serie. Piuttosto, essa si rivolge ai fan desiderosi di sviscerare ogni aspetto del gameplay e soprattutto di quella grande, complessa matassa della trama. Per costoro varrà senz’altro la pena intraprendere quest’ulteriore parte del viaggio di Sora, nonostante il costo resti esagerato in relazione ai contenuti offerti. Per tutti gli altri è un acquisto sentitamente sconsigliato.

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Alberto Mantione

Laureato in economia, grande cultore del mondo del marketing e ovviamente appassionato di videogiochi fin da tenere età, sono stato svezzato a 3 anni con i miei primissimi videogiochi, a 4 con nientemeno che Monkey Island giocato assieme a mio padre e a 5 ho portato a termine il mio primo videogioco in assoluto, Pandemonium, dando il via "ufficialmente" alla mia passione. Da allora posso vantarmi di aver concluso quasi tutti i più celebri titoli usciti possedendo pressoché tutte le console, dalla prima Playstation in avanti. Tolti i titoli sportivi, non c'è genere di gioco in cui non mi piaccia cimentarmi

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Alberto Mantione
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