Siamo abituati a pensare ai supereroi Marvel Comics come entità capaci di affrontare qualsiasi minaccia, per quanto grande essa sia. Tale visione è stata fomentata particolarmente dai film del MCU, ma non è stato sempre così. Quando Stan Lee diede vita al concetto di supereroi con super-problemi in realtà intendeva che il problema dei supereroi era uno solo: la realtà. A volte tendiamo a dimenticare come questa possa essere ben più devastante di un Thanos qualsiasi (qualcuno ha detto Coronavirus?)
In quella che è forse una delle storie più esplicative della stupidità di Peter Parker (e non ce ne sono poche) Spider-Man si accorge che i suoi poteri stanno lentamente scomparendo. Disperato, decide quindi di rapinare una gioielleria per mettere a posto i propri conti, salvo poi desistere e compiere un gesto altrettanto avventato: rivelare la propria identità segreta a tutti i suoi conoscenti. Ovviamente la situazione si risolverà in maniera rocambolesca, con Peter che (SPOILER!) andando dal medico scoprirà che la causa della sparizione occasionale dei propri poteri era dovuta ad una semplice febbre.
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Da una storia – con il senno di poi – abbastanza ridicola, passiamo ad uno dei fumetti più struggenti della Marvel Comics, quel capolavoro che risponde al nome de La Morte di Capitan Marvel, scritto e disegnato da Jim Starlin. In questa storia, il Capitan Marvel originale, Mar-Vell, viene avvelenato da un nemico di serie B, Nitro (che in realtà è pure quello che ha scatenato l’originale Civil War, quindi serie B con riserva). L’esposizione alla sostanza tossica del malvivente gli provoca letteralmente il cancro. Assistiamo quindi agli ultimi giorni di Mar-Vell in quella che è la primissima storia a fumetti in cui un supereroe muore, tra diari personali, saluti ai compagni d’arme e l’ultimo, epico scontro faccia a faccia con niente meno che Thanos, da lui stesso già sconfitto in precedenza. Imperdibile.
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Molto simile concettualmente alla precedente, Silver Surfer: Requiem racconta di un essere perfetto la cui stessa perfezione è causa della sua rovina. L’ex-araldo del divoratore di mondi Galactus viene a sua volta divorato lentamente dal decadimento cellulare, in quello che è a tutti gli effetti una sorta di cancro cosmico stile Marvel Comics. Il surfista d’argento decide quindi ti tornare alla propria terra d’origine, Zenn-La, solcando un ultima volta il cieli e spendendo i suoi ultimi giorni ad aiutare chiunque abbia la fortuna di incontrarlo. La maestosa sequenza finale, con Galactus che arriva a porgere gli omaggi al suo unico amico, merita da sola la lettura.
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Jason Aaron è l’artefice della migliore run di Thor mai scritta. Lo sceneggiatore ha tirato le redini della testata del Dio del tuono per ben 7 anni, dando vita a saghe roboanti ricche di quella tragicità wagneriana che ha reso celebre la mitologia norrena al grande pubblico. Tra i momenti più interessanti della sua gestione, vi è il periodo di transizione in cui il Mjolnir passa dalle mani del figlio di Odino a quelle di Jane Foster, sua ex-amante, che in Thor: God of Thunder n.12 scopriamo essere malata di cancro al seno. In seguito al mega-evento Secret Wars, Jane si ritroverà infatti a vestire i panni di difensore di Asgard affrontando minacce sempre più devastanti, nonostante la sua malattia si aggravi ad ogni trasformazione nella Potente Thor.
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Dopo un breve arco narrativo incasinatissimo e pieno di splash-page – come solo le testate anni ’90 dei mutanti Marvel Comics potevano essere – la squadra nota come X-Factor, guidata all’epoca da Ciclope, si fionda al salvataggio del figlio di quest’ultimo, Nathan Summers, all’epoca neonato. Il piccolo era stato rapito da nientemeno che Apocalisse e Sinistro, i quali volevano usarlo per i loro sordidi propositi. Il salvataggio riesce a metà: Nathan viene effettivamente recuperato dal padre, ma non prima di essere infettato da un virus tecno-organico a causa di Apocalisse. Disperati, i genitori di Nathan sono costretti a spedire il neonato nel futuro, sperando che la moderna tecnologia possa salvarlo da morte certa. Lì il piccolo crescerà sano (più o meno) e forte (solo più) divenendo il mutante noto come Cable.
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