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Bea Wolf, la recensione: Il poema epico dell’infanzia

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bea wolf bao publishing graphic novel beowulf

Bea Wolf è un graphic novel scritto da Zach Weinersmith e disegnato da Boulet, pubblicato originariamente negli USA da First Second Books e recentemente edito in Italia da Bao Publishing all’interno della collana Cherry Bomb, curata dal fumettista Zerocalcare.

Si tratta di un adattamento in chiave infantile del poema epico anglosassone Beowulf, interpretato nella sempreverde chiave della battaglia tra i bambini – capeggiati dall’eroica Bea Wolf, dal re Roger e dalla regina Heidi – e gli adulti, incarnati dal cinico e spietato Grindle.

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Bea Wolf – Un Beowulf a misura d’infante

L’intreccio del fumetto ricalca fedelmente la prima parte del poema originale, adattandone il contesto ai tempi moderni: in un quartiere di una cittadina di periferia, i bambini vivono le loro caotiche vite fatte di dolciumi, marachelle e giocattoli sotto la guida di una dinastia di regnanti loro pari. Questi, una volta divenuti troppo grandi per i giochi, passano la corona a un successore ritenuto degno, per poi perdere la memoria dei divertimenti passati a causa dell’inesorabile incedere dell’età.

Si parte quindi con il capostipite della dinastia, Carl, modellatore di montagne, localizzatore di metalli, flagello dei bulli, fino ad arrivare al sovrano corrente, Roger il costruttore, fautore della gloriosa Casa sull’albero, dimora di tutti i bambini liberi e gioiosamente chiassosi.

Purtroppo, i bagordi degli infanti destano l’odio e la preoccupazione degli adulti, in particolare del già citato Grindle, cupo e feroce pensionato con il potere di adultizzare ogni bambino con il semplice tocco del suo indice inquisitore.

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I continui assalti del nemico fiaccano e decimano i difensori del reame arboreo, fino a quando un’eroina inviata da lontano (leggi: l’altra parte della città), Bea Wulf, appunto, non arriva in soccorso degli alleati in nome di un antico patto sancito da Re Roger con la Regina Heidi, cugina di Carl, sovrana di cui Bea è la spada giurata (ndr, da precisare che per antico si intende stipulato un paio di anni prima, siccome i protagonisti hanno in media 5 anni ciascuno).

Di interpretazioni infantili di poemi epici e grandi romanzi è pieno il mondo, dai più banali ai più irriverenti. Si pensi ad esempio all’episodio Il ritorno della compagnia dell’anello alle due torri della serie animata South Park, pensata però per un pubblico di adulti.

Il fumetto di Weinersmith e Boulet segue però un percorso diverso dalla parodia, dal facile umorismo e dal banale intento pedagogico. Al di là degli ovvi riferimenti ai personaggi originali (Bea Wulf – Beowulf, Grindle – Grendel, Roger – Hrothgar ecc.) e della pregevole postfazione dello sceneggiatore, a meno di non essere un grigio adulto o aver già visto qualche trasposizione del poema, nessuna bambina e nessun bambino penserà mai al Beowulf leggendo questa graphic novel.

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L’obiettivo degli autori, piuttosto, è quello di dare ai bambini una loro epica che glorifichi le loro gesta quotidiane apparentemente insignificanti. I tropi della letteratura classica, le allitterazioni pregevolmente adattate dall’inglese antico, l’uso esclusivo delle didascalie a discapito dei discorsi diretti sono dunque strumenti per dare maggiore legittimità a quel mondo di giochi e meraviglie che per i bambini è la vita stessa.

Eppure, nonostante non vi sia alcun intento smaccatamente pedagogico, questo graphic novel finisce per essere assai più educativo di molti altri che si spacciano per tali. Spesso i fumetti progettati per essere educativi finiscono infatti per risultare prolissi, didascalici e utilizzare un linguaggio o rappresentazioni totalmente in antitesi con la realtà del proprio target, apparendo semplicemente falsi e repellenti se non per i genitori alla ricerca di un prodotto rassicurante.

E se un prodotto destinato ai bambini finisce per piacere solo ai genitori, è assai probabile che ci sia qualcosa che non va.

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Al contrario Bea Wulf, in quanto onesto prodotto a misura di bambini che non sottovaluta il gusto e l’intelligenza dei propri lettori, finisce per piacere a tutti.

Unire il linguaggio ricercato del poema alle suggestioni di serie animate dove l’antitesi tra infanzia e scorrere del tempo è centrale (Nome in codice: Kommando Nuovi Diavoli, Ricreazione) e delle classiche strisce a fumetti con protagonisti piccole pesti e bambini troppo intelligenti per il banale mondo dei grandi (Dennis la minaccia, Peanuts, Mafalda), rende questo graphic novel un prodotto di sicuro intrattenimento per grandi e piccini.

A onor del vero le rappresentazioni di bambini e adulti potrebbero risultare per certi versi vetuste e stereotipiche. Oggi è difficile non incappare in bambini anche piccolissimi cui i genitori non abbiano mollato uno smartphone in mano, così come è difficile trovare adulti che non si dedichino a intrattenimenti venali come i videogiochi o i cartoni animati. Per citare l’Accademia della Crusca: “Siamo in un’epoca di bambini-adulti e adulti-bambini“.

Tuttavia la mancanza di tali elementi contemporanei deriva dal fatto che gli autori hanno attinto dal proprio vissuto per delineare il loro mondo. Inoltre, non è che ai bambini di oggi non piaccia più urlare, mangiare caramelle e comprare giocattoli, e non è che agli adolescenti insicuri non piaccia più dar fastidio ai mocciosi per sentirsi meno sfigati. Magari lo faranno attraverso micro-transazioni e commenti sui social network, ma il succo è lo stesso. Possiamo dunque ritenere salva l’onestà intellettuale della storia.

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I disegni di Boulet, illustratore francese dal tratto caricaturale che ha già lavorato a prodotti di stampo didattico e rivolti a un pubblico di bambini, impreziosiscono la sintesi cartoonesca della scuola franco-belga con un tratteggio oscuro e perturbante alla Tim Burton.

I bimbi dai tratti tondeggianti e dagli occhi sporgenti contrastano perfettamente con la figura allungata, sghemba e squadrata del mostruoso Grindle, mentre il realismo degli ambienti, la perfetta resa dell’illuminazione e la ricercatezza delle inquadrature forniscono ulteriore solennità al racconto, rafforzandone la componente epica.

Laddove però la pesantezza del tratteggio risulterebbe d’ostacolo per la lettura, il disegnatore oppone un sapiente uso del bianco, lasciando tutto lo spazio che serve per far respirare le tavole al pari delle strisce a fuemtti vecchia scuola. Lo stesso Boulet non è nuovo al linguaggio delle strisce, avendone pubblicate diverse sul proprio sito web.

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Bea Wolf è dunque un fumetto per bambini che non ha paura di esserlo. Un racconto in cui i comportamenti “da discoli” vengono elogiati in quanto facenti parte di una vera e propria cultura, quella dell’infanzia, che non vale meno delle ossessioni nevrotiche di chi quella cultura l’ha ripudiata con il passare degli anni.

Per l’uso limitato delle vignette e la predilezione della prosa a discapito dei balloon propriamente detti, c’è da dire che Bea Wolf ha meno da spartire con i fumetti di quanto ne abbia con i libri illustrati, e per questo si concede forzature nei layout che vengono comodamente sopperite dalla fluidità della narrazione.

Se avete figli e volete fargli del bene, dovreste proprio puntare sull’adorabile mocciosa con l’orsacchiotto in testa. Se avete un minimo di buon gusto, pure.

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Bea Wolf
sceneggiatura
7.5
disegni
8
cura editoriale
8.5
Pros
La creazione di un mito dell'infanzia nel rispetto dell'epica da cui trae spunto
Il racconto dei primi anni di vita come stile di vita minacciato dalla vacuità degli adulti
Il tono solenne ma mai pomposo misto all'assurdità di una rappresentazione dell'infanzia codificata
Lo stile artistico caricaturale e allo stesso tempo ricco di dettagli e ipercinetico
Cons
Alcuni layout poco funzionali
7.5
VOTO

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Bea Wolf, la recensione: Il poema epico dell'infanzia 1

Cercò per lungo tempo il proprio linguaggio ideale, trovandolo infine nei libri e nei fumetti. Cominciò quindi a leggerli e studiarli avidamente, per poi parlarne sul web. Nonostante tutto, è ancora molto legato agli amici "Cinema" e "Serie TV", che continua a vedere sporadicamente.

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