Kena: Bridge of Spirits, l’iconico videogioco sviluppato e pubblicato da Ember Lab , arriva su Xbox Series X|S dopo lo sbarco di tre anni fa su PlayStation 4, PlayStation 5 e PC. L’avventura intimista per eccellenza , portata al suo massimo da un team di appassionati dell’animazione, torna a splendere anche sulle console della casa di Redmond .
Tre anni fa, quando è stato pubblicato Kena: Bridge of Spirits, ricordo che lo comprai istantaneamente su PlayStation 5 . L’ho comprato sapendo di trovarmi una produzione intensa, di quelle che restano dentro e non se ne vanno più, con l’obiettivo di portare il giocatore a conoscere nel dettaglio la mitologia degli spiriti e dei mort i, sospesa tra la finzione e la meraviglia. Fu intenso, particolare e piacevole da giocare dall’inizio alla fine, riprendendolo in seguito su PC, proprio per saggiare il lavoro svolto dal punto di vista tecnico del team.
Questa recensione potrebbe concludersi molto presto, in realtà, dettagliando come giri ottimamente su Xbox e come, in realtà, non differisca molto dalle versioni originali . Il lavoro svolto, dunque, è di assoluto pregio. È intenso, c’è una storia di magia che esplode e trasporta in una terra tra due realtà, con le stesse che arrancano a fatica, non riconoscendosi più. È così che, al tempo, scoprii che niente poteva essere più particolareggiato di questo in un’opera che aveva l’intenzione di essere sospesa fra due realtà , tra l’animazione à la Disney Pixar e il videogioco d’avventura con dinamiche da action RPG nudo e crudo.
Fu magico, al tempo, ricordarsi che ogni vita ha uno suo scopo, che ognuno è in questo mondo per dare una sua testimonianza . È ciò che è accaduto in questa terza occasione, scoperchiando il Vaso di Pandora un’altra volta, ed entrando in una Tana del Bianconiglio sempre brillante e vivace. Una giovane armata di bastone, i Rot, una foresta incantata da salvare e i morti. Potrebbe essere la comunissima trama di un libro d’avventura, di quelli che coinvolgono a tal punto da tenere incollato il lettore fino a fargli perdere la cognizione del tempo.
È cosa accade con Kena: Bridge of Spirits, videogioco che, oltre a mostrare una fedeltà totale verso la mitologia shintoista , la stessa che ho conosciuto in passato in altre opere videoludiche, definisce con personalità e intensità una storia toccante, facendo conoscere più da vicino le realtà tristi degli abitanti della foresta, deceduti misteriosamente a causa della corruzione che la pervade .
Il racconto di Kena: Bridge of Spirits Una grotta, la corruzione e un male nascosto . Tutto parte così, dal nulla, con una giovane, Kena, alla ricerca della sua pace. Conserva il bastone magico della nonna da cui fuoriesce una magia salvifica, capace di preservare la natura e riportarla alla sua meraviglia . Non facendo spoiler esagerati, la ragazza ha una connessione con il mondo dei morti: può vedere coloro che sono deceduti a causa di eventi inaspettati .
È un racconto che accompagna a conoscere i lati più delicati della morte, mostrandone le particolarità più delicate e ponendo l’accento sulle conoscenze che la ragazza incontra nel suo viaggio, per arrivare a risolvere il racconto in ogni suo pixel. In alcuni frangenti, infatti, Kena è costretta a discendere nei ricordi del suo passato , interfacciandosi con coloro che sono morti e non ci sono più. L’intenzione dello studio di sviluppo, infatti, è di esaltare la storia in modo tale da rendere il giocatore partecipe di un’avventura entusiasmante e dettagliata. Il racconto intercede su particolari della vita comune, sul rapporto di Kena con i Rot e, soprattutto, sul legame della natura.
Assieme ad altre produzioni di questo tenore, come Cassette Beasts e il recentissimo Creatures of Ava, pure Kena: Bridge of Spirits mostra un lato umano estremamente preciso e diretto . L’obiettivo è trasportare il giocatore attraverso una storia in cui la morte, trattata in modo delicato, è la morale di tutto. Penso come la stessa sia onnipresente nei filamenti narrativi e nelle particolarità meno scontate e piccine, insite là dove nessuno immaginerebbe .
La magia di Kena, d’altronde, è corrisposta alla natura e la stessa, sorretta dall’innocenza dei Rot, è ciò che rende il mondo di gioco scritto in modo magistrale . Lo si evince nella scoperta delle persone scomparse premuratamene, mentre si cerca di liberare il male dalla corruzione, la stessa che ormai permea il mondo inter o, minacciandolo.
Il game design al centro del villaggio Come accennavo poco fa, Kena: Bridge of Spirits è un action in cui la personalizzazione della protagonista è alla base dell’avventura . Nessuna visuale in prima persona: il team ha scelto la terza per seguire le vicende della giovane Kena, che si ritrova a imbracciare un bastone magico dai poteri eccezionali. È un videogioco che spinge sull’esplorazione, coinvolgendo attraverso strade da prendere e percorsi da seguire , con l’obiettivo, peraltro, di offrire una visione a trecentosessanta gradi sul combattimento. È la visione che sorprende, portata su schermo con semplicità, attorniata da un game design tanto scolastico quanto comunque eccezionalmente palesato .
Non sono solito fare paragoni, ma la struttura del sistema di combattimento si focalizza sugli stilemi tipici dei soulslike , sottogenere che ormai gode di estrema popolarità ed è una sicurezza totale su cui puntare. All’interno del sistema del combattimento, a differenza dei classici modi già conosciuti, si segue un approccio diverso .
Ogni nemico ha delle debolezze da abbattere: potenziando il bastone, si potrà fare in modo di eliminare scudi e qualsiasi avvisaglia di difesa che comprometta il proseguimento dell’avventura . Assieme ai Rot, reclutabili in giro per il mondo di gioco, si potranno in seguito infoltire i ranghi ed eliminare con facilità gli avversari. La difficoltà di gioco però, a differenza dei classici soulslike, non è particolarmente elevata, e permette anche ai giocatori meno esperti di avanzare senza problemi .
Quindi, traendo le conclusioni, il game design convince comunque in modo soddisfacente , pur non innovando alcuna formula. Su Xbox Series X, la console della casa di Redmond su cui abbiamo svolto la prova, il videogioco di Ember Lab presenta un comparto tecnico soddisfacente , con un’ottima qualità dell’immagine e presentando sessanta fotogrammi al secondo granitici
Comparto Grafico e Sonoro
8
Coerenza e Cura del dettaglio
8
Pros
Il sistema di combattimento è ben strutturato e divertente.
La cura nei dettagli riposta nell'ambientazione e nella rappresentazione della mitologia shintoista è notevole.
I Temi trattati sono importanti, ma vengono esposti con delicatezza, senza mai risultare troppo pesanti.
Cons
Lo stesso gioco uscito tre anni fa su Playstation, niente di più né di meno.
Forse qualcuno avrebbe preferito un livello di sfida un pochino più alto.
Seguici su tutti i nostri social!