Con l’antologia Kizazi Moto: Generation Fire si era già anticipata l’intenzione di Disney di puntare il mercato africano. Per quanto riguarda il mercato interno degli Stati Uniti questo pare un ottimo espediente per cavalcare l’onda del movimento Black Lives Matter, ma in un quadro più generale il progetto potrebbe rappresentare una potente occasione per molti esponenti del settore dell’animazione.
Da questa intenzione di Disney esce con un certo clamore Iwàjù: City of Tomorrow, che ricorda per certi versi alcuni degli episodi fantascientifici dell’antologia di corti animati di produzione africana di casa Disney. Col senno di poi non mi stupirei se saltasse fuori che Iwàjù fosse stato inizialmente pensato come uno dei corti da inserire in Kizazi Moto per poi essere recuperato ed espanso.
Iwàjù: City of Tomorrow è una miniserie di 6 puntate da circa 16 minuti ciascuna prodotta da Disney Animation Studios e Kugali Media, disponibile in Italia su Disney+ a partire dal 10 aprile 2024. La serie è scritta da Olufikayo Adeola e Halima Hudson, diretta da Olufikayo Adeola e vede come produttrice esecutiva Christina Chen.
Da qualche tempo in una Lagos (capitale della Nigeria, n.d.r.) di un imprecisato futuro arrivano notizie di rapimenti di bambini di famiglie ricche della zona volte a richiedere un riscatto alle famiglie. Questo rende molto apprensivo l’inventore Tunde Martins (Danyo Okeniyi), estremamente preoccupato per la sicurezza di sua figlia Tola (Simisola Gbadamosi), tanto da dimenticarsi del suo decimo compleanno perché impegnato nel completamento di un robot da guardia proprio per proteggere la figlia.
Tola è stata cresciuta in quella campana di vetro che è la lussuosa villa del padre su un’isola a largo della capitale e insiste nel voler vedere la “vera” Lagos. La bambina cerca di farsi aiutare da Kole (Siji Soetan), giovanissimo giardiniere della villa di umili origini, ad evitare i divieti del padre. Quando il pericoloso Bode (Femi Branch), autore dei rapimenti dei bambini, mette gli occhi su Tola, la natura ribelle della bambina finirà per mettere nei guai tutti coloro che le stanno vicini.
Da una produzione realizzata da terzi per Disney+ ci si poteva aspettare una miniserie molto lontana dai canonini di quelle classiche di Walt Disney Animation Pictures. Invece ci troviamo davanti ad un prodotto che racchiude perfettamente tutte le caratteristiche migliori di un classico Disney. La struttura della miniserie ricorda molto da vicino quelle di grandi successi del passato come Aladdin e Rapunzel, mettendola al servizio di un’ambientazione inedita per i film Disney classici.
Tola, protagonista della miniserie, ha tutte le caratteristiche di una principessa Disney moderna. Non la figlia di un re, ma di un ricco inventore che lavora per una delle maggiori compagnie tecnologiche del paese, che possiamo immaginarsi come una Apple o una Microsoft africane. La bambina è giovane, testarda, intraprendente e ingenua come ogni principessa Disney dei classici, e va incontro a un importante percorso di maturazione che la porteranno da una parte a rinfacciare agli altri di averla sottovalutata, dall’altra a capire i suoi stessi errori.
La piccola e semplice Tola entra come una scheggia impazzita in un mondo molto più grande e complesso di quanto può immaginare. Di questo mondo sono esempi perfetti Tunde e Bode, due facce della stessa medaglia di persone che hanno cercato e ottenuto successo e ribalta sociale in un paese povero e con poche possibilità. Il primo ci riesce lasciandosi tutto alle spalle, mentre il secondo dandosi alla criminalità come rivincita contro i ricchi che lo hanno sottomesso.
La Lagos raccontata in Iwàjù viene presentata come avveniristica, con robot e macchine volanti, ma i problema che la società si trova ad affrontare sono gli stessi di oggi. In particolare la serie prende in esame la spaccatura mostruosa che esiste in molti paesi africani tra i pochi super-ricchi che vivono nel lusso giudicando tutto e tutti e la massa di popolazione povera che deve lottare ogni giorno per il diritto di vivere, anche abbassandosi a usare mezzi immorali o umiliandosi a chi potrebbe concedere loro aiuto.
Questa enorme spaccatura sociale è alla base di ogni decisione presa da tutti i personaggi della serie e viene rimarcata in ogni momento. I più interessanti in questo senso sono, di nuovo, Tunde e Bode. Il primo è l’arricchito che si sente in diritto di giudicare il comportamento altrui dimenticandosi però di quello che lui stesso ha dovuto fare per arrivare dove si trova. La serie riesce a mostrarcelo per luci e ombre, rendendo allo spettatore una figura tridimensionale del personaggio.
Bode, invece, è il villain di cui Disney aveva un disperato bisogno. Un antagonista marcio fino al midollo, con un’ottima presenza scenica, delle motivazioni chiare e genuine per capire come e perché abbia intrapreso quella strada, e un manipolo di sottoposti caratterizzati quel tanto che basta per far risaltare ancora di più la sua figura sia al livello grafico che morale. In particolare Ms. Happiness (Bisola Ayieola), la sua seconda in comando, sveglia e intelligente, ma pacata per bilanciare l’esuberanza di Bode, e Sunday (Sodiq Yusuff), una versione depotenziata del boss: altrettanto esuberante, ma molto più debole fisicamente e molto meno sveglio.
Lo stile artistico scelto per Iwàjù è quello della 3DCGI cartoonosa in stile Disney-Pixar. Una versione nemmeno troppo inferiore a quest’ultima, che ricorda molto da vicino le produzioni televisive Disney. Il colpo d’occhio sulla città è magnifica, sia per quanto riguarda la parte alta dell’isola con palazzi e ville moderne dalla forte componente tecnologica, sia per le strade della Lagos bassa, con le bancarelle di venditori improvvisate, le baracche e le case più o meno diroccate.
Il contrasto tra le due realtà è reso in maniera perfetta al livello grafico e in generale quello che vediamo è molto bello, con ottimi accostamenti di colori e forme ricercate. La grafica cala un poco quando si parla dei modelli dei personaggi, che risultano fin troppo lisci, come se fossero fatti di plastica.
Si compensa con il character design, diretto e pulito che permette immediatamente di inquadrare carattere e personalità di ogni personaggio da un solo colpo d’occhio.
Per essere una delle prime produzioni animate marcatamente africane a raggiungere il pubblico internazionale Iwàjù: City of Tomorrow ha fatto centro. Si tratta di una storia che sfrutta in maniera perfetta la struttura della mini serie permettendo ad ogni episodio di respirare come pezzo unico all’interno del puzzle che è la storia al completo.
In altre occasioni mi verrebbe da lamentarmi che si tratta di una storia che avrebbe potuto essere raccontata in un film, ma per Iwàjù gli sceneggiatori hanno trovato il modo di rendere unica ogni puntata. Questo grazie ai flashback che aprono ogni nuovo episodio, andando ad esplorare un poco ogni personaggio importante della serie, mostrando le sue motivazioni e la sua evoluzione fino agli eventi correnti.
Coraggiosa e ben calibrata l’idea di non rendere immediatamente la protagonista Tola il centro dell’attenzione, anzi, nei primi episodi sembrerà quasi che sia lei il personaggio secondario, solo per poi esplodere in un secondo momento in un continuo ascendere di consapevolezza ed evoluzione caratteriale.
Iwàjù è un prodotto che mi sento di approvare su tutta la linea. Premio più che gradito per Disney e la sua intenzione di puntare sulle storie africane, ancora poco o per niente esplorate dai media internazionali. Se con Kizazi Moto si è provato a copiare altre produzioni di maggior successo (ovvero Love, Death & Robot) con risultati alterni, Iwàjù presenta una storia nettamente più solida, perfetta per i bambini come per i genitori, perché ognuno ci troverà una chiave di lettura adatta alla propria esperienza.
Per questa ragione voglio sottolineare di nuovo quanto Iwàjù sia la cosa più vicina ad un vero classico Disney uscito negli ultimi anni. Adeola e Hudson hanno preso ispirazione dei migliori film Disney e ne hanno trasposto lo spirito in una ambientazione del tutto inedita che mostra ancora una volta come una formula considerata superata sia ancora perfettamente consona e utilizzabile anche coi temi attuali.
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Onestamente se non avessi letto la recensione non ci avrei puntato una lira ma fa molto piacere sapere che disney abbia voglia di dare spazio a paesi meno blasonati e addirittura dimenticati nel campo dell'animazione come la nigeria.Fa molto piacere anche sapere che non è una meschina mossa di marketing fine a se stessa ma è una serie a tema black culture ponderata e fatta con rispetto