Esiste una “premessa”? L’immersione nel mondo di Outer Wilds è istantanea, sia avvia “in medias res” : nessun palese tutorial strutturato, nessuna spiegazione. La premessa dell’opera è concretamente assente. Ma se fosse proprio l’assenza di una premessa ben definita a rendere la stessa più concreta ed intrigante, rispetto a molte altre opere multimediali interattive che di “interattivo”, ormai, offrono ben poco?
Una volta postaci la domanda non rimane che rispondere. È celata. Nascosta. Astratta . Ma la premessa esiste ed è la più sconvolgente mai creata, una volta che la si comprende. Esatto! Nulla di palese: persino la premessa va “compresa” , va “conosciuta” . E per farlo l’opera non propone nessun tipo di aiuto.
“La premessa di Outer Wilds è deliziosamente subdola”
Vestiti i panni di un cittadino di una razza aliena con quattro occhi e dall’aspetto allegro (Teporiani), il protagonista viene selezionato come il prossimo dei suoi simili da portare tra le stelle.
Immerso nelle accoglienti foreste di un piccolo pianeta chiamato Cuore Legnoso , il piccolo sassolino e i suoi fratelli contemplano le stesse domande che probabilmente tutti ci siamo posti almeno una volta nella vita.
Da dove veniamo? Ce ne sono stati altri prima di noi? E se sì, dove sono adesso? Queste domande spingono il videogiocatore a esplorare l’intero sistema solare , rischiando la vita in cerca di risposte.
Armato di nient’altro che una tuta spaziale, un ingegnoso traduttore linguistico e strumenti per rilevare qualsiasi cosa, dai segnali di soccorso ai dannosi gas invisibili, il protagonista è pronto a prendere il volo con la propria astronave rozzamente costruita e avventurarsi in qualsiasi direzione.
Ciò che spinge il “sassolino” tra le stelle è, dunque, la pura conoscenza : unica ricompensa che l’opera offre per l’impegno e la dedizione verso la curiosità del proprio pubblico. Sembra poco ma, sin dai primi istanti, si comprende quanto sia preziosa per la propria avventura e, di conseguenza, estremamente gratificante.
“Immedesimatevi nel piccolo sassolino e siate curiosi”
“Armati di curiosità” : questo è l’unico inizio che Outer Wilds offre a chi si appresta a viverlo . Avete capito bene: quest’opera va vissuta . L’opera non fornisce nessuna presentazione del personaggio iniziale poiché il protagonista è ognuno dei videogiocatori, che sperano di poter vivere un’avventura simile a quella dei propri eroi e mentori che sin da “sassolini” hanno imparato ad ammirare.
Avendo volutamente definito la premessa come “concretamente assente” ma al tempo stesso “astrattamente forte e sconvolgente”, essa si configura come un vero e proprio paradosso : l’opera stessa si manifesta come tale, ossia come una proposta multimediale interattiva formulata in apparente contraddizione con la normale esperienza videoludica a cui il mercato è stato tristemente abituato, un loop del medium videoludico che di interattivo e veramente coinvolgente offre ormai ben poco.
La rottura di un loop è possibile solo grazie ad un altro loop Outer Wilds potrebbe essere il primo videogioco a permettere al proprio pubblico di vivere un’esperienza fuori dal normale, in grado di offrire delle emozioni forti e profondamente intense.
In questo senso l’opera è impressionante sin dai primi 22 minuti di gioco . Nei panni di un astronauta appena scaraventato in un fantastico sistema solare, il primo giorno di esplorazione spaziale termina con una nota terribile: il sole esplode , uccidendo tutti. Peccato.
Fortunatamente, il protagonista è intrappolato in un loop temporale; ogni tentativo fornisce 22 minuti per esplorare la galassia nella speranza di evitare che la catastrofe si ripeta.
Questo è quello che potrebbe interpretare un attentissimo videogiocatore durante la sua prima esperienza facente parte delle “Esplorazioni Outer Wilds “. Non è stato il mio caso. Lasciate che vi spieghi.
Vedete, la mia prima morte è stata piuttosto ignominiosa, causata da una combinazione di goffaggine ed una specie di arrogante disinteresse. Ho visto il mio piccolo astronauta svegliarsi ancora una volta davanti ad un falò, fissando le stelle e guardando una piccola astronave esplodere dalla distanza. Mi sono reso conto di averlo già visto, ma quando il mio amichetto mi ha detto di recuperare i codici di lancio, li avevo già.
“Quindi sono in un loop temporale” , ho pensato. “Ora sono veramente interessato!” . Ancora più bizzarro è stato quello che è successo 22 minuti dopo. Dopo essere salito sulla mia nave ed aver svolto un lavoro incredibilmente irregolare di pilotaggio verso il pianeta più vicino, stavo esplorando casualmente alcune rovine mentre un vortice marino comprometteva la gravità locale, quando il sole, in modo del tutto inaspettato, divenne una supernova, spazzando via l’intero sistema.
Ancora una volta, mi sono ritrovato al fuoco, a guardare l’esplosione sopra di me. E 22 minuti dopo, è successo di nuovo. Fu soltanto in quel momento che mi resi conto della gravità della situazione in cui mi trovavo.
Questo è il ciclo principale di Outer Wilds: 22 minut i di esplorazione e accertamento di fatti mentre si cerca di mettere insieme tutte le informazioni raccolte sul destino della galassia.
Il meccanismo del loop è geniale e, nonostante non siano presenti nemici da combattere, la morte improvvisa può colpire quando meno ce lo si aspetta. Accompagnato con l’onnipresente ticchettio di un immaginario orologio del giorno del giudizio, viene ad aggiungersi inevitabilmente un elemento di tensione e urgenza continuo intorno a tutto.
Una galassia ricolma di dettagli Mobius Digital , oltre ad offrire un nuovissimo meccanismo di gioco basato sul loop temporale, è originale anche nel proporre una micro-composizione dell’opera estremamente attenta, che consente al videogiocatore di raccogliere informazioni da tutto l’ambiente circostante e non solo attraverso la mera traduzione dei simboli alieni sulle pareti delle più varie strutture sparse per il vasto mondo di Outer Wilds.
In questo senso sarebbe estremamente riduttivo classificare l’opera come un’esperienza di un’ occasionale esplorazione di dungeon: ogni singolo luogo esplorabile è meticolosamente costruito e unico. Tutti questi luoghi ospitano un tesoro di scoperte: tradizioni e storie intriganti, polverosi colossi archeologici, occasionali compagni astronauti e depositi di informazioni che offrono sempre nuove prospettive ed interpretazioni sui misteri che circondano l’intero Sistema Solare.
Un gameplay frustrante? Al netto delle numerose scoperte, il gameplay e l’esplorazione in Outer Wilds potrebbe risultare frustrante a causa della difficoltà e macchinosità del sistema di volo implementato sull’astronave. In particolare, il meccanismo di volo si configura come estremamente rigido e, di conseguenza, inizialmente poco “gestibile” senza una buona dose d’impegno e innumerevoli tentativi maldestri non andati a buon fine.
Tuttavia, dopo tanta pratica e pazienza, il videogiocatore potrà vantarsi di esser diventato il miglior pilota che Cuore Legnoso abbia mai conosciuto: subito dopo i primi loop (le prime morti) il sistema di pilotaggio si configura come intuitivo e semplice a riprova che l’esperienza è posta al primo posto in Outer Wilds.
Le stesse morti frustranti a cui ogni videogiocatore dovrà far fronte, che siano esse causate da improbabili coincidenze o dall’inadeguatezza tecnica dei sistemi automatici di volo, non sono poi così drastiche e fastidiose: la morte può essere un’esperienza esilarante ed è particolarmente educativa in Outer Wilds.
Sono stato schiacciato da pareti mobili, scaraventato verso il sole dal mio stesso pilota automatico, asfissiato fluttuando nello spazio e persino mangiato da un’enorme rana pescatrice. L’ilarità di questi ultimi respiri aiuta molto nell’alleviarne le frustrazioni .
Dal lato degli enigmi che decorano il sistema esplorabile, il discorso è leggermente diverso. Alcuni di questi potrebbero sembrare eleganti sulla carta, ma sono obiettivamente laboriosi e fastidiosi nell’esecuzione.
Ad esempio, la risoluzione di un’enigma potrebbe richiedere che il videogiocatore sia in un certo posto in un certo momento durante il ciclo temporale per ottenere l’accesso a una particolare cache di informazioni. Ciò equivale ad aspettare a lungo finché quell’area non è accessibile, sollevando polvere spaziale o girandosi i pollici fino all’arrivo della finestra adatta alla risoluzione.
Altri enigmi lasciano il posto a fastidiose sequenze di platforming che richiedono agilità e destrezza, dove un singolo errore potrebbe essere fatale e portare a ripetere per l’ennesima volta lo stesso ciclo. Anche quest’ultimo aspetto, per quanto oggettivo, non conferma quella che è stata la mia personale esperienza che, da amante di platforming e collezionista di fallimenti, è risultata essere sfidante e divertente.
La “Pura Conoscenza” quale ricompensa di gioco Come inizialmente accennato, la vera soddisfazione che Outer Wilds fornisce, e che pervade i sensi del videogiocatore , risiede nella continua ricerca di una conoscenza aliena perduta diversi anni prima dell’inizio della narrazione.
L’esplorazione, e la conoscenza che si ottiene con essa, è l’unico modo per progredire attraverso il mondo di gioco. Man mano che il videogiocatore si imbatte in indizi e scoperte, questi vengono registrati in un utile registro a bordo della propria nave. Questi indizi sono cuciti insieme e codificati a colori per “aiutare” la singola esperienza del videogiocatore lungo vari fili conduttori della storia.
La struttura modulare di Outer Wilds consente di affrontare tutte le parti del mistero dei Nomai che si desiderano, in qualsiasi ordine , prima che inizino inevitabilmente a collegarsi insieme per mettere a fuoco il quadro più ampio della vicenda.
Questi collegamenti non sono indicazioni chiare verso il prossimo pezzo del puzzle, ma sono invece suggerimenti suggestivi che aiutano a determinare quando (e come) è sicuro passare da una scoperta all’altra. Questa componente contribuisce a rendere ognuna di queste scoperte come un tesoro di inestimabile valore per il videogiocatore, evitando anche barriere potenzialmente frustranti ai progressi di gioco.
La forte scrittura dei dialoghi trasporta il videogiocatore nel mondo di Outer Wilds: portare alla luce anche i più piccoli frammenti di questa storia più ampia, è un’impresa gratificante. Anche la miriade di registrazioni e di dialoghi non recuperabili è affascinante, e pur mantenendo sempre uno scopo, offrono sempre piccole cache di informazioni su cui riflettere, anche nelle conversazioni apparentemente usa e getta.
I dialoghi avvenuti tra i bambini Nomai potrebbero descrivere un gioco che hanno creato per passare il tempo in oscure e tetre catacombe sotto la superficie di un pianeta, che contiene a sua volta un utile indizio su come raggiungere un’area nascosta. Inoltre, è possibile imbattersi anche in cupi segnali di soccorso che non hanno mai raggiunto i potenziali soccorritori o in piani complessi per congegni alieni che hanno spinto le civiltà del passato a prendere decisioni allarmanti e pericolose.
Senza una guida esplicita che indirizzi verso la prossima grande scoperta, ogni buona nuova si manifesta come una ricompensa guadagnata duramente. Il videogiocatore viene posto nella condizione in cui, lentamente, è in grado di mettere insieme gli eventi che si svolgono alle altre estremità del Sistema Solare, lasciando che le proprie teorie facciano posto a una comprensione più chiara degli eventi che sono accaduti veramente, prima di porsi ancora più domande.
Questo ciclo di scoperte spinge ad esplorare ogni centimetro di ogni pianeta possibile, ognuno dei quali contiene i suoi deliziosi piccoli enigmi da risolvere.
La musica che scalda il cuore “Quando mi è stato chiesto di comporre la musica per Outer Wilds, volevo creare un senso di semplicità e nostalgia mentre il giocatore acquisisce lentamente familiarità con il mondo dei Teporiani. Ho subito pensato a un vecchio banjo malconcio che avevo ricevuto in regalo qualche anno prima. Questo tema principale contrastava con le trame malinconiche dei Nomai – dove ho creato paesaggi sonori ambientali con chitarra e sintetizzatori, fortemente influenzati dal post-rock. Man mano che il giocatore esplora il sistema solare e la storia va avanti, queste trame diventano più complesse, insieme alle melodie del falò che sono il centro della colonna sonora”
– Andrew Prahlow Sin dal primo risveglio si è in grado di percepire quanto unica sia quest’opera. La musica iniziale lascia un segno indelebile sin dalle prime note. Una musica che scalda gli animi , che scalda Cuore Legnoso. Che fa percepire l’essenza rustica di un popolo alieno semplice, che ama la propria quotidianità, nonostante la svolta sonora che si manifesta 22 minuti dopo il solito risveglio.
“La cupa melodia che suona pochi istanti prima che la luce scompaia dal sistema solare segnala la tua morte, ma è anche un indicatore di quanto potresti aver scoperto in quella vita”
Ogni partitura esistente in Outer Wilds è puramente legata ad un evento o ad un luogo specifico. Nulla è lasciato al caso. L’opera possiede un ampia gamma di paesaggi sonori, tutti abilmente eseguiti e che forniscono una forte impressione dei vari luoghi esplorabili.
Ad esempio, “Space” e “The Sun Station” emanano l’atmosfera di trovarsi nel vuoto dello spazio. Al contrario, “The Nomai” e “Nomai Ruins” sono tra i più malinconici dell’intera colonna sonora, riecheggiando la fine di una civiltà morta da tempo. Questi ultimi sono, in realtà, alcuni dei miei pezzi preferiti nella colonna sonora, fornendo un grande contrasto con “Timber Hearth” e il tema principale del gioco.
E infine, devo menzionare “Let There Be Light”, uno spunto fin troppo breve che “esplode” (gioco di parole del tutto voluto) con suoni e luci immaginarie. È diverso da tutto ciò che comunemente si è diffuso nella partitura videoludica fino ad oggi ed è stata una sorpresa davvero molto piacevole.
Penso anche che sia molto interessante il fatto che Prahlow renda la colonna sonora più complessa man mano che si va avanti nella storia. È quasi come ricompensare musicalmente il giocatore offrendogli nuova musica mentre si esplorano nuove parti dell’opera. Questo è un particolare non si nota spesso in altri videogiochi ed è sicuramente un dettaglio interessante che distingue quest’opera, in modo positivo.
La bellezza nell’ignoto Outer Wilds è accattivante e stimolante, in grado di sfidare le convenzioni di gioco tradizionali. Non è solo un videogioco ; è una lettera d’amore per il medium in generale, che è riuscita a catturarmi il cuore . Dal momento in cui ho intrapreso il mio viaggio attraverso il suo vasto ed interconnesso sistema solare, sono rimasto incantato dalla sua bellezza, profondità e risonanza emotiva: la capacità del gioco di intrecciare una narrazione accattivante con un senso di meraviglia e scoperta è a dir poco magica.
Con le sue straordinarie immagini, colonne sonore e tematiche filosofiche, Outer Wilds rappresenta un fulgido esempio del potenziale artistico dei videogiochi ; questa è un’opera che permette riflessioni sull’amore stesso: le sue complessità, gioie ed inevitabili angosce.
Mi ha ricordato che l’amore non è limitato al solo regno delle relazioni umane: è nei piccoli dettagli dell’universo, nella maestosa bellezza della natura e nelle connessioni che creiamo con gli altri.
“Una lettera d’amore ” verso i propri giocatori e verso l’intero medium; questo è Outer Wilds: una testimonianza del potenziale di trasformazione della narrazione interattiva. Ha riacceso la mia passione e mi ha riaperto gli occhi sulla sconfinata creatività e sulla profondità emotiva che si possono trovare in questa (decima) arte.
A chiunque si appresti ad entrare a far parte delle “Esplorazioni Outer Wilds”: preparatevi ad intraprendere un viaggio straordinario che vi toccherà profondamente, vi lascerà meditare sui misteri dell’universo e vi ricorderà l’incredibile bellezza dei profondi significati che l’Opera Videogioco è in grado di trasmettere.
INFORMAZIONI AUTORE ALTRI SUOI ARTICOLI
Iniziò tutto all'età di tre anni, quando per la prima volta trovai il coraggio di premere il pulsante di accensione di quella "catapecchia" che, un tempo, era il "non plus ultra" della tecnologia. Era il mio tutto: la mia attrezzatura nell'esplorazione di antiche tombe dimenticate nei panni di un'atletica archeologa, la mia auto tra le strade di San Francisco e Miami nei panni di un ex pilota di auto da corsa diventato poliziotto, fino ad essere la mia cara Normandy a spasso tra le stelle della Via Lattea. Questi viaggi, che non dimenticherò mai, mi hanno reso, grazie ai loro valori e messaggi intrinseci, la persona passionale, curiosa e caparbia che sono oggi. La scrittura è il mio unico strumento per trasmettere i principi positivi che questo percorso infinito mi ha lasciato, e questo "Spazio" è l'Infinito che mi permette di condividerli. Ti andrebbe di proseguire questo cammino insieme? E ricorda: "la meta è partire" (Giuseppe Ungaretti).
Seguici su tutti i nostri social!